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Nello Rosselli Saggi sul Risorgimento IntraText CT - Lettura del testo |
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p. - 2 Carlo Alberto principe di Carignano, Firenze 1930. Del seguito, vivamente atteso, di questa pregevole opera è stato pubblicato il volume su Carlo Alberto negli anni di regno 1831-43, proprio mentre si stava ultimando la stampa di quest'Annuario. 3 Prima di lui nessuno si era preoccupato di consultare, in merito alla questione di Carlo Alberto, i carteggi conservati nel Record Office. Il Vayra (La leggenda di una corona: Carlo Alberto e le perfidie austriache, Torino 1896) si era limitato, a suo tempo, a tradurre – né sempre con esattezza – i dispacci spediti da Verona dal Wellington, i quali erano già stati pubblicati da lungo tempo in Inghilterra. 4 Un esempio tipico di questa mutevolezza dei diplomatici si ricava, nei confronti di Carlo Alberto, dal dispaccio del ministro inglese a Torino, William Hill, a lord Londonderry, 9 febbraio 1822 (Public Record Office, Sardinia, 65; dispaccio segreto e confidenziale, n. 4), e riguarda la legazione di Francia. Da esso risulta che nel settembre del 1820 la legazione di Francia era contraria al ritorno di Carlo Alberto in Piemonte; in ottobre, invece, lo favoriva; sui primi del '22 vi si manifestava di bel nuovo contraria. Ci auguriamo, fra parentesi, che questo accidentale rilievo non abbia a procurare un nuovo piacere al francese César Vidal, noto studioso del Risorgimento, il quale, scottato per una innocente recensioncina al suo Charles-Albert et le Risorgimento italien (Paris 1930), ci ha fatto l'onore, in un suo successivo volume, di attribuirci (per combatterle, naturalmente) opinioni mai espresse da noi circa Carlo Alberto e la politica della Francia e dell'Austria (Louis-Philippe, Metternich et la crise italienne de 1831-32, Paris 1931, pp. 20 nota c 285). Ci rincresce dover confessare che di questo argomento non ci siamo mai occupati fin qui se non, appunto, per temperare il soverchio zelo francese del signor Vidal. 5 Nell'indice dei nomi di persone che chiude il volume del Rodolico, il Percy non figura: per un banale errore egli è stato registrato sotto il suo nome di battesimo, Algernon. 6 P(ublic) R(ecord) O(ffice), Sardinia, 61, n. 9 (a lord Castlereagh). D'ora innanzi, dei dispacci della legazione inglese a Torino daremo soltanto il numero e la data; salvo indicazioni in contrario s'intende che sono tutti diretti a lord Castlereagh (lord Londonderry dall'aprile 1821) e che appartengono tutti alla serie Sardinia, che nel catalogo del Foreign Office reca il numero d'ordine 67. Del Percy si vedano anche i dispacci 13 settembre, 3 e 24 ottobre, 25 novembre, 24 dicembre 1820. 7 P. R. O., Austria, 151. 8 P. R. O., Austria, 151. È vero che nei mesi seguenti le informazioni dello Stewart parvero improntate a un maggiore ottimismo: conseguenza dei rapporti giunti a Vienna, da Torino, dal generale Ficquelmont. Cfr. ad esempio il dispaccio Stewart 22 agosto 1820. 9 P. R. O., Tuscany, 35, dispaccio 2 ottobre 1820. 10 Cfr. il dispaccio Stewart, Vienna, 8 agosto 1820 (loc. cit.): «Ho trovato il principe (Metternich), oggi, piú visibilmente agitato che mai per l'innanzi circa l'attuale situazione... Egli mi ha comunicato in particolare i suoi allarmi per il Piemonte e mi ha detto che crede il re di Sardegna debole e ondeggiante». Nel seguito il cancelliere austriaco mutò parere circa re Vittorio: ché la sua abdicazione gli parve atto di grande energia (cfr. Mémoires, documents et écrits divers, Paris 1880-84, III, p. 463). Tutto ciò dimostra che ha torto il Webster, autore di magistrali studi sul Castlereagh quando (The Foreign Policy of Castlereagh (1815-22), London 1925, p. 328) scrive che la rivoluzione in Piemonte giunse «inaspettata, per quanto nel 1820 il nord d'Italia fosse stato considerato assai piú pericoloso del sud. Ma per nord si era intesa la Lombardia». Si deve per altro riconoscere che i timori concepiti nel corso del 1820 si acquetarono un poco nei primi mesi dell'anno seguente grazie al cieco ottimismo dimostrato dal San Marzano a Lubiana. 11 Dispaccio Stuart (ambasciatore inglese a Parigi) a Castlereagh, 22 marzo 1821 (P.R.O., France, 250, n. 84). 12 Cfr. Webster, Op. cit. , pp. 303 sg., 321 sg. Il Gordon, sostituto dello Stewart alla Conferenza di Lubiana, assicura che il dispaccio circolare del Castlereagh piacque moltissimo al delegato e ministro degli esteri sardo, San Marzano (ivi, 325). In realtà questi scriveva al suo re, il 15 febbraio, che la protesta del gabinetto di Londra «non cambia nulla nel sistema adottato dall'Inghilterra, e non può influire sugli affari generali; essa fornisce solo un testo alle declamazioni dei liberali» (Avetta, Al Congresso di Lubiana coi ministri di re Vittorio, in «Il Risorgimento italiano», 1923, pp. 215-18). Il Percy, a Torino, si sforzava intanto di neutralizzare le conseguenze evidenti della circolare Castlereagh, ripetendo che di essa non dovevano gloriarsi né i radicali inglesi né i liberali francesi né i carbonari italiani (Negri, La rivoluzione piemontese del '21 nel carteggio della diplomazia pontificia, in La Rivoluzione piemontese del '21. Studi e documenti pubblicati dalla Società Storica Subalpina, 1924, II, 469). 13 Ciò si ricava dai dispacci del conte d'Agliè, e del conte Pollone, da Londra, al San Marzano (l'Agliè, è noto, partí per Parigi e Torino ai primi d'agosto del 1820, e non tornò in sede che molti mesi piú tardi, dopo avere esperito importanti missioni a Lubiana e a Napoli). Il 23 luglio 1820 l'Agliè, rendendo conto di un suo colloquio col Castlereagh, scriveva: «Quanto a noi, egli mi disse che sentiva essere la nostra situazione molto difficile, ed esigere molta prudenza e vigilanza; ma evitò di entrare in particolari» (Bianchi, Storia della diplomazia europea in Italia, II, pp. 307-8. Il Bianchi attribuisce erroneamente a questo dispaccio la data di Parigi). Non si può escludere è vero, che dispacci riservati dell'Agliè o del Pollone manchino dalle filze esibite agli studiosi nell'Archivio di Torino, né che il segreto pensiero del Castlereagh venisse dall'Agliè convogliato oralmente al San Marzano; quel che si può escludere quasi con certezza si è invece che, partito l'Agliè, il Castlereagh si aprisse confidenzialmente col giovane incaricato Pollone. 14 Cfr. i dispacci Stewart del 21 e 27 dicembre 1820 (loc. cit.) e Castlereagh a Stewart, 19 gennaio 1821 (P. R. O., Austria, p. 158, n. 6). 15 Tale nomina ebbe luogo in settembre e non nel giugno, come scrive il Rodolico a p. 99. Piú tardi lo Hill riferí che a Torino «molti erano rimasti sorpresi che il re avesse affidato a una persona cosí giovane un posto considerato della piú alta importanza in questo paese» (dispaccio 25 giugno 1821). 16 Dispaccio Percy 3 ottobre 1820. 17 Dispaccio Hill 17 maggio 1821: «In realtà l'antipatia del vecchio re (per gli austriaci) era cosí viva che per due anni dopo che essi ebbero evacuato il paese egli non cessò mai di parlare su questo soggetto sia con me che con qualunque viaggiatore inglese io gli presentassi a corte; ora si afferma perfino che, a forza di tenere lo stesso linguaggio dinanzi ai suoi ufficiali, egli abbia in qualche misura determinato quell'animosità che ha tanto contribuito ai recenti avvenimenti». 18 Dispaccio Percy 8 dicembre 1820. 19 Istruzioni San Marzano ad Agliè (che è in viaggio per Napoli), Lubiana, 28 febbraio 1821: «Conoscete perfettamente... le vedute e l'opinione del gabinetto di St James, sapete che esso, malgrado la sua neutralità assoluta, è antirivoluzionario» (Avetta, op. cit., p. 246). Il contegno assunto dall'Inghilterra a Lubiana è troppo noto perché occorra riferirne qui. 20 Narrando che il principe «manda ogni giorno all'ospedale per assumere informazioni sul conto dei feriti e per offrire loro ogni assistenza», il Percy viene a dare piena conferma al racconto del Rodolico (p. 122) contro le risibili fandonie del Brofferio. Cfr. il dispaccio Percy 19 gennaio 1821. 21 Questa notizia, vera o non vera, non è stata fin qui registrata, ch'io mi sappia, da altre fonti. Dispaccio Percy cit., 19 gennaio 1821. 22 Dispaccio segreto Percy 6 marzo 1821. Il Percy è già informato di quanto, nelle lettere sequestrate, riguarda Carlo Alberto, qualificato dal principe della Cisterna decisamente inferiore «a siffatta incombenza». 23 Dispaccio Percy 10, 11 e 13 marzo 1821. 24 Dispaccio cit. 11 marzo 1821; egli sta per mandare all'uopo un corriere a Napoli quando gli giunge notizia che il re e la regina hanno abdicato e sono partiti per Nizza. Dispaccio cit. 13 marzo 1821. 25 Dispaccio cit. 13 marzo 1821. 26 Dispaccio cit. 13 marzo 1821. A Torino e in tutto il Piemonte è diffusa l'idea che l'Inghilterra interverrà militarmente per impedire un'eventuale occupazione straniera. Lo attesta lo stesso Percy (dispaccio 15 marzo 1821): si crede che «qualora la Russia mandasse truppe in appoggio dell'Austria in Italia, la Francia di concerto con l'Inghilterra agirebbe immediatamente contro i dittatori del nord in pro dell'indipendenza italiana». Se ne parla in Lombardia, come dimostra un rapporto 31 marzo della polizia di Como alla direzione di polizia a Milano: i liberali piemontesi vanno spargendo che «gli Inglesi abbiano sbarcato un corpo di truppe per soccorrere i Napoletani» (Colombo, La rivoluzione del 1821 secondo fonti austriache, in La rivoluzione piemontese del 1821. Studi e documenti cit., II 717). Ancora il 13 aprile il Laneri scriveva al sindaco di Savona: «Quindici bastimenti inglesi sono giunti a Genova per sostenerci in questa circostanza» (Luzio, Carlo Alberto e Mazzini, Torino 1923. pp. 31-32). 27 In due luoghi: a pp. 185-86 e a p. 197, nota. 28 Segnaliamo qualche punto piú interessante. Nel dispaccio 11 marzo il Percy afferma che Carlo Alberto si è rifiutato di recarsi, conformemente all'ordine di S. M., fra le truppe ribelli ad Alessandria, «adducendo di sapere che lo si sarebbe forzato a mettersi alla testa degli insorti e a figurare cosí d'agire d'accordo con loro». Questa versione contrasta con quella piú generalmente accettata (basata sui Memoriali di Carlo Alberto e sulla testimonianza del Balbo: cfr. Rodolico, p. 157) secondo la quale tale linguaggio sarebbe stato tenuto dal Gifflenga, che Carlo Alberto aveva designato ad accompagnarlo nel viaggio; è confermata però dal ministro d'Austria, Binder (dispaccio 12 marzo 1821 pubblicato dal Rinieri, La rivoluzione in Piemonte. Le società segrete, ecc., nella cit. silloge La rivoluzione piemontese. Studi e documenti, I, pp. 622-23) e dal biografo del conte Revel (Introduction à la guerre des Alpes, ecc., p. XLIV). Nello stesso dispaccio dell'11 marzo il Percy dava circostanziata notizia della convocazione fatta dal re quel giorno stesso degli ufficiali comandanti i corpi armati di stanza a Torino per interpellarli circa l'assegnamento che poteva farsi sulle rispettive truppe. Orbene, questo episodio è stato fin qui generalmente attribuito al giorno seguente, 12 marzo. La testimonianza del Percy, il cui dispaccio – ripetiamo – è datato 11 marzo, sembrerebbe inoppugnabile, a meno che non si pensi (cosa niente affatto inverosimile) che, giacché non tutti i giorni si presentava l'occasione di far partire dispacci, egli figurasse soltanto di scriverli (in quelle gravi circostanze) quotidianamente; e che in realtà li scrivesse tutti insieme, salvo ad apporre a ciascuno di essi date diverse. Quanto alle dichiarazioni fatte dagli ufficiali convenuti, il resoconto Percy collima con la versione tradizionale, secondo la quale il colonnello del reggimento Aosta e il principe di Carignano avrebbero risposto che sulle loro truppe, pronte a difendere il re, non era da fare assegnamento quanto a un'azione contro i rivoltosi (Carlo Alberto, è noto, scrisse nel suo primo Memoriale in modo alquanto diverso; ma di ciò piú oltre). Senonché il Percy aggiunge che, uditi quegli scoraggianti rapporti, «il re scoppiò in lacrime». E ancora: nel dispaccio 12 marzo il Percy, vagliando le voci che corrono nella capitale circa il contegno tenuto da Carlo Alberto alla Cittadella (chi diceva dentro di essa e chi dinanzi ad essa), esclude che egli possa essersi unito ai rivoltosi nel grido di «W la Costituzione», e ciò «quali che siano gl'intimi sentimenti del principe». Non sembra che la notte fatale dell'abdicazione del re, il Percy avesse colloqui con questo o col neo-reggente: egli si limitò probabilmente, come gli altri suoi colleghi del corpo diplomatico, a recarsi quella notte alla Segreteria degli esteri, dove le drammatiche novità vennero loro comunicate (all'Archivio di Stato di Torino, Lettere Ministri. Gran Bretagna, Registro lettere della Segreteria degli esteri, si conserva infatti copia di un biglietto, datato 12 marzo, ore 11,30 p., con cui il San Marzano invitava il Percy a recarsi d'urgenza alla Segreteria). Il Percy comunicò l'avvenuta abdicazione del re con dispaccio al Castlereagh scritto alle due di mattina del 13 marzo. Un colloquio col re e col reggente ebbe invece, all'alba del 13, l'ambasciatore di Francia, La Tour du Pin: su di esso e sulle dichiarazioni fatte da quel diplomatico molto si è scritto e fantasticato. Ma il Segre nel suo Vittorio Emanuele I, Torino 1930, pp. 241-42, ci accerta di non averne trovato traccia nel carteggio La Tour du Pin, da lui consultato a Parigi. Stimiamo opportuno perciò registrare in proposito la testimonianza dello Stuart, ambasciatore inglese in Francia. Il cui dispaccio 17 marzo 1821 (P. R. O., France, 250, n. 79) in sostanza conferma appieno la nota versione del De Reiset (cfr. in Rodolico, p. 180), tacendo di un supposto colloquio del La Tour con re Vittorio e riferendo solo, di quello con Carlo Alberto, le dichiarazioni di quest'ultimo in senso favorevole alla promulgazione della Costituzione francese. Il Gordon, invece, che attingeva a fonti austriache, accertava, nel suo dispaccio 22 marzo 1821 (P. R. O., Austria, 163, n. 27) che il La Tour avrebbe «consigliato il principe di Carignano di adottare la Costituzione francese, impegnandosi, con questa condizione, ad assicurargli l'appoggio del governo francese». Già che siamo a parlare del Gordon, della cui assennatezza, ossia antiliberalismo, tesseva gli elogi il San Marzano, contrapponendolo al bollente Stewart (dispaccio cit. 15 febbraio 1821), citiamo qui il primo giudizio che di Carlo Alberto reggente egli trasmetteva al Castlereagh (dispaccio 17 marzo, loc. cit.): «Il principe di Carignano è sospettato di avere favorito la rivoluzione, e anzi di averla in qualche misura istigata, di concerto con autorevoli agenti, riuniti in club a Parigi... Circola la voce che il principe di Carignano stia per assumere il titolo di re d'Italia». 29 Abbiamo riprodotto in extenso la risposta del Percy perché il Rodolico l'ha omessa. 30 Da molti mesi il Binder coltivava assiduamente il suo collega inglese, gratificandolo di «espressioni che – scriveva il Percy il 24 ottobre 1820 – potrei quasi dire di venerazione per l'Inghilterra». Ma il Percy non lo ricambiava di ugual moneta: riteneva che col suo contegno il Binder facesse di tutto per rendere sempre piú impopolare l'Austria in Piemonte, era urtato, si è detto, delle sue elucubrazioni sulla missione austriaca (dispaccio 19 febbraio 1821), lo stimava insomma una vera calamità per la pace d'Europa (cfr. anche l'altro dispaccio 13 marzo), Né era egli solo a pensarla cosí. Il La Tour du Pin qualificava infatti il suo collega austriaco «un vero pazzo» (dispaccio 18 gennaio 1821, in Segre, op. cit., p. 225). 31 Op. cit., p. 191, nota. 32 Il che è confermato dallo stesso Carlo Alberto nel suo primo Memoriale e dalla sua lettera 29 marzo 1821 a re Vittorio (Scritti di Carlo Alberto, a cura di V. Fiorini, Roma 1900, pp. 37, 163). Il dispaccio Binder, cui allude il Rodolico, è stato pubblicato dal Rinieri, op. cit., pp. 624-26: esso contiene ampli particolari sulla missione Percy e su una successiva missione De Maistre mandatagli quel giorno stesso dal principe: il Binder non crede alla buona fede del reggente (circa la sua intenzione di far credere a una imminente guerra all'Austria al solo scopo di guadagnare tempo) e assicura che neanche il ministro di Russia vi crede. 33 Con questo non intendiamo dire che il Binder fosse un eroe (ci accerta del contrario l'incaricato d'affari pontificio, Valenti, in un dispaccio dell'11 dicembre 1820, pubblicato dal Rinieri, op. cit., p. 588); ma solo ristabilire la verità su questo punto particolare. 34 Dispaccio 19 marzo 1821, n. 21. Era stato il proclama di Carlo Alberto del 15 marzo quello che aveva diffuso la sensazione che egli intendesse davvero dichiarare la guerra all'Austria. Cfr. in proposito il dispaccio Stuart 23 marzo 1821 (P. R. O., France, 250, n. 86). 35 Dispaccio Gordon 19 marzo 1821 (P. R. O., Austria, 163, n. 26). Il proclama venne da Carlo Alberto comunicato, come è noto, ai ministri; d'accordo coi quali (18 marzo) ne sospese la pubblicazione. Di qui la leggenda (raccolta, ma non creduta dallo Hill), che egli se lo fosse «tenuto in tasca per due giorni» e che non lo avrebbe «pubblicato né si sarebbe recato a Novara se non avesse successivamente ricevuto da un corriere, in via privata, la notizia della completa disfatta dei Napoletani» (dispaccio Hill 25 giugno 1821). Su questo proclama e sulla ritardata pubblicazione cfr. Dallari, L'alba di un regno. Carlo Felice a Modena, in «Rassegna storica del Risorgimento», 1924, pp. 944-47. 36 Cfr. Rodolico, p. 194, nota. Sulla depressione del reggente cfr. il dispaccio Metternich a Stadion, 26 marzo 1821: «La révolte en Piémont va mal comme révolution... Son principal champion, le prince de Carignan, ne fait que pleurer». (Mémoires cit., III, p. 493). 37 Cfr. in Rodolico, pp. 197-98, il brano del cit. dispaccio Percy che ad essa si riferisce. In un altro luogo dello stesso dispaccio l'incaricato inglese notava che l'attacco al Binder aveva alienato molti consensi alla causa costituzionale. 38 Dispaccio Percy 20 marzo 1821. Il Rinieri, op. cit., p. 627, dice che manca la risposta del reggente alla richiesta di passaporti fatta dal Binder. Eccocela adesso riassunta dal Percy. 39 L'ultimo periodo di questo passo del dispaccio Percy è stato pubblicato dal Rodolico a p. 193, nota. 40 Dispaccio Percy 23 marzo 1821. 41 Lo s'ignorava evidentemente anche a Parigi donde, il 28 marzo, scriveva lo Stuart che il reggente aveva rinunziato al suo rango il giorno medesimo nel quale la legazione francese aveva ufficialmente smentito che il suo governo intendesse appoggiare il movimento antiaustriaco in Italia (P. R. O., France, 250, n. 91). Ma dai dispacci Percy e Stuart si è lasciato influenzare il Webster quando ha scritto (op. cit., p. 331) «che Carlo Alberto (dopo qualche esitazione) abbandonò una causa che era evidentemente diventata disperata dopo che Napoli era stata disfatta e la Francia aveva rifiutato di aiutare in qualunque modo». 42 Cfr. i due suoi dispacci del 24 marzo (nn. 26 e 27) e l'altro del 26 di quel mese. 43 Dispaccio cit. 26 marzo 1821. Questo passo compiuto dal Percy è ignorato dal Webster, il quale scrive soltanto (p. 330) che l'idea di una mediazione franco-inglese avanzata dal governo di Parigi venne senz'altro scartata dal Foreign Office. Il Percy non dà che notizie generiche, piú tardi, dei noti passi compiuti dal ministro di Russia, Mocenigo, per portare a un accordo fra gl'insorti e il governo legittimo; né troviamo conferma nei suoi dispacci dell'affermazione dell'incaricato pontificio secondo cui il negoziato Mocenigo avrebbe dato «ombra ai due rappresentanti di Francia e d'Inghilterra, che avrebbero voluto essere invitati a prendervi parte» (dispaccio 29 marzo 1821 pubblicato dal Negri, op. cit., II, p. 497). 44 Dispaccio Castlereagh a Gordon 5 aprile 1821, segreto e confidenziale (P. R. O., Austria, 161, n. 2); il Webster, op. cit., p. 330, ne ha pubblicato solo un brevissimo estratto. Sul proposto intervento russo in Piemonte si vedano le giuste considerazioni svolte in contrario dal Gordon (dispaccio 15 marzo 1821) e dallo Stuart (dispaccio 26 marzo e 5 aprile 1821) e quel che scrive lo Hill nel dispaccio 17 maggio 1821. Il 22 aprile il Metternich scriveva allo Stadion: «Ne jugez pas l'Angleterre sur rien de ce que vous dit lord Stewart: tout ce qu'il dit est faux. Il vous aura fièrement niée la marche d'un corps russe en Piémont; eh bien, son Cabinet le demande à cor et à cri, car il voit juste...» 45 Dispaccio Percy, 11 aprile 1821. Sulle intenzioni, a vero dire rientrate, di taluni fra i capi degli insorti genovesi d'intentare un processo al Des Geneys, allora recluso a Palazzo Ducale, cfr. Bornate, L'insurrezione di Genova nel marzo 1821, Torino 1923, pp. 63, 109. 46 Cfr. il dispaccio Castlereagh a Hill, 7 maggio 1821, in gran parte pubblicato dal Webster, op. cit., p. 331. 47 Dispaccio Hill 17 maggio 1821: «voce non innaturale, commentava egli, giacché la speranza e l'aspettazione sono spesso il resultato di un desiderio generale». 48 Questa parte del racconto Hill è cronologicamente inesatta: fra l'altro, re Vittorio non si recò a Moncalieri che il 7 di marzo, mentre Carlo Alberto venne a conoscenza delle famose lettere sequestrate il giorno 5. 49 Il Luzio, op. cit., p. 47, trovando la notizia di questa intenzione del principe nella citata biografia del Revel, strabilia e inclina a ritenerla inventata. La testimonianza dello Hill dimostra invece che il Revel palesò la cosa fino dal maggio 1821, se era lui la fonte dello Hill; se poi non era lui, è chiaro che la notizia acquista ancora maggiore importanza. 50 Sullo stesso argomento tornava lo Hill nel dispaccio 18 agosto 1821: «Il granduca di Toscana è scontento della condotta privata del principe di Carignano e sarebbe felice di qualunque accomodamento che ne facilitasse l'allontanamento da Firenze». La corrispondenza del ministro inglese a Firenze, lord Burghersh, non getta alcuna luce sulla questione, ancora controversa, del contegno tenuto da Carlo Alberto a Firenze; per quanto da documenti toscani (ci assicura il Masi, Carlo Alberto nell'esilio di Firenze, in Studi Carlo-Albertini, Torino 1933, p. 59) il Burghersh resulti un simpatizzante per il Carignano. Sul medesimo soggetto ritornava lo Hill a un anno di distanza. Il principe – scriveva il 3 agosto 1822 – «conduce adesso a Firenze una vita della piú grande regolarità e anche di bigotta devozione; ma Sua Maestà e la corte non sono disposte a ritenere sinceri questi ed altri segni di contrizione». Anche lo Hill diffidava dei racconti troppo edificanti fatti al proposito dalla contessa di Truchsess. 51 Il Rodolico, pp. 152-55, sembra considerare la storia del perdono di Moncalieri come una maligna fantasia messa in giro dal Revel. Ammettiamo volentieri che questa conferma dello Hill non sia da ritenersi probante in quanto di netta derivazione revelliana; ma ne vedremo piú oltre ineccepibili riprove. A una confessione di Carlo Alberto al re si allude del resto nello stesso Simple récit, ecc., notoriamente composto da amici del principe su dati in gran parte forniti da lui (Scritti di Carlo Alberto cit., pp. 87-88). 52 La data del colloquio di Moncalieri è, si sa, quella del 10 marzo; lo Hill in un annesso al dispaccio 9 maggio 1821 (Ordine cronologico degli avvenimenti che ebbero luogo durante la rivoluzione in Piemonte) afferma invece che esso si sarebbe svolto l'8 di marzo. Errore evidente: forse lo Hill confondeva fra il colloquio del 10 e la cavalcata fatta il 7 da Carlo Alberto per accompagnare il re a Moncalieri. 53 Della stessa opinione era allora la legazione di Francia; cfr. il tono dei giudizi espressi dal La Tour du Pin su Carlo Alberto in Matter, Cavour et l'unité italienne, Paris 1922, I, p. 39. 54 Giuste al proposito le considerazioni del Rodolico, p. 327; sebbene la richiesta fatta da Carlo Alberto al Percy agli inizi della reggenza perché venisse inviata una squadra inglese a Genova non possa davvero addursi a prova dell'interesse inglese a impedire un predominio austriaco in Italia: altrimenti la circostanza del mancato invio della squadra potrebbe addursi senz'altro a prova del contrario. Il Webster, op. cit., p. 332, scrive che «in questa faccenda (la questione Carignano) il Castlereagh non prese parte alcuna»: il che è esatto, purché si ricordi, tuttavia, che le istruzioni ai plenipotenziari inglesi al Congresso di Verona, consacrato fra l'altro all'esame di quella questione, vennero vergate da lui. 55 Alle pp. 168-70. Nella prima parte del dispaccio lo Hill afferma che il «tradimento» imputato al principe deve riferirsi all'attività da lui svolta in qualità di gran mastro dell'artiglieria: «Il principe non era ancora da un anno in possesso del suo ufficio; operò certamente vari mutamenti fra gli ufficiali, trasferendone molti affezionati alla vecchia corte, e circondandosi dei suoi amici particolari, e in confidenza con lui, o piuttosto di cattivi consiglieri». A questo punto s'inizia la trascrizione del Rodolico: il quale precisa che il dispaccio venne vergato dallo Hill dopo i colloqui avuti a Modena; senonché il ministro inglese, il 25 di giugno, non si era ancora mosso da Torino. Per esser pedanti noteremo che l'affermazione dello Hill – il ministro di Prussia «ritiene che S. A. S. si troverà in grado di giustificarsi in gran misura» – è stata tradotta dal Rodolico con omissione delle tre ultime parole, le quali hanno pure un qualche valore. 56 Carlo Alberto aveva, si sa, grande stima pel Des Geneys e riponeva in lui illimitata fiducia, come dimostra la lettera che gli scrisse, ancora reggente, il 20 marzo 1821. Cfr. Boselli, Carlo Alberto e l'ammiraglio Des Geneys nel 1821, estratto dagli «Atti della R. Accad. delle Scienze di Torino», vol. XXVII; Prasca, L'Ammiraglio Des Geneys, Pinerolo 1926. 57 A conferma di questo particolare (per quanto sia forse esagerato l'asserire che re Vittorio si perse fra i monti) cfr. Segre, Note e documenti sui casi e sui profughi del 1821, nella citata silloge La Rivoluzione piemontese, I, p. 242; e Dallari, op. cit., p. 958. 58 Cfr. dispaccio Hill 6 novembre 1821; e sui rapporti fra l'Aglié e Carlo Felice (Lemmi, Carlo Felice, Torino 1931, pp. 166-67). 59 Ne accusava ricevuta quello stesso 15 luglio. Motivo del ritardo, si sa, la speranza, a lungo nutrita dal Foreign Office, che re Vittorio si lasciasse indurre a riascendere il trono. I ministri delle altre grandi potenze si erano già tutti recati a Modena fin dal mese di aprile (Dallari, op. cit., P. 949). 60 Carlo Felice era tutt'altro che una personalità di eccezione; ma era assistito da un vigoroso buon senso, da non comune energia di carattere, e aveva altissima coscienza dei doveri di un sovrano, come ci ha ben mostrato il Lemmi nel suo bel libro, citato, a lui dedicato. Nel dispaccio 6 novembre 1821 lo Hill giungeva, quasi suo malgrado, ad ammettere che Carlo Felice «possa essere piú fermo e aver maggiori attitudini per regnare» di suo fratello. 61 pp. 269-70. Il dispaccio Hill reca la data del 12 agosto. 62 Si veda in proposito il dispaccio Castellalfero (ministro sardo a Firenze), 20 giugno 1821, in Luzio, op. cit., pp. 49-50; e quello del Maisonfort (ministro francese a Firenze), 19 giugno 1821, in Gualterio, Gli ultimi rivolgimenti italiani, Memorie storiche, Firenze 1852-61, III, p. 322. 63 Luzio, op. cit., p. 42, nota; Lemmi, op. cit., p. 192. 64 Dispaccio Hill 5 aprile 1822, segretissimo. 65 La personale devozione dello Hill per re Vittorio (risaliva ai tempi del soggiorno della corte sabauda in Sardegna) era ben nota; cfr. su di essa il riconoscimento del Saluzzo nel suo Memoriale pubblicato dallo Zucchi, nella silloge cit., I, p. 454. 66 Il generale Gifflenga, si sa, non si recò a Moncalieri insieme col principe; è esatto comunque che la mattina del 10 marzo anch'egli si trovava colà. Sul di lui conto scrisse lo Hill, nel dispaccio 7 dicembre 1821, essersi molto meravigliati che re Vittorio lo avesse scelto, il 13 marzo, per accompagnar lui e la regina nel viaggio di Nizza; ma che la regina al ministro austriaco, il quale si era fatto eco di queste impressioni, aveva replicato: «Quando si attraversa una foresta di notte, non c'è miglior protettore o guida del capo dei banditi». L'aneddoto, in termini leggermente diversi, è riportato dal Lemmi (op. cit., p. 193, nota), il quale lo ha da tutt'altra fonte. 67 È noto che quel proclama era già stato perfino stampato. Dagli archivi ne trasse una copia, molti mesi piú tardi, il Della Valle per mostrarla al ministro inglese, il quale la spedí a Londra. Cfr. il suo dispaccio 5 aprile 1822. 68 Il Rapport et détails de la Révolution, ecc., in Scritti di Carlo Alberto cit., pp. 3-30. Lo Hill ne aveva già dato notizia nel dispaccio 18 agosto 1821; ma solo parecchi mesi piú tardi fu in grado di procurarsene una copia. 69 Op. cit., p. 25. 70 Questa dichiarazione di Carlo Alberto era certo in contraddizione con i suoi veri sentimenti; del che si ha una riprova indiscutibile nella lettera che il 21 novembre 1821 egli stesso scriveva al Sonnaz: «J'ai dit, et telle fut toujours ma manière de penser, qu'un gouvernement tempéré, comme celui de la France, ou dans le même genre, était le meilleur...» (Scritti di Carlo Alberto cit,, p. 182). Ma che il principe si fosse proprio espresso, qualche tempo prima dello scoppio della rivoluzione, nel senso esposto da re Vittorio dimostra anche questa lettera di Maria Teresa al duca di Modena, 28 febbraio 1821: «Il re è... nemico del regime costituzionale, e questo è ugualmente odioso al duca e al principe (Carlo Alberto); dunque spero in Dio che per qua non vi sia nulla da temere» (Dallari, op. cit., p. 940). Sulle discussioni relative alla costituzione in quel drammatico Consiglio della Corona, cfr. Passamonti, Prospero Balbo e la rivoluzione del 1821, nella cit. silloge, I, pp. 330-31; e Zucchi, op. cit. pp. 477-78. 71 Il Rodolico, nella parte del suo libro dedicata alla narrazione critica degli eventi rivoluzionari, non accenna neppure a queste discussioni in extremis svoltesi fra i sovrani, il principe e i ministri a proposito della costituzione. E non s'intende il perché. 72 Si noti che il Balbo, nelle sue Memorie (Passamonti, ed. cit,, p. 323) non menziona la presenza di Carlo Alberto quando ci riferisce le dichiarazioni dei vari comandanti. Il Saluzzo, riferita la risposta del Ceravegna, si limita a scrivere: «le chef de l'artillerie prit la parole et dit qu'il en était de même de ses cannoniers» (Zucchi, op. cit., p. 475). 73 Cfr. il Saluzzo nel suo Memoriale: «On a reproché au ministère de n'avoir pas fait arrêter le col. Ceravegna au sortir du cabinet du roi et peut-on croire que la pensée n'en soit venue à personne! Mais une considération de la plus grave importance, que c'est devoir de taire même pour la justifier, arrêta cette pensée au moment même où elle fut conçue» (Zucchi, loc. cit.). 74 Analoga era l'opinione del generale La Tour, dallo Hill riportata nel già citato dispaccio 18 agosto 1821: «Parlando della voce secondo la quale il principe avrebbe determinato di chiedere una corte marziale, il generale La Tour mi ha detto che nessun ufficiale piemontese potrebbe o vorrebbe condannarlo per atti della sua reggenza; un siffatto processo dovrebbe basarsi sull'attività precedente di S. A. S., attività che, eccettuato l'intervallo di pochi giorni o piuttosto di poche ore, era stata già perdonata da S. M. Vittorio Emanuele sebbene S. M. fosse allora all'oscuro di molte cose accadute pel tramite di S. A. S.». Il La Tour era, ciò nondimeno, favorevole, si sa, a un sollecito ritorno di Carlo Alberto in Piemonte. 75 Sugli addebiti fatti da re Vittorio a Carlo Alberto, cfr. in particolare Masi, op. cit., p. 141; Dallari, op. cit., pp. 957-58; Luzio, op. cit., pp. 12, 29; Segre, Vittorio Emanuele cit., p. 248, oltre ai noti dispacci del Maisonfort pubblicati dal Gualterio, op. cit., III, passim. Resulta chiaro da innumerevoli documenti che re Vittorio era profondamente risentito con Carlo Alberto; ond'è che non ci spieghiamo come il Luzio dopo avere tentato di attenuare l'importanza degli addebiti mossi da re Vittorio, possa scrivere (op. cit., p. 51) che «sarebbe indubbiamente assai grave» se quel sovrano avesse davvero nutrito «un giudizio sfavorevole al principe». Il dispaccio Hill, comunque, toglie ogni dubbio in proposito. 76 Anche il Metternich riconobbe che l'abdicazione aveva fiaccato la rivoluzione (a Rechberg, 25 marzo 1821; Mémoires cit., III, p. 490). Glielo aveva fatto notare il Binder già il 17 marzo (dispaccio pubblicato dal Rinieri, op. cit., p. 623). 77 Il che, d'altronde, coincideva con i suoi interessi: la costituzione di Spagna, se adottata tal quale, lo avrebbe privato infatti, dei diritti di successione in favore delle figlie di re Vittorio. 78 Cfr. i suoi dispacci 13 gennaio e 9 febbraio 1822. 79 Dispaccio Hill cit., 13 gennaio 1822; cfr. anche l'altra del 24 dello stesso mese: egli si è adoperato per sollecitare il ritorno di re Vittorio in patria, ritenendo che «dato il risentimento della regina, e la sua intesa col principe Carignano, vi fosse piú da temere dalla sua assenza» che non dal suo ritorno. Si veda anche Rodolico, pp. 292 sg. Circa lo stato d'animo della regina Maria Teresa di fronte alle prospettive di riassumere il trono siamo poco informati. Il Saluzzo (Zucchi, op. cit., p. 521) attesta che essa insistette col marito perché rifiutasse qualunque offerta in proposito; il Maisonfort, invece, in un dispaccio del 31 agosto 1821, riferiva che la conversazione della regina gli aveva dato l'impressione che essa rimpiangesse di non piú esser sul trono (Gualterio, op. cit., III, p. 324). Da un dispaccio Daiser (nuovo ministro d'Austria a Torino) al Metternich, 24 maggio 1822, sembrerebbe lecito dedurre che egli ritenesse aver Maria Teresa spinto re Vittorio a sollecitare, malgrado tutto, il ritorno in Piemonte (Rinieri, op. cit., p. 649). 80 Lo Hill aveva conosciuto l'arciduca a Cagliari, negli anni della lotta antinapoleonica. «M'è rincresciuto di notare – cosí riferiva questo suo colloquio – che, pur discorrendo egli con la sua solita abilità, il suo linguaggio è molto mutato relativamente ai sistemi liberali... S. A. R. era allora un candidato al posto di capo della Lega italiana, in quel tempo in progetto..., adesso è uno dei piú abili agenti di suo cugino l'imperatore. Trattandosi di un sovrano italiano... sono rimasto piuttosto sorpreso di udire con che tono sarcastico e spregiativo l'arciduca parlava degli italiani... Facendo un paragone fra il suo real suocero Vittorio Emanuele e la presente Maestà Sarda, l'arciduca mi ha detto con palese, viva approvazione, che S. M. Carlo Felice non è soltanto fermo, ma severo!» 81 Dispaccio Hill, 18 agosto 1821, in parte pubblicato dal Rodolico, pp. 310-11. 82 Dispaccio Hill, 3 marzo 1822: «Il re ritiene che, essendo egli e il principe vissuti un tempo come padre e figlio, riuscirebbe parimenti penoso ad entrambi risiedere (adesso) uno vicino all'altro; se in questo caso (infatti) il re non ricevesse mai il principe, il marchio d'infamia (su di lui) resterebbe forse anche piú indelebile che non nel caso di una prolungata assenza del principe». Al che, però, lo Hill obiettava che «se S. M. dovesse vivere molti anni, il principe, che ha ricevuto la prima educazione in Francia sotto Bonaparte, finirebbe, con un altro lungo esilio, col cessare quasi di essere un piemontese». 83 Alla prudenza lo Hill venne consigliato dall'infortunio capitatogli a proposito del ritorno di re Vittorio in Piemonte, pel quale egli si era battuto fino al punto di incorrere nel risentimento di Carlo Felice, che lo aveva fatto richiamare all'ordine dal Castlereagh. Si noti come il punto di vista dello Hill sulla questione Carignano coincidesse con l'opinione formulata dal Metternich in un dispaccio del 6 dicembre 1821 (Mémoires cit., III, pp. 525-27). 84 Dispaccio Hill 13 novembre 1821; cfr. anche l'altro del 9 febbraio 1822. 85 Dispaccio Hill 25 novembre 1821. 86 Dispaccio Hill 24 ottobre, 6 e 13 novembre 1821. 87 Cfr. Webster, op. cit., pp. 367 sg.; Metternich, Mémoires cit., III, p. 524. 88 Identiche istruzioni aveva mandato il Metternich al Daiser; onde questi, 13 dicembre 1821, assicurava che si sarebbe «imposto il silenzio piú assoluto su questo affare» (Rinieri, op. cit., p. 638). Il Truchsess (ministro di Prussia) seguiva invece, si sa, una politica opposta. Dispaccio Hill 24 ottobre 1821: «Il mio collega prussiano è sempre assente, a Napoli, donde ho ricevuto ier sera una (sua) lettera confidenziale nella quale mi prega di adoperarmi in favore del principe di Carignano; ma io temo che nulla sarà fatto per S. A. S. fino alla riunione del Congresso a Firenze, l'anno prossimo, seppure anche allora mi si dice infatti da parte russa che S. M. Sarda usa verso i sovrani alleati un tono quasi altrettanto altezzoso che verso i suoi sudditi...» 89 Il Della Valle insinuava allo Hill che «se due o tre degli alleati fossero stati disposti ad ascoltare l'appello del re, il principe avrebbe abbandonato le sue pretese al trono e la questione di legittimità e primogenitura sarebbe stata salvata dalla successiva adozione del suo figliuoletto». Dispaccio Hill 5 aprile 1822. 90 Dispaccio Hill 9 e 23 febbraio 1822. Successivamente lo Hill si ricredette anche su questo punto, non senza merito, sembra, dell'infaticabile sostenitore del principe, Luigi d'Auzers. Dispaccio Hill 3 agosto 1822: dice il d'Auzers (fine psicologo, invero) che «nonostante la violenza dei piú contro di lui (Carlo Alberto), egli è sicuro che se il principe arriverà, non ci saranno cinque famiglie a Torino che non si mostreranno ansiose di partecipare al primo ricevimento a palazzo Carignano». Ragguagli sul d'Auzers dava lo Hill nel dispaccio segretissimo e confidenziale del 3 marzo 1822. 91 Dispaccio Hill 9 febbraio 1822: il Revel «dice che se il re è incline al perdono, quanto prima il principe tornerà, in vista di regnare, tanto meglio; ma a lui consta che il re è del tutto contrario a S. A. S. Ciò nonostante, aggiunse il governatore, se il re dovesse morire domani, sarebbe mio dovere proclamare il principe e naturalmente lo farei. Il conte Revel mi ha informato che, poco dopo il suo ritorno, il re gli ordinò di raccogliere tutte le prove che erano emerse a carico del principe nei processi dei ribelli. Quando esse vennero sottoposte a S. M., il re disse che ve n'erano troppe, e, insieme, non abbastanza; ciò che il conte Revel interpretò: troppe per l'onore del principe, ma non abbastanza per processarlo. Dice tuttavia il conte che, se ancora adesso il re desse ordini in proposito, si raccoglierebbero prove imponenti, ma che col passar del tempo riuscirà piú difficile trovar prove dirette. Sua Eccellenza mi ha anche detto in confidenza avergli nientemeno che il generale Ecuyer (uno dei favoriti del re) domandato perché non avesse sottoposto a processo il principe insieme agli altri ribelli; al che egli aveva immediatamente risposto che in una questione concernente non soltanto un principe di casa Savoia, ma l'erede presuntivo della Corona, ciò sarebbe stato impossibile senza ordini espliciti del re. Il conte, mi è parso, sospetta fosse desiderio del re che egli avesse preso su di lui questa responsabilità quando era luogotenente generale o viceré: egli non l'ha fatto, eppure dice che un esempio di questo genere riuscirebbe utile di fronte ai tanti principi ereditari che, di recente, sono stati i primi traditori nei loro rispettivi paesi». 92 Dispaccio Hill 9 febbraio 1822: «Il Saluzzo mi ha detto confidenzialmente che fin quando il principe Carignano resterà erede presuntivo, nessun ufficiale oserà condannarlo, e che il re dovrebbe in prima e non in seconda istanza consultare in proposito i suoi alleati». 93 Anche in un'altra occasione lo Hill si era preoccupato dello stato d'animo della moltitudine, in contrapposto a quello diffuso nei ceti piú alti: a proposito del ritorno di re Vittorio in Piemonte, che egli auspicava ritenendolo ardentemente desiderato dalla massa del popolo, checché ne pensassero i nobili. Cfr. il suo dispaccio 6 novembre 1821. Alle opinioni delle masse in Piemonte aveva alluso anche lo Strassoldo in un dispaccio al Metternich del 29 aprile 1821 (Colombo, op. cit., pp. 738-40). 94 Cosí nel noto dispaccio circolare diramato alle Missioni all'estero, su cui cfr. dispaccio Hill 3 marzo 1822. 95 Dispaccio Hill 23 febbraio 1822. |
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