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IL CAVALIER DI CRISTO
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Ha ottantasett'anni e ha sempre lavorato, ma lo portarono qui senza camicia e senza scarpe in piedi come un giocatore perfidioso. Ha la pelle dura del ciuco trapelato dalle legnate, l'occhio come un lumicino nero nero (era quello del cimitero) le mani rattrappite come gli scavi di Volterra, la schiena a basto, le gambe a roncone, i piedi del quadrumano, ed è sventrato.
– Come ti chiami?
– Bracciadoro.
– Di dove sei?
– Che mestiere facevi?
– I mobili.... ma io ho sempre lavorato.
– Quanti anni hai?
– Sull'ottanta.... ma io ho sempre lavorato.
– Dove siamo qui?
– A San Matteo (le carceri di Pisa).
– Perché t'hanno portato qui?
– Ma lo sa lei? Io ho sempre lavorato.... ho sempre lavorato da me.... ladro non son mai stato.... ho sempre lavorato.
– Vergognati maiale!
– Silenzio costaggiù, (urla il dottore).
– Che facesti ieri?
– Ieri ho lavorato.... ho fatto un comodino.... poi mi son messo sulla porta.... ma io ho sempre lavorato.
– Quando viene il Natale?
– Di festa, ma io ho sempre lavorato.
– E la Pasqua?
– Di festa anco quella, ma io ho sempre lavorato.
– Sì, un po' di brodo me lo danno, un po' di pane, ma io ho sempre lavorato.
Il Cavalier di Cristo, invitato ad alzare un braccio non può, perchè è anchilosato, tutti gli arti sono contratti, l'espressione è quella d'un uccellaccio imbalzamato con gli occhi di vetro, fissi fissi, aiutatemi a dir fissi. Il cavalier di Cristo, all'ordine di mettersi a sedere, s'inginocchia faticosamente sull'impietrato e dice: – Oh che vuol che faccia così? Devo dire il Padrenostro? Guardi che io ho sempre lavorato, sempre, sempre lavorato io.... canterali, comodini, seggiole, panconi.... ho sempre lavorato sempre.... io.