XIII.
Rinnalziamoci
a memorie migliori. Lo studio dell’alta scienza era al Rosmini
famigliare fin dagli anni più verdi; così come ne’
più maturi dalle ardue e fredde altezze della dottrina e dalle
sue ruvide aridità egli passava a diporto ne’ giardini
dell’arte, e alle astruse letture le eleganti alternava,
trovando il solido vero nelle nitide forme del bello. In Padova
disputava di Metafisica non solo cogli amici ma col Baldinotti,
vecchio Fiorentino bizzarro della dura tempra di Dante, al cui
ingegno acuto egli rende ne’ libri suoi testimonianza d’onore:
e gli piacevano in esso anco i modi burberi fatti spiccare dalla
gentilezza dell’accento e dalla potente e semplice dicitura. Ne
disputava (simile in questo al Vico e a S. Girolamo) con un
Israelita, che prestava a lui l’Enciclopedia francese da
leggere, a lui che fin d’allora una novella e cristiana
Enciclopedia meditava, assegnandone in isperanza a’ suoi amici
le parti; ma egli solo doveva condurne da sè non piccola e non
la più facile parte, e ad altre ancora apparecchiarsi, che gli
ha vietato la morte. Ogni qualsia genere di studi apprezzava; nessuno
piccolo a lui che ne vedeva i legami con la universale e unica
verità. Salse da giovane al più alto delle matematiche;
e ne lo prendeva così tenace diletto che certi giorni
accapacciato dalle nuove operazioni d’algebra che andava
tentando, smetteva quel che a lui era alimento soave, di dire la
messa. E una Filosofia delle Matematiche disegnava di scrivere: e
della scienza della musica cose belle vedeva da dire, impaziente de’
perditempi dell’arte. Assaggiò della Chimica e d’altre
scienze de’ corpi: i trattati di Medicina diligentemente
studiò; e ne lasciò documento l’Antropologia,
nella quale i fisiologi non che gli psicologi avvenire troveranno
germi di scoperte; e che sola basterebbe alla gloria sua e della sua
nazione.
Quanto
gli studi d’erudizione giudicasse importanti, lo dimostrò
coll’inanimire e aiutare i giovani che si dedicavano alla
storia o alle lingue, di parecchie delle quali e’ non era
digiuno, e coll’induzione dell’analogia e con la norma
delle idee generali indovinava diritto oltre a quanto per minuta
cognizione attingeva; e lasciò imperfetto un trattato
dell’origine di quelle. Lo dimostrò massimamente con le
opere sue, nelle quali alla propria dottrina fa sempre puntello delle
dottrine e pagane e cristiane di tutti i secoli da’ più
luminosi a’ più bui, le più buie sentenze
illustrando con nuova luce d’ingegno e ammodernandole, le più
luminose mostrando in nuovi aspetti e così rinnovando. Di
quella erudizione filosofica ricca insieme ed eletta, sicura e
recondita, altri gli fece colpa, come se volesse trarre dalla sua
l’antichità tutta quanta, e non ne fosse diritto erede,
e del grande retaggio signore: ma quando in tale o tal passo egli si
fosse troppo assottigliato per vederci il germe delle proprie
opinioni, tanti altri ne restano di conformità indubitabile: e
ad ogni modo, cotesto studio del mettersi quasi all’ombra
dell’autorità, egli che tanti titoli aveva per farne
senza e tentazioni di non la curare, è raro esempio di
modestia filosofica e d’umile devozione al passato, esempio di
riverenza alle glorie scadute, di gratitudine a’ meriti
dimenticati. Cospicuo massime a questi tempi che le lodi debite a
vecchi o a coetanei della cui ricchezza rubacchiata e sperperata
campiamo, sono da tanti profanate e invidiate con plagio rapace o con
ladro silenzio.
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