IntraText Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
L'ORDINE DELL'APUA E IL SUO «GENERALE»
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
«Aiutante! – La notte del 22-23 febbraio 1913 - Stazione di Parma. – Il «Generale» ricevuto l'espresso 17-12-1913, il mattino del 21, traversate le nevi dell'Appennino di Modena e Parma, raggiungerà la Spezia. Risalendo le valli, lasciando a sinistra Lucca, sosterà al Ponte del Diavolo ove conta vedervi.
«Ave.
Il Generale».
Sulla quinta arcata del Ponte del Diavolo doveva aver luogo il rapporto tra l'Aiutante e il «Generale» se il Serchio era in magra; se il fiume era in piena il rapporto sarebbe avvenuto all'«Osteria dei Pellegrini».
«Aiutante! A tanti dolori – ti scrivo tra il fischio del diretto che tormenta di un suo lungo assordante aculeo la mia disperata nostalgia – non volermi aggiungere il tuo silenzio.
«Aspetto conferma ordine 22-23 febbraio.
Il Generale».
L'inesplicabile silenzio dell'Aiutante, a cui di frequente prendevano «crisi d'invisibilità», conturbò il «Generale», end'egli lanciò il terzo ordine:
«Aiutante, aspetto conferma definitiva ordine 22-23 febbraio. Non comprendo perchè tu sia stato prima così preciso esecutore dei miei ordini e poi?! Ulteriore indugio sarà considerato un atto di vigliaccheria!
Il Generale».
♦
L'armata prima d'esser ridotta un branco di «Cenciosi» fu L'Apua; compagnia varia di poeti, scrittori e pittori, ed ebbe un libro: Dignità d'oro dell'ordine. Generale fu il poeta Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, aiutante di lui fu Lorenzo Viani, che dell'«Ordine equestre» conserva nell'Archivio di Fossa dell'Abate tutti gli ordini di pugno del «Generale».
L'aiutante se la spassava sulla Riva degli Schiavoni a Venezia ove «fermo in posta» s'ebbe notificata la sentenza di un processo fatto in contumacia – dal Supremo Magistrato Apuano – contro di lui.
«Viareggio li 25 marzo 1912. – La sentenza, notificata su cartolina postale, era di pugno del Generale. – Visti gli atti processuali, vista la relazione dell'illustre signor prefetto di polizia, il Grande Magistrato Apuano pronunzia dichiarazione di contumacia a carico dell'inquisito L. V. de plebe sancti Stephani lucensis apuano natura loci sed et honoris causa. Ordino all'illustrissimo prefetto apuano di polizia di impadronirsi con ogni mezzo della persona di detto inquisito. – Il Generale. Il vice-grande depositario dei sigilli. Il depositario degli Scongiuri».
♦
«Rispondere non fu mai il nostro dono, potevate almeno se lo scriver vi pesava dare incarico al vice-grande depositario dei sigilli, ma dalle «incaute» cartoline delle torri pendenti ecc. son convinto che vi debbono aver preso parecchie «crisi d'invisibilità». – Generale puoi star tranquillo – diceste; poi tutta quella vigliaccheria! Avete almeno visto la copia degli atti? Vi siete ricordato di quei tre giornali? Tra le carte mie vi sono pure i certificati di povertà. Attendo una vostra lettera promessami. Immagino che abbiate portato i vostri lari presso... Non fidatevi della lontananza. Tutto vi potevo perdonare ma il non rispondere no. Vi telegrafai domenica, mercoledì, venerdì, e sempre con eguale esito. Son cose che non vanno. Ora poi il tempo s'è messo al cattivo; domenica e lunedì scorso è nevicato: da martedì piove a dirotto: e se non avrete qualche avvedutezza, il che è difficile, nello spedire le «investiture», fogli e carte si rovineranno. Nè mi dilungo.
Ceccardo».
♦
Il mattino del 1° aprile 1913, dopo un atto di sottomissione, l'Aiutante si recò al sollecitato rapporto. Egli risalì il fiume da Bocc'a Serchio, il quale era in piena, e la romba, là verso Ripa infranta, gettava alberi divelti e torbati di fango.
Il «Generale» scendeva dagli Appennini settentrionali seguendo, nella Garfagnana, il tortuoso corso del Secchio. Egli avrebbe sostato sulla quinta arcata del Ponte del Diavolo dove il fiume muglia come l'inferno.
L'Aiutante e il «Generale» salivano e scendevano a piedi: il «Generale» senza verun fardello, l'Aiutante con un sacchetto in cui erano, spicciolate in rame, lire venticinque italiane, compenso a una dotta epigrafe che il «Generale» aveva detta per «Quei di Carrara».
Il Ponte del Diavolo, in quel fosco mattino, pareva stampato a inchiostro nero sull'acqua gialla e bollente del Serchio. L'Aiutante scorse il «Generale» seduto cogitabondo sopra un pilone e s'ebbe da lui un marziale saluto e uno sguardo sospettoso alla via della sacchetta che egli teneva come si soglion tenere i polli strozzati.
– Novità? – chiese il «Generale», non staccando mai lo sguardo dalla sacchetta.
– Quelli dell'epigrafe mi hanno dato un modico guiderdone, ma....
– Parla, tel prego – chiede ansioso il «Generale».
– Ma è tutto rame!
– E ebbè – rispose sorridente il «Generale», alzando una spalla fino sopra le orecchie.
E l'Aiutante alzò il sacchetto, tenendolo come una livella, davanti agli occhi stupiti del «Generale».
– Contro di te fu pronunziata sentenza di contumacia dal Grande Magistrato Apuano, il giorno 25 marzo 1913. La sentenza e l'ordine di impadronirsi con ogni mezzo della tua persona saranno stracciati oggi qui presso il Grand'Arco, al cospetto delle castella turrite. Tu da oggi sei reintegrato nel «grado» e nel «soldo». Il rapporto converrà farlo all'osteria.
♦
All'«Osteria dei pellegrini» ci fu strage d'uccellame, secondo la stagione, e risonanza di favole eroiche al biondo lume del vino di Busatica.
– Sappi, Aiutante, che da questa valle è passato nel 1650 il senatore fiorentino Alessandro Vettori con venti mule cariche d'oro.
– Ed io l'ho salita con carico di rame.
– Taci, tel prego.... a comperar in nome di Ferdinando II la turrita Pontremoli dagli Spagnoli, i quali dovevan riscattarla da' Genovesi a cui l'avevan già venduta.
Cuore al vento! Sul cammino dei sogni!
I sogni li guastò l'oste allorchè portò, non chiesto, il conto, dicendo laconico: «Signori, si chiude».
L'Aiutante tolse di sotto il tavolo il sacchetto, che l'oste giurò aver scambiato per un gatto, e, dopo aver dato un pizzicotto nelle monete spicciole, – aggirandosi il conto sulle venticinque lire, – lo consegnò all'oste, scusandosi: – È tutto rame.
L'oste disse come al mattino aveva detto il «Generale»: – E ebbè.
♦
Appena fuori l'Aiutante esclamò: – Come si cammina meglio senza zavorra.
– Pensa però, Aiutante, che la nostra è soltanto una illusione eroica, e, se la domanda non ti conturba, quanto ti è rimasto del contenuto?
– Non è un canonicato!
–Generale, qui a tre tiri di schioppo c'è uno stallaggio, con rimescita: converrà ridursi là.
Raggiungemmo lo stallaggio, ove dei caprari e dei cavallari facevano baldoria. Un contadino del luogo, stracciato come Brandano, che fu facile capir subito essere egli un poeta improvvisatore, asseriva agli astanti che il Foscolo era nato a Firenze.
– Ugo, il mio maggior fratello, è nato a Zante – urlò il «Generale».
– Ignobile cencioso, vai a forbire le vacche.
I caprari e i cavallari, armati di quei frustoni maremmani che tosano gli orecchi ai puledri bradi, presero le parti del «Brandano».
– Giovanotti, s'era detto senza offese – ci dissero.
L'Aiutante s'alzò: – Voi stasera avete di fronte un poeta di versi studiati, – Tutti stupirono. – Ora io, in succinto, vi dirò la differenza che passa dai versi studiati a quelli d'improvvisa ispirazione. La improvvisa ispirazione comporta una memoria pronta e tenace, una imaginativa ardente e una particolare tendenza all'armonia del ritmo. Possedete voi, là, rannicchiato su quel pancone, tutti questi doni di Dio? Che sia risposto al volo.
– No – rispose mortificato l'improvvisatore.
– Siamo tutti orecchi.
– Allora tu, «Generale», alzati e canta. E voi tutti sedetevi.
Il «Generale», alzatosi, prese a declamare con maschio impeto:
andar, l'estiva notte senza luna,
tra gli echi erranti e il cerulo silenzio
col pensier inquieto di un desio,
....Il viandante
Il padrone dello stallaggio s'era fatto sull'uscio di cucina ed ascoltava incantato.
– Porta un fiasco al poeta di versi studiati – disse un capraro.
– Ora voglio ascoltare; maledetto voi e il vino – rispose l'oste ingrugnato. Quando dalla finestrella dello stallaggio, come da certi fondi dei dipinti del Durero, si cominciarono a scorgere i monti tutti celesti e il cielo con rade stelle, l'Aiutante e il «Generale» uscirono all'aperto.
– Io veggo che la «Grande armata» apuana sta diventando un «branco di cenciosi»; cosa penseresti tu se io, che già mi feci il terz'anno di legge all'Università di Genova, conseguissi la laurea ed aprissi nell'Apua uno studio notarile?
– Saranno cose da pensarci in seguito – disse l'Aiutante mezzo spaurito.
♦
I geli hanno ridotto d'acciaio la casetta di Sant'Andrea dove per tanti anni ebbe sede il «Comando dell'Apua».
Oggi, ivi, abita la postina del Borgo. Ella asserisce di avermi riveduto qui tanti anni fa.
Sullo sfondo cretaceo del Rondinaio ella sembra una statua.
– Riceveva tanta posta il «Generale apuano»?
– Tanta, così –; ed ella alza le mani una dall'altra per due spanne.
– Ha ricevuto una lettera anche l'altro giorno.
E sono dieci anni ch'egli ha quietato per sempre il suo strazio mortale.