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E dov'è Steno Marazzi che non lo si trova più?
Steno da circa due mesi sta nelle carceri giudiziarie di X... imputato di falsificazione di cifra in cambiale privata.
Ecco che cosa gli era accaduto.
La sera dello stesso giorno ch'egli aveva restituito il danaro alla Banca dell'Onore, Bamboccia, indettato dal signor Nataniele Rota, era andato a trovarlo e gli aveva proposto, come abbiamo veduto, di partire per la Francia.
Nataniele Rota ricevette Steno e Bamboccia nella sua camera dell'albergo.
Li accolse seduto e non fece molte parole.
— Sarebbe lei pronto a partire domani con me per Parigi?
— Sì.
— Io le sborserò un paio di mille lire a M… le quali saranno conteggiate sui primi utili. Di quale somma abbisogna lei per poter lasciare Milano?
— Poca cosa! — rispose il Marazzi. — Stamattina ho venduto dei quadri e ho pagato il debito più urgente. Ora con un migliaio di franchi mi cavo da ogni fastidio. Mia madre viene con me, dunque...
— Allora faremo così — disse il gesuita — Io le conterò subito cento franchi, per caparra, e le rilascierò una cambiale di lire duemila per sua garanzia, da riscuotersi appena arrivato a M....
— Ma non monta! Diamine! Basta la parola — sclamò Steno colla sua solita spensieratezza.
— Si vede che lei non è uomo d'affari — disse il Rota. — Non si rifiuta mai un'obbligazione nè danaro a questo mondo. A me piacciono le cose in regola; la cambiale essendo a vista ella potrà riscuoterla dal banchiere quando meglio le accomoda.
— Faccia lei, io me ne intendo pochino.
— A destinazione poi ella avrà le 20 mila lire all'anno promesse da Bamboccia. Ercole fatemi il piacere di mandar a pigliare una cambiale per lire duemila.
— Noi partiremo domattina colla prima corsa — ripigliò il Paolotto.
— Sta bene.
— Sua madre potrà raggiungerla più tardi. In caso Bamboccia potrà incaricarsi di subaffittare lo studio e l'alloggio.
— No, ma vi ritorna subito.
— Ho capito. E s'avrà proprio a star lontano tanto tempo da Milano?
— Almeno un anno!
Bamboccia entrò colla cambiale, e Nataniele Rota si mise a scriverla.
Milano, lì..... Buono per L. 2000.
A vista della presente pagherò per questa mia di cambio all'ordine del signor Steno Marazzi di Milano la somma di lire duemila in saldo debito dipendente da contratto verbale.
Pagabile a M.... Albergo di....
— Siccome a me non conviene comparire per delle ragioni che le dirò a Torino — proseguì il Rota — così la farò firmare dal mio alter ego, il comune amico. Va bene?
— Facciano loro! — disse Steno — Per me è tutt'una! Io ne farei anche senza.
Nataniele Rota presentò a Bamboccia da firmare la cambiale all'ordine Marazzi. Questi dopo averla sottoscritta la piegò e la diede a Steno.
Il quale senza malizia alcuna, la dispiegò e vi gettò gli occhi, e vide che fra la parola lire e la cifra duemila il Rota aveva lasciato un certo spazio vuoto; ma non vi badò più che tanto; mise il foglietto in tasca, insieme ad un biglietto da cento lire, che il Rota gli pose garbatamente in mano senza esigerne la ricevuta. Fatte quindi le ultime intelligenze pel domattina uscì con Bamboccia.
— È necessario che scriva subito alla Claudia che parto.
— Scrivile che vai a far fortuna. Vieni a casa mia, perchè da te il calamaio non ha inchiostro.
Montarono in camera di Bamboccia e Steno scrisse. Quand'ebbe chiusa la busta e fatta la soprascritta Bamboccia gliela levò di mano e disse:
— La mia donna la porterà alla posta.
— Non monta — disse Steno. — Ora discendo io.
— No signore — disse Bamboccia — so quel che dico. Tu non devi uscir subito, perchè t'ho a far vedere molte cose, mentre la lettera deve essere impostata prima delle otto; se no domattina non giunge a U....
Steno, senz'alcun sospetto, frugò nel taschino del farsetto, e traendone venti centesimi li presentò a Bamboccia.
— Piglia pel francobollo!
— Ma che diavolo! — sclamò l'altro uscendo.
Quando fu in anticamera, il brigante, finse di consegnare la lettera alla donna, e invece la intascò e a questa disse di andare a comperar dei sigari.
— Ecco fatto!
— Ora tira fuori queste cose, che mi vorresti far vedere.
Bamboccia andò ad un armadio nel muro, ne levò una cartella e cominciò a scioglierne i legami dicendo:
— Amo che tu mi dia il tuo parere su questi schizzi; poi ti farò vedere la mia raccolta.
— Che raccolta?
— Di autografi.
— Non sapevo che tu avessi una raccolta di autografi.
— Non te ne ho mai parlato?
— Non me ne rammento, — rispose Steno — o per meglio dire mi ricordo che m'hai toccato una volta d'una tua raccolta, ma io credevo la fosse di francobolli.
Gli schizzi di Bamboccia erano sgorbi indegni. Lo sappiamo già. L'amico senza complimenti gli disse:
— Caro Ercole hai fatto bene a smettere.
— È quello che pensai anch'io! Ora guarda questi. N. 1 Alessandro Manzoni a Redaelli tipografo a proposito della edizione illustrata dei Promessi Sposi. Mi è costata otto franchi. N. 2 Il generate Alfonso Lamarmora all'orefice fornitore delle posate da campo di Sua Maestà.
— Ne hai di pittori?
— Certamente. Ne ho di Hayez, di Induno, di Maldarelli, di Cremona e perfino di Lazzari.
— Molti errori di ortografia?
— Così così! Ne fanno di più certi ex-ministri! Ecco la categoria dei giornalisti. Questa è una lettera ironica che a pigliarla sul serio, e a non capire lo scherzo, c'è da mandar l'autore alla Senavra. Ascolta:
«Dal giorno che mercè mia ella ha potuto scrivere il suo libro e si crede giunto già alla mia altezza, vedo ch'ella mi tratta al tu per tu con troppa confidenza. Per l'apostolo Santa Brigida io non sopporterò mai una simile tracotanza. La venga oggi all'Isola Botta dove ella avrà l'onore di essere da me invitata a pranzo e dove le dirò ciò che le sta bene»
Se fra venti o trent' anni la gente che piglia tutto sul serio crederà che costui abbia scritto questo biglietto senza celia chissà che biografia gli faranno?
Poco dopo, esaurita la finta, Bamboccia e Steno uscivano anche di là.
La mattina dopo partivano per la Francia con Nataniele Rota,
La madre di Steno lo avrebbe raggiunto quando avesse saputo ch'egli era stabilmente collocato.
Giunti a X..., il Rota pregò Bamboccia di condurre Steno dal banchiere che gli doveva contare le duemila lire.
Questi si fece dare da Marazzi il pagherò col pretesto di non so quale registrazione, poi lo accompagnò fino all'uscio del banchiere, gli rimise il foglietto e gli disse:
— Presentalo al banco.
Il banchiere guardò la cambiale, guardò il Marazzi e gli disse:
— Ritorni fra un paio d'ore. Questo lo trattengo.
Steno uscì e non trovò più Bamboccia.
Andò all'albergo, e v'era appena entrato e se ne stava pensando a un non so che di fosco e di incerto, che gli pareva scorgere in quella sua avventura, quando un delegato di Polizia entrò invitandolo a levarsi e a seguirlo all'ufficio.
— A che fare? — domandò Steno.
— Lo saprà quando saremo là — rispose il delegato piuttosto ruvidamente. — Intanto mi permetta di fare una piccola perquisizione nei suoi mobili.
— Ma per chi mi si piglia di grazia? — disse Steno maravigliatissimo.
— Per l'appunto!
— Precisamente.
— Dunque le posso mostrare il mandato di cattura — continuò il delegato mettendo la mano in tasca.
— Credo perfettamente che lei faccia il suo dovere — sclamò il Marazzi — soltanto la pregherei a volermi dire di che cosa io sia accusato per arrestarmi così?
— Le ripeto che io non ho facoltà di dirglielo. Lei lo dovrebbe sapere meglio di me. In caso contrario tanto meglio per lei.
Così parlando il delegato aveva messa sottosopra la valigia di Steno, che questi non aveva ancora disfatta. Ne levò un pacco di lettere, un revolver, e i due mila franchi, che Steno aveva riposti fra le camicie.
Tralascio gli altri particolari del suo arresto. Buon grado o malgrado dovette discendere col delegato e colle guardie travestite ed entrare nella vettura, che lo condusse al suo destino.
Prego i lettori a non aspettarsi ch'io voglia qui riveder le buccìe al sistema giudiziario o carcerario europeo. I lamenti su tale materia son noti e si ribellano all'arte.
Quando Steno Marazzi ebbe udito dal giudice inquirente, che lo si accusava di avere falsificata la somma di una cambiale da due mila in ventiduemila, cadde dalle nuvole con tale e tanta naturalezza, che se il giudice non fu subito convinto della di lui innocenza, gli è per la ragione che ormai l'arte di sembrare innocente, anche quando si è rei, vanta, fra i scellerati, notevoli progressi.
A dir vero esistevano pur troppo a suo carico terribili indizii.
Innanzi tutto la cambiale evidentemente falsificata. Chi mai avrebbe avuto interesse a mutare quella cifra fuori di lui? I periti dichiararono che il carattere e l’inchiostro con cui era stato aggiunto il venti al duemila non erano gli stessi di quelli coi quali era stato scritto tutto il resto. Circa al dichiarare che quella falsificazione fosse opera della stessa mano che aveva firmata a tergo la cambiale non s'accordavano. Duo stavano pel si, uno pel no. La maggioranza dunque faceva reo Steno Marazzi.
Il giudice istruttore parlò al giovine della smania ch'egli aveva di diventar ricco. Lui che sapeva non avere confidato questo suo segreto che alla Claudia e a Bamboccia stette per impazzirne. Confessò questo punto e ne diede le ragioni, pur tanto onorevoli. Ma quella confessione, in luogo di servirgli di scusa aggravò la sua posizione agli occhi del giudice.... filosofo!
Quando fu ricondotto in carcere dopo il primo interrogatorio ebbe le vertigini. L'orribile mistero da cui era circondato lo spaventava.
— E mia madre? Dio di misericordia! — sclamava lo sventurato— E la Claudia? Quando saprà che io fui arrestato sotto questa infame imputazione!
A tale pensiero sentiva avvampar nelle vene la febbre e provava nel cuore una di quelle frenesie di spasimo e di rabbia a calmar la quale non sarebbe valso che il rompere le inferriate, lo sfondar le porte e il farsi strada ruggendo all'aperto.
— Io falsario? Io?
— Chi sarà dunque l'assassino che mi vuol perdere? — sclamò calmandosi e raccogliendo le idee — È necessario che io parli a Bamboccia. Lui lo deve sapere.
Il suo guardiano era assai cauto. Forse egli aveva capito che Steno non era colpevole. Ma dal suo contegno nulla si poteva rilevare.
Egli era stato comperato segretamente da Nataniele Rota. Nondimeno si incaricò di portare la lettera ad Ercole Bamboccia.
Quella promessa arrecò un po' di contorto allo sventurato. Cominciò a persuadersi essere impossibile che si compisse una così nera ingiustizia a suo danno, e da quel punto cessò quello stato di semifollia e di irritazione suprema, in cui era caduto dopo il suo primo esame.
Bamboccia gli rispose trovarsi anch’egli compromesso per essere stato veduto con lui andar a presentare al banchiere la cambiale e che non poteva venire a trovarlo perchè era stato richiamato a Milano in gran fretta.
Steno si perdeva sempre più in congetture.
Pensò di rivolgersi a Nataniele Rota e gli scrisse all'albergo.
Dall'albergo gli fu risposto che nessuno aveva mai udito quel nome, e che se si trattava di quel signore, col quale lui era arrivato da Milano, non si poteva dire dove fosse, perchè era partito la sera prima del suo arresto per destinazione ignota.
Il giudice istruttore, un furbone, uomo assai istruito e profondo nella pratica legale, che ripeteva spesso la massima di Filangieri sulla sicurezza dell'innocente e lo spavento del malvagio, strenuo sostenitore della necessità di conservare il boia e la forca, autore di note e contronote al codice penale, riteneva in coscienza essere quell'imputato uno dei più pericolosi e scaltri scellerati, che mai gli fossero capitati sotto processo.
— Egli nega e asserisce ogni cosa con una aria di candore da far strabiliare! — diceva a sua moglie che gliene chiedeva — ma per Dio! non sono io se non arrivo a confonderlo!
Così, in questo mondo colgono nel segno i giudizi umani!
Pensate poi che cosa ne fu pel giudice quando dalla Questura di Milano gli arrivò la informazione essere Steno Marazzi indiziato di aver ricevuto dai clericali il mandato di attentare alla vita del sovrano di Germania.
La Questura non ne aveva colpa. Riferiva d'ufficio quello che un suo agente segreto le aveva fatto registrare.
Così erano passati appunto quasi due mesi, ed era accaduto l'orribile fatto narrato da quel giornale che Bamboccia aveva fatto leggere al principe di Bandjarra; ciò che aveva finito di gettare il povero Steno in una cupa disperazione
Sua madre era stata colpita da aneurisma.
Era più di là che di qua per lo sconforto e per l'angoscia quando il guardiano lo avvisò di tenersi pronto che avrebbe ricevuta una visita.
Egli pensò tosto alla Claudia e fremette d'essere stato scoperto in quel luogo.
Ma non era lei. Era la Miette.
Ella, vestita a bruno, si precipitò nella triste cella dove Steno aveva ottenuto di poter stare da solo, e lo abbracciò con trasporto.
Il poveretto mandò un grido di gioja.
Finalmente dopo tanto dolore, rivedeva un aspetto amico.
— Cara Miette! Il cuore me lo diceva che tu... tu sola saresti venuta. Ma perchè così tardi?
— Tardi! A te dovrei dirlo! Io ho saputo jeri soltanto, che eri in questo brutto luogo. Perchè non mi scrivesti mai?
— Io, subito t'ho scritto, e al maestro, e a tutti.
— Io non ricevetti mai nulla.
— Oh ma c'è dunque proprio chi mi vuol perdere? — sclamò Steno. — Ma tu come potesti entrar qui?
Steno raccontò alla buona fanciulla i suoi casi. Ella gli promise di far tutto per liberarlo.
— Ho cantato in pubblico, sai, e sono piaciuta! Il maestro spera molto da me. Un qualche giorno sarò ricca e celebre se tu mi amerai!
Furono queste le ultime parole dette sulla soglia prima di lasciarsi.
Anche il principe di Bandjarra e Osvaldo Millo avevano ottenuto di avere con lui un colloquio in faccia al custode, nella stanza di guardia.
Non appena il Milionario ebbe fissati gli occhi in viso a Steno Marazzi, lui, che di solito stava un po' curvo sulle spalle, si drizzò repente in tutta la persona, come se fosse ringiovanito di vent'anni, mandò un piccolo grido e ne' suoi occhi passò un lampo, a cui non si avrebbe saputo ascrivere una causa certa. Nel suo animo, a non dubitarne, era accaduto qualche cosa di insolito e di grave.
Nondimeno, come il principe non derogava dalla massima inglese, altra emozione non seguì sul suo volto, tranne quella, impercettibile quasi, delle labbra tremolanti.
Ciò che provava il principe contemplando le sembianze di Steno Marazzi, ritratto vivente della sua antica amante, di quell'abbandonato che egli ritrovava dopo tanti anni in quel luogo infame, era una battaglia, un andirivieni di sentimenti così strani ed opposti e vivissimi tutti, che un fisiologo non può che uscirne atterrito. Non c'è lingua umana che sopporti una sintesi così molteplice e misteriosa.
— Vostra madre non è dunque più? — domandò il principe al giovine dopo che Osvaldo Millo glielo ebbe presentato.
— Essa aveva nome Elisa non è vero?
— Elisa!
— Figlia del generale Kollenstein? — riprese il principe a voce spenta,
A questo nome il Marazzi levò il capo altero e diede un passo indietro, squadrando il vecchio da capo a piedi.
Questi per tutta risposta aperse le braccia e cogli occhi pieni di lagrime, le stese al giovine, che da quel gesto ebbe la rivelazione d'ogni cosa.
Egli si gettò al collo di suo padre.
— Io penserò a levarti di qua, giacchè capisco che sei innocente. Oh credo di aver tutto scoperto. Il procuratore del re mi ha illuminato. Tu puoi giurare sulla memoria della tua povera madre di essere innocente, non è vero?
— Oh sì lo sono, lo sono e lo proverò. È impossibile che non mi credano.
Il colloquio durò assai. Steno raccontò a suo padre tutto ciò che noi già conosciamo. Quand'egli pronunciò il nome di Nataniele Rota una nuova, terribile luce si fece nel cervello del milionario.
Quel nome fu una conferma di tutti i suoi sospetti.
Il Rota, credendolo morto, non aveva avuto alcun riguardo di svelarsi.
Un punto solo gli pareva ancora oscuro.
Come mai il Rota aveva potuto sapere d'essere l'erede, nel caso che Steno Marazzi non si fosse presentato per raccogliere la eredità? Non c'era dubbio! Egli solo, l'ex contrabbandiere di bimbi, sapeva che Steno Marazzi sarebbe stato l'erede! Egli solo aveva interesse a levarlo di mezzo.
Il principe non aveva mai rivelato quel fatto ad anima viva... tranne che ad un solo. Il suo confessore... a Madras.
— Lui, lui solo al mondo può avermi tradito! Non c'è dubbio! Nataniele Rota è in relazione con lui; da lui avvertito, credendo che io fossi morto in mare ordì questo inganno contro Steno, e sarebbe forse riuscito se io non fossi tornato. È chiaro come il sole.
Il giorno dopo Steno fu rilasciato, e venne spiccato ordine di arresto contro Bamboccia, e Nataniele.
Steno confessato a suo padre il suo amore per la Claudia corse a Milano dove sperava trovarla ancora amante e disposta ormai a diventar sua moglie.
Abbiamo veduto che cosa lo aspettava a Milano.