III.
Non
esperto per uso delle eleganze latine, le amava però e
discerneva finamente; e nella sua patria aveva, oltre all’esempio
del Vannetti (scrittore di latino assai più sicuro che
d’italiano) aveva cultori felici delle latine eleganze. Perchè
Rovereto, paese italianissimo, e che tiene della veneta gentilezza
mista al vigore trentino, ha eredità di memorie onorata e
nelle lettere e nelle scienze: e all’eredità delle
memorie debbono sempre di molto gl’ingegni e gli animi per
quanto paiano singolari. Tuttochè ammiratore degli autori
cristiani in quella parte di stile che più tengono dell’idea,
il Rosmini apprezzava le forme belle de’ grandi scrittori di
Roma: e si godeva quand’io dell’età di
diciassett’anni, al suo dirmi l’un dopo l’altro
versi da sè di scrittori che chiaman dell’oro, misti con
que’ dell’argento, gliene dicevo l’autore non per
memoria ma per discernimento di stile, come i pittori riconosconsi
alla maniera.
Amava
in Virgilio la mesta serenità dell’affetto, e la eletta
potenza del dire, e il congegno de’ numeri armonioso; e
ridiceva que’ versi ove il suono fa quasi vedere i corpi e
sentire l’idea. Egli che aveva, se non isbaglio, coltivata in
adolescenza la musica, e parlava dell’Haydn con amore, portava
certo da natura il sentimento di lei, e l’orecchio meno scosto
dal capo gli era segno a discernere chi l’avesse più
acuto. Delle pronunzie dei dialetti sentiva la più o men
compiuta armonia; e nella cantilena di que’ dell’Isola di
Burano nelle lagune notava come il prolungare della vocale di per sè
faccia quasi doppia la consonante che segue: ed invero la doppia
consonante che segnasi nella scrittura non è che l’effetto
e l’indizio della precedente vocale protratta, e potreb’essere
scrivendo notato con altro più vero e più semplice
segno. Alle leggi dell’Eufonia godeva che fosse posto mente in
una grammatica greca a uso delle scuole, e di lì dedotte le
commutazioni di certe lettere: studio che, dilatato a tutti i
linguaggi, darebbe scoperte e storiche e d’altro. Sentiva nelle
leggi della prosodia l’origine delle voci, la storia cioè
della lingua: e perch’io al suo invito di fare una prosodia
ragionata rispondevo richiedersi a questo la scienza del greco, egli
di tale risposta si compiaceva come d’augurio non infelice
dell’inesperto mio ingegno. E con la compiacenza significatane
in tempo con dimostrazioni di stima più in fatti che in
parole, col distinguere le buone dalle men buone cose, col proporre
soggetti alti agli studi e temi belli a’ lavori e fine generoso
alla vita, eccitava e svolgeva gli animi e gl’ingegni
crescenti.
Studi
di lingua aveva fatto accurati non solo in que’ del trecento,
ma via via fino al Gozzi: e così potette, dopo i primi
esercizi, malfermi di necessità specialmente a chi non nacque
toscano, raggiungere in parte quella naturalezza che è il raro
pregio dell’arte compiuta. Notava i modi belli, e sentiva non
solo per istinto di scrittore ma di filosofo, il valore di quelle
particelle che da’ pedanti abusate e scambiate e frantese,
rendono la loro maniera strana nella stessa affettata semplicità,
ma che sono i legamenti vivi delle idee, compongono in bella e salda
proporzione il costrutto, degno veramente per esse di questo nome;
fanno del congegno de’ suoni e di quel de’ concetti una
intiera armonia nella quale la mente insieme e l’orecchio
contentati riposano. Venuto un giorno nella mia stanza, trovando un
libro di scrittore elegante ma di stampa scorretta, mi raccomandava
di scegliere meglio, perchè da una lettera, dicev’egli,
omessa o aggiunta o spostata, il bello talvolta ci perde. Stampò
con nitidezza splendida e con buone note la Vita di S. Girolamo d’un
del trecento; e in una delle note corresse lo sbaglio del Monti che,
nel vituperare gli sbagli della Crusca, sbagliò talvolta più
gravemente egli stesso, e vietava che l’in accoppiato a
aggettivo, potesse ora significare negazione e ora intenzione d’atto
o di qualità. Conferma il Rosmini il doppio uso opposto con
esempi di grandi Latini; e questa era non pure filologica ma
filosofica verità. Nè il Monti, impaziente delle
contraddizioni per solito, l’ebbe a male; sì perchè
buono nella sua debolezza, sì perchè nel giovane
riprensore delle sue riprensioni troppo giovanili vedeva animo non
avverso; e sì anche perchè l’Abatino era
gentiluomo di razza e ricco e amico di ricchi e di gentiluomini; del
Trivulzi fra gli altri, alla cui moglie fu dedicato da ultimo il
poema sacro alla dea Feronia, dedicato in prima a Pio VI papa.
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