Lorenzo Viani
Il cipresso e la vite

IL PIŁ MINUSCOLO GIORNALE D'ITALIA

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IL PIÙ MINUSCOLO
GIORNALE D'ITALIA

 

 

 

 

 

In questi giorni è passato a miglior vita il marchese Lorenzo Bottini, che per trent'anni diresse il più minuscolo e battagliero giornale cattolico d'Italia: l'Esare.

Per il discreto formato, quel foglio, uguale a una comune pezzuola tascabile, il popolo lo chiamava l'Esarino, ma da una cosa ampia, solenne e travolgente il foglio traeva il suo nome: dall'Ausero, dal risonante Serchio.

Se il Serchio costò tanto ai lucchesi, quando essi, con un'opera ciclopica, da affluente dell'Arno che era vollero avviarlo al mare in un letto suo proprio e con una foce distinta, l'Esarino costava assai poco: centesimi due.

Ma regale era il luogo in cui si stampava l'Esarino: il palazzo Bottini detto del «Giardino», edificato dal Buonvisi, – dal nobile e grandioso ingresso architettato dal Buontalenti, nella cui parte tergale apresi una vasta loggia, alla quale si ascende per ampia gradinata, dipinta con sfoggio di grandi figure e di ornamenti, – nelle sue stanze, più modeste e degradanti verso Santa Chiara ospitava l'Esarino.

Il marchese Lorenzo Bottini alla sfolgorante bellezza della sua sontuosa residenza, che mani maestre, il Beccafumi ed Arcangelo Salibeni, avevano abbellito di superbe decorazioni, per battagliare con la penna aveva preferito un modesto propugnacolo: «e chiudetevi nei vostri propugnacoli». Egli vi passava intere le sue giornate; stanzetta piccola, arredata di un solo tavolo pieno a cataste di giornali, in prevalenza cattolici, fumando accanitamente sigaroni virginia.

Quando il Bottini traeva dalla guaina di foglia di tabacco la sottile pagliuzza pareva che sguainasse un affilatissimo stile, e lo stile di L. B., – egli non ha mai firmato per esteso, – era sottile e tagliente e pungente. L. B. delle pagliuzze, che premurosamente conservava affascettate, aveva fatto come degli ideali trofei; e a centinaia e migliaia sono ora sparse in ogni recipiente, munito di qualsiasi orifizio, sopra i mobili di stile nelle sale magnifiche.

 

 

L. B. era alto di statura ed aveva una bella testa, risoluta come quella di un soldato e serena come quella di un apostolo. Negli occhi limpidi era spenta l'acrimonia. Egli, anche quando dietro alle sue spalle quadrate latravano gl'indemoniati, incedeva, per le anguste vie di Lucca, franco e determinato. Polemista pungente, ironico, aggressivo, alla Chiesa e al Papato, maltrattò quotidianamente la geldra dei suoi nemici.

Quante volte turbe di esagitati, di giorno e di notte, al grido: «al Bottini! al Bottini!» si sono indirizzate in via Santa Chiara e hanno frantumato la vetraglia e l'insegna dell'Esare, Iddio solo lo sa.

Ma L. B., armato solidamente dalla sua fede incrollabile, aculeato dall'interno raccoglimento, dalla rettitudine delle opere, dalla purità dei pensieri, dal disprezzo per le basse cose del mondo, dalla costanza nei travagli, dalla speranza nell'eterna gloria, l'indomani, forte e altero, risfidava impavido la mischia con una tranquillità e una sicurezza da fiaccare ogni più forte resistenza. Tetragono, fermo e stabile, come corpo che posa su quattro canti, affrontava i colpi della fortuna e del mondo pacatamente; metodico e tenace nel lavoro, tra subbugli e tempeste che avrebbero piegato anche un querciolo, L. B. per trent'anni ha combattuto tutti i nemici della fede.

Durante la guerra l'Esare fece una energica propaganda patriottica tra il popolo minuto; e L. B. che in tutta la sua vita aveva principalmente combattuto socialismo e massoneria, fu subito consenziente al Fascismo e uno dei primi ad aderire al Centro nazionale cattolico, onde ebbe particolare dichiarazione di approvazione e di riconoscimento.

Lorenzo Bottini che da giovanissimo aveva collaborato all'Amico del Popolo e al Fedele fu chiamato, or è qualche anno, a Roma da un nobile signore il quale gli affidò la direzione di un quotidiano; ma a cagione di un certo portone di un palazzo patrizio, che dal 1870 in poi era chiuso a metà e dalla voce dell'Esare il Bottini se ne ritornò alla sua Lucca.

La tiratura dell'Esare non oltrepassava le mille copie – salvo negli avvenimenti eccezionali – e, dato il modico prezzo esso non veniva spedito per posta agli abbonati lo recapitava alle case una vecchietta nanerottola, moglie del gerente responsabile la quale zampettava tutto il santo giorno per le vie di Lucca e benchè cominciasse all'alba, la sera non aveva ancora ultimato l'opra; e v'erano degli abbonati che ricevevano il giornale l'indomani.

Sulla testata del foglio, più stretta di una spanna, c'era inciso il Ponte del Diavolo, quello che rampa sul Serchio all'altezza di Fornoli. Questo bisticcio del «Ponte del Diavolo» sull'impetuoso giornale cattolico fece congetturare moltissimo per sapere se il Diavolo fu su tal ponte mortificato ed umiliato od ebbe ragione sul Santo che la leggenda vuole architettasse l'imponente passaggio sul Serchio. È certo che il Diavolo vi lavorò come manovale per la ghiotta promessa di un'anima, appena che fosse stata collocata l'ultima pietra, e invece, dopo essersi stremato di forze, ebbe in guiderdone un ferocissimo cane, che gli si avventò e lo messe in fuga.

Ma, se il Bottini stampò il Ponte del Diavolo sul suo giornale, reputò che il Diavolo ebbe la peggio e che il vittorioso fu il Santo.

 

 

Lorenzo Bottini ha lasciato per testamento la collezione del suo giornale alla Regia Accademia di Scienze, Lettere ed Arti, presieduto da S. M. il Re, della quale egli fu per tanti anni vicepresidente. «Lascio alla Reale Accademia lucchese in legato la mia completa collezione del giornale Esare per trent'anni da me diretto e nel quale svolsi con sempre uguale carattere la mia attività di giornalista a favore degli interessi cittadini e in difesa della religione cattolica, lieto di poter oggi constatare come siano stati compiuti i miei voti di cittadino e di cattolico».

Molti ricordano il fervido discorso pronunziato dal marchese Lorenzo Bottini, nella sua qualità di vice-presidente della Reale Accademia di Lettere, Scienze ed Arti, quando questa nella seduta solenne convocata nelle magnifiche sale della Pinacoteca consegnò il decreto di nomina a suo socio al trasvolatore Carlo Del Prete, dopo il fortunato volo con De Pinedo. L'aquilotto azzurro, tra tutti i soci in conserta schiera nera, si fece avanti verso l'imponente figura di Lorenzo Bottini che la vecchiezza virile aveva ridotto ieratica e dalle sue mani tremanti ricevette il plico con la fermezza con cui riceveva i fogli di comando.

Il passaggio a miglior vita del marchese Lorenzo Bottini a cui ha assistito come medico e come amico il padre dell'aviatore è stato serenissimo: «Chiedo perdono a tutti, a tutti quelli che io avessi offesi e contristati anche inavvertitamente, perchè Iddio nella sua infinita misericordia, si degni concedermi la piena remissione dei miei peccati. Prego di pregare fervorosamente per me affinchè mi siano abbreviate le pene del Purgatorio, che purtroppo ho meritato. Desidero soltanto che al mio trasporto siano invitati i Frati Minori e i Cappuccini, come miei confratelli, sotto la paternità comune del serafico San Francesco d'Assisi».

 

 

Nelle volte istoriate v'è un convito degli Dei con grande copia di figure allegoriche e di personaggi mitologici: Andromeda allo scoglio, Ganimede rapito e Fetonte precipitato dal cielo. Sotto questo sfolgorìo, nel dolce capestro del saio ruvido, giaceva l'uomo, che fu impetuoso e fiero cavaliere della Fede. Il pensiero ricorreva a certi trionfi tiepoleschi in cui i santi vengono trasportati dalla terra al cielo.

Nel breve ambito in cui per 30 anni cigolarono la ruota e il torchio, che stampavano l'Esare, c'è un grande silenzio; ascoltando attento, si potrebbe udire il lento lavorìo dei tarli. Le pagliuzze sottili dei sigari virginia, che ognuna vide nascere un fiammeggiante articolo, sono invisibili. L'Esare da qualche anno è morto. Ma chi è, fra tanti in gramaglie, tra le suore e i frati francescani salmodianti, quel vecchio semplice ed umile, che tiene con tanta dignità un cordone della bara, in cui giace Lorenzo Bottini?

È Carlo Azzi che per oltre venticinque anni fu arguto collaboratore e cronista dell'Esare.

E il gerente? e la vecchietta nanerottola, dove sono? Certo essa zampetta ancora sulla interminabile via punteggiata di astri con l'ansia di compiere prima di buio la sua opera, ma lassù le giornate sono lunghe, eterne, infinite.







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