Lorenzo Viani
Il cipresso e la vite

IL GIUSTI E I MAESTRI COLLERICI

Precedente

Successivo

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

IL GIUSTI E I MAESTRI COLLERICI

 

 

 

 

 

Ferdinando Martini fu agile di mente e di persona fino agli ultimi anni della virile vecchiezza. Un giovane – di cui il Maestro leggeva un libro – di fronte a un vocabolo in gergo, gli consigliava di saltare. Il Maestro rispose che certi dolori articolari gl'impedivano, di fare l'acrobata:

– Alla mia età, non si salta più (il Maestro aveva allora settantanove anni).

– Si provi, Maestro

– Ma lei vorrebbe costringermi alla grotta dell'Inferno (caverna presso Monsummano, in cui si curano i dolori articolari) o alle Terme di Casciana.

Martini era stato, tanti anni prima, ai Bagni di Casciana e vi fu degnamente accolto. Dopo il ricevimento in Municipio, egli si mise a leggere alcune epigrafi murate nel palazzo e fu maggiormente colpito da quella consacrata ai Caduti di Dogali: «Più grandi della Fortuna – Più gloriosi dei vincitori – I vinti dell'Affricane Termopili – Nel gennaio 1887Scrissero col sangue – Sulle sabbie di Dogali – Il nome d'Italia – E qui voglionsi rammemorati –– Perchè l'esempio loro – Educhi all'amore della gloriaInvigorisca l'amore della Patria».

Il Maestro, altissimo, s'era elevato per leggere con maggiore chiarezza la lapide slavata dal tempo, e: – Bella, – disse, – concettosa, chiara, veritiera, alta, commovente. Chi l'ha dettata? – domandò agli astanti. Il più ardito della comitiva disse, timido timido: – Lei, Eccellenza.

– Ma no, via non celiamo su cose tragiche.

– Si conserva l'autografo.

Perdonatemi, allora.

 

 

Il Maestro non sapeva capacitarsi come io avessi lasciato il mare per domiciliarmi nel cuore della Valdinievole. – E dove abita? – mi dimandò. – Bagni di Montecatini, via Giusti, numero uno.

Il Maestro si levò dritto come un querciolo, socchiuse gli occhi, corrugò la vasta fronte, doveva correre col pensiero tutte le vie di Montecatini.

– Di fianco alle scuole comunali, – soggiunsi.

– Non ci sono strade.

– Ma c'è una casa su cui è murata una maiolica con su verniciato a fuoco: Via G. Giusti.

Il Maestro notò qualcosa in un piccolo taccuino; poi alzò le mani al cielo e parve aver detto: «Dio ti salvi dal della lode».

Comunque, io scrissi con certo orgoglio sul rovescio delle buste: Via Giuseppe Giusti, numero uno. Il padrone della desertà e sola casa di via Giusti, che me l'aveva affittata, per l'accumulo della sua corrispondenza aveva preso in affitto una casella postale.

Dopo quattro o cinque mattine, fu veduto il portalettere rurale, a naso in su, dirimpetto alle scuole comunali, che pareva guardasse se le rondini erano ritornate ai loro nidi. La custode delle scuole non sapeva capacitarsi di questa specie d'incantesimo del portalettere; alcune madri, che erano riuscite a stento a chiudere i figli nelle aule, dettero manforte alla custode; quello della nettezza urbana volle essere ragguagliato su ciò che stava succedendo; la guardia comunale nascosta con l'accalappiacani dietro una ciuffaia di oleandri fece civetta e, vedendo quel comunello di gente, si avvicinò circospetto, col compagno; il cane del macellaio cominciò a guattire dallo spavento; il macellaio appoggiato al ceppo come un vecchio boia disse: – Ci giuocherei che ha veduto quelli della lecciaia, – e, scesi i gradini del patibolo bovino, s'affacciò all'uscio, si attorcinò il grembiule alla vita e andò a ragguagliarsi.

La custode parlò piano, accennando il portalettere rurale che si era messo sul naso granito di ribulbi sanguigni due paia d'occhiali – È un quarto d'ora che s'è fissato sulle grondaie.

Ehi, demonio, – urlò il macellaio al portalettere, – cosa speculi stamani; hai sconturbato il popolo e il comune.

– Le buste parlan chiaro, leggete, – e il portalettere mostrò agli astanti cinque o sei lettere: via Giuseppe Giusti, numero uno (presso le scuole comunali). La custode, quand'ebbe letto l'indirizzo, gridò: – Gesù Maria, Signore, è il signor marito della maestra, abita , dove tra poco batti il naso.

– Ma allora questa è via Giuseppe Giusti, – disse il postino scombussolato, – quel poeta bernesco di Monsummano. Ecco perchè è stato messo uscio e casa con le scuole; stamani mi sono capacitato di parecchi misteri.

 

 

Le scuole elementari, Giuseppe Giusti, l'aveva fatte, da privatista, proprio in Montecatini, da un prete, buon uomo in fondo e anco dotto per quel che faceva la piazza, ma subitaneo, collerico e manesco da cui imparò «Che buon pro facesse il verboImbeccato a suon di nerbo».

Subitaneo, collerico e manesco, senza essere prete buono, fu anche certo maestro che, a forza di nocchini, ci voleva inzeppare nel capo le poesie bernesche di Giuseppe Giusti. – Ma non lo sapete voi che il Giusti è più difficile di Dante?

A quei tempi, di Dante noi si conosceva soltanto un bassorilievo che era scolpito sopra la porta di una farmacia (omonima). Dante per noi era collegato alla santonina, alla corallina e ad altri vermifughi consimili. Dante e amaro come il veleno, per noi, erano la cosa medesima.

Del Giusti si conosceva un pastificio (omonimo) in cui vendevano, belli caldi, dei panini di ramerino con dello zibibbo dentro; quando il maestro nominava Dante, noi si pensava alle cose amare; quando nominava il Giusti, si pensava ai panini di ramerino che costavano quanto un quaderno.

Il maestro, con un certo orgoglio, ci narrava come molte poesie il Giusti l'avesse scritte proprio sotto l'aula della nostra scuola, situata nell'altana del palazzo della Granduchessa di Lorena, ai tavoli del Caffè delle Regie Stanze. – Cose, – diceva il maestro, – da far rabbrividire a pensarci. – Noi si rabbrividiva invece nell'udire il suono metallico di un vettone di nocciuolo, pieno di nodi, col quale egli scandiva il metro dei versi. E si era còlti addirittura dal ribrezzo quand'egli proferiva la sacramentale parola terminale – O le imparate o vi finisco.

– Allora, loro – (quando il maestro invece di «voi» diceva «loro» grandi avvenimenti temporaleschi stavano per succedere) – allora loro domani dovranno ripetere a memoria le due ottave, che ora leggerò, del Sortilegio.

Fu quel maestro subitaneo collerico e manesco, privo di misericordia di Dio, che ci inzeppò nel capo (diceva lui, duro come una pietra) le poesie bernesche del Giusti. – Fareste vergogna a uno Stato, voi che siete stati istruiti qui nell'altana sotto cui il poeta scrisse i versi ornati di tutte le grazie dell'idioma toscano, se non li conosceste come l'Ave Maria.

 

 

Quando mi decisi di lasciare il mare per trasferirmi nel cuore della Valdinievole, – via Giusti, uno, Montecatini, – comperai, tra le minutaglie di un rigattiere, l'edizione completa di tutti gli scritti editi e inediti di Giuseppe Giusti, con alcune divagazioni che tengon luogo di prefazione e cura di Ferdinando Martini. Veramente da quelle parti si parlò sempre della Grotta Giusti, caverna plutonica (scoperta dal padre del poeta sotto Monsummano), nei penetrali della quale è anche l'«Inferno», in cui temeva di scendere Ferdinando Martini.

Un giorno, stanco dei cittadini rumori, ero salito, scarpa scarpa, sulla vetta di Montecatini alto, all'antica ombra della torre di Uguccione della Faggiola. Quando, stavo per sedermi sopra un bel sedile di pietra, da un rudere, sbucò un ragazzo trafelato e guardingo come un fuggiasco (costassù è severamente proibito ai ragazzi di spiegare la storia gloriosa del paese ai villeggianti, pena una multa assai forte). Il ragazzo, guardato bene a sinistra e a destra, declamò col cuore in gola: – Quello è il sedile.... ile, dove Giuseppe Giusti, stanco dei cittadini rumori.... ori, sedeva per ammirare il panorama.... ama.

Mi affissai sul capo del ragazzo, tosato a macchina rasa. Il cuoio capelluto palesava alcune lesioni riammarginate alla meglio. – Chi ti ha insegnato tutte queste belle cose? – gli dimandai.

– Il mio maestro, signore!







Precedente

Successivo

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA1) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2009. Content in this page is licensed under a Creative Commons License