Carlo Righetti, alias Cletto Arrighi
I quattro amori di Claudia

PARTE SECONDA.

CAPITOLO XXV.   O santa o traviata.

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CAPITOLO XXV.

 

O santa o traviata.

 

Quella specie di calma che era successa nell'anima di Claudia, dopo che la si fu sfogata con Forestina, era durata ben poco!

Essa non era stata prodotta che dall'impressione fuggevole dell'innocenza della sua rivale e dalla lusinga di rivedere Osvaldo, a cui avrebbe confessata la propria passione: salvo, a mostrarglisi altera e indifferente, s'egli si fosse presentato a lei umile ed innamorato!

 

Ma lo aspettò ancora il resto di quel giorno, e tutto il giorno appresso, sempre invano.

E quando seppe come egli fosse partito per Milano, senza venire a dirle una parola, riarse terribilmente e riprovò tutti gli spasimi del giorno dianzi.

 

Il Millo infatti, il quale nella sua modestia, era ben lungi dal sospettare quel risveglio di amore in lei, la quale gli si era mostrata allegra, brillante e spensierata la sera del ballo, dopo aver presi i concerti col sindaco di U... e col barone di Trestelle, per l'impianto dell'opificio era ripartito per Milano, chiamatovi dalle molteplici occupazioni della sua carica di esecutore testamentario del principe di Bandjarra.

 

Quando la Claudia seppe che egli non era più vicino, che non l'avrebbe più riveduto, che non avrebbe potuto incontrarlo a passeggio, provò un'impressione strana: come se la esistenza le fosse d'un tratto divenuta inutile, come se le forze le mancassero. Fu presa da un gruppo alla gola e da un accoramento così invincibile, che dovette correre su in camera e chiudervisi, per non esser sentita a singhiozzare. E quantunque il sole splendesse fulgido — la era una delle più belle giornate dello scorso novembre, — le parve perfino che la campagna si fosse avvolta in una atmosfera funerea.

Allora sembrandole impossibile di poter continuare a vivere in questo stato, che s'aggravava di ora in ora, con una spaventevole intensità, smaniosa di rivedere quell'uomo che le metteva tanto turbamento e tanto dolore nell'anima, mandò a Milano, di nascosto, un telegramma a sua sorella Nina, così concepito:

 

«Telegrafami subito, qui a U... villa Trestelle, essere tu gravissimamente ammalata e avere grande bisogno vedermi, parlarmi, segreto. Sta a letto fino momento mio arrivo. Ti conterò poi.»

«Claudia»

 

Tre ore dopo ella riceveva da Milano una risposta così concepita:

«Vieni Milano, subito, infallibilmente. Sto molto male. Bisogno grande parlarti segreto

«Tua sorella Nina

 

La Claudia corse dalla baronessa e le mostrò il telegramma.

Pofera Nina! Tispiace molto sua malattìa! Fenir anch'io trofare lei a Milano, prima di antare a Roma con mio marito deputato.

No, no, è inutile, cara zia. Cosa si direbbe qui dai villeggianti se partissimo tutte e due ? Nel caso che stesse proprio male ti telegraferò di venire.

Pene, allora aspetterò tuo telegrafo! Ma fuoi tu antare sola a Milano?

Che c'è di male? Nun sono io vedova e libera? Prenderò con me la Antonietta, mi basta. A Milano non c'è lo zio?

Ma lui tomani fiene fuori, poi antiamo a Roma per apertura parlamento.

Bene, non importa. Dirò alla Valenti di venire con me. Ormai siamo in novembre. A lei non par vero di trovare un pretesto per andar a Milano.

Se lo tite a Stacchi, potreste afere un cafaliero.

No, no, faccio senza di Stacchirispose la Claudia.

 

La sera stessa, le due amiche partivano da U... colle due cameriere e un servitore.

La Valenti in vagone seguitava a sclamare, ridendo in viso alla Claudia.

Ah povero Steno, povero Steno!

 

Appena giunta a Milano la desolata corse dalla Nina a cui spiegò la ragione del trucco.

La Nina, tutta dedita a' suoi due bimbi ignorava, tra le altre cose, che Osvaldo Millo fosse tornato dall'India e si trovasse in Milano.

E che cosa conti di fare? — domandò a sua sorella.

Non lo so io stessa! Te lo saprò dire poi. Voglio ch'egli mi riami. Quanto a te se lo zio venisse a trovarli fingerai d'essere ammalata, mi raccomando. Ma non verrà perchè domani parte. Però se mi vuoi bene, domani starai a letto tutto il giorno.

Con questa ciera? — domandò ridendo la Nina.

Terrai chiuse le imposte. Ti farò stendere della paglia nella contrada.

Ah che testa!

 

Il barone zio il giorno dopo parti per U... e la Claudia restò libera nel suo quartierino del palazzo di Trestelle.

 

Per vedere Osvaldo, ella, ogni mattina, col suo velo nero calato sul viso, col libro da messa in mano, usciva di casa verso l'ora che sapeva di trovarlo, e faceva a rovescio la strada dalla casa abitata da lui alla Banca dell'onore.

Ma quando poi lo vedeva spuntar da lungi, l'orgoglio innato lo toglieva il coraggio di andargli incontro e svoltando giù dalla via più vicina o facendo un magnifico dietrofronte, correva in chiesa a pregare ed a piangere.

Così passarono parecchi giorni.

 

Ella viveva lasciandosi cullare dalla vaga speranza che il caso le fosse propizio. Ma quanto più le settimane passavano senza risultato, tanto più cresceva in lei lo spasimo dell'aspettazione, che le faceva sentire di adorare quell'uomo d'un amore furioso. La sua fantasia, le teneva, con pertinacia incessante, dipinta dinanzi agli occhi le immagini di Osvaldo e Forestina abbracciati insieme in un amplesso12 amoroso e le pareva che per colei, per colei sola, il giovine adorato avesse tenerezze e parole ardenti; e ricordava quelle soavissime che egli le aveva sussurrate a Firenze, quand'era suo...; e credeva impazzire!

La sventurata non era capace di scongiurare quelle evocazioni continue della fantasia; anzi le esagerava, le rincrudiva a piacere coi più voluttuosi contorni e si straziava in esse con una specie di acre puntiglio.

 

Un fra gli altri la povera Claudia fu messa a dura prova.

Ella, tanto per distrarsi, era andata ad un concerto del Conservatorio.

Prima che Andreoli terminasse una certa sua sonata esotica, ella, irrequieta come sempre, malinconica, nervosa si levò e uscì nel corritojo per avviarsi fuori, verso casa.

Quand’ecco sente dietro di due passi affrettati, poi la voce di Forestina che diceva;

Io già Mendhelsson non lo capisco. E voi, Osvaldo?

La Claudia che sulla prima aveva fatto col capo un moto per ascoltar meglio, udendo quel nome credette morir sul posto per l'emozione. Si tirò da parte per lasciarli passare e voltò la testa a guardar fuori dalla finestra, per non essere conosciuta.

Osvaldo e Forestina infatti accalorati nel loro discorso non s'avvidero di lei e passarono oltre.

Tornò a casa in uno stato deplorabile.

 

A Steno, assolutamente, più non pensava. Ella non s'era più curata un solo istante di sapere che cosa ne fosse riuscito. E ciò per due ragioni, che sotto un certo aspetto le facevano onore: tutta infervorata nella sua passione esclusiva per Osvaldo, a quell'anima franca sarebbe parsa indegnità il dividersi fra due pensieri d'amore.

E poi dalle ultime parole del Marazzi ella aveva acquistata la certezza ch'egli fosse partito a cercare un mezzo di far fortuna e che non sarebbe tornato a lei che fra un paio d'anni.

 

Di ritorno a casa dalla sua passeggiata mattiniera ella era capace di starsene, dinanzi al franklin della sua cameretta, delle giornate intere a pensare e ripensare e accettare e rifiutare i mezzi di sciogliersi dal suo tormento, di poter parlare a Osvaldo, di rompere la di lui sognata relazione colla Fox e di tirarlo a , oppure di vendicarsi di lui.

Dai più nobili proponimenti di annegazione, ai più volgari progetti di spionaggio e di lettere anonime al marito della Fox, tutto, tutto passava in quella testa malata.

 

Talvolta era assalita da una vertigine di scandalo, di buttarsi via, di perdersi, in modo da spegnere nella brillante vita il tormento invincibile del suo povero cuore, e, sopratutto, in modo da suscitare in Osvaldo un cocente rimorso.

 

Questa era una sua idea fissa!

 

A furia di starci sopra, di desiderarla, di accarezzarla, ell'era venuta a persuadersi di avere il diritto di metterla in pratica.

Una specie di fatalismo scorante la invadeva.

Era come abbattuta dalla certezza di non potersi sottrarre a quella sorte!

 

Ella sapeva bene che con quell'enorme scandalo si sarebbe sempre più allontanata da Osvaldo. Ma siccome ormai il dubbio e la vana aspettazione la uccidevano, così anche l'idea di sottrarsi da questi e di rendere ormai impossibile ogni lusinga, di entrar, se non altro, nella certezza del proprio male, le sorrideva, per una di quelle inestricabili contraddizioni del cuore delle donne, che non sembrano illogiche se non a chi non ha mai conosciute le donne.

Perdersi!

Ormai il filo misterioso che conduceva la Claudia nei suoi tempestosi progetti doveva essere quel no! sincero e appassionato, che Osvaldo Millo le aveva risposto pochi giorni prima, vicino al cancello della villa, la prima volta che le aveva parlato, quand'essa le disse:

«Voi potevate fare di me una santa; forse invece farete di me una cortigiana

Con ciò la Claudia aveva compreso d'aver colpito il Millo nel cuore.

 

«Ebbene — pensava — s'egli mi sforza a diventare una donna perduta, vedrà l'opera sua e ne soffrirà e ne avrà rabbia e rimorso e io sarò vendicata! A meno che egli non tornasse a me... ma spontaneamente, senza che a me tocchi di umiliarmi, di scongiurare il suo amore

 

La necessità di far soffrire Osvaldo del suo strazio era in lei flagrante! Se l’avessero convinta che morendo ella avrebbe fatto disperare il Millo, si sarebbe uccisa per godere di quella soddisfazione postuma. Nulla più le pareva mostruoso pur di ottenere lo scopo di farlo pentire della sua indifferenza e del suo amore per la Fox.

 

Ella aveva già dati pur troppo due saggi in sua vita di non far le cose a mezzo: prima a sedici anni, abbandonando la casa paterna per seguire il Delmonte, che l'aveva sedotta, quindi tradita; e poi gettandosi in Arno per espiare quel fallo.

 

Il caso sciaguratamente secondò il di lei tristo progetto.

I lettori sanno che essa prima di essere adottata dallo zio ricco aveva fatto la crestaina a Firenze.

Un giorno del dicembre ella svoltava il canto della via Mazzoni, quando si trovò faccia a faccia con una signorina galante anzichè no, la quale in vederla mandò un grido di sorpresa e di gioia.

La Claudia! — sclamò questa coll'accento fiorentino — oh che bell'incontro!

E la Claudia:

Tu! La Zeffirina!

E s'arrestarono squadrandosi non senza sorpresa e senza trovar subito altre parole.

 

Prima a rompere il silenzio fu la Zeffìrina.

Finalmente! Non sei dunque morta, come diceva la maestra, sai! Io non ho saputo più nulla dei fatti tuoi, e mi doleva, porchè tu sai quanto noi due ci volessimo bene! Ti ricordi?

 

La Delmonte in tutt'altra occasione, e in un tutt'altre condizioni di animo si sarebbe trovata molto imbarazzata, per non dire vergognosa, dinanzi a quella creatura, e avrebbe certamente tirato di lungo. Il di lei aspetto e l'acconciatura e l'abbigliamento, e l'andatura e la voce non permettevano dubbi sulla di lei... condizione sociale. Tant'è vero che i passanti vedendo la Claudia, tutta in nero, modesta, col suo fare da gran dama, fermata colla Zeffirina, la sogguardavano con meraviglia e le lasciavano dietro gli occhi.

 

La Claudia era conosciuta da pochi. La Zeffirina da tutti!

 

Dove stai di casa? — le domandò la Claudia, che s'accorse di quello stupore e ne fu scossa.

La Zeffirina cavò dalla taschetta dell'abito il portafogli, ne estrasse un biglietto di visita e lo porse sfrontatamente alla Claudia, dicendo:

A secondo piano.

Sei sola?

Sola colla serva e la Beauty, sai, quella cagnolina che mi regalò a Firenze il Della Stufa.

Vive ancora?

Sicuro! Ormai ha sei anni. Ma dico... vedo che anche tu hai fatta fortuna. Brava, brava Claudia. Verrai a trovarmi?

Ci verrò! A rivederci.

 

Di ritorno a casa trovò un biglietto di visita di Steno Marazzi, e una lettera della zia.

Il nome di Marazzi, in quel punto la colpì come se fosse un rimprovero, una minaccia, un rimorso.

Alla baronessa che le domandava da Roma come stesse sua sorella rispose.

«Sta meglio; ma io non voglio ancora lasciarla.

Telegrafatemi il giorno che contate essere a Milano per far il Natale insieme

 

Alla cameriera che le annunciò come il Marazzi sarebbe tornato la sera, verso le nove, ella stava per dire: non lo ricevo!... Ma si pentì.

Un'idea feroce le attraversò la mente.

Voglio farlo soffrire! — pensò — Ciò mi solleverà. Un po' per uno a piangere e a disperarsi. E non Steno soltanto; ma tutti... tutti. È lui che lo vuole.

Aspettadisse all'Antonietta — t'ho a dare tre lettere da portare al loro indirizzo.

Ella sapeva che Stacchi e il marchese Cacciaterra erano a Milano.

Consultò l'orario delle strade ferrate poi si mise alla scrivania e vergò tre biglietti.

Il primo diceva:

 

«Caro Stacchi,

«Venite a trovarmi stasera alle otto e mezza precise. Debbo parlarvi

 

Il secondo:

«Caro Marchese,

«Venite a trovarmi stasera alle nove e mezza precise, debbo parlarvi

 

Il terzo, a Osvaldo Millo, era concepito così:

 

«Osvaldo,

«Io sono convinta d'essere nata sotto cattiva stella. Ciò che ti minacciai si avvera, e non c'è forza che valga a salvarmi! L'hai voluto. Tal sia di me! Ama la tua Forestina, donna altrui, che ti adora, e che è bella assai più di me. Però se tu vuoi godere un minuto di trionfo o di rimorso sulla sorte che mi hai procurata, vieni stasera alla stazione della ferrovia, vedrai il mio quarto amante. Un gesto, uno sguardo solo da parte tua basteranno a farmi cambiare risoluzione.

«Claudia Valli Delmonte».

 

Alle otto e mezza preciso Stacchi arrivò.

Dopo la famosa lettera, che aveva scritta alla Claudia e che, se vi ricordate, questa aveva letta a Forestina essa non l'aveva più veduto!

Voi vi presentate a me fresco come una rosa! — sclamò la Claudia, al suo patito, che come se nulla fosse era entrato nel gabinetto, con un'aria fra la conquista e la compunzione.

E perchè no, Claudia? Non mi avete voi mandato a chiamare?

Ma v'ho mandato a chiamare appunto per domandarvi ragione di quella lettera iniqua.

Iniqua! Oh signora Claudia!

Bisogna dire che voi l'abbiate scritta in un parossismo di imbecillità, se non vi ricordate più che la era una cosa nefanda.

Ecco, a dir il vero, va bene? non l'ho scritta tutta io.

Come? Vi siete fatto ajutare? Peggio ancora!

Andava tanto bene con quello che io provavo per lei!

Confessate dunque, che non l'avete scritta voi?

Cioè, per scritta, l'ho scritta io, va bene? perchè la si sarà bene accorta che era la mia calligrafia! Soltanto che qualche idea l'ho trovata qua e nel leggere, perchè proprio volevano dire precisamente quello, va bene? che lei mi fa provare, quando ho il piacere di vederla e sentire la sua voce.

Povero Stacchi! — sclamò la Claudia ridendo tanto più fragorosamente, quanto più forte era la tempesta del suo cuore, e il bisogno di dissimularla.

E gli stese la manina, che il povero idiota baciò fervidamente.

Essa lasciò fare.

 

Stacchi distaccando le labbra dalla carne adorata guardò negli occhi di Claudia con un inenarrabile sorriso di speranza e di riconoscenza.

Vediamo un poco — disse ella. — Se io dovessi lasciarvi nascere qualche speranza, che voi, a furia di volermi bene davvero, molto, immensamente... e a furia di sentirmelo dire, più o meno bene da voi, potessi finire coll'impietosirmi e fors'anche diventare... la vostra amante, che cosa fareste voi?

Domanderei se Milano è da vendere! — sclamò il povero Stacchi, credendo di dare una risposta sublime.

E lo comperereste?

No; perchè prima di tutto non me lo venderebbero, va bene? e poi perchè quello che lei mi dice ora è una cosa impossibile.

Impossibile! Ma se lo dite voi pel primo capisco che sarà per lo meno improbabile! Pure! Sapete l'adagio. Amor che a nullo amato amar perdona!

Che vuol dire?

Ah, caro mio, non ho voglia di spiegarvelo. Cercatelo nei commenti del Dante. Io vi dico solo che essendo perfettamente libera e desiderosa di avere un uomo di cuore che mi ami, ho pensato di mettere a dura prova tutti quelli che hanno la bontà di trovarmi bella e amabile... E voi ne siete uno!

Il male è che io so già, va bene? che voi invece vorreste essere riamata da un altro13.

E chi sarebbe, secondo voi, questo altro?

Che novità! È Steno Marazzi.

La Claudia rise, crollò il capo, e disse:

Povero Steno! Non vi dirò che anch'egli non sia molto innamorato di me. Anzi fra una mezz'ora egli sarà qui di certo. Ma siccome io fra voi due, sono perfettamente indifferente, così è giusto che scelga quello che mi darà maggiori prove del suo affetto.

Verrà fra mezz'ora?

Scommetterei!

Me ne duole.

Perchè?

Perchè allora, va bene? non potremo essere più noi due soli.

Ah già! Non ci pensavo. Saremo in tre.

E io, va bene? diventerei il terzo incomodo.

Perchè piuttosto voi che lui?

 

Stacchi non rispose. Questa specie di dichiarazione, tanto insolita in quella donna che fino allora gli aveva dato tante volte dell'imbecille, lo metteva in una specie di dolcissimo sgomento.

Ciò che la mi dicesclamò — mi fa diventar pazzo di gioia e di amore!

 

Negli occhi della vedova passò un leggero lampo di finissima ironia. Poi soggiunse:

 

Vedete, caro Stacchi, che la speranza deve essere sempre verde in un cuore che ama sinceramente!

Oh per me — sclamò Stacchi — altro che verde!

Io fui presa da una grande curiosità a vostro riguardo.

E quale?

Di sapere fino a qual punto voi sareste capace di amarmi.

Fino alla morte! — sclamò il giovane con una convinzione grandissima.

Fino alla morte? Che cosa vuol dire?

Come! Vuol dire, va bene? che a me mi pare che se dovessi diventare suo marito o suo amante l'amerei per tutta la vita... e poi se facesse bisogno, sarei anche pronto ad arrischiare la mia per lei.

Gran che! — sclamò la Claudia crollando il capo mestamente — Non fa bisogno di essere innamorato per far una cosa simile. La si fa anche per una sconosciuta. Io fui salvata dalla morte precisamente da chi non m'aveva quasi veduta in viso!

Ma io! — sclamò Stacchi, imbarazzato a rispondere. — So ben io, sì, va bene?

Ciò che mi dite, caro Stacchi, io me lo sono già inteso dire più di cento volte in mia vita. Ormai pretendo qualche cosa di più!

Gliel'avranno detto, sì, ma non collo stesso cuore con cui glielo dico io.

Perchè? Che cosa ne sapete voi? Che pretesa è mai la vostra di aver il cuore più sincero che non sia quello degli altri che mi amano?

Ebbene, sa signora Claudia, che cosa dovrebbe fare?

Sentiamo.

Dovrebbe metterci tutti a qualche prova durissima. Quello che la vincerà meglio, potrà sperare di diventare suo marito, o anche semplicemente suo amante.

Mi piace quel semplicemente! Adorabile! — sclamò la Claudia ridendo — Ma una prova di qual genere?

Qualunque! Non saprei! Tocca a lei a inventarla, va bene?

Per esempio, se io vi dicessi: Stacchi se volete piacermi dovete salire e scendere la guglia del Duomo dieci volte al giorno per un mese, accettereste?

Accetterei, ma vi farei osservare che non riuscirei a piacervi neppure con questo mezzo.

Perché?

Perchè dopo otto giorni sarei già morto e seppellito.

È vero! — sclamò Claudia senza ridere. — Non ci pensavo! Ebbene. Se vi dicessi invece: voglio che il mio amante scriva una opera in musica tale da essere chiamato fuori almeno ottanta volte... alla Scala o al Dal-Verme che cosa fareste voi?

Farei tutto il possibile per riuscirvi, ma sarei certo di far invece un solenne fiasco.

Oppure voglio che egli abbia un duello con un mio nemico e che lo uccida?

Anche questo si potrebbe provare benissimo, salvo a restar ucciso, o ferito, invece di uccidere il nemico.

 

A questo punto la Claudia sì fece pensierosa. Stette un po' in silenzio poi a un tratto uscì con questa domanda:

 

Conoscete voi una certa Zeffìrina?

La Zeffirina! — ripetè Stacchi — Quella che parla toscano?

Lei!

Altro che! Ma come mai?.. Lei signora Claudia?

Non tante interrogazioni! La conoscete bene?

Chi è che non la conosce?

Che cosa fa di bello!

Nulla.

Come nulla?

È una mantenuta.

Chi è che la mantiene?

Tutti quelli che hanno danari da gettare.

Allora non è una mantenuta. Voi confondete sempre le cose, caro Stacchi.

È perchè non volevo dire l'altra parola brutta.

Ditemi un poco; se io fossi nei panni della Zeffìrina voi Stacchi non mi amereste?

Chissà? Forse di più!

La Claudia agrottò le ciglia.

Sapete che io ho il capriccio di fare questa prova? Sperate, Stacchi, sperate!

 

Il giovine esterrefatto, colpito da queste strane parole, mirò la Claudia nel bianco degli occhi, e la vide sostener il suo sguardo pieno di domande invereconde, con una franchezza fino allora sconosciuta. Il povero uomo sentì a poco a poco una vampa di desiderii e di audacie montargli al cervello, si alzò sorridendo, aperse le braccia, puntò le labbra, e si curvò verso la donna, per farle un bacio.

Questa gli rispose con uno sguardo, e con un gesto così pieni di disprezzo e di compassione, che se egli avesse potuto vederli ne sarebbe rimasto atterrito. Ma egli, che in quel punto aveva sollevati gli occhi al cielo in atto di estatica preghiera, non intese che queste parole accompagnate da un urto imperioso, che lo tenne a distanza:

Doucement, signorino caro! Per chi mi pigliate? Ogni donna libera ha il diritto di dire ad un uomo: sperate; ma ha anche quello di essere rispettata come una vergine, fino al momento in cui a lei paia che la speranza possa diventare realtà. Prima io ho bisogno di assicurarmi che voi siete veramente, assai, immensamente innamorato di me.

 

Allora quel povero martire cominciò una litania di dichiarazioni, lardellata di va bene? in cui versò la piena della sua anima volgarmente bacata.

La Claudia lo ascoltava, seria, cogli occhi al suolo, immobile. Che cosa si passasse in quella testa bizzarra mentre Stacchi parlava, sarebbe difficile il dirlo.

 

Quando egli tacque ella sollevò lentamente i suoi occhi ne' suoi e gli disse:

Ebbene vi credo, Stacchi, e vi ripeto sperate. Forse la felicità per voi non è lontana.

 

Lo Stacchi diè un salterello e si mise a ballonzare nel salotto, con degli accenti di gioia entusiastica, ma semicretina!

Era il suo modo di mostrare la piena della contentezza.

 

A questo punto la cameriera entrò. Vide Stacchi far tutto quel tramestio di braccia, di gambe e di gridi e s'arrestò sorpresa sulla soglia dell'uscio.

Che c'è? — domandò la Claudia ridendo.

Il signor Steno Marazzi è in anticamera.

Oh beato chi lo può vedere! — sclamò Claudia, dissimulando.

Oh Dio! — disse Stacchi fermandosi a un tratto come colpito dal fulmine — Ecco un secchio d'acqua gelata, che mi scende sul capo.

Perchè? — domandò la vedova sforzandosi di ridere ancora — Ve lo avevo pure annunciato!

Io ero tanto felice! Speravo che non venisse! Mentre adesso comincierà a dirvi anche lui pressapoco le stesse cose di me e allora, va bene? le idee si confondono.

Vedremo! Non vi dico di restare perchè vi annoiereste assai con lui. Il Marazzi avrà molte cose a dirmi in segreto e per proprio conto. Buona notte Stacchi... e chissà! Se venite domani sera a trovarmi, forse vi conterò delle novità!

Ah maliarda incantatrice! — sclamò Stacchi pigliando il cappello e andandosene dopo avere impresso un lungo bacio sulla mano di lei.

È uno! — pensò la Claudia — Ah, che imbecille!

 

Steno Marazzi aperse l'uscio e si slanciò nel gabinetto.

 

 





p. -
12 Nell'originale "un'amplesso". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



13 Nell'originale "un altro". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



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