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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Osvaldo di ritorno anche lui a Milano aveva ricevuta la lettera della Claudia.
Il primo moto dell'animo suo, quando l'ebbe letta fu di altissima meraviglia.
Egli non sapeva, nè avrebbe potuto imaginare, che la Claudia fosse ancora tanto innamorata di lui!
Essa non lo diceva esplicitamente; ma la passione e la gelosia, trasparivano chiare, manifeste, flagranti.
La orgogliosa non gliene aveva mai lasciato trapelare alcun indizio, nè in quel primo colloquio, là al cancello del parco — dove anzi gli aveva detto di voler amare molto, immensamente il suo Steno — nè la sera dopo nel ballo — dov'essa, pur colla morte nel cuore, aveva spiegate tutte le arti della sua più brillante civetteria.
Chi mai avrebbe detto a lui, tanto alieno dalle simulazioni, che nel cuore della Claudia accadeva invece la piccola epopea d'amore che noi conosciamo?
Forestina s'era ben guardata di parlargli della scena avuta con lei, nè l'avrebbe potuto; giacchè Osvaldo, dopo quel famoso momento di crisi, non l'aveva più riveduta da solo a sola.
Era andato a Milano il giorno dopo.
Si consultò.
Por quanto Osvaldo fosse forte ed austero, lo abbiamo già detto, era pur uomo anche lui; uomo sano, sensibile, intelligente, pieno di cuore.
È impossibile valutare quale sia la forza amorosa che sta per così dire latente e compressa nell'anima d'un uomo, non reso continente che da un calcolo altamente fìlosofico, e dalla forza di annegazione, se quest'uomo lascia libero anche un solo spiraglio a tutte le più inebbrianti emozioni del sentimento, della grazia e della bellezza, che in lui parlano il loro delizioso linguaggio!
Chi ha letto santa Teresa ha un'idea di questa lotta. La sola differenza che esista fra questa e quello sta in ciò: che santa Teresa era ispirata da puro ascetismo, mentre Osvaldo obbediva a un nobilissimo pregiudizio filosofico e umanitario.
E dico pregiudizio nel senso vero della parola.
A lui la prima delusione d'amore aveva portato il colpo distruggitore.
Egli nutriva ancora incrollabile quella prima fatale impressione del disinganno, e disperando di poter trovare nella donna un conforto della vita, aveva rinunciato all'amore, pure ardendo sempre del primo ideale. Egli sdegnava quella felicità sensuale, che pure forma la delizia di tutti gli altri uomini.
Egli si era per così dire votato, senza troppo sacrificio, al disamore, per paura di un nuovo disinganno.
Aveva concentrato tutto il suo affetto nella adorazione della memoria di sua madre e, pur compiendo alacre la sua missione terrena, attendeva seriamente il giorno che, secondo lui, avrebbe potuto rivederla in cielo.
Intanto s'era imposto l'obbligo di non cedere mai alla voce dell'istinto.
Pensava che la voluttà per la voluttà fosse una cosa egoista, che distrugge le forze della intelligenza e scema la buona volontà del far il bene agli altri. Per lui la voluttà non era altro, che un agente di dissoluzione e di morte, che stronca la fede e ingenera lo scetticismo nel bene.
Le tristezze che si sviluppano dal piacere dei sensi erano per lui come miasmi di tomba, che impregnano di dubbii il principio delle sublimi certezze.
Quel sentimento ombroso, assoluto, esclusivo che l'aveva spinto a fuggire dalla Claudia, pur idolatrata, non appena aveva saputo che essa si era già data ad un altro, aveva per così dire perfezionato nell'animo suo il proprio ideale.
La questione è immensamente delicata.
Noi abbiamo talmente materializzato l'amore e l'abbiamo reso nello stesso tempo così raffinato, lambiccato, falso, e lo facciamo consistere in una tale quantità di cose, di idee, di atti sensuali, appariscenti, palpabili, confortabili, appetibili, e gli abbiam creato intorno una schiera così grossa di grazie, di bisogni, di lascivie, che l'amore spirituale — il così detto amor platonico — non ha più senso fra noi; è diventato un mito, un sogno, una chimera!
Nei costumi odierni c'è, è vero, una certa riservatezza in pubblico; talchè si può dire che la decenza e la morale erotica siano in rialzo; ma, nel segreto dei gabinetti, il libertinaggio ha raggiunto un grado di perfezione, come forse non fu mai nei tempi di maggiore dissolutezza.
In India, in quel clima eccitante e afrodisiaco, anche lui aveva vuotato quella, che poeticamente, si chiama la tazza delle più inebbrianti voluttà. S'era gettato al senso per qualche tempo! Ma poi aveva detto: basta! Sapeva tutto quello che un uomo deve sapere per non essere ridicolo — e non aveva rimorsi di ignoranza, in proposito
La Claudia agli occhi di un libertino, sarebbe stata una splendida e non difficile conquista!
A lui invece la scoperta dell'amore di Claudia diede una tristezza profonda, e quella nuova minaccia di volersi perdere, per causa sua gli diede quasi il rimorso.
Gli scrupoli della delicatezza sono talvolta peggiori degli scrupoli religiosi.
Questi non sono dettati che da una paura egoista dell'inferno; quelli fanno soffrire dell'inferno altrui.
E pur parendogli che gli sarebbe stato impossibile riannodare colla Claudia, il filo spezzato dell'antico amore, quella minaccia lo turbava fieramente.
Nondimeno risolse di non lasciarsi vedere alla stazione.
Vi andò e vide di nascosto la Claudia, al braccio del marchese Cacciaterra, scendere dal brougham e entrar nelle sale di aspetto, dopo aver cercato intorno, collo sguardo febbrile, se lui ci fosse.
Ella era così addolorata, nei momenti che il marchese non le teneva gli occhi adosso, e tornava così ilare e spensierata parlando con lui.... che Osvaldo fu a un filo di uscire dal suo nascondiglio a mostrarsi per salvarla da quell'uomo che andava tutto trionfante della propria avventura.
Ma non lo fece.
Ed ella andò al proprio destino.
Di ritorno in città Osvaldo provò un momento di tristezza orrenda.
Ma durò poco, egli volse subito la mente ai suoi propositi e stabilì raddoppiar di zelo e di amore intorno al programma benefico del redivivo amico, il principe di Bandjarra, col quale aveva fissato di partire fra poco per Roma.
Ritemprò con un lavoro assiduo la pratica del soccorso ai veri e modesti infelici, non già con quella carità — certamente lodevole anch'essa — che consiste soltanto nel dare di quando in quando qualche somma pubblicamente alle opere pie, ma con quella operosa e segreta che non aspetta riconoscenza fuorchè da sè stessa.
Non c'è idea della bontà modesta che si cela nei tugurii del popolo milanese, che non cerca l'elemosina. Non se ne ha idea per la ragione che è segreta; mentre tutto ciò che si rivela è brutto. Le virtù nascoste chi le conosce se non va a cercarle? Osvaldo aveva nel suo cuore una stima che è forse la più rara di tutte: la stima di quella classe che certa gente poco studiosa del popolo, chiama la canaglia.
Non è che, pur troppo, anche a lui non capitasse della canaglia... e qualche volta in guanti gialli!
In quel tempo le cronache cittadine avevano già registrate certe truffe e certi furti di conti e di marchesi, creduti fino allora incolpevoli!
Era in questo stato d'animo, di cui nessuno poteva aver sospetto, quando la mattina, dopo la partenza di Claudia, l'Adele, sua sorella, entrò nella sua camera e lo trovò che scriveva:
Osvaldo depose la penna e si volse a lei.
— Buon giorno Adele. Che cosa desideri?
— Prima di uscire di casa colla Giovannina ho voluto entrar da te a far quattro chiacchiere su di noi....
— Su di noi?
— Io ti parlerò schietto. Oramai a Milano tutti sanno che tu sei un milionario.
— Ebbene?
— È possibile che tu non abbia ancora pensato a mutare un poco il treno di casa nostra e il genere di vita?
— Ti manca forse qualche cosa?
— No, non dico ma... Noi facciamo ancora la figura di povera gente!
— Povera gente a cui non manca nulla? Oh Adele come non conosci la povera gente!
— Tu dunque non puoi disporre per la tua famiglia almeno di una parte de' tuoi redditi?
— Io già ne dispongo. Tutto ciò che si spende in casa viene da me. Sai bene che la zia non spende più un centesimo del suo. Ma non potrei fare di più senza danno. Tu vorresti il superfluo mentre molti mancano del necessario?
— Vivere modestamente quando si è fra i milioni! — sclamò l' Adele.
— Fra i milioni altrui! — osservò Osvaldo — Del resto domani io cedo l'amministrazione al principe di Bandjarra. Tu sai che è rivivo.
Dinanzi alla imperturbabile serietà di suo fratello anche il coraggio dell'Adelina piegava.
— Quando torniamo a Firenze? — domandò.
— Fra cinque o sei giorni.
— Domani sera intanto, io recito in casa Valenti.
— Tu reciti?
— Non lo sai?
— No.
— Ah Osvaldo, che cosa t'è mai venuto in mente di partire colla missione?
— Perchè?
— Perchè ora tu non vedi più le cose come prima... Ora sei nelle nuvole, non hai più quella allegria d'una volta... non hai più voglia di occuparti di me.
— A te pare ch'io non possa veder le cose come una volta?
— Lo credo. Ti ricordi per esempio che prima di lasciarci, anche tu avevi una certa passione per il teatro? Ebbene potresti tu ora pensare al mio divertimento, farmi studiar la parte, e spiegarmi certe cose oscure? Tu le chiami frivolezze. Se tu fossi come prima, vedi, ora mi farei leggere da te, che sapevi leggere così bene, questo soliloquio d'amore... Ascolta Osvaldo, ascolta. È un dramma storico intitolato: Una Traviata del seicento. Io debbo far la parte della protagonista e sono condannata a morte.
— Basta Adele! — sclamò a un certo punto Osvaldo, volgendosi a passeggiare per la camera, giacchè si sentiva stranamente commosso.
L'Adele vide i lucciconi negli occhi del fratello, ma li attribuì a tutt'altro motivo che al vero. Si compiacque di crederli un effetto della propria potente inflessione di voce! Quel cuore arido non indovinò nella voce commossa di Osvaldo, che aveva detto basta, una benaltra emozione.
Chiuse il libro ridendo, salutò suo fratello e se ne andò.
In quel punto entrò la cameriera e rimise una lettera a Osvaldo.
Vi gettò gli occhi e un lampo di gioia vi si dipinse.
Aveva riconosciuto il carattere della Claudia.
«Osvaldo:
«Non ti degnasti l'altra sera di farti vedere alla Stazione. Tu vuoi dunque vedermi al fondo dell'abbominio? Tal sia di me.
«Io sono tornata a Milano, per darti anche quest'ultima soddisfazione.
«Se desideri approfittarne vieni, questa sera in Via... N... a secondo piano. Alla donna infame che verrà ad aprirti l'uscio, cerca della Cloe, che sta colla Zeffirina, e vedrai.
«La, non tua, Claudia.»