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Nello Rosselli
Mazzini e Bakunin

IntraText CT - Lettura del testo

  • VI. Ultime lotte di Mazzini contro l'Internazionale
    • 2. Il Congresso
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2.

Il Congresso

 

 

 

 

 

Il Congresso di Roma (1-5 novembre 1871) seguí scrupolosamente le direttive date da Mazzini634. Vi parteciparono centotrentacinque società operaie; se ne astennero, già l'ho accennato, quelle simpatizzanti pel movimento internazionalista, quelle troppo ligie alla parte dei moderati (tali, secondo «La Libertà» di Roma, le società operaie romane)635 ed altre società ancora che sebbene democratiche e antisocialiste, discordavano dal programma di Mazzini. Tra le società rappresentate erano le sezioni di Napoli e di Girgenti dell'Internazionale (delegati Tucci e Cafiero)636.

More solito, le società operaie avevano presentato vari quesiti; notevoli quelli presentati dalla Società operaia di Bologna637:

«1) Gli operai riconoscono la necessità della costituzione materiale e morale delle nazioni; come mezzo per conseguire il fine voluto dall'ultima espressione del progresso umano che è la confederazione delle nazioni, costituenti l'umana famiglia.

2) Gli operai riconoscono che l'Italia non è ancora, né materialmente, né moralmente, nazione completa. Sarebbe quindi dovere di un governo veramente nazionale di non dimenticare che l'integrazione dell'unità nazionale è necessità suprema.

3) Gli operai delle grandi manifatture hanno diritto, oltre al salario giornaliero o anticipo del prezzo dell'opera, di partecipare agli utili risultanti dall'associazione del capitale, dell'opera e della direzione.

4) La quota spettante all'opera manuale deve ripartirsi fra gli operai in ragione dell'importanza dei loro lavori, stabilita dal giudizio dei periti.

5) Eguale diritto hanno pure gli operai delle piccole manifatture; però nella divisione degli utili si deve avere riguardo all'influenza del credito individuale del capofabbrica.

6) È necessario regolare con norme positive il salario degli operai giornalieri. Deve preferirsi alla prestazione d'opera a giornate il lavoro dato a cottimo? E come dovranno regolarsi i rapporti fra i proprietari agricoli e i coloni? Studiare i mezzi per istituire anche fra la classe agricola società cooperative di mutuo soccorso.

7) Per l'igiene fisica dell'operaio e per la sua istruzione civile e morale devono essere stabilite le ore del lavoro.

8) Per emancipare gli operai dalla tirannia dei capifabbrica che non ottemperassero alle legittime esigenze degli operai stessi, si deve provvedere con l'istituzione delle società cooperative, che prestino lavoro, e con le società per gli scioperi, quando siano resi necessari per l'ingiustizia dei capifabbrica.

9) Si devono collegare le società operaie italiane istituendo una Commissione operaia italiana con un Comitato residente in Roma. Il Comitato dovrà proporsi ed attuare la fondazione di un giornale, organo di tutte le classi operaie o lavoratrici.

10) Si propone la consociazione delle operaie.

11) Si propugna l'abolizione delle doti per matrimoni precoci e l'istituzioni di premi per matrimoni poveri.

12) È necessario provvedere agli infelici che escono dalle case di pena o dal carcere con l'istituzione di società di patronato e di riabilitazione. E ai proletari privi di lavoro e mancanti dei mezzi di sussistenza, è pur necessario provvedere con le società di assistenza, le quali diano lavoro, retribuendolo col vitto giornaliero.

13) Si propugna l'istituzione delle leghe per la istruzione popolare, delle società contro l'ozio, contro il vizio, contro la prostituzione; e la modificazione degli istituti di credito e delle Casse di risparmio.

14) Devesi tentare lo scioglimento amichevole della questione operaia, chiamando ad un congresso generale i rappresentanti degli operai e dei capifabbrica

Quesiti d'ordine pratico, come si vede, riassumenti in brevi linee le questioni fondamentali del mondo del lavoro.

La discussione avrebbe dovuto svolgersi su questi temi (con i quali si erano fusi quesiti analoghi, presentati da altre società) e su altri quattro, due dei quali – riguardanti l'introduzione di un'imposta progressiva in ragione delle facoltà dei contribuenti e l'abolizione del giuoco del lottoproposti da Petroni, presidente del congresso, gli altri che reclamavano si desse la preferenza ai manufatti nazionali in confronto a quelli esteri e si concedesse personalità giuridica alle società di mutuo soccorso... Perché il congresso non li discusse? Se Mazzini e i suoi luogotenenti volevano davvero dimostrare agli operai il loro interessamento dovevano far di tutto perché, una volta eliminate le questioni di carattere generale, la discussione si svolgesse ampia ed esauriente su questi temi di vitale importanza pratica. Tanta fatica di organizzazione risultava altrimenti perfettamente inutile.

Ma o per una ragione o per l'altra, volente o nolente Mazzini, a disegno o per incapacità congenita, sempre i Congressi mazziniani si erano dimostrati incapaci di trattare con seria preparazione le questioni piú urgenti riguardanti la classe lavoratrice. Ed è per questo che gli storici del movimento operaio in Italia – se pur ve ne sono stati, degni di questo nome – hanno tenuto cosí poco conto di tali periodici sforzi del partito mazziniano per accaparrarsi la simpatia degli operai e degli artigiani e per assumere la tutela della loro emancipazione. Una certa importanza si è data e si tuttora al Congresso di Roma perché vi si votò il famoso Patto di fratellanza. Ma vien fatto di notare che, se abili e attivi si mostravano i mazziniani nel tracciare schemi di associazioni e nello stendere dichiarazioni di principio, inabilissimi invece, indolenti e incapaci si mostravano sistematicamente di fronte ai piccoli innumerevoli problemi pratici la cui risoluzione assai piú o almeno altrettanto che la elaborazione dei vaghi e vasti programmi, premeva all'operaio.

Il Congresso di Roma affidò lo studio dei quesiti alla Commissione direttiva. Questa doveva provvedere «con la cooperazione e coi lumi che verranno forniti dalle singole società [al]la piú pronta attuazione, dove sia possibile, o almeno [al]lo studio dei mezzi per la piú pronta attuazione delle massime economiche-sociali formulate nei quesiti proposti dai rappresentanti di Bologna»638. E cosí si liquidò la parte piú importante.

Il Patto di fratellanza, che il congresso votò, era, salvo qualche modificazione, quello stesso che s'era approvato a Napoli, nel 1864; e costituí la magna charta del movimento operaio mazziniano che ebbe vita piuttosto attiva dapprima, poi sempre piú stenta e inconcludente fino al 1893639. Eccone le basi fondamentali: «L'emancipazione politica, morale, intellettuale ed economica della classe operaia, pel bene dell'individuo e della società non può compiersi se non con l'opera concorde e coll'associazione di tutte le facoltà e di tutte le forze esistenti nella classe medesima e col loro coordinamento al moto progressivo della Nazione e per questa a quello dell'umanità»; «come esistono in virtú di quella necessità di emancipazione doveri e diritti speciali e locali per ciascuna società d'operai, cosí esistono doveri e diritti generali per tutta la classe operaia d'Italia»; l'emancipazione dell'operaio esige un concentramento di metodi, di mezzi e un'autorità centrale; «importa alla classe operaia di far conoscere al paese le proprie attuali condizioni e... tale conoscenza non può derivare che da un'inchiesta generale uniformemente condotta in ogni località con norme comuni». A questi considerando segue una serie di quattordici articoli i quali, definito il Patto, stabiliscono le norme direttive, i regolamenti generali nazionali e locali, l'ordinamento dei congressi, ecc.; importanti le mansioni della Commissione direttiva le quali, oltre che nell'apostolato in pro' delle società affratellate, consistono nello studio dei mezzi piú adatti per propagare il principio di associazione tra le classi agricole e le donne, nella diffusione dei libri adatti all'educazione degli operai, nella creazione di scuole operaie, biblioteche, ecc.; nel mantenere il contatto fraterno tra le società affratellate e quelle straniere; nel promuovere un'inchiesta sulle condizioni degli operai, nella tenace rivendicazione dei diritti politici per le masse, nella moltiplicazione delle cooperative, nella organizzazione di esposizioni, e finalmente nella fondazione di un organo settimanale della classe operaia. L'articolo ultimo (14°) – che già ci è notosintetizza chiaramente lo scopo del Patto: «Le associazioni affratellate si ritengono d'or innanzi come una sola famiglia interessata a promuovere in tutti i modi possibili insieme al proprio benessere, la grandezza e la prosperità della patria, e l'educazione del popolo, pei fini dell'umanità».

Altra deliberazione importante del congresso fu quella – suggerita dal Mazzini – di fondare un settimanale operaio; e fu «L'Emancipazione» diretta da Maurizio Quadrio, che iniziò le pubblicazioni il febbraio 1872640.

Tumultuose discussioni politiche occuparono il resto del tempo. Il delegato Marini propone che si dichiari avere il movimento operaio carattere repubblicano o meglio mazziniano; Mauro Macchi non ne vuol sapere: Mazzini – egli afferma – è certo il migliore interprete dei bisogni nazionali, ma il congresso non deve legarsi al suo nome, deve sapersi elevare al di sopra di qualunque persona per dedicarsi esclusivamente ai principî; altri potrebbe rappresentare dei principî nuovi in ordine al progresso. Pais641 si associa a Macchi: «Mazzini stesso se fosse presente si opporrebbe a ciò che aumenta discordie già abbastanza sciagurate e che allontanano il congresso dallo scopo pratico per cui venne convocato. Dunque non siate piú mazziniani di Mazzini!» L'internazionalista Tucci prende invece occasione dalla proposta Marini per tesser l'apologia dell'Internazionale e per rispondere pubblicamente e solennemente alle accuse mazziniane: l'Associazione dei lavoratori non vuole affatto distruggere la patria, ma vuole che essa si costituisca spontaneamente dal basso all'alto, non vuole abolir la famiglia, ma solo le finzioni giuridiche immorali che si connettono ad essa, non vuole cancellare la proprietà, ma anzi metterla alla portata di tutti. E presenta un ordine del giorno col quale esprime la convinzione «che l'emancipazione economica delle classi operaiegrande scopo cui deve essere subordinato ogni movimento politico – non può compiersi che da esse stesse»642. Cafiero si associa brevemente.

Il delegato Turchi oppone un altro ordine del giorno che proclama «solennemente i principî politici e sociali propugnati da quarant'anni da Mazzini, come quelli che condurranno prontamente ed efficacemente alla vera emancipazione dell'operaio». Sottoposto a votazione, esso riscuote su 59 votanti – 34 voti favorevoli e 19 contrari; 6 delegati (fra cui Gnocchi-Viani, Pais e Battaglia) si astengono. I due delegati internazionalisti, allora, ai quali si aggiunge un tal De Montel, rappresentante la Fratellanza artigiana di Livorno, fanno inserire a verbale la seguente dichiarazione: «I sottoscritti delegati, in seguito alla votazione fatta dalla maggioranza del congresso di un ordine del giorno nel quale si accettano i principî professati e praticati da Giuseppe Mazzini, ritenendo incompatibile colla loro indipendenza e col mandato ricevuto una simile dichiarazione, e contrari questi principî ai veri interessi della classe operaia e al progresso dell'umanità: si ritirano dal congresso e lasciano alla maggioranza di esso tutta la responsabilità del fatto e delle conseguenze». Dopo di che escono dalla sala; li accompagnano Mauro Macchi, irriducibilmente avverso alla politicità dei congressi operai643 e alcuni delegati di fede monarchica. Era, sul terreno della pratica sindacale, la dichiarazione ufficiale di guerra fra l'Internazionale e Mazzini644. Ai delegati rimasti al congresso, soprattutto a quelli che si erano astenuti nella votazione dell'ordine del giorno Turchi, la franca intransigenza dei tre antimazziniani fece molta impressione: lo Gnocchi-Viani, già simpatizzante coll'Internazionale ma ancora repubblicano, scrisse piú tardi: «avrei voluto apertamente affermare la mia solidarietà con essi – ma era lecito ed onesto il farlo, avendo io mandato d'una associazione che non poteva associarsi ai protestanti? Non uscii dal congresso e mi astenni dal voto»645.

Il vicepresidente Marcora fu costretto a concludere malinconicamente, accennando alle vedute politiche che avevano prevalso nel congresso, che esse non parevano essere «per molti paesi in maggioranza»; si lusingava tuttavia che i delegati, tornando alle rispettive residenze, avrebbero trovato «buoni elementi per lo svolgimento del progresso». E, a proposito dell'affermazione dei congressisti sul nome di Mazzini: «È provato dalla storia che quando uno riassume la fede politica d'un uomo, intende legarsi ai principî, non all'uomo»: questo concetto venne formulato in un ordine del giorno che i congressisti, saviamente, approvarono.

Ma quasi a dar esca alle accuse di aver ridotto il Congresso (contro la volontà di Mazzini) a comizio di propaganda repubblicana, e di una particolare scuola repubblicana, qualche delegato non seppe rinunciare a presentare un altro ordine del giorno, che reclamava la convocazione di una Costituente. Gli agenti di polizia presenti ne impedirono la votazione.

Mazzini, che dall'esilio segue giorno per giorno lo svolgimento del congresso, è in grande inquietudine.

Il 6 novembre scrive ad Emilia Venturi: «Ho [al Congresso] una maggioranza antinternazionalista, ma per altri rispetti mi sento deluso. Volevo che vi si stabilisse una organizzazione pratica centrale; e fino alla terza seduta – non se ne debbono tenere che cinque – non vi son state che parole, parole... Poi, grazie agli internazionalisti, a Garibaldi – avete letto la sua lunga lettera contro di me? – e ad altre cause, molte società non hanno mandato rappresentanti»646.

A congresso finito, si dichiara scontentissimo.

«Il congresso è andato male: ciarle senza fine, deviazioni: imprudenze d'amici che hanno cacciato innanzi il mio nome: reazioncelle d'amici ricchi d'amor proprio... incertezza sulla Commissione centrale»647.

Ciarle, sta bene; deviazioni, reazioncelle, sta bene. Ma potevan proprio dirsi imprudenti gli amici che avevano messo fuori il suo nome?

Il Patto era sostanzialmente opera personale del Mazzini648. Chi doveva comporre la Commissione direttiva cui era commesso lo studio delle «questioni serie pericolose»? Mazzini se ne era preoccupato; mandando a Dagnino nell'ottobre 1871 alcune avvertenze per il congresso, aveva scritto: «Pensar bene alla scelta della Commissione direttiva centrale: sceglier uomini che possano realmente recarsi a Roma...» Sbrigatosi il congresso, bisognerà «lasciare il resto alla Commissione direttiva centrale, con incarico d'intendersi con me, per mezzo de' miei amici in Roma»649. A congresso ultimato, cosí giudicava la commissione eletta... a Roma, ma evidentemente suggerita da lui: «Quattro della commissione sono nostri: il quinto è Battaglia ch'io conosco benissimo, ma che tentenna un po' per influenza di chi cerca di fargli vedere in me il dittatore, il papa»650; e ancora: «ho ora i nomi della commissione e sta bene. Vedrò di consigliarla...»651. Il programma del congresso era di grande importanza perché doveva regolarne e limitarne i lavori. In un articolo sulla «Roma del Popolo», 14 ottobre 1871652, Mazzini aveva suggerito ai delegati: «Alcuni fra voi formolino un ordine del giorno progressivo». Contemporaneamente aveva fatto sapere a Dagnino che Marcora «stende l'ordine del giorno dei lavori»653; piú tardi aveva avvisato gli amici di «intendersi, appena giunti, coll'avvocato Marcora, il quale avrà un ordine del giorno suggerito da me». Insomma il congresso aveva un compito limitato: il limite era stato imposto da Mazzini; non doveva uscirne che un voto d'unione: il patto era opera di Mazzini. Ogni piú ampia discussione era riservata a una Commissione direttiva: ed essa fu cosa del Mazzini. E allora, come poteva egli lamentarsi se nella radunata si era fatto il suo nome? Se se ne erano tenuti lontani e se ne allontanavano fautori del moto operaio dissenzienti in tutto e per tutto da lui e dal suo programma? Se il governo prendeva contro il congresso quelle ordinarie misure preventive che aveva sempre preso contro ogni manifestazione sua?

Errore grave dei congressisti era stato quello di accentuare il colore politico repubblicano del congresso. Molti aiuti e molte solidarietà che Mazzini avrebbe potuto trovare nella borghesia italiana per la sua lotta contro i socialisti vennero cosí a cadere definitivamente.

Ad ogni modo la manifestazione operaia antinternazionalista aveva avuto luogo, il patto era stato votato: il nuovo grande organismo operaio incontrò nei primi anni un non trascurabile successo. Nel '74 le società affratellate erano oltre trecento654.






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634 Atti del XII Congresso generale delle società operaie italiane tenutosi in Romagna, novembre 1871, Roma 1871.



635 «Il Monitore di Bologna», 27 ottobre 1871. Il 2 novembre però duecento operai si riuniscono per protestare contro i loro dirigenti, che non hanno creduto di aderire al congresso. «Siamo operai e come tali vogliamo essere solidali coi nostri fratelli italiani del mondo... I tempi del feudalismo sono irremissibilmente passati. Oggi, consci dei nostri diritti e dei nostri doveri; per dovere vogliamo essere uniti ai nostri fratelli, e per diritto biasimiamo gli uomini che ce lo vietano, che altro non possono essere che nostri nemici» (Atti del XII Congresso ecc. cit.).



636 Ignoro il motivo pel quale le altre sezioni dell'Internazionale non mandaron delegati.



637 Ritengo interessante riprodurli per intero poiché non v'è nulla che valga a farci seguire e apprezzare la storia del movimento operaio come l'esposizione dei desiderata della classe lavoratrice organizzata, desiderata nella cui evoluzione quanto al contenuto e anche quanto alla forma si concreta e si palesa l'assiduo, oscuro e non facilmente documentabile sforzo compiuto dagli operai, sia individualmente che collettivamente, verso la propria emancipazione.



638 Interessanti i commenti della «Nazione» – la quale oscilla tra la lode e il biasimo ai democratici moderati, secondo l'opportunità del momento – a questa deliberazione del congresso: «La tirannia dei padroni, l'usura dei principali, le imagini del capitale che succhia il sangue del lavoro, sono tutti fiori o pruni di rettorica tribunizia che ormai hanno fatto il loro tempo e specialmente a Roma non producono altro effetto, se non quello di destar l'ilarità delle cose nuove e il disgusto delle fiabe troppo ripetute» (4 novembre 1871).



639 Riprodusse il Patto «L'Emancipazione», Roma, febbraio 1872.



640 Ebbe vita assai breve. Cfr. il discorso pronunciato dal Saffi al XVI Congresso operaio di Firenze (1886), in SEI, vol. XVI, p. CCXXIV.



641 Che poco dopo andò a dirigere, a Bologna, il giornale «L'Alleanza», mazziniano ortodosso.



642 Il discorso di Tucci e il suo ordine del giorno non sono riportati nel resoconto ufficiale. Li traggo da un resoconto del Congresso operaio di Roma che, manoscritto, Tucci e Cafiero fecero pervenire alle sezioni internazionali di Napoli e di Girgenti e al Consiglio generale di Londra e che ho rintracciato nel Carteggio di Engels.



643 Tuttavia è sintomatico che d'ora innanzi lo troviamo fra i simpatizzanti internazionalisti. Il suo atteggiamento rassomiglia molto a quello di Giuseppe Garibaldi: magnifica i progressi dell'Internazionale in Italia, critica Mazzini per il suo contegno di fronte alla Comune di Parigi, invita gli uomini di buona volontà a «emendare i difetti che, per caso, ci fossero nel programma dell'Internazionale, mirando a migliorare l'istituzione» (Almanacco istorico per il 1873; T. MARTELLO, Storia della Internazionale ecc. cit., appendice, pp. 503-4).



644 Oltre al riassunto dell'opuscolo bakunista e al gesto dei tre delegati internazionalisti, i congressisti di Roma ebbero due altre prove dell'attività dell'Internazionale: un indirizzo della Federazione romanda di quell'associazione, invitante all'adesione e all'abbandono di Mazzini («Il Motto d'Ordine», 29 novembre) e una lettera filointernazionalista di Gaspare Stampa (M. NETTLAU, Bakunin und die Internationale ecc. cit., p. 308).



645 Ricordi di un internazionalista cit., p. 126. Qualche tempo dopo il suo nome comparve fra quelli dei collaboratori di un giornale internazionale che avrebbe dovuto uscire a Roma; ciò gli valse la radiazione dalla Consociazione mazziniana di Genova, di cui era socio. Da quel giorno militò liberamente nell'Internazionale.



646 RICHARDS, op. cit., III, pp. 290 sg.



647 Lettera a Saffi, 8 novembre, in SEI, vol. XVI, p. CXVI. Eran stati chiamati a farne parte Petroni, Filipperi, Panizza, Battaglia, Fava.

Petroni, che aveva presieduto il congresso, si disse invece molto soddisfatto del suo esito; e scrivendone sulla «Roma del Popolo», il 4 gennaio 1872, adirato per certi attacchi delle gazzette conservatrici, si compiacque affermare aver esso «scongiurato i flagelli che sovrastano al consorzio civile per colpa vostra (dei conservatori)... In piú ha condannato le tendenze comuniste, le quali sono una reazione troppo naturale, per non dir necessaria, contro il vostro egoismo, come le tendenze materialistiche sono una reazione troppo naturale, per non dir necessaria, contro le superstizioni che fin qui dominarono».



648 A. GIANNELLI, Aneddoti ignorati ed importanti. Brevi ricordi mazziniani dal 1848 al 1872, Firenze 1905.



649 SEI, vol. XVI, p. CXVI.



650 Lettere di G. Mazzini a F. Campanella cit., p. 47, lettera del 16 novembre 1871.



651 Lettera citata a Saffi, 8 novembre 1871.



652 Ai rappresentanti gli artigiani ecc. cit.



653 Lettera citata, ottobre '71 (martedí).



654 Aurelio Saffi nel discorso inaugurale pronunciato al XVI Congresso operaio di Firenze (1886), ripensando alla via percorsa, affermava che la Fratellanza delle società operaie fondata a Roma nel '71 era stata «nella sua virtualità, la manifestazione piú vasta e piú promettente dello spirito d'associazione nel nostro paese... E il fatto che nella nostra Fratellanza s'accolgono, in armonia di affetti, d'intenti e d'opere, sodalizi misti di uomini d'ogni classe, è documento della legge storica che conduce la società italiana verso la mèta di una grande e feconda eguaglianza civile...» Il Patto si era dimostrato secondo lui «il piú efficace correttivo delle tendenze men sane del socialismo odierno nei nostri paesi» (SEI, vol. XVI, pp. CCXXV sg.). Ma la realtà era assai piú modesta delle sue molto ottimistiche impressioni.





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