Carlo Righetti, alias Cletto Arrighi
I quattro amori di Claudia

PARTE SECONDA.

CAPITOLO XXVII.   La speculazione del galantomismo.

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CAPITOLO XXVII.

 

La speculazione del galantomismo.

 

Intanto sono scorsi i tre mesi dal giorno dalla lettura della prima parte del testamento.

 

Il figlio di Tommaso B... non c'è stato modo di trovarlo.

 

Tutto è già disposto per la lettura del secondo plico alla Pretura di...

Stavano radunati Osvaldo, Mario Fox, il notaio, il pretore e molti altri aventi interesse a quella lettura.

Osvaldo tirò il pretore nel vano di una finestra e gli disse:

Ella sa che io non sarei tenuto a dare la benchè minima spiegazione, sulla gerenza della sostanza del testatore, nei tre mesi che sono trascorsi; ma io non ho voluto far calcolo di questo privilegio e ho preparato il mio rendiconto, il quale a lei parrà un poco strano. C'è, tra le altre cose, in esso, la istituzione di una certa Banca dell'Onore, la quale, con mio grave rammarico, fece gramissima prova. Questa idea fu da me suggerita al principe ed ora ne sono discretamente pentito, giacchè non mi ha provato che una cosa sola ed è che gli Italiani hanno ancora ben poco carattere!

Pur troppo! — sclamò il pretore — Ma ci faremo, a furia di sentircelo dire.

La si figuri che sopra quarantasei prestiti, fatti in questi tre mesi, quattro soli furono i galantuomi, che hanno restituita la somma prestata, non appena furono in grado di farlo.

Quattro! Pochi davvero! Ma forse gli altri non lo potevano!

No — disse Osvaldogiacchè dopo aver prestata la somma, per provare appunto la loro onestà, scorsa una decina di giorni, io procuravo a ciascuno di essi il modo di restituirla. Mandavo da ciascuno un mio incaricato, sia a comperare qualche loro merce invenduta sia ad anticipar il prezzo di un lavoro o l'incasso di un credito, in modo insomma che se avessero voluto avrebbero potuto mantener con tutto onore la propria parola. Quattro soli, ripeto, la mantennero, e corsero alla Banca, poche ore dopo che il mio incaricato aveva sborsata loro la nuova somma per agevolare la restituzione.

 

Le due scoccarono.

 

Il pretore pregò gli astanti di prendere posto e di far silenzio.

Il cancelliere incominciò la lettura.

 

La stessa procedura che aveva avuto luogo tre mesi prima, si ripetè.

Ed ecco senz'altro il contenuto del secondo plico:

 

«In relazione alla prima parte del mio testamento, il contenuto di questo secondo plico non potrà essere letto, se non nel caso in cui il mio unico figlio illegittimo ed erede non fosse stato trovalo vivo, o non avesse potuto far valere i propri diritti, o non ne fosse stato reputato degno.

«Ora, le cose così stando, e volendo, anche dopo la mia morte, contribuire al trionfo della fede, non che della onestà, la quale è scossa nelle sue fondamenta appunto per lo sfacelo di quella:

«Nella lusinga che altri testatori allettati dal mio esempio, concorrano a trovare premii e incentivi per migliorare il carattere degli Italiani, non foss'altro che col far convergere le idee sul tornaconto che c'è, o che ci dovrebbe essere, a mostrarsi galantuomo.

«Non avendo io al mondo altri parenti legittimi o illegittimi, lascio la mia giacente eredità, che si trova oggi nelle mani del mio buon amico Osvaldo Millo, la quale — calcolati i diffalchi già fatti, può valutarsi a circa 23 milioni — la lascio, dico, a Nataniele Rota, presidente della Conferenza di San Vincenzo di Paola in Genova mia seconda patria, perchè ne usi nei modi che a lui sono noti.

«Saranno però a suo carico i seguenti nuovi legati:

«1. A Sua Santità il sommo Pontefice, perchè si degni di dire una preghiera in mio suffragio, due milioni di lire;

«2. Al mio già segretario per nome Mario Fox, di cui non ho parlato nel primo plico, perchè quando lo scrissi non lo conoscevo ancora, cinquecento mila lire a patto che egli renda felice sua moglie Forestina, e viva con lei in buona armonia ed accordo, rinunciando lei a certe velleità confessatemi qui a Madras ieri stesso, con una leggerezza di cui amo rimproverarla oltre tomba, perchè se ne emendi. Mancando queste condizioni, che lascio al senno di Osvaldo Millo di constatare, il legato ritornerà alla massa ereditaria.

«3. A tutti coloro i quali dopo aver ricevuta una somma dalla Banca dell'Onore, che sarà stata istituita indubbiamente da Osvaldo Millo, avranno sanato il loro debito, — sia coi mezzi che la Banca stessa avrà procacciato loro segretamente, per mettere alla prova il loro galantomismo, sia con mezzi propri — io lascio venti volte tanto il valore della somma che essi avranno restituita

«Amo che il mio cadavere sia abbruciato alla moda indiana, e che le ceneri raccolte in modesta urna — il tutto a spese della ereditàriposino nel Cimitero del mio villaggio nativo.

                                                    «Tomaso Bussi

 «princ. di Bandjarra

 

Come ognuno può pensare durante la lettura il respiro fu lieve agli ascoltanti.

Quando il cancelliere depose il foglio si fece nella stanza un gran frastuono e un gran movimento di voci, di sedie e di braccia.

In pochi: gioia; in molti: disinganno e rimorso.

I primi a cavarsela fuori della sala, arrabbiati di stessi, e pentiti di non essere stati onesti, furono i debitori della Banca dell'Onore.

Chi mai avrebbe detto loro, che se fossero stati galantuomini avrebbero ereditata venti volte la somma, che invece erano tenuti ancora di restituire?

Fra coloro che restavano in sala le ragioni, le osservazioni, i motti, le censure cominciarono a scoppiettare. Questo Nataniele Rota erede di venticinque milioni era ignoto a tutti. E quel legato a Pio nono?

In generale si era assai malcontenti.

 

Ci fu chi volle far carico a Osvaldo Millo di non aver saputo trovare il figlio.

Egli udì la accusa e pregò l'assemblea di prestargli orecchio.

 

Io non credodiss'egli — di avere trascurato cure sforzi per venire a capo di questo rintracciamento; e chiunque avesse dubbi in proposito non avrebbe che a prendere cognizioni delle note che stanno qui raccolte. La cosa però non cessa di essere strana, giacchè se egli fosse in Italia, è impossibile che non avesse notizia del fatto che lo riguarda, ancorchè il nome mutato non ci abbia permesso di scoprirlo noi stessi. Da informazioni assunte presso i contadini di Valtellina, dove visse fino a sedici anni, e, prima ancora, dall'Ospitale dove fu esposto da' suoi genitori, che non potevano allevarlo, risulta che questo figlio si chiamava Tomaso Colombo. Per quante ricerche si siano praticate presso tutti i comuni d'Italia e dell'estero, di Tomasi Colombi ne furono trovati parecchi, ma nessuno di essi volle o potè confessare di essere il trovatello dell'ospitale di Como. I Venosta di Valtellina dove egli fu allevato e dove visse fino ai sedici anni non hanno potuto o non hanno voluto dirci dove egli siasi diretto, quando una donna, che pare essere stata sua madre, andò a levarlo di . I miei sospetti che le cose non siano naturali sono gravi. Forse la sparizione di lui è procurata da qualche occulta potenza, che però non mi fu dato di scoprire. Presentandosi il nuovo erede Nataniele Rota forse verremo a capo di qualche cosa. Per ora no.

Si assise e il bisbiglio ricominciò più intenso.

Io prego que' tre signori che hanno adempiuto alla condizione espressa in questo testamentodisse il pretore — e che sono legatari, a voler presentarsi. I nominati sono il Sommo Pontefice, il quale naturalmente non può essere presente; poi i quattro beneficati dalla Banca dell' Onore, che hanno restituita in tutto od in parte la somma loro prestata, e che si chiamano Angelo Brenta, venditore di libri, Daniele Gamba ortolano, Steno Marazzi pittore, e Ambrogio Resta giornalista, non che il signor Mario e la signora Forestina Fox. Li prego di venire uno alla volta. Cominci il signor Brenta.

Dalla folla uscì un ometto sui cinquantanni, ilare e pulito, il quale si fece al tavolo dove stavano il pretore, il notaio e Osvaldo Millo, e li salutò col capo e colle mani.

Lei ha ricevuto dalla Banca dell'Onore i mezzi per poter stampare per proprio conto un libro, non è vero?

Sissignore.

Di quanto fu il prestito?

Mille lire.

Le ha restituite?

Sissignore. Di mano in mano che smerciavo il libro andavo alla banca a portare il danaro. In quarantacinque giorni ne ho venduti ottocento copie a lire due ancorchè i giornali non ne fiatassero, ciò che mi fece strabiliare, perchè di molti libri di cui i giornali parlavano molto io non ne vendevo punto. Ho fin pensato che fosse questo signore che mandasse i suoi amici e servitori a comperarlo, per darmi i mezzi di restituire il capitale prestatomi.

Ha indovinato! — rispose il Millo. — Nel magazzeno ho infatti cinquecento ottanta de' suoi volumi. Se li rivuole?

No grazie.

Dunque — disse il pretore — a lei spettano ventimila franchi.

Mi pare.

Domani le saranno contati.

Graziedisse l'ometto giubilante; e guizzando vispo tra la folla che lo invidiava, uscì.

Ora si presenti il signor..... il signor Gamba ortolano.

 

Venne innanzi un ammasso di ciccia, col respiro greve, tutto imbarazzato nei panni, e vergognoso della propria fortuna. Egli aveva chiesto, e ottenuto dalla Banca, seicento lire per comperare un pezzo di terreno da riquadrare l'ortaglia, poi siccome l'aveva rivenduta intera, aveva sanato il suo debito immantinenti.

A lui furono assegnate sedicimila lire.

 

Chi è il terzo domandò il Pretore a Osvaldo Millo?

Steno Marazzi.

Fu invitato a uscir fuori.

Nessuno si mosse.

Il notaio a voce sonora ripetè:

Il signor Steno Marazzi non c’è?

Tutto le teste si volgevano intorno a cercarlo.

Invano.

Steno Marazzi non si fece innanzi.

 

Penserò io ad avvisarlo della sua fortunadisse Osvaldo. — A lui toccano centomila lire. Il prestito fu di cinque mila. Ora al quarto: il signor Ambrosio Resta...

 

Ma in quel punto l'uscio s'aperse ventilando e uno sconosciuto a tutti, tranne che a Osvaldo Millo e a Mario Fox entrò nella stanza, e s' arrestò poco innanzi la soglia con uno stranissimo sorriso negli occhi e sulle labbra.

 

 


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