Lorenzo Viani
Le chiavi nel pozzo

TESTAREGGI

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TESTAREGGI

 

 

 

Dov'era la caserma di San Benigno, spropositato casamento a tre piani, a tre ordini, ora v'è uno sfacelo di pietrame, l'immenso cortile mitragliato di ghiaiottole, i penetrali delle prigioni tanfati di lezzo, gli scalei patibolari sono andati in perdizione e il vento salmastro ha spinto, oltre il Lagaccio, l'alito pestifero.

La città voleva luce e respiro ed ha soffiato il suo potente alito esplosivo sul casamento che gli dava ombra e impedimento.

La Babele è stata ridotta ghiaia.

Il muraglione ciclopico è stato macinato.

La testa di Testareggi ha subito la sorte del muraglione; come un cocomero, pieno zeppo di semi (idee aculeate confitte in ordine di spirale nella polpa dolciastra che di nulla inacquerisce) s'è schiappata e le semi si sono seminate per la terra che tutto ferma e tutto raccoglie.

Il testone di Testareggi, rosso come un cocomero, rapato dei capelli a dovere, fu messo in quel bustone di berretto da fatica con grande fatica che il testone era più largo del berretto, l'odore del manufatto rincotto nelle stive del magazzino dava l'idea a Testareggi che gli avessero messo sul capo un impiastro di semi di lino. Il corpo dinoccolato entro la muta di tela crocchiava come un guindolo, ma quando Testareggi si vide mettere in piedi un paio di scarponi di vacchettone irti di chiodi spiccò un lancio e via al fugone sul pietrato del cortile come un onagro, e faceva le faville come il ciuco della sua aia, dagli zoccoli ferrati, quando gli pigliavano le ruzze.

Quando Testareggi fu fermato da quattro soldati restò a orecchi ritti come un cavallo fiumatico e soffiava per la fiataccina: – Attenti perchè se mi lasciate faccio un'altra volata, poi, quasi angosciosamente, sospirò: Testa reggi, reggi testa. O datemi un arreggitesta.

 

*

*   *

 

Lasciato solo Testareggi s'ammicciò sull'erba sfinito e bolzo.

Prendete quell'uomo e fatelo muovere – la voce era venuta come di sotto terra, ma Testareggi non aspettò che lo facessero muovere, scattò , staccò il trotto e a gran carriera fece tutto il giro del cortile fino a che andò a sconfasciarsi sul pietrato.

La fronte di Testareggi si spaccò scianguinando il viso indalocchito. Testareggi lo portarono sopra un bigoncio e gli il capo con acqua acetata e gli misero in fronte un cerotto in croce sì che pareva l'avessero cresimato. Lui disse soltanto: Testa reggi, reggi testa, se mi avevate dato un arreggitesta non succedeva tutto questo flagello.

– Ti sei ricresimato? – dicevano i soldati passando.

Scoppia la pancia, scoppia la castagna, o la mia testa è più d'una castagna? – diceva serio Testareggi.

Quando Testareggi era condotto a fare scuola a piedi non sapeva distinguere la gamba mancina da quella drittagna, per piantargli bene nella zucca questa distinzione, a quella drittagna gli ci legarono una fune, allora sì che a Testareggi gli prese l'idea d'essere il ciuco della sua aia, bastava che lo lasciassero un secondo perchè, levava la corsa, la fune gli si abbisciava alle gambe e Testareggi stravaccava per il cortile dove si sconvolgeva come un ciuco in amore.

Simulatore, simulatore, simulatore.

Quando a Testareggi gli fu spiegato per filo e per segno quell'ordigno patibolare che solleva i pezzi dall'affusto: – Questa è una capra con due gambe e un piede – egli guardò spaurito l'istruttore. Testareggi una volta aveva veduto alla fiera del Giannotti, dentro un baraccone, una capra con cinque piedi e due teste e due code.

– Una capra con due gambe e un piede? – Se ci credo perda gli occhi. Chiamato a ripetere Testareggi disse forte quel che pensava piano: – Se ci credo perda gli occhi!

– Dal peso te ne accorgerai se è una capra. Mettetelo insieme agli altri due negligenti. Quando furono finite l'istruzioni Testareggi e gli altri due negligenti furono comandati a portare la capra in magazzino, a gli altri due toccarono le gambe, e a Testareggi toccò il ceppo dov'era imperniato il piede che pesava un quintale e mezzo.

– Non ce nessun Cireneo per questo Cristourlava Testareggi gonfiando come un boddone.

– È bene che tu te la biasci da te la capra, ti rassoda il costato. – gli urlavano i soldati.

– Sotto la panca la capra crepa, Testareggi, reggi testa, sotto il berretto crepa il capretto, o datemi almeno un areggitesta che me lo metto come cercine sulla testa crepata.

 

*

*   *

 

Ora Testareggi girottola sotto le arcate basse di questo gran cisternone con gente di suo pari, tutti vestiti da fatica tutti allegri matti, se qualcuno gli dimanda di che paese è, e di che classe, Testareggi comincia il viadoro:

Nacqui il 2 maggio cinque per otto quaranta otto per otto sessanta quattro il fiammifero del gatto diceva il 25 marzo la lattaia Leonilda comprava le camicie a sei soldi la settimana avendo una quota mensile mi pare che ci possa stare poi mi fecero caporale di fregata ma non volli accettare i galloni perchè dissi: – senta c'è sempre una maggiore responsabilità. Il Conte mi disse: – Che fate giovanotto?

Aspetto il congedo.

Il granturco non si macina, ma si macinano le rape – una volta dissi al macchinista che mi facesse quindici misure: – O grazie! La mi mamma mi disse addio, e pappà mi dette un palancone da due soldi e comprende civiltà novantuno.

Questo è bianco, branco, manco, manco chi chiama lira e chi il franco.

per quadrupedi e via. – Dice, guarda, t'insegno io, attacchi il chiusino al giogo. Andai a Pisa e comprai trenta sacchi di pavimenti a Migliarino. Perchè disse il mio padrone: – Leva il zipolo ed io levai il sughero e attaccai il chiusino al giogo.

Dimmi come ti chiami? – disse il mi' padrone.

– Il tesoro non lo piglio di gusto, di gusto vuol dire inchiostro, una volta avevo un campo ma poi venne il Giannini col martello per trinciare le cipolle.

– Lo vuol vedere il vitello? cappaini... passeri.... meglio.... sì.... no....

Aladino ho le cerage mature portale allo spazzacammino – queste glie le regaloguarda di non prendere moneta. Le patate cotte sotto cenere perdio son buone e mi dicono che sono agitato. Sono nato nello sperone quantuno la metà della Nazione m'ha detto: – Dieci cento mila muli bianchi li mando avanti e lui è ambizioso di me che mi dice provare per credere. La cassetta di salia perchè il pioppo l'ho in camera io – sì – e mi viene dietro a me – scecchi di banca davanti. Han trovato un mucchio di Cristi d'oro complice buon anima. S'è alzato tranquillo Andrea ottantatrè se portèro ben venèro se non portèro ben venèro, ma non quel gusto gusto. È come andare a dire al mare se ha bisogno d'acqua. Taglia un uovo nel mezzo.... ci fai due pipe.

– Ma al mare ci sei mai stato?

 

 

– Ero capo pezzo a San Benigno. Perchè una sera venne un ragazzotto in camera mia e con una spazzola cominciò a picchiare sulla sveglia e io dissi: Suona – e lui: Tanto ci levo il rotto e ci resta il sano.

Un discorso a bravo in tempo di guerra non sapevo mica quel che era, era un sacco di granturco – hanno le dentiere buone – allora mi diede dieci franchi e mi disse. Me la scrive una lettera alla schiera eletta, una lettera alla schielettera schiereletta eletta schiereletta letta. E io gli dissi! – Macina le rape poi misi l'ombrello nel pagliaio e addio parole. Dicano che sono allucinato dal bugatto. E quando non ebbe più quattrini cominciò a tirarmi delle medaglie. Io lo so che non sai scrivere ma sai vangare.

– Avevi dato trenta sacchi di pavimenti a Migliarino.

– Ma ho pagato perchè ero ai cronaci. Al mi passivo c'è una chiave dentro un fiasco. Ho trovato un parafango ma tanto una vite l'ho portata.

– Come ti chiami?

Vinardi Ida.

– Sei una donna?

– Sì sono una donna non ho mai scritto col lapis, sempre con la penna. Fogli da mille li conosce come son fatti? O doventi una donna anche lei?

 

*

*   *

 

Donna di mondo non mi streghi. Per aver du' riccioli? Un pazzo con una vocina bianca si allontana scandalizzato. Badi come parla scandalosa.

Dicano che sono allucinata nel bugatto.

Porcona!

 

 

 

 

 


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