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Nello Rosselli
Saggi sul Risorgimento

IntraText CT - Lettura del testo

  • III. La Destra storica
    • Il Parlamento.
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Il Parlamento.

Il Parlamento di sessant'anni fa era una accolta di competenti431, eletti da competenti, attraverso un sistema che portava alla ribalta non rappresentanti di categorie di interessi, ma di categorie ideali432. Costituendo esso l'unico tramite tra il governo e il paese, essendo esso solo incaricato del geloso compito del controllo al potere esecutivo, sentiva profondamente la sua responsabilità ed esercitava scrupolosamente il suo mandato consultivo e correttivo. Oggi, quando pur funziona, il Parlamento non è che un prisma nel quale si riflette – o dovrebbe riflettersi – l'intensa vita politica e sociale del paese; agendo sulla stampa, usando dei sempre piú larghi mezzi che sono a sua disposizione, giovandosi dell'influenza che esercita su tutte le grandi organizzazioni, il governo può in determinati casi infirmare, attenuare, spezzare l'eventuale irriducibile opposizione parlamentare. Ma allora il Parlamento assommava e, si può dire, esauriva in sé l'attività politica del paese433; e col Parlamento, e con lui solo, bisognava fare i conti, senza possibilità di appello a chicchessia434. Il governo era costretto ad agire nelle condizioni del consiglio di amministrazione di una società, che fosse non teoricamente ma effettivamente invigilato in perpetuo dall'assemblea dei soci435.

Donde difficoltà estrema del governare, ma anche amministrazione trasparente (quante inchieste parlamentari! O non si giunse nel 1867 a domandare un'inchiesta perfino sull'uso dei fondi segreti del ministero dell'Interno?); politica avveduta e non mai precipitosa, e finalmente quella caratteristica impareggiabile dei governi parlamentari non corrotti, ed è che tu non puoi mai distinguere l'opera compiuta dal potere esecutivo da quella del legislativo. Non che i due poteri non siano distinti, ma tale è il controllo che l'uno esercita sull'altro, e tale, in effetto, la collaborazione, pur fra i contrasti, che tra i due si stabilisce, che, all'ultimo, l'opera del governo appare rifusa nel bagno parlamentare e l'opera parlamentare fa blocco con la prima. Sicché, quando si parla di quel che ha fatto la Destra, non già si deve intendere quel che han fatto ministeri di Destra, ma bensí tutte le forze del paese sotto l'amministrazione della Destra: opposizioni comprese.

La quale Destra era, si sa, dichiaratamente avversa a un allargamento del suffragio436; pure fu essa che, con il tono impresso alla vita politica del paese, rese possibile la non remota introduzione di quella riforma (1882; il censo è portato da 40 a 19 lire, l'età dai 25 ai 21 anni, il titolo di studio alla licenza di seconda elementare; gli elettori passano da 504 263 a 3 milioni)437. Nelle elezioni, allora pochissimi erano chiamati a dare il voto, ma era diffusa la sensazione che quei pochi dovevano considerarsi come eletti di primo grado, come interpreti provvisori di piú vaste categorie di interessi. Di qui il rivolgersi evidente che facevano i candidati, i quali pur nella lettera si dirigevano ai soli loro elettori, al paese tutto; e i discorsi programmatici che tenevano spesso non solo nelle limitate adunanze degli elettori, ma in riunioni pubbliche, e i manifesti politici che spargevano largamente, quasi volessero compiere la prima educazione politica di quelle masse che un giorno sarebbero state chiamate a partecipare alla vita pubblica, e intendessero iniziarle alla conoscenza dei grandi interessi collettivi438. Sotto la Destra, scrive Oriani, il «popolo cominciò a comprendere che il governo non era piú un nemico come pel passato». E se, ad esempio, fin dal 1860, i ministri dell'Interno vietavano assolutamente che nelle adunanze delle associazioni operaie di mutuo soccorso si ragionasse di politica, pure nella stessa, poi sempre ripetuta proibizione, poteva ravvisarsi il riconoscimento da parte loro della opportunità che gli operai se ne occupassero, poiché la motivavano coll'espresso timore che le associazioni non avessero a guastarsi convertendosi in conventicole politiche; ma si affrettavano a soggiungere che nessuno perciò si sognava di contestare agli operai il diritto di radunarsi fuor di quelle per discutere questioni politiche.

La Destra insomma con quel che fece o volutamente lasciò fare in questo campo, s'adoperò in modo che alla riforma legale che essa riteneva ancora intempestiva, precedesse una riforma spontanea nella concreta realtà dei fatti; e che in un'atmosfera di purezza e di fedeltà a una carta che sintetizzava l'aspirazione costante di generazioni e generazioni di italiani a un sistema di libertà e di civiltà, le grandi masse sorgessero alla vita politica e si preparassero a dividerne i pesi e i vantaggi.

 






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431 Sui deputati che diventano galoppini degli elettori, Jacini, Sulle condizioni della cosa pubblica. E ancora: «la capitale accentra nel Parlamento tutte le competenze del paese – e il paese ne resta cosí privo; tutte le incombenze pubbliche si appioppano al deputato che si ritiene idoneo a tutto. Gli uomini d'ingegno anziché darsi seriamente agli studi li disertano per aspirare alle facili popolarità del Parlamento. Troppa intelligenza e troppa cultura nel Parlamento, che vengono completamente sciupate e dovrebbero tesaurizzarsi nella libera attività».

p. 98: «L'esercizio della deputazione qual è attualmente è cosí gravoso che molti competenti non possono occuparsene e preferiscono lasciarlo ai dilettanti. Diversamente accadrebbe con le regioni e il parlamento centrale ridotto alle sole grandi attribuzioni».



432 Petruccelli della Gattina, Memorie di un ex deputato, racconta briosamente di un tale che si guadagna un collegio (1866) con una bella lotteria a sue spese. Ma il Petruccelli era un famoso scanzonato e il suo libercolo è uno spiritoso paradosso. A pp. 58-59: «Bisogna esser resistenti per non diventare idioti da quel mestiere di deputato! Dalle dieci del mattino alle sette circa del pomeriggio, vedere le stesse facce, udire le stesse voci; parlare degli stessi subbietti ogni dí; respirare la stessa aria mefitica materiale e morale; sorbire le stesse osservazioni sui ministri, sui partiti, sulle persone, sulle intenzioni; discutere sempre le stesse questioni; leggere gli stessi giornali, le stesse relazioni, subire le stesse vanagl. interess...; scorgere sotto la pelle patriottica di quasi tutti, gli stessi interessi privati, sorridere ad uomini di cui non si stimano... essere vittima delle stesse esorbitanze di elettori e di governo...» In complesso, il libretto tende a mostrare che il deputato è il galoppino degli elettori.



433 «La vita politica, non pertanto, si concentrava tutta intera nel Parlamento, il quale, a volta sua, ne aveva poca, o nessuna coscienza...» (Petruccelli della Gattina, Storia d'Italia, p. 211).

Al punto, dice Jacini, Sulle condizioni della cosa pubblica, che si era creato un distacco netto tra Italia «legale» e Italia «reale».



434 Critiche di Jacini, Pensieri sulla politica italiana, al sistema parlamentare italiano (latino in genere) che chiama pseudo-parlamentare perché copiato da quello inglese, ma senza il largo decentramento inglese. Il regime parlamentare per lui non è concepibile disgiunto dal decentramento perché falsa la vita pubblica, determina instabilità di governo e corruzione (tutti gli interessi anche i piú minuti facendo capo al centro, i deputati diventano agenti d'interessi) e prepotere del Parlamento. Insomma, o si vuole un regime accentrato, e allora bisogna svincolare almeno in parte il potere esecutivo dal controllo minuto del Parlamento; o si vuole il vero regime parlamentare, e allora bisogna decentrare. Lo pseudo-parlamentarismo stanca e delude le moltitudini e le porta a desiderare le dittature parlamentari (p. 50).



435 Critica del funzionamento della Camera: «"Un'interpellanza, una crisi ministeriale e un esercizio provvisorio; poi da capo, una crisi ministeriale, un esercizio provvisorio ed un'interpellanza!" Ecco come il "Times", alcuni mesi fa, definiva argutamente la situazione parlamentare d'Italia» (Jacini, Sulle condizioni della cosa pubblica, p. 21).

Sulla crisi del Parlamento dopo il '66 (e in generale crisi politica), alcuni pensano che col tempo tutto s'accomoda, basta non aver fretta, ché tutti i paesi liberi hanno traversato crisi analoghe. Altri pensano che basterebbero alcune modificazioni nel regolamento della Camera per accomodare tutto; altri vorrebbero la costituzione di solidi partiti politici, perno della vita politica parlamentare. Ma la prima soluzione è evidentemente smentita dai fatti (quanta furia, Jacini!); la seconda evidentemente insufficiente; la terza esigerebbe come prima base la formazione di un partito conservatore, ma questo non può nascere se prima non si sistemano un po' le faccende della cosa pubblica. Se no, cosa conservare? Lo Statuto? Ma nella sua orbita si muovono tutti i partiti (ibid.).



436 Jacini, ibid., propugna il suffragio universale a due gradi e l'attribuzione al Parlamento delle sole grandi questioni d'interesse nazionale.



437 Studiare l'interesse degli elettori per le elezioni (frequenza degli elettori). Nel 1871 ci fu ballottaggio, a Siena, fra due candidati: uno ebbe 50, l'altro 60 voti. A Firenze il candidato del governo ebbe 153 voti ed entrò in ballottaggio con uno che non ne ebbe che 6. A Roma, su 7800 elettori, solo 198 si presentarono (Rattazzi et son temps, II, p. 455, che però attribuí questi risultati alla propaganda astensionista contro Lanza dei partiti di sinistra e clericale).

«Giammai meno della metà, ma spesso i due terzi, e piú ancora, degli elettori inscritti (come è avvenuto nelle elezioni parziali le piú recenti) suol astenersi dalle urne elettorali, cosicché vi è un gran numero di deputati al Parlamento i quali sebbene rappresentanti di collegi popolati da 500 000 anime, pure non furono eletti che da 80 o da 100 voti...» (Jacini, Sulle condizioni della cosa pubblica, p. 16).



438 Jacini, Sulle condizioni della cosa pubblica in Italia, spiega che non ha accettato l'elezione a deputato di Terni perché ha voluto studiare un po' dalla platea l'effetto di quel che si è fatto e si fa sul palcoscenico, insomma «mescolarsi a lungo, spogliandosi d'ogni idea preconcetta, colla folla»; «verificare quali siano, riguardo alle cose del governo, i giudizi di essa», conoscere «i gusti della massa». Se un uomo di governo non si prende ogni tanto questa briga «anche il suo giudizio sulla cosa pubblica deve riuscire necessariamente unilaterale e fallace...» (pp. 12-13). E ancora: «Eccellenti le masse, come fu solennemente dimostrato dalla facilità con cui si poté introdurre la coscrizione militare in molte province dove prima era sconosciuta e dalla pochissima resistenza, relativamente parlando, alla tassa impopolare del macinato...» (p. 15).





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