Lo
dice in questi versi stampati nel 1818 al suo condiscepolo abate De
Apollonia di Romans nel Friuli:
De’
cari genitori e colti amici
Fra
le soavi, aperte, allegre braccia
La
pura a respirare aura natia;
.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Vissi
tranquilli dì, vissi a me stesso,
Alla
natura io vissi; essa medesima
Colle
candide man cibi, conditi
Di
campestre appetito (o dolci cibi!),
E
salubri bevande mi porgea.
.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Quanti
aspetti ella prende, e come cangia
Semplicemente
vaga e forme e modi,
In
sì superba e ricca gloria, umile!
S’io
mi rivolgo della mia casetta
Dalla
parte ove pria l’allegra aurora
Sparge
le rose, e seco suol di spesso
Condurmi
il coro delle amiche Muse;
Il
dorso ignudo del Volanio monte,
Che
sol picciola selva nutre ai piede,
D’una
bella orridezza il guardo appaga.
E
corre a mezzodì di colli ameni
Con
perpetua catena. . . . . . . . . . .
.
. . . . . . . . . . . . . . . . . .e boschi antichi,
Ed
or squarciati e rosseggianti fianchi,
Nude
pendici inospite e selvagge,
E
di sonanti acque cascate, ed erti,
Ch’attorcigliano
i monti, aspri sentieri,
E
ovunque vaghi paesetti sparti,
O
biancheggianti solitarie case,
Che
dolce e lungo essere potranno un giorno
Del
mio pennello, io spero, amore e cura.
.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Sia
che di scelte e saporose frutta
A
frugal desco entro la mia capanna
Co’
buoni amici garrulo m’onori.
Oh
perchè non son sempre i dì sereni?
Perchè
del primo, egual, tepido autunno
Non
sempre le tranquille ore vissute
Fra
quelle dolci mie latèbre amene?
Sebben
che parlo? Ah desio vano aduno.
E
non so forse che la vacua villa
Bella
par più, perchè ci tien, fuggiti
Dalla
rëál della città prigione?
.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
E
’l Sagittario d’antepor, consiglia
La
città più guardata e più ben chiusa
All’aperta,
ventosa, umida villa,
Ora
ch’e’ già l’inverso anno contrista,
E
con perpetue pioggie infredda e bagna
.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .