Lorenzo Viani
Le chiavi nel pozzo

SPARA ORSI

Precedente

Successivo

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

SPARA ORSI

 

 

 

Spara Orsi lustrava, con grande dignità, le scarpe sotto gli archi della Loggia Matteo Civitali. Gli appiopparono quel soprannome perchè quando i ragazzi lo molestavano egli esclamava iracondo: – Ehi, giovinottino, non hai mai veduto strangolare i lupi?

I ragazzi dai lupi scivolarono sugli orsi: – Bravo Spara Orsi!

Spara Orsi era un vecchio asciutto come il pulasco, tutto pepe, di fede amorfista. Spara Orsi accettava tutte le mattine una presa di tabacco da un pacifico priore, a cui diligentava e lustrava le scarpe, perchè, secondo Spara Orsi, quella non era una compromissione politica.

Sotto il timpano di una chiesa cuspidale v'era un mosaico che mandava bagliori d'oro: Cristo in atto di benedire, seduto alla foggia greca, su ricchissimo faldistorio sostenuto nell'aria da due angioli, al disotto del Cristo stavano gli Apostoli in atteggiamento di maraviglia: tutti personaggi due volte il vero.

Tutto oro di zecchino.

Una parola che lessero dei forestieri di su un libretto foderato di raso rosso non riquadrò a Spara Orsi: Bisanzio.

Spara Orsi chiese spiegazioni manifeste al priore il quale pacatamente seduto sul degringolante faldistorio del lustrino amorfista rispose: – Tu hai da sapere che Bisanzio, città greca sulla sponda occidentale del Bosforo Tracio...

– Ho capitodisse Spara Orsic'è tramescolato un di Sodoma e di Gomorra.

– Ma vai al diavolodisse infiammato il priore, scendendo dal trono impuccettato.

– O sor priore non li ha mai visti strangolare i lupi? «In veste di pastor lupi rapaci». Non sente che gli ci ni giuoco anche il Dante, a pennello?

Briaco molesto e ripugnante, quanti altri mai, hai fatto quella vicina all'ultima.

Delatore.

 

*

*   *

 

La notte Spara Orsi si recava al suo covile passando sotto la chiesa del mosaico che aveva una gradinata a gradole d'altezza gradevole, che un Imperatore dell'antichità aveva fatto a cavallo.

– Et io – slatineggiava Spara Orsi – le farò piedibus calcanti. E tutte le sere Spara Orsi si battezzava sugli spigoli il capo ricucito di gavine e di schiavine.

Il mosaico era tanto alto che Spara Orsi doveva rovesciare il capo che l'azzannavano le scapole scarnate. Quando Spara Orsi stava in quella posizione aveva delle sensazioni dantesche: il cielo volava verso il mare invelato di bianco, la facciata pareva sull'ossa umiliate e martirizzate di Spara Orsi.

Una notte mentre egli era in quel turbamento di coscienza, un ignoto (un mascalzone che non s'è mai saputo chi fosse) fiatando il suo alito caldo negli orecchi di Spara Orsi gli urlò: – Moscaio!

Mosaico a me? Ehi giovanottino delle tenebre non hai mai veduto strangolare i lupi?

Bravo Spara Orsi.

– Su quello si può transigere.

Nel frattempo s'era levata la luna che trapelava da una bifora del campanile, Spara Orsi volle ammirare anche quella. Una sturmaglia di nottivaghi come la luna domandò a Spara Orsi. – Cosa speculi sul cielo.

– Per le spie non canto.

Un mascalzone (che non s'è mai saputo chi fosse) dette un golino a Spara Orsi imponendogli:

Sbotta all'istante cosa speculavi nel cielo.

Guardo la bianca luna.

– O che sei diventato anche poeta?

– Sono sempre stato.

Un mascalzone che non s'è mai saputo chi fosse, tirò un colpo a Spara Orsi che lo sacrificò sul pietrato rivelto.

Spara Orsi vedeva di scorcio la cena degli Apostoli mosaicata e cominciò una requisitoria:

Tommaso che dubita, Pietro che delira, Giovanni che trema, Giuda Iscariotte che tradisce.... o mos.... mos, mosca mosca.... mos; mosaici moscaiiii.

Moscaio sarai te, mascalzone che non so chi tu sia – urlò un prete affacciandosi a un finestrino, piccolo piccolo, come una gattaiola.

– A me mosaico?

– No, moscaio ti ho detto, molesto e ripugnante.

– O che siamo in Pretura?

Spara Osri aveva riportato ottantatre condanne per ubriachezza molesta e ripugnante.

Dev'essere il pretore immascherato a pretedisse Spara Orsi fissando l'abbaino.

 

*

*   *

 

Spara Orsi, come tutti quelli che trafficano intorno alle scarpe, le aveva sempre rotte e risuolate con la pianta dei piedi vivi.

Quando qualche cliente, privilegiato dal caso, basava il piede sullo stampo di legno inchiodato sulla cassetta di Spara Orsi, egli, malgrado la sua fede amorfista, gli chiedeva umile:

– Ce le avrebbe un paio di scarpe di scarto?

– Sì.

– Ma sono con l'elastico o con le stringhe?

– Con le stringherispondeva il privilegiato dal caso.

– Allora le tenga lei: il servitore anche alle scarpe non lo faccio.

Pazzourlava inferocito l'altolocato.

 

*

*   *

 

Spara Orsi aveva cento e una ragione di disdegnare le scarpe con le stringhe. Una sera, abbottacciato di vino com'era in un'osteria di campagna, per sue necessità dovette andare in corte.

Destino maledetto.

Una scarpa di Spara Orsi era slegata. Per rilegarla egli si sedette sulla pietra del pozzo: il capo gli girò come una trottola. S'udì un tonfo spaventoso.

Gente è caduta nel pozzo?!

Mano ai ganci, alle corde, alla scala, all'arsaglino. Spara Orsi fu pescato abbottacciato d'acqua.

– Ma come è andata?

– O figlioli è andata così: mi sono accorto che una mia scarpa era sciolta, mi son seduto, così, sull'orlo del pozzale – e Spara Orsi dette atto al ragionamento sedendosi sulla pietra del pozzo:

– Così, poi ho alzato una gamba.... così.... poi....

Misericordia di Dio! – urlarono impauriti e atterriti gli astanti....

Il medesimo frullone al capo, l'identico sbigottimento e Spara Orsi riprecipitò nel pozzo.

– I ganci, le fune, l'arsaglino!

Anche la seconda volta Spara Orsi fu ripescato intorzàto d'acqua come un ombrellaccio da un diluvio, e lo misero a scolare in un canto.

 

*

*   *

 

Spara Orsi sparì di sotto gli archi di Matteo Civitali.

Pace all'anima sua.

 

*

*   *

 

Un giorno che il Gran tempio di Monte fiorito era rincotto dall'afa estiva, quella che fa bollire i mattoni e rincuocere la calce, e giù nei cortili gli uomini sfornati dall'orgoglio, dalla paura, dall'ira, dal terrore, sembrano statue di terra cotta, mi elevai sul casamento, sfociai in una altana che guarda i monti di Pisa, l'Apuane, il Serchio. Seduto su di un muricciolo c'era un vecchietto segaligno tutto imbucatato, dentro e fuori.

– Ma mi levi una curiosità? Sei Spara Orsi?

– Sì. Non sente che arietta abbiam quassù. Non mi baratterei col Conte Orsetti.

Poi siamo bene scarpettati con gli elastici, che, soltanto quello, è un mezzo patrimonio.


Precedente

Successivo

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA1) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2009. Content in this page is licensed under a Creative Commons License