XIV.
Racconta
egli stesso come fino da giovane pellegrinasse per il mondo della
scienza, e sognasse nuove regioni non ancora intentate; di che io
posso attestare la verità, se a chi lo conobbe facesse di
bisogno testimonianza: e sin d’allora disegnava il sapere umano
in grandi alberi diramantisi con ordine bello d’unica vita, e
si addestrava a comporre quelle tavole maravigliose nelle quali le
idee madri si veggono via via generare altre idee, e propagarsi giù
giù la feconda famiglia, distintane la legittima discendenza e
cognazione e affinità; onde l’astratto rendesi quasi
palpabile, e le sottili gradazioni del vero s’incolorano
d’intellettuale bellezza. Fin d’allora, amoroso in ogni
cosa dell’ordine che centuplica la potenza, e fuor del quale la
potenza è distruzione, distribuiva in quaderni la materia
delle opere da comporre, e di tali quaderni ne aveva parecchi, anco
all’esterna vista decenti e di netta scrittura qual era la sua,
testimone anch’essa dell’animo e della mente. Quel che
sul primo era un punto quasi impercettibile per lontananza ad occhio
inesercitato e debole, aveva a divenire un trattato; come il germe
minuto cresce in pianta e quindi in famiglia di piante; come la
stella che tremula quasi gocciola lucente nelle acque, e un mondo
motore di mondi. Ma l’ampiezza a lui non toglieva l’unità
del vedere: e una delle prime cose ch’e’ scrisse è
il ragionamento sull’unità dell’educazione,
importante a raccomandare massimamente oggidì che la
moltitudine delle cognizioncelle del mondo de’ corpi e delle
notiziuole d’erudizione sparpaglia e impiccolisce i pensieri e
gli affetti; oggidì che l’ammaestrare è
distaccato dall’educare, e non si accostano che per azzuffarsi;
oggidì che l’uomo privato è tanto diverso dal
pubblico, il letterato dal cittadino, il credente dall’operante;
che non solo l’arte è nemica alla scienza, ma la scienza
e l’arte sono ribelli in sè medesime, e le facoltà
dell’uomo combattono l’una coll’altra e lo fiaccano
e lo disfanno.
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