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Discorso inaugurale, alla Mostra Viani, in cui furono esposti i disegni che illustrano questo libro, tenuto dal Prof. Guglielmo Lippi Francesconi.
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Discorso inaugurale, alla Mostra Viani, in cui furono esposti i disegni che illustrano questo libro, tenuto dal Prof. Guglielmo Lippi Francesconi.
Lorenzo Viani non ha bisogno di - presentazione.
Ma la sua Mostra d'oggi, nuova stigmate di audacia rappresentativa, esige qualche parola di introduzione.
Il Maestro ha voluto dare a me l'onore di tenere al battesimo questa sua ultima produzione, forse perchè ho avuto qualche influenza sulla concezione di essa, poi perchè l'ho vista nascere e l'ho assistita in tutto il suo sviluppo.
Forse si vorrà considerare questa triste rassegna del dolore umano, che si apre qui, oggi, quale una stonatura ed una stonatura anche il fatto che un alienista inauguri una Mostra d'arte.
Non sono stonature. Ma se anche fossero, accade spesso che le discordanze mettano in valore e in maggior rilievo le armonie degli sfondi.
In una triste sera di autunno, Viani ci chiese aiuto. E poi venne, all'Asilo quieto di Nozzano, sulle rive del Serchio, dove, in qualche mese, la continua visione del Bello naturale, pochi mezzi chimici e l'assistenza spirituale ebbero ragione sul Male atroce, l'asma ribelle.
Venne presso di me per lavorare. Egli non pensava tanto a curarsi, a trovare il rimedio adatto per sedare la tempesta che avvolgeva in spire turbinose tutto il suo essere, quanto invece a trovare la quiete necessaria per lavorare.
Infatti, per prima cosa, mettendo piede nel mio Asilo, interrompendo con uno sforzo sovrumano lo spasimo del respiro, mi chiese:
– Ha un dizionario?
Al mio sguardo interrogativo, rispose:
– Perchè sono venuto a lavorare.
Con rispetto commosso lo accompagnai nella sua stanza, spalancai la finestra e gli dissi:
– Guardi!
I suoi occhi che, attraverso la nebbia sanguigna causata dal convulso del respiro congestionante, conservavano pur sempre la loro vivida fiamma, lanciarono un vasto sguardo comprensivo sulla pianura autunnale, la tempesta del torace si acquietò ed egli, sorridendo, pacatamente disse:
– Sono salvo!
Aveva lasciato un brandello di cuore nella sua adorata Viareggio. Aveva portato con sè un po' del salmastro della sua darsena e del balsamo dei suoi pini e tutta la sinfonia del libeccio e del maestrale e tutta l'ardente bramosia di vivere. Aveva salito ansimando l'erta dell'Asilo con lo spirito ottenebrato dalla sfiducia angosciante, dal terrore dell'asfissia, ma, di lassù, di fronte al Serchio «fiume del popolo» egli diceva serenamente:
– Sono salvo! Ora voglio lavorare!
Da allora non passò giorno che Egli non abbia coraggiosamente lavorato. Il Male si sferrava contro il suo Essere ed egli.... non respirava e lavorava. Il Male cedeva alcunchè ed egli.... respirava e lavorava.
O era lo studio metodico, paziente, della letteratura, con particolare applicazione allo studio dell'italiano, riempiendo decine di grossi quaderni di appunti, cenni storici, linguistici, curiosità, ogni sorta di nozioni, brani letterarî, terzine della «Commedia» o canti popolari, tutto in una accozzaglia senza ordine, nella quale egli solo si raccapezza. Oppure era la composizione avveduta, talora affannosa, delle pagine del suo libro o delle cartelle per il Corriere della Sera. Oppure era il susseguirsi di centinaia e centinaia di disegni, schizzi, appunti, di cui aveva riempita la sua stanza. Ed infine fu l'allestimento della Mostra d'oggi.
Chi segua la produzione letteraria del Maestro, saprà che mai è stata interrotta la serie degli articoli sul Corriere della Sera, saprà che Egli, in questi mesi di pena, ha interamente riordinato un libro e ne ha composto un altro, saprà che ha composto per il Touring un mirabile vasto sguardo sulle Provincie Tirrene della Toscana. Appena ritornato a Viareggio ha presieduto con giovanile vigore la Giuria della Mostra regionale al Kursaal e chi si guarda attorno, questa sera, può vedere che il Male non ha impedito all'Arte di esplicarsi attraverso la mano del Maestro, animata, come sempre, dal vivace senso di pietà verso tutti i derelitti, gli sventurati, i «trascurati», in disegni e tavole profondamente commoventi nel loro crudo realismo.
Lassù, sul Colle doloroso, Egli trovò con somma commozione una folla di sventurati, di falliti, che pur facevano parte del mondo dei reietti, da lui sempre amorosamente cantato, attraverso le sinfonie coloristiche o le crude armonìe dei suoi scritti.
È una stonatura allora se il Poeta dei Paria ancora una volta glorifica la miseria e il dolore umano? Anche se tale glorificazione avviene qui, in piena stagione mondana, in un periodo cioè, in cui sembra (oh, sembra!) che il dolore umano sia un mito?
In ogni epoca, le scuole d'Arte di tutti i paesi, hanno largamente mietuto nel campo patologico, producendo una serie ininterrotta di opere, nelle quali l'elemento morboso ha costituito un motivo di ispirazione artistica.
Non è il momento di attardarmi a fare qui uno studio sottile di tutto quello che gli Artisti, grandi e men grandi, di ogni tempo, ci hanno lasciato come riproduzione, sia fedele sia fantasiosa, del Male umano.
L'Arte è, sì, la creazione e il godimento del Bello e sembra quindi, contrastare intensamente con gli stati morbosi. Invece, fino dai tempi più remoti, si sono visti crearsi numerosi rapporti fra queste entità contrastanti.
Qualcuno avrà presente ciò che è stato trovato dell'arte egiziana, assira e babilonese, in certe espressive figurazioni del Male umano e tutta l'impressionante collezione fra i ricchi lasciti degli Incas Peruviani; poi la rappresentazione della terrificante sofferenza del classico Laocoonte, l'estasi erotica di Salomè, l'atteggiamento tipico del fanciullo nella «Trasfigurazione» di Raffaello, i quadri di Velasquez, lo Spagnolo che non indietreggiò di fronte alle più commoventi tare patologiche in omaggio ad una assoluta sincerità nella riproduzione della natura, e le tavole di Dürer, di Rembrandt, di Rubens, di Goya, e poi di Kaulbach, di Géricault, di Van Gogh e le tre estasi di Bernini.
La rassegna, composta con l'ordine e la cultura, che largamente difettano in questa mia rapidissima, potrebbe essere oltremodo interessante, specialmente poi se la si volesse prendere tra due punti di vista, quello riguardante l'elemento riprodotto e quello riguardante le condizioni psicologiche dell'Artista al momento della creazione.
Lorenzo Viani fu colpito dallo spettacolo pietoso di quella folla di sventurati, in occasione di qualche sua visita all'Istituto psichiatrico.
La sua inenarrabile sofferenza fisica e l'atroce dolore psichico, l'asma tenebroso, ossessionante, disperante, che gli attanagliava il respiro e gli sospendeva la vita in attimi paurosi, che arrestavano anche i battiti del mio cuore, ansioso per Lui, non fecero che acuire la sua grande pietà per tutti gli infelici di questo mondo, fra i quali si agitano e si contorcono, trascinati dalla tormentosa follia, i mille e mille insensati dei tragici Ospedali.
E pur soffrendo e talora azzannato dalla sfiducia, dalla disperazione, dal terrore della fine, il Maestro volgeva lo sguardo commosso verso i cortili affollati da quel formicolìo di frantumi vegetanti, messi a bruciare sul rogo fiammeggiante del pensiero.
Se in un primo tempo Egli si dovette limitare a sguardi sintetici e fugaci, più tardi, quando il Male rilasciò un poco gli artigli dal suo torace esausto, allora, come pervaso da una folata rianimatrice e rinnovatrice, volle salire di nuovo il Colle doloroso e fermarsi lunghe ore a studiare quelle centinaia di dissennati.
Ogni volta che Viani si affacciava ad una Sezione qualcuno si faceva avanti e timidamente o più spesso con l'arditezza dell'ebbro, esclamava:
– Toh, Viani!... o Lorenzo, sei qui anche te?
In quelle teste deformate, in quelle faccie inebetite, Egli riconosceva a fatica un amico, un «trascurato», uno dei suoi «vàgeri». Gli occhi e l'anima di quello, ormai abituato alla monotonia, si accendevano per un attimo al ricordo. Poi la follia li riafferrava e il ricordo svaniva.
Nella sua nobiltà d'animo, nella sua grande bontà, il Maestro non voleva togliere allo sventurato quel po' di soddisfazione di colleganza nel male, non voleva spiegare che egli non era là, con loro, e che si curava in una tranquilla casa di riposo e rispondeva assorto:
– Sì, sono qui anch'io!
– Me li avete rovinati i miei soggetti. Vedete questo? Era bello, tronfio per il gran bere, era come laccato e, a forza di tenerlo in purga, me l'avete ridotto di cera, di spermaceto.
Poi, noncurante dell'asma, si assorbiva nel disegno.
Prendeva rapidissimamente centinaia di appunti, che, dopo un lungo e faticoso studio di cernita e di sviluppo, hanno fruttato le opere qui presentate.
Con l'Arte ha completato lo studio dei varî dissennati, già descritti nella sua vasta opera letteraria. Chi ha letto Parigi, I Vàgeri, Ubriachi o Ritorno alla Patria ha profondamente impressi nella memoria certi tipi di deliranti e di alcoolisti, che rispondono a vere entità cliniche. Chi leggerà il nuovo volume Le chiavi nel pozzo verrà a conoscere intimamente il cupo mistero che avvolge tutto quel pensiero umano fallito.
Prima di me, altri maggiori hanno studiato Viani-artista, Viani-letterato.
Per me, che ho dovuto purtroppo fare inaridire, fra le pagine ghiaccie dei volumi di scienza, il fiore ardente della mia passione per le Arti belle, la cosa rimane estremamente difficile.
Del resto D'Annunzio, Bistolfi, Roccatagliata, la Deledda e poi Ugo Ojetti, Margherita Sarfatti, Franco Ciarlantini ed altri molti lo studiarono, lo analizzarono, lo definirono e non ritengo opportuno aggiungere niente ai loro giudizi, dal punto di vista critico.
Ma io ho studiato l'uomo-Viani, il «caso» Viani dal punto di vista psicologico e vi chiedo il permesso di comunicarvi le mie impressioni sul «complesso psichico-Viani» in rapporto all'artista-Viani.
Viani procede nelle sue creazioni di primo impulso.
La sua opera è un prodotto schiettamente spontaneo, tanta è la forza con cui Egli sente di dovere esprimere qualche cosa, di dovere obbiettivare dal suo Io le cariche affettive di cui è onusto il suo spirito complesso. Al tempo stesso Egli ha anche alcunchè di riflessivo, di ragionato, di profondamente studiato, che, in luogo di fare impallidire il valore della sua Opera, lo accentua e lo innalza.
Nella vastissima opera sua esiste una grande unità di pensieri, insieme con la rivelazione di un nesso nuovo, originale, fra le immagini, le idee e le espressioni artistiche, nesso che proviene quasi sempre dalle profondità del Subcosciente ed ha un tono ed una forza affettiva emergenti dalle radici stesse della sua personalità. Nella sua opera niente vi è di discontinuo; l'abilità e la spontaneità dominano insieme, niente vi è di artificioso, di stentato e tutto ha il carattere di istintivo, anche se ogni cosa sua è il frutto di uno studio affannoso, profondissimo.
Il suo Genio crea, sì, ed inventa, ma toglie il suo materiale dal fondo comune o istintivo o ideativo e emotivo o mnemonico, cosicchè le sue creazioni hanno dei precedenti, hanno raccordi storici, hanno radici in tutta la sua opera passata, nella sua vita passata, nell'ambiente che lo ha circondato.
La tendenza del movimento psicologico attuale, nei riguardi della creazione in Arte, assegna sempre maggiore importanza alle forze subconscie, istintive. L'Arte sorse dai penetrali della psiche umana quasi di getto, e se si risale alle sue prime manifestazioni preistoriche vi si scorge l'effetto di un dinamismo involontario.
Qualcuno sostenne che la creazione artistica assomiglia alla allucinazione, il che porterebbe a concepire una relazione profonda fra le produzioni anormali dello spirito e quelle geniali.
Sotto certi riguardi, la somiglianza sussiste, ma in realtà si tratta solo di relazioni di somiglianza parziale, non di identità coessenziale, in quanto le immagini che compongono l'opera d'arte, sono vive, corrispondono alla realtà già percepita ed assimilata.
Certamente anche Viani ha una subitanea, sintetica visione, che si potrebbe dire «previsione» dell'opera che deve uscire dall'ulteriore sua elaborazione ed in quell'istante il prodotto artistico sorge tutto d'un pezzo dal Subcosciente nelle sue linee principali.
Ma sarebbe assurdamente abusivo vedere in Lorenzo Viani, romanziere e pittore, un «allucinato».
La voce «allucinato» presuppone un elemento psicopatologico, se è cosa patologica avere la suprema possibilità di immaginarsi già realizzata l'opera propria prima di mettervi mano. Ma se, in genere, non si può negare una certa analogia fra la Creazione artistica e l'Allucinazione e se ciò implica un delicato problema psicologico, è del tutto impossibile che l'Arte sana di Viani, l'Arte che parla a tutti gli spiriti, attraendoli, commuovendoli, turbandoli, si possa spiegare come un prodotto psicopatologico.
La canuta teoria del «genio e follia» (con tutto il più profondo rispetto per Moreau De Tours e per Lombroso) è ormai superata ed è ormai lontana.
Una volta che si è veduto che il Subcosciente e perfino, nel complesso architettonico della Psicoanalisi, l'Incosciente sia sempre attivo in tutti gli spiriti, anche i meno geniali, la spiegazione dell'impeto creativo con elementi psicopatologici ha cessato di esistere. Ciò che fa risaltare la creazione artistica sulle comuni operazioni dell'anima umana è soltanto la sua intensità e la sua originalità, che sfido chiunque a definire caratteri morbosi.
E si renda pure quanto più si vuole intensa la fatica creativa, anche se insorta in uno stato di effervescenza mentale, ma essa si compierà secondo tutti i processi «normali» del pensiero, con percezioni e ricordi della realtà, con elaborazione ora spontanea ed ora riflessa delle immagini dedotte da questa stessa realtà e coll'accensione di stati emotivi mantenuti nelle linee della normalità sociale, tutte cose di cui nulla si osserva nelle allucinazioni patologiche.
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* *
Abbiamo qui di fronte delle mirabili riproduzioni del dolore umano, proiettato nel settore mentale. Esse non sono prodotti d'una fantasia in eccesso, ma qui l'elemento ideale sta a completare, ad accentuare, a rinforzare l'elemento reale, la verità esatta manicomiale.
Lorenzo Viani non sa di psichiatria, ma è in possesso d'una singolare esperienza psicologica. Ciò gli è bastato perchè nel suo animo (dico «animo» e non organo sensoriale visivo), perchè nel suo animo s'imprimessero tanto profondamente le senzazioni ricevute, direi violentemente, nelle sue visite all'Istituto, da far sì che la sua matita e il suo pennello si trasformassero rapidamente in istrumenti di precisione clinica.
Sia sufficiente il fatto che noi del mestiere di fronte ad uno di questi disegni ci sentiamo impulsivamente trascinati a formulare una diagnosi.
L'elemento ideale sarebbe quindi rappresentato qui dal contributo intellettuale e sensitivo del Maestro, il quale ha compreso, attraverso le deformazioni estetiche, quale fosse il concetto clinico del singolo caso e quindi, senza alcuna nozione psichiatrica, ha trasfuso nelle sue figure la espressione tipica della malattia dei soggetti.
Con ciò non pretendo davvero di affermare «tout court» che l'opera d'arte di Lorenzo Viani corrisponda in pieno alle nozioni scientifiche, come del resto, nemmeno le meravigliose riproduzioni del patologico di Velasquez e del Goya. Anche invadendo il campo letterario, si sa che molti vollero dimostrare che Shakespeare, avendo messo sulla scena personaggi nel tumulto del delirio, possedesse una profonda cultura psichiatrica. No! Shakespare non era un clinico, come non lo è Lorenzo Viani!
Ma l'estrema sensibilità, il potere impressionistico, la possibilità spirituale di captare, nella sua forma estetica, il dolore umano (tutte mirabili risorse dello spirito Vianesco) hanno permesso all'Artista di avvicinarsi al Clinico, per lo meno parzialmente nel campo dello studio fisionomico e degli atteggiamenti.
Qui dentro non mi sento circondato da disegni.
Ma in quelle pareti io vedo palpitare i miei ammalati.
Essi esprimono lo strazio melanconico o la gioia fittizia maniaca, l'amore estatico o l'odio furibondo, lo sprezzo paranoico o l'adorazione delirante, la cieca crudeltà dell'imbecille, la concezione persecutoria, la speranza o il timore, la megalomanìa o la micromanìa, la scarica convulsiva isterica o la gelidità aristocratica del demente precoce, lo stordimento dell'epilettico, il terrore dell'alcolista allucinato, tutto ciò insomma che mi circonda da sette anni nel mio cupo ambiente di lavoro.
Lo studio della mimica e dell'atteggiamento è uno dei primi e più utili elementi della ricerca psichiatrica. Attraverso tale studio, talora infinitamente complesso, l'alienista può giungere ad un concetto esatto sopra la malattia mentale che ha invaso un soggetto, il quale, per il tipo del male stesso, presenti, per esempio, un mutismo irriducibile.
Ma tale studio non è che l'indagine sull'alterazione psichica attraverso l'esame esteriore del soggetto.
Ora – un artista geniale e insieme dotato di tenace e paziente attenzione, può riprodurre con esattezza la mimica e l'atteggiamento di un soggetto, non solo, ma anche e specialmente comprendere, prima, e trasfondere poi, nella sua opera, il significato del movimento spirituale intimo che determina quella mimica e quell'atteggiamento.
Lorenzo Viani, nelle sue visite all'Istituto, ha afferrato molti stati d'animo, che poi ha saputo riprodurre, servendosi specialmente della sua sensibilità con sorprendente agevolezza. E non esiterei, qualora volessi comporre un trattato pratico di Psichiatria, a valermi di quasi tutti i disegni di questo Maestro quali illustrazioni egregiamente espressive e istruttive – così intimo è l'accordo fra la realtà manicomiale e queste riproduzioni.
Fu appunto questo accordo esatto che colpì il mio illustre Maestro, Giovan Battista Pellizzi, quando Viani sottopose a lui per primo la sua produzione.
L'abituale parsimonia verbale non permise al mio maestro di espandersi come gli dettava la commozione di cui lo vidi pervaso, ma disse solo:
– Tuttociò è molto bello, è molto esatto, è il Manicomio. Noi li vediamo così.
La lode semplice e spontanea dell'insigne Scienziato sbattè contro il cuore dell'Artista, come un'ondata benefica, e ne accese lo sguardo d'una fiamma d'orgoglio.
Il pubblico saprà comprendere il valore e l'intimo significato di questa nuova produzione di Lorenzo Viani? Penso che sì.
I sani e sereni intenditori riceveranno la stessa impressione, la stessa sensazione emotiva del Clinico (essi sono i Clinici della Critica!) ed il loro animo vibrerà nel modo intenso desiderato dal Maestro.
Il pubblico profano non potè restare insensibile di fronte all'espressivismo di questa manifestazione d'arte realistica e dovrà anch'esso cedere allo stimolo emozionale, emanante da queste figure.
Se poi il pubblico vorrà evocare la vastissima opera artistica trentennale di Lorenzo Viani e la sua produzione letteraria degli ultimi quindici anni, più giovane e non minore, troverà nella Mostra d'oggi un completamento, un perfezionamento della squisita sensibilità spirituale e artistica del Maestro, sensibilità che attraverso fasi dolorosissime della sua esistenza, che è inutile richiamare alla nostra mente, ha raggiunto ora la più squisita raffinatezza, situandolo in uno dei posti più avanzati sul luminoso cammino della Gloria.