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Nello Rosselli
Saggi sul Risorgimento

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  • III. La Destra storica
    • L'opera della Destra
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III.
La Destra storica

L'opera della Destra

 

Quando la Destra, nel 1861, cominciò la sua opera di governo, l'Italia era un paese povero, malsicuro, ignorante, scarso di risorse, diviso e fragile nella sua neonata unità, indipendente solo di nome.

E invero: unificati sette quasi tutti zoppicanti bilanci statali374, si trovò che il primo bilancio italiano presentava un disavanzo effettivo di oltre 500 milioni (le entrate erano inferiori allo stesso disavanzo!)

L'esercito era composto degli elementi piú eterogenei: vincitori e vinti, regolari e irregolari, pochi contenti e molti scontenti; la marina militare era quasi tutta di legno, quasi tutta velica, ossia tutta da rifare.

Gli analfabeti costituivano circa il 78% dell'intera popolazione, le scuole elementari eran poche e pochissimo frequentate.

Pessime le comunicazioni in tutto il regno: basti dire che non c'erano che 1983 chilometri di strada ferrata375.

Infuriava la reazione nel mezzogiorno, a fondo sociale, a etichetta politica; e se i Piemontesi consideravano l'Italia da Napoli in giú una colonia da redimere376, i meridionali trattavano quelli né piú né meno che come invasori stranieri.

Si è accennato ai guai piú grossi o piú appariscenti. S'aggiunga che in Europa l'Italia, improvvisamente costituitasi piú grande del previsto, era guardata con generale diffidenza e sospetto.

La Destra faticosamente individuò, fermamente affrontò i problemi essenziali che minacciavano la compagine dello Stato o ne ostacolavano lo sviluppo. Li risolse? Non so. Fatto sta, però, che nel 1876 poté consegnare alla Sinistra, che le succedette, un'Italia che con quella di quindici anni addietro non aveva, come si vedrà, piú niente a che fare.

Sulla via della prosperità, perché col bilancio risanato377 (che si fosse finalmente raggiunto il pareggio annunciò Minghetti nel marzo del '76), con le entrate pressoché triplicate (da 480 milioni nel 1862 a 1123 nel 1876), con una popolazione duramente avvezzata a pagar gravi imposte378.

Forte e rispettabile, perché munita di un esercito severissimamente disciplinato (fucilazione del Barsanti, 1870), a base nazionale (sistema della leva generale imposto al paese con fermezza spietatamente necessaria), modernamente ordinato (ordinamenti Fanti, Ricotti); e di una marina quasi tutta nuova (a vapore e in ferro), con naviglio meno numeroso che nel '61, ma piú scelto e assai ingente come tonnellaggio (da 112 000 tonnellate a 152 000).

Meno ignorante, perché con una percentuale di analfabeti discesa dell'8% e con un numero di scuole elementari aumentato sensibilmente; ma quel che piú conta, messa in grado di rovesciare rapidamente l'ancora umiliante rapporto proporzionale tra letterati e illetterati mercé il principio sancito e applicato della obbligatorietà e gratuità dell'istruzione elementare.

Incomparabilmente piú ricca di risorse: si pensi solo che si costruirono oltre 5400 km (erano 7804 nel 1876) di ferrovie, obbedendo piú che al criterio di farle servire a un traffico già avviato, a quello, eroico in tempi di economie fino all'osso, di sollecitare un traffico inesistente; si pensi che la marina mercantile fu portata al quarto posto in Europa, al quinto nel mondo (da 10 000 t a vapore nel 1862 a 1 milione nel 1877).

Definitivamente assicurata nella sua unità, dopo la dolorosa, ma definitiva lotta contro il brigantaggio, causa d'infiniti e astiosi dibattiti nella stampa e in Parlamento, dopo l'ingrata, ma indispensabile contenzione e compressione del volontarismo, dopo una serie di valide prove militari, dopo la creazione di una efficiente burocrazia raccolta in tutto il paese, dopo la promulgazione di ottimi codici nuovi, in sostituzione di quelli fino ad allora vigenti, regionali e l'uno all'altro opposti.

Nella considerazione europea, poi, l'Italia aveva compiuto passi da gigante: la piccola nazione audace, sbarazzina e inquietante del 1861 era tenuta nel '76 per un organismo robusto, serio e resistente, suscettibile dei piú grandi progressi, elemento di pace nel mondo. Due anni dopo la caduta della Destra (1878) l'Italia sedeva da potenza sovrana e indipendente al Congresso di Berlino379; quattro anni piú tardi (1882) poteva negoziare quel trattato della Triplice Alleanza che le riconosceva, in effetto, il rango di grande potenza e gliene assicurava i corrispondenti vantaggi.

Questa maggior considerazione, si badi bene, veniva tributata ad un paese il quale, ottenuto a fatica negli anni tra il 1861 e il 1866 il suo riconoscimento ufficiale380, non aveva mai cessato pertanto di riaffermare e non solo teoricamente e ipoteticamente, i suoi diritti su Roma; finché, svincolandosi a poco a poco dal pesante vassallaggio verso la Francia, e pur riuscendo a evitare di rompere le buone relazioni con quello Stato, non aveva osato prendersela, Roma381, e imporre al Vaticano un modus vivendi (legge della quarta votazione il 2 maggio 1871: 185 favorevoli e 206 contrari), la cui saggezza si è dimostrata appieno in presso che 60 anni di esercizio382. Ad un paese il quale, venuto appena all'onor del mondo, si era permesso di turbare la pace d'Europa, d'accordo con la Prussia, guerreggiando contro l'Austria e annettendosi l'assai sospirata Venezia.

 






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374 Soprattutto 7 debiti pubblici! Legge 4 agosto 1861, presentata come progetto dal Bastogi il 27 giugno. Scriveva il deputato Galeotti: «il regno d'Italia ereditò dagli antichi e dai nuovi governi un disavanzo ordinario di 102 milioni; un debito pubblico di 22 481 870 000; una quantità cospicua di leggi e di decreti organici, che dovevano essere posti in esecuzione; un personale esuberante nei pubblici uffici, oltre a quelli che la mitezza di una rivoluzione aveva collocato fra i pensionati: i pubblici introiti dappertutto diminuiti» (La prima Legislazione del Regno d'Italia da Zoli, Saggio, pp. 279-80).



375 Secondo Petruccelli della Gattina, 2561: Storia d'Italia, p. 476. Nel 1860, su quaranta province, solo sei eran provviste di ferrovie. Ibid.



376 Giustino Fortunato dice (1928) che si è molto esagerato sul contegno dei Piemontesi nel mezzogiorno; e anzi vorrebbe scrivere qualcosa per dimostrare che fecero quanto di meglio era possibile.



377 «Vero prodigio! quando si pensi che una tanta impresa non veniva coadiuvata da alcuna riforma amministrativa ispirata al decentramento amministrativo, la quale sviasse una parte degli interessi locali dal far ressa e dal far tratta, senza ritegno, sulle risorse del bilancio nazionale» (Jacini, Pensieri sulla politica italiana, p. 29).



378 La preoccupazione finanziaria impedí che si provvedesse alla soluzione di molte altre questioni. Jacini propugnando la sua riforma politico-amministrativa sostiene che soltanto con la sua attuazione si può sperare di risolvere definitivamente la questione finanziaria.



379 Considerazione giustissima sul Congresso di Berlino svolge Jacini, Pensieri sulla politica italiana, pp. 76 sg., stigmatizzando l'indignazione che contro di esso si diffuse in Italia perché non ci aveva portato nessun ingrandimento territoriale (eppure l'Italia non aveva mica partecipato alla guerra d'Oriente!) «Mentre sopra un tale risultato si era fatto assegnamento sicuro, non per altro titolo che perché ciò sarebbe stato cosa desiderabile...» Eppure attraverso le discussioni in parlamento e al senato risultò chiara l'impossibilità di tale ingrandimento per noi. La frase – «lo smacco del trattato di Berlino» – diventò nondimeno tradizionale (e quanto male ci ha fatto!). E non si pensò che era «già un motivo di grande compiacenza per l'Italia l'avere seduto, per la prima volta, a titolo di grande potenza, in un congresso europeo».



380 Inghilterra, 30 marzo 1861; Francia, 15 giugno 1861; Russia, 12 luglio 1862.



381 Uno degli atti piú scaltri fu forse la Convenzione di settembre, che si riuscí a render cosí poco chiara da giustificare, per parte italiana, una interpretazione letterale in aperta contraddizione col suo spirito (int. La Marmora e Dronin de Lhuis).



382 Jacini, Pensieri sulla politica italiana, svolge il concetto della neutralizzazione internazionale della Santa Sede.





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