Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Nello Rosselli
Mazzini e Bakunin

IntraText CT - Lettura del testo

  • V. La Comune di Parigi
    • 3. Prima polemica Mazzini-Bakunin
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

3.

Prima polemica Mazzini-Bakunin

 

 

 

 

 

Fin dai primi sprazzi rivoluzionari in Francia, Mazzini ha gridato al materialismo; e al materialismo torna in ogni articolo e attribuisce ogni colpa. Dapprima lo addita e lo combatte come una minacciosa corrente, come un sintomo, come un pericoloso e diffuso atteggiamento dello spirito; ma poi, chi legga in successione i suoi fierissimi articoli, avverte come un progressivo concretarsi, come un precisarsi e un individuarsi, nel significato e nella portata di quest'espressione a lui, allora come sempre, tanto discara.

Il 24 maggio, con la risposta All'Internazionale di Napoli, Mazzini allude per la prima volta, esplicitamente, all'Associazione dei lavoratori, «oggi nota per la parte d'istigatrice esercitata in Parigi»; la nomina un'altra volta, di sfuggita, nella settima puntata dell'articolo Il Comune e l'Assemblea (28 giugno)571; il successivo Agli operai italiani (13 luglio) è un preciso e severissimo atto di accusa contro quell'Internazionale, della quale con tanta se pur diffidente simpatia egli aveva seguito, alcuni anni innanzi, i primi passi e i primi successi572.

«Di mezzo al moto normale degli uomini del lavorosuona con solennità la sua requisitoria – è sorta un'associazione che minaccia falsarlo nel fine, nei mezzi e nello spirito al quale v'ispiraste finora e dal quale soltanto otterrete vittoria. Parlo dell'Internazionale».

Son già noti gli appunti che egli le muove e che discendono tutti dalle tre grandi negazioni da lui ritenute il fondamento della dottrina e della azione internazionalista: la negazione di Dio573, della patria, della proprietà privata. Traspare dall'articolo Agli operai italiani la fiducia che gli operai, informati finalmente sull'essenza e gli scopi della misteriosa e potente associazione, se ne ritrarranno disgustati o le rifiuteranno ogni e qualsiasi solidarietà.

«No – scrive sicuro Mazzini – no; voi non lascerete, per proposte siffatte, la via calcata sinora e io potrò, sino all'ultimo giorno, movere su quella con voi». E alludeva al suo mutuo soccorso, alla sua cooperazione di consumo, di produzione e di credito, al suo programma di una patria di liberi e di eguali, nella quale fossero riconosciuti al lavoro tutti i suoi imprescindibili diritti.

Con questa illusione iniziò la battaglia contro l'Internazionale: la piú dura e la piú amara delle battaglie, quella che, per i suoi risultati immediati, parve a tutti e a lui pel primo la piú vana, certo la meno coronata di vittoria.

Egli avverte gli operai e i suoi giovani piú focosi amici democratici che l'Internazionale dubita dell'esistenza di Dio e nega la patria; con ciò solo crede tenerli lontani dal contagio: e invece da piú parti inaspettatamente gli si risponde che in verità, , Dio e la patria son nomi vuoti, astrazioni imaginate e imposte dai privilegiati nel loro esclusivo interesse.

Per la prima volta forse Mazzini ha modo di misurare tutta l'intima debolezza del suo partito, l'inconsistenza dei suoi discepoli, la cui diversità di temperamento, di aspirazioni, di metodi solo un provvisorio fine comune ha tenuto celata e che, al primo urto, s'è mostrato in tutta la sua inconciliabilità.

Forse soltanto nel 1871 Mazzini afferrò il motivo di quella incapacità di fronte a un'azione organizzata, di quella fondamentale apatia e discordia d'intenti che avevano travagliato nel decennio precedente il suo partito, esteriormente tanto robusto e saldamente inquadrato.

 

A rintuzzare le accuse di Mazzini e a neutralizzare gli effetti della sua decisa campagna si leva il fondatore e il tutore del movimento operaio internazionalista in Italia: Bakunin. Questi con la foga abituale, centuplicata ora dalla sensazione di difendere uno stato d'animo diffuso, investe le basi stesse del sistema mazziniano, inspira e il tono alla rivolta giovanile; armato del suo logico materialismo espone alla gioventú, esitante nello strappare i legami che la avvincono a Mazzini, i pezzi del sistema «romantico-sentimentale» mazziniano smontato, scomposto, denudato del suo essenziale involucro morale574.

Il primo articolo antinternazionalista di Mazzini cadde sotto gli occhi del Bakunin – che allora si trovava a Lugano – una diecina di giorni dopo la sua pubblicazione. Fintanto che Mazzini aveva attaccato la Comune e, di traverso, ma non dichiaratamente, l'Internazionale, nessuno del campo internazionalista che avesse autorità e vena polemica, gli aveva risposto di proposito. Ma ora la battaglia era impegnata in campo aperto. E il 25 luglio il russo iniziò una Risposta a Mazzini che, terminata in quattro giorni, tradotta e mandata alla direzione del «Gazzettino rosa» di Milano, venne da questo immediatamente pubblicata in un supplemento al numero del 14 agosto575.

La Risposta di un internazionalista a Mazzini fece chiasso, rinfrancò molti, incerti tra l'adesione al movimento materialista-internazionalista e l'antica devozione al maestro; riuscí preziosa ai giornaletti democratici d'estrema che trovarono comodamente riassunti e chiariti molti punti di possibile attacco contro Mazzini, da riprendere, sviluppare e diffondere.

In questo come negli altri pamphlets che Bakunin dedicherà al suo grande avversario, non tutto, anzi ben poco è originale. Il nucleo stesso degli appunti che egli muove a Mazzini si trova sparso in scritti precedenti di altri autori (a lui per altro certamente ignoti), quali – per non citarne che alcuni – le pagine dedicate dal Gioberti, nel 1851, al sostenitore dell'idea unitaria576, le critiche astiose di Felice Orsini577, le altre piú composte e serie di Luigi Stefanoni. Bakunin le raccolse, le sistematizzò, le ravvivò con la sua arguta vivacità di scrittore; dalle linee della Risposta e piú dal successivo opuscolo, pure dedicato a Mazzini, la figura di questo – che allora, anche al dire d'avversari, assurgeva a una grandezza e un rilievo quasi ieratici nella appassionata difesa di una società, di un sistema d'idee che, in quanto contenenti preziosi germi di miglioramento, si potevano criticare, ma non soffocare nella pazza ricerca del nuovo, né considerare troppo leggermente superate – la figura, dico, del Mazzini usciva contraffatta e grottesca e pure, come sempre nelle caricature riuscite, con qualcosa di vero e di acutamente osservato; e, meglio che la figura, le idee di Mazzini. Non v'è dubbio che alla notorietà e al successo di questa polemica, in confronto alle tante precedenti che avean preso di mira il Mazzini, contribuí, oltre alla solennità del momento e alla tragicità evidente del duello di questo vecchio contro una impetuosa corrente di giovani, quel carattere caricaturale appunto, che alla calda appassionata un po' sacerdotale prosa di Mazzini contrapponeva, con riuscitissimo effetto, una prosa agile, guizzante, ora grave ora birichina, sempre piacevole.

Bakunin professa il piú grande rispetto personale per Mazzini: «una delle piú nobili figure e pure individualità del nostro secolo»; è riconoscente al «santo vegliardo» del quale non può dimenticare il generoso contegno dimostrato qualche anno innanzi verso di lui, calunniato a piú riprese e non sempre in grado di difendersi578. Questa netta distinzione tra il pensiero dell'avversario e la sua persona fa onore al polemista; il quale, se qualche volta, nella foga, trascende, subito si riprende, e par quasi voglia scusarsi d'avere ecceduto.

La Risposta rappresenta, nel duello Bakunin-Mazzini, la botta d'assaggio; è una rapida presa di posizione che lascia prevedere il successivo attacco in grande stile. Bakunin vi tratta in ispecie del problema religioso, considerato come base non del solo sistema mazziniano ma d'ogni sistema filosofico-sociale; ché, dalle diverse premesse che si pongono su di esso, derivano opposte conseguenze, in ogni campo del pensiero e dell'azione.

«Il sistema mazzinianosostiene Bakunin – è poggiato su due grandi basi: 1) idealismo religioso; 2) culto dell'autorità e dello Stato. Mazzini si parte da Dio per giungere all'uomo e alla materia; tutta la sua costruzione dipende quindi dal primo postulato: Dio. Ecco perché il «santo vegliardo» si scaglia con tanto furore contro chi – semplicemente discutendo il primo postulatominaccia di fargli crollare tutto l'edificio. Egli accusa gl'internazionalisti-materialisti di non credere a Dio; ciò che significasecondo lui – non amare profondamente gli uomini, non rispettare la loro dignità, non comprendere e non sentire quelle idee che han sempre fatto palpitare i piú nobili cuori: libertà, giustizia, umanità, bellezza, verità.

Le coseosserva Bakunin – stanno proprio all'opposto. Si deve deplorare che Mazzini si sia lasciato acciecare dall'idea di Dio al punto di schierarsi accanto a tutti i suoi compagni di fede religiosa contro alla causa della emancipazione popolare. I piú grandi credenti in Dio, o sedicenti tali, non sono forse tutti i potentati, tutti gli oppressori dell'umanità? Dove trovare invece piú convinti credenti nella libertà, nella giustizia umana ecc., se non appunto fra i cosiddetti materialisti? Tanto credono essi in queste verità che vogliono addirittura distaccarle dal cielo sul quale le hanno confinate e sospese Mazzini e i mistici come lui, quasi «simboli e promesse per sempre irrealizzabili» e tradurle in realtà, in pratica viva e feconda, qui sulla terra. , il socialismo è materialista, ma non nel senso che suppone Mazzini (e qui Bakunin sviluppa il già noto concetto sul valore dell'espressione materia e sul curioso rovesciamento che ne hanno fatto gl'idealisti); sibbene in quanto contrappone al culto divino il culto umano, in quanto crede, prima e sopra ogni altra cosa alla libertà dell'uomo.

Si vuol vedere, attraverso una recente esperienza, in che consista la differenza tra gli adoratori di Dio e i materialisti? chiede Bakunin. I primi si sono schierati con l'Assemblea nazionale di Versailles; i secondi, con la Comune. I comunardi tentarono porre le basi della definitiva emancipazione umana attraverso l'emancipazione del lavoro; i versagliesi soffocarono il tentativo nel sangue.

Mazzini «ultimo gran prete di quell'idealismo religioso, metafisico e politico, che se ne va» non ha esitato a schierarsi con questi ultimi, imprecando contro la popolazione di Parigi, nell'atto stesso che essa si sacrificava per un ideale umano. Delitto imperdonabile.

Ben si comprende che, alleatosi alla reazione europea, egli si scagli ora contro l'Internazionale, che, unendo in un blocco i lavoratori di tutto il mondo, garantisce l'attuazione dei principî in nome dei quali la Comune ha combattuto. Ben si comprende che egli, teista e mistico, non possa tollerare l'esistenza di un'associazione che ammonisce i lavoratori essere l'emancipazione economica lo scopo fondamentale cui essi debbono mirare; ben si comprendono l'ira e il disappunto di chi, avendo diretto per piú di trent'anni il movimento rivoluzionario europeo, sente ora che la direzione gli sfugge irrimediabilmente di mano. Ma Mazzini s'inganna a partito se crede di poter ancora trattenere i lavoratori italiani dall'unirsi con i compagni delle altre nazioni, con l'offrir loro, anzi tentando loro d'imporre un sistema che pretenderebbe di conciliare gli opposti: l'autorità divina e la libertà umana; la ragione e la fede.

Questo, in breve, il succo della Risposta di Bakunin. Insieme alla quale «Il Gazzettino rosa» volle ristampare un articolo di Saverio Friscia dal titolo L'Internazionale e Mazzini579, di ben scarso valore in sé, ma interessante come documento della crisi democratica.

Friscia è addolorato di dover attaccare Mazzini, «l'uomo che per il primo mi ha insegnato a pronunciare con emozione il santo nome d'Italia»; attaccandolo, il cuore gli «comprime le idee, la mano non obbedisce che a malincuore alle ispirazioni del pensiero». Ma la causa internazionalista, che Mazzini ha mostrato di non comprendere, esige una pronta risposta.

Nel difendere scopi e metodi dell'Associazione dei lavoratori, Friscia non si può dire che mostri di avere e degli uni e degli altri idee eccessivamente chiare; si direbbe anzi che s'impanchi a far lezione a chi, sullo stesso argomento, ne sa cento volte piú di lui. Fin dove può seguire, nelle critiche a Mazzini o nell'apologia dell'Internazionale la falsariga di Bakunin, procede sicuro e disinvolto: contrapponendo i diritti dell'uomo all'autorità divina, criticando il concetto di nazione, sostenendo che solo nella libera unione degli individui nel comune, dei comuni nelle regioni, ecc., fino alla federazione dell'umanità intera sta il vero progresso e la piena attuazione degli ideali di fratellanza e di libertà. Ma dove espone idee sue, appare disorientato. Sulla questione della proprietà individuale, per esempio, il suo pensiero non è ancora troppo preciso: comincia col dichiarare che «il socialismo non ha ancora detto la sua ultima parola» in proposito; poi tenta di dimostrare, giovandosi di passi tolti agli scritti di Mazzini, che non soltanto questi è vicino all'Internazionale e ne divide in sostanza i principî, ma che, anzi, «lungi dal combattere il socialismo e l'Internazionale, egli li ha sorpassati». Dimostrazione un tantino azzardata; probabilmente il Friscia introduttore dell'Internazionale in Sicilia, non aveva troppo accuratamente seguito l'evoluzione che essa aveva subito dalla sua fondazione fino agli ultimi congressi, segnatamente in riguardo alle questioni della proprietà e del diritto ereditario. Le espressioni mazziniane sulla necessità di sostituire a ogni altra imposta un'unica tassa progressiva sul reddito e al salariato il sistema della cooperazione di produzione, le sue dichiarazioni teoriche sul diritto dei lavoratori a godere il frutto intero del loro lavoro, gli parevano nonché combaciare superar quasi la dottrina internazionalista.

Il che ci aiuta non poco a spiegarci il come e il perché della vampata internazionalista che nel '71 corse l'Italia. Gli è che dell'Internazionale si avevano idee imprecise e contraddittorie; si moltiplicavano, , i seguaci fedelissimi di Bakunin che i suoi postulati accettavano in blocco se non addirittura esageravano; ma i piú, con Garibaldi alla testa, si ostinavano a prender dell'Internazionale quel che loro piú persuadeva, a ignorarne i principî piú radicali e non per tanto a dichiararsi internazionalisti convinti e assoluti580.

Il Friscia – a giudicare da questo articoloapparteneva a questa seconda piú numerosa schiera. Il suo articolo si chiudeva con un appassionato appello a Mazzini, affinché non ripudiasse tanta parte della democrazia italiana, accanendosi su questioni di carattere secondario. «La gioventú italiana è con voi, gli operai del mondo vi amano e vi ammirano, ma non date loro l'indicibile dolore di dover combattere le ultime battaglie per la redenzione della plebe senza la direzione e l'appoggio del vecchio portabandiera della libertà».

Proprio mentre «Il Gazzettino rosa» stampava la Risposta di Bakunin, Mazzini ribadiva il suo atteggiamento con un lungo e bellissimo articolo dal doloroso titolo Gemiti, fremiti e ricapitolazione, stampato sulla «Roma del Popolo»581. Rilevava gli attacchi sempre piú frequenti cui era fatto segno e, penetrando nel bel mezzo delle posizioni avversarie, additava le contraddizioni, le inesattezze, l'arbitrarietà dei loro argomenti, ripeteva che quel che lo addolorava soprattutto era il vedere a poco a poco trionfare, «in una frazione di giovani buoni ma sviati dietro a tristi esempi stranieri, il bollore di passioni irritate dalla resistenza, gli sdegni inconsiderati, le esagerazioni che ritardarono e ritardano l'avvenire, l'odio che cela o profana il vero ed è conscio o inconscio egoismo». Si mostrava infine preoccupato per le conseguenze che l'atteggiamento dei democratici e di alcune frazioni della classe operaia poteva produrre sullo stato d'animo dei medi ceti; di quei medi ceti senza la collaborazione dei quali la soluzione della questione sociale era, ai suoi occhi, utopia irrealizzabile; e si faceva a tranquillizzarli, incitandoli a non sopravvalutare sintomi pericolosi, , ma pur sempre sintomi e quindi contenibili; a riconoscere, però, la loro parte di responsabilità nel determinarsi di quelle nuove tendenze. «Questi che voi oggi chiamate barbari rappresentano sviata, guasta, sformata per colpa vostra, in gran parte, un'idea: il salire inevitabile, provvidenziale degli uomini del lavoro. Perché lo dimenticate?» Troppo poco essi hanno fatto, nel passato, per le classi operaie; urge adesso la necessità di rimediare comunque a quel passato582.

Ferma, nobile, coerente la posizione di Mazzini; debole e incerta, ancora, quella dei mazziniani. Nell'«Unità italiana» del 25, 28 e 31 agosto, per esempio, Vincenzo Brusco Omnis, che la condirigeva, pubblicò un seguito di articoli Un maestro della Russia, che è un documento caratteristico della povertà d'idee di molti mazziniani, incapaci a vivere profondamente le idee del maestro, a connaturarsele da farne cosa veramente loro. Quelle idee, esposte da certi mazziniani, avevano un che d'imparaticcio, di freddo, di esteriore che subito si avvertiva: si era in pieno bigottismo.

Il lungo scritto di Brusco Omnis non è che la ristampa di alcuni brani della Risposta bakunista, convenientemente isolati dal contesto e quindi qua e incomprensibili, seguiti da un breve commento ora ironico ora sentimentale ora tragico; l'autore non cerca di rappresentarsi quali siano le linee generali del pensiero avversario; né sa contrapporgli una sintesi del proprio: non sa far altro che mettergli di fronte, debitamente incorniciati di lodi, brani scelti di Mazzini. Poi, dopo colonne e colonne di polemica piatta e inefficace, gli sorge il dubbio che la lunghezza e la solennità della trattazione dedicata all'Internazionale non possa far credere al lettore inesperto essere questa una cosa davvero importante e pericolosa. E allora avverte che «le teorie filosofiche del signor Bakunin non hanno in sé nulla di essenzialmente nuovo... non saranno mai seriamente pericolose nel nostro paese...»; e finisce col tendere la mano al suo avversario: «Lo sappiamo bene che il signor Bakunin e i suoi seguaci aborrono, come noi, dalle conseguenze della stolida utopia; che vogliono il bene del popolo, come noi lo vogliamo...»

Contrattacchi di questo genere giovavano, anziché nuocere alla parte avversaria; e ben se n'accorse Bakunin il quale all'«Unità italiana» dettò una risposta spiritosa ed irruente (che per altro ben poco aggiungeva al suo precedente scritto), deridendo la redazione di quel giornale che «invece di produrre delle ragioni,... agita le braccia, gli occhi, li alza al cielo, getta grida di sorpresa, di dolore, di stizza, d'indignazione»583.

Solo punto importante in questa seconda Risposta, quello nel quale il russo si scaglia contro quanti sostengono che non tutte le verità possono rivelarsi al popolo; e che, nel caso particolare, dicono essere il materialismo una teoria da riservarsi alle persone colte, poiché, diffusa nel popolo ignorante, può portare a non si sa quali perniciose conseguenze. Bakunin non ammette che ci possano essere tutori del popolo, i quali deliberino che cosa debba egli sapere, che cosa ignorare; ogni idea, ogni nuova intuizione gli vanno anzi senz'altro comunicate; solo cosí lo si abituerà a giudicarle, a usare il suo senso critico, solo cosí si «provocherà» la sua emancipazione sollecita e completa.

Questa concezione vale da sola a scavare un abisso tra Bakunin e Mazzini. Né ha importanza puramente teorica: ché costituirà, lo vedremo, uno dei cardini della reazione antimazziniana nel campo operaio. Molti ripetono allora, e piú ripeteranno in seguito, che Mazzini, autoritario, intollerante d'opposizione, si ritiene autorizzato a sottoporre a un'arbitraria tutela gli operai, vietando loro, quando son riuniti a congresso, di discutere certe questioni che pur molto li interesserebbero. Del che s'ebbe una prova nel Congresso di Roma.

Oltre all'articolo di Brusco Omnis e ai molti altri apparsi sui giornali mazziniani per dar sulla voce al Bakunin, la Risposta antimazziniana provocò proteste, polemiche da parte di numerose Società operaie e democratiche. Il Circolo filantropico di Messina, adunatosi all'uopo il 30 agosto 1871, osservando «che mal si affida al misero patrocinio della menzogna e dell'ingiuria, la reazione d'una causa che dovrebbe, nella giustizia almeno dello scopo, sostenersi con la logica della virtú e della verità; – non con l'odio stizzoso e colla bile punto veridicaragionevole», invita le Società operaie democratiche, nonché la stampa libera, a far voti perché cessi «una lotta funesta, che minaccia di dolori incalcolabili al popolo come dei tripudi tristissimi agli oppressori»584. La Società operaia di Barcellona di Sicilia afferma, il 2 settembre, che l'Internazionale «attentando al concetto della proprietà, della famiglia e di ogni legge morale, prepara, fors'anche in buona fede e in balia di un'illusione gigantesca, l'altare ad un arido e gretto principio politico e filosofico che andrebbe in ultima analisi a risolversi in un servaggio piú duro e piú umiliante di ogni altro servaggio»585; altre proteste partono dalla Società del progresso di Cottignola e da un gruppo di repubblicani di Sant'Agata sul Santerno586.

Altri nuclei prendono occasione dall'attacco di Bakunin per riaffermare la loro fede in Mazzini. Cosí i rappresentanti delle società repubblicane romagnole, riunite in adunanza a Forlí il 4 settembre587; cosí la Società dell'aurora, in Ravenna, che solennemente deplora lo «sviarsi che fa una parte della gioventú, illusa da teorie cosí deboli ne' fondamenti come fallaci nelle promesse»588.






p. -

571 SEI, vol. XVII, p. 51.



572 Ibid., pp. 52-63.



573 Com'è noto, l'Internazionale non professava ufficialmente alcuna opinione sul problema religioso: ma quasi tutti i suoi capi erano dichiaratamente atei. Mazzini arbitrariamente elevava a dottrina ufficiale quel che non era che libera convinzione d'individui.



574 Anche in seno al Consiglio generale dell'Internazionale furono notati e controbattuti gli attacchi di Mazzini. Ma questi contrattacchi non furono per allora conosciuti in Italia. Nella seduta del 6 giugno parlò in proposito Carlo Marx. «Il fatto non era noto come avrebbe dovuto essere, ma Mazzini era sempre stato un oppositore del movimento operaio. Denunciò gli insorti del giugno 1848 quando Louis Blanc, che allora avea piú coraggio che oggi, gli rispose. Quando Pierre Leroux – che aveva una numerosa famigliaottenne un impiego a Londra, Mazzini fu l'uomo che lo denunciò [?]. In sostanza Mazzini, col suo repubblicanismo antiquato, non sapeva nulla e non faceva nulla. In Italia avea creato un dispotismo militare col suo grido per la nazionalità. Per lui lo Stato, cosa imaginaria, era tutto, e la società – che era una realtà – nulla. Piú presto il popolo avesse ripudiato un tal uomo tanto meglio». Il verbale della seduta può essere incompleto ed inesatto: ne risulta tuttavia l'acre animosità del Marx, che non si peritava, a fini polemici, di sfigurare addirittura il suo grande avversario. Nella seduta del 25 luglio Engels rispose punto per punto alle accuse lanciate da Mazzini contro l'Internazionale, ricordando come egli non ne avesse mai fatto parte, ma tentato di mutarla «in to a tool of his ower». Verbali citati ad diem.



575 Un asterisco del 12 agosto 1871 annunciava cosí la pubblicazione dello scritto di Bakunin: «Coloro che vogliono sapere cosa sia realmente questo babau ch'è l'Internazionale che tanto sui nervi ai puri mazziniani, faranno bene a leggere la risposta del Bakunin, almeno quello non scomunica nessuno, nessuno mette all'interdetto, e non vuole a nessuno imporrepena l'infernocredenze metafisiche astruse come la quadratura del circolo». Mentre lo si pubblicava in Italia, lo scritto di Bakunin veniva stampato in francese (su «La Liberté», di Bruxelles, 18, 19 agosto) e diffuso tra i democratici di tutta Europa.



576 Del rinnovamento civile in Italia, Torino 1851, vol. I, pp. 339-50.



577 Memorie politiche scritte da lui stesso, Milano 1857, pp. 206-11.



578 Si riferisce al periodo nel quale egli era esiliato in Siberia.



579 L'articolo era già stato stampato dall'«Uguaglianza» di Girgenti.



580 Da paragonarsi, per esempio, coll'internazionalismo di Bakunin i seguenti concetti espressi dal «Ficcanaso» di Torino, a proposito della Federazione operaia di Torino. «Se desidera la Federazione averci fra gli accoliti, disdica ancora quei matti da catena che vogliono abolire la proprietà, l'eredità. E noi ci terremo onorati di proclamarci internazionali senza riserve» (riportato da «Il Motto d'ordine», 2 novembre 1871).



581 10, 17, 24, 31 agosto 1871 (SEI, vol. XVII, pp. 64 sg.).



582 L'amarezza di Mazzini, che vede assottigliarsi ogni giorno di piú le fila dei suoi seguaci, fraintese e svisate le sue intenzioni e la sua dottrina, nell'imperversare del materialismo, si rivela tutta in una lettera da lui diretta all'Emilia Venturi, il 29 agosto: «Felice operaia, voi che vedete il vostro lavoro progredire! Io non vedo che la dissoluzione progredire intorno a me. La mia guerra al materialismo e all'Internazionale ha suscitato una conflagrazione nel partito... Io sono ora un apostata, un prete, un reazionario, l'istigatore degli uomini di Versailles, l'ambizione ha infine preso l'anima mia; la vecchiaia m'ha fatto superstizioso, e cosí via. È una tristissima contesa, ma bisognava impegnarla e io non mi pento d'averla iniziata» (RICHARDS, op. cit., III, p. 285).



583 Brusco Omnis aveva fra l'altro rimproverato Bakunin per aver posto e non dimostrato la tesi antidivina; Bakunin spiega che ha preferito occuparsi innanzi tutto dell'Internazionale «che è un essere reale e vivente, la questione divina, non essendo il buon Dio... che una cosa immaginaria, un essere fittizio» poteva invece aspettare.

La Risposta all'«Unità italiana» fu pubblicata nel «Gazzettino rosa» del 10, 11, 12 ottobre 1871 (BAKUNIN, Œuvres, t. VI, pp. 289-302). Bakunin non poteva per allora sferrare il definitivo attacco contro Mazzini perché – come scrisse ai redattori della «Liberté» di Bruxelles il 29 agosto – non aveva sottomano le opere di Mazzini; anzi li pregava di rivolgersi a Marx, perché gli procurasse il materiale necessario: «l'odio di Marx ha sempre buona memoria e, certamente, egli si ricorda di tutto ciò che può danneggiare Mazzini... Tutto questo affareconcludeva – è assai piú importante di quanto potreste pensare: perché, per quanto Mazzini abbia cessato di essere una potenza politica, gode ancora nell'opinione, nelle abitudini mentali della gioventú italiana, d'un prestigio immenso e, per combatterlo con successo, bisogna aver sempre i fatti alla mano» (J. GUILLAUME, Avant-propos alla Risposta ecc. cit., in BAKUNIN, Œuvres, t. VI, pp. 283-86).



584 «L'Unità italiana», 6 settembre 1871; «La Roma del Popolo», 14 settembre 1871.



585 «L'Unità italiana», «La Roma del Popolo», 28 settembre 1871.



586 «Il Romagnolo», 3 settembre 1871.



587 Ibid.



588 «La Roma del Popolo», 28 settembre 1871.





Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2009. Content in this page is licensed under a Creative Commons License