Lorenzo Viani
Il cipresso e la vite

IL POETA RACCOMANDA UN «TRASCURATO»

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IL POETA
RACCOMANDA UN «TRASCURATO»

 

 

 

 

 

Non so più in quale volume delle prose Giosuè Carducci sibila, presso a poco, così: «Non chiesi voti al popolo, raccomandazioni a ministri....». Però, Egli, verso i suoi scolari più degni fu prodigo di raccomandazioni a ministri pregandoli di prendere a cuore e proteggere la sorte di loro. Ma tristi e guai se qualcuno sgarrava; allora Giosuè diventava un leone.

Dopo la raccomandazione i beneficati venivano messi, da Lui, sotto una specie di vigilanza speciale: per il bene e per il male.

 

Roma, 6 maggio 1895.

Caro Brilli,

Sai del torto che la mattia fece al Casini, sbalzato a un tratto, senza ragione, in Sardegna. Per riparo avevano pensato di mandarlo a Ravenna; prima che io parlassi del tuo desiderio. Se altra destinazione si trova, farò a te Ravenna; ad ogni modo mi è stato promesso che dentro l'anno avrai altra collocazione nell'Italia Centrale.

Anche tu ricorda e scrivi al Chiarini a suo tempo. Ti tengo dietro.

Molte cose avrei a dirti, ma sono occupatissimo di faccende e studi. Fra qualche giorno avrai una mia Ode a Ferrara.

Addio. Io parlo spesso di te col buon Severino.

tuo Giosuè Carducci.

 

 

Appena raggiunta la sede desiderata Ugo Brilli deve aver scritto al Maestro, manifestandogli gratitudine.

 

Caro Brilli,

A tue molte lettere risposta sola.

Ho caro che tu faccia energicamente il dover tuo e che tu lavori.

Solo il lavoro consola nell'oblio almeno temporaneo della triste realtà.

Un po' pazienza, e a suo tempo si penserà a te e ad allogarti meglio. Meglio, no; perchè tu stai bene dove c'è da far per il meglio morale....

....Ma va via, Brilli, ormai, chè mi diletta assai di piangere più che di parlare....

tuo Giosuè Carducci.

 

 

Ugo Brilli deve aver inviato al Maestro un modestissimo dono: forse il famoso pacchetto con le caramelle del Caselli di Lucca.

 

Caro Brilli,

Grazie della memoria buona, degli auguri, del dono. L'ho già gustato con l'Elisa e dimani lo gusterò con Severino.

Il qual Severino studia fortemente e profondamente, e sempre più diventerà valente quanto è onesto.

Io oltre che pensare alla storia dal 1846 al 49 son dietro alla stampa delle Letture del Risorgimento.

Così si fa meno la vita cercando d'adempiere il proprio dovere.

Anche tu veggo che pensi allo stesso modo, dal modo onde lavori. Bene, molto bene.

Mi ricorderò di te.

Cordialmente ti saluto e t'auguro perseveranza nel bene.

tuo Giosuè Carducci.

 

 

Ugo Brilli, che fu l'occhio diritto di Carducci, oltre che perseverare nel bene, voleva anche far del bene a un antico scolaro del Maestro e di lui e per lui scrisse al Carducci presso a poco così:

«Egli, com'Ella sa, è stato un giovane raccolto e studioso, e fino a un certo tempo equilibrato, ma poi.... poi.... si sa la vita faticata, l'avversa fortuna, i disagi.... ebbe tempeste di mente di quelle che fanno ingrossare il sangue e l'ingegno ed ora è come infuocato, arso, bruciato dalla disperazione.

Maestro misericordia di lui. Ella può molto. Comprenda e perdoni lo sventurato amico».

 

E il Maestro ebbe misericordia e scrisse al Chiarini ed ottenne una cattedra liceale per lo sventurato scolaro. Una cattedra in una cittadella remota priva di lusinghe e di tentazioni.

 

 

Il beneficato, dato fondo a tutto quel che gli rimaneva di soldi, si aggeggiò per le feste: falde di pannetto nero con le rovesce di seta, pantaloni a righe bianche e nere, ghette madreperlate, scarpe di «chevreau», cappello duro, camicia bianca stirata, cravatta a palline gialle e nere, il bastone, e da ultimo una bella borsa di cuoio.

La cittadella di F., spersa nella ferace terra romagnola, a cui striscia come un serpe il fiume Lamone, aspettava nell'ottobre del.... l'educatore.

Sul piazzaletto della stazione non c'era nessuno. Appoggiati al muro della casa del capo, a godersi le ultime fiamme del sole già scemato dalla inflessibile linea dei campi, c'erano tre infelici: un gobbo, una gobba e uno sciancato, i quali dettero il benvenuto all'educatore.

Il vetturale appena scòrse il signore schioccò la frusta che sibilante dal bacchetto pareva una anguilla presa all'amo.

L'educatore si avvicinò al vetturale e parlò con lui lungamente; dopo poco i due si battevano reciprocamente le mani sulla spalla come soglion fare i vecchi conoscenti.

– Poi si beve una di Sangiovese!

– Due: una per occhio.

L'educatore parlava e l'altro badava a dire ripetutamente:

– Sì, sì, sì, sì; ma sì.

Dopo tutti questi «sì» l'educatore si assise sulla vettura: il vetturale con una frustata pelò gli orecchi alla brenna, e via al trotto; il pietrato sfavillava sotto lo zoccolo ferrato.

 

 

Dopo tre giorni dall'apertura delle scuole il preside non sapeva più cosa rispondere alle disturbate famiglie del paese che in massa si recavano alla scuola chiedendo:

– Ma il professore d'italiano non è ancor giunto?

– Se domani non si presenta io telegrafo al Ministero: state pur tranquilli; da domani metto un supplente: poveri ragazzi.

 

 

Nella raccolta cittadella si sparse la nuova che in una casa situata verso le sponde del Lamone aveva preso stanza un signore che ne sapeva più di un baccelliere di Salamanca.

– Ma perchè è andato ad abitar proprio ? – si chiedevano tutti perplessi.

I trascurati del paese asserivano che l'uomo all'ingegno accoppiava anche la modestia e che alla mattina era il primo ad alzarsi, sfornellava, sventolava, bolliva il latte, abbrustoliva il pane, lo imburrava e lo portava alle padrone. Poi, mentre queste si satollavano, lui declamava delle poesie, palcheggiava, misurando la stanza a grandi passi.

 

 

Il preside fermò il vetturale.

Era un signore alto quanto me?

– Sì.

– Con le falde nere?

– Sì.

– I pantaloni a righe bianche e nere?

– Sì.

– La cravatta a palline nere e gialle?

– Sì.

–– I capelli incolti, i baffi folti, gli occhi chiari, il naso rincagnato, le basette lunghe?

–– Sì, sì, si.,

– Ma che diavolo gli ha soffiato negli orecchi! – disse il preside disperato. – È stato certo colto da pazzia fulminante.

 

 

Il dimani egli fece un rapporto dettagliatissimo al Provveditore agli studi, e questi lo rimise al Ministero della Pubblica Istruzione.

Dal Ministero della P. I. scrissero al Carducci press'a poco così: «Il giovane tanto caldamente raccomandato da Lei, e la cui sorte fu presa a cuore, giunto in sede, forse colto da improvvisa alienazione mentale, ha preso stanza....».

Il resto è intuitivo. Carducci rimase di sasso e chiamò telegraficamente Ugo Brilli a gran rapporto.

 

 

Quando Ugo Brilli, presago del temporale che stava per scatenarsi sulla sua testa, entrò nello studio, parve un gatto quando lo gettano nella gabbia di un leone.

Carducci pallido, poggiato il capo pesante sulla mano, pareva già diventato una statua. Il rapporto del Ministero della Pubblica istruzione, ch'egli aveva aperto sul tavolo, pareva intarsiato. Giosuè fe' cenno a Ugo Brilli di chiudere l'uscio. Brilli dette una mandata a chiave e si approssimò al tavolo.

Carducci gli porse il rapporto:

Leggi!

 

 

Mano mano che Ugo Brilli scorreva il minuzioso rapporto impallidiva e alzava gli occhi umiliati e li fissava in quelli d'onice di Carducci.

Al finale Brilli fe' un salto come se le marmette dello studio si fossero tramutate in pietre focaie.

– Ma no, ma no!

Carducci strappò in due il foglio, come quando si stacca il capo ad una aringa.

Via! – urlò come spiritato.

 

 

Dopo un mese capitò alla sede di Brilli l'educatore, il quale stava fuori del Provveditorato. come un mendicante. Tutti gl'indumenti avevano perso il nuovo; la borsa di cuoio pareva un ventre di cane spelato che si fosse cibato di fazzoletti e di calze. Quand'egli fu scorto da Brilli urlò:

Compassione, fratello!

– Ma perchè? – gli disse Brilli col pianto alla gola.

Fratello, fratello, ricordati l'Epistola: «Lussuria fa tempesta di mente. Lussuria induce viltà e servitudine. Lussuria induce bestialità. Lussuria ingrossa l'ingegno. Lussuria vince i grandi e i piccoli». I miei giorni son passati via più leggeri che la spola del tessitore e son venuti meno senza speranza.

– Ma vai al diavolo! – urlò Brilli.







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