Carlo Righetti, alias Cletto Arrighi
I quattro amori di Claudia

PARTE TERZA.

CAPITOLO II.   Un confessore in gonnella.

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CAPITOLO II.

 

Un confessore in gonnella.

 

E il nostro tenore? — domandò la Valenti a Steno.

Io non l'ho veduto.

Ci ha bruciato il pagliaccio! — sclamò la Valenti, dicendo senza saperlo una frase prettamente fiorentina.

E Stacchi, dov'è? — domandò il Marazzi alla Valenti.

Voi non vi ricordate dunque più d'essere venuto a un convegno di caccia?

È vero. Non ci pensavo.

Ma per le cinque saranno tutti di ritorno. Però, se desiderate raggiungere i cacciatori.... vi faccio sellare un cavallo.

No — disse Steno con galanteriaamo meglio stare con voi.

La Valenti sorrise, ringraziando, e si fece un minuto di silenzio.

 

Oh ditemi un po', caro Steno, — saltò su a un tratto la Valenti — avreste voi notizia della nostra Claudia?

 

A questo nome Steno si fece rosso.

 

No — rispose — E voi?

Io sì.

Dite.

Sapete voi dove si trova ora?

Io no.

Io sì.

Parlate dunque.

Ella mi ha scritto.

Vi ha scritto?

Una lunghissima lettera.

Da dove?

Da Roma.

È a Roma ora ?

No. Ora è in viaggio.

 

E si fermò.

 

Vi prego, signora, è inutile che io vi dissimuli la mia impazienza. Continuate.

Prima di farvi leggere quella letteradisse la Valenti, che ci pigliava gusto a tenere il povero Steno sulla corda — voi dovete farmi la vostra confessione generale. Sareste voi per caso innamorato ancora, o siete guarito?

È una domanda formidabilesclamò Steno tentando di ridere. — Innamorato non credo. Non la mi pare oggi la parola meglio appropriata.

Quale sarebbe dunque la parola più appropriata, secondo voi, per qualificare questa impazienza, di cui mi avete confessato poc'anzi di essere invaso, riguardo alla nostra amica?

Non saprei... ma amore no, certo.

Povero Steno! — sclamò la Valenti battendo palma a palma. — Noi conosciamo le vostre distinzioni. Voi mi direte, che un uomo che si rispetta non potrebbe essere innamorato di una donna che lo trattò in quel modo... ma io non ve la gabello, caro Marazzi, perchè so invece che a voi altri bisogna farle grosse così per vedervi disperatamente innamorati di noi.

Ebbene — disse il Marazzi, mostrando di non apprezzare quello spirito, per lui, fuori di luogopigliatela come volete, cara amica. Io vi assicuro che ciò che provo per quella donna non è amore.

E che cos'è allora?

È piuttosto risentimento, e odio...

Ta, ta, ta! Come se l'odio provato da un uomo per una donna che lo ha tradito, non fosse ancora amore bello e buono?

Oh chi lo dice?

Io lo dico. Perchè non sia più amore non c’è che la indifferenza. Io sarei curiosa di vedere che figura farebbe questo vostro odio sopraffino, se la Claudia entrasse da quell'uscio e venisse umile e supplicante a domandarvi scusa della burla fattavi col marchese.

Voi credete che ciò sia possibile? — domandò Steno con ansia dissimulata.

Ecco, ecco, come la speranza rinasce nel vostro povero cuore! — sclamò ridendo la ValentiOra vi ho colto. Ditemi la verità Steno. Voi sul principio avete sperato che ella volesse mettervi alla prova, ma che fra poco sarebbe tornata verso di voi. Non è vero?

Non lo nego. Questo lo si spera sempre quando si è lasciati in quel modo così inesplicabile.

E forse forse lo sperate ancora, quantunque siano passati molti mesi da quella notte fatale?

Cara amicadisse Steno ripigliando tutta la sua presenza di spirito, dinanzi al timore di diventare leggermente ridicolo agli occhi di quella donna — voi non potete comprendere queste piccole vigliaccherie del cuore, perchè voi mi avete confessato di non averle mai provate. Dunque è meglio che io non vi confessi nulla, giacchè il mio amor proprio va a rischio di fare una brutta figura.

Avete ragionerispose la Valenti, che in fondo era una donna di spirito retto. — Scusate se sulle prime ho preso leggermente questa vostra disgrazia. Io credo che voi abbiate sofferto assai, e me ne dispiace sinceramente. Soltanto io ci tengo assolutamente a sapere se oggi voi potreste rivedere la Claudia senza pericolo.

Rivederla! Ma dunque ella sia forse per venir qui?

Voi mi rispondete con una domanda mentre io avevo bisogno d'una risposta. Via, Marazzi, non crediate che io sia poi così estranea alle cose di sentimento come forse mi volli far credere io stessa. Io so capire a tempo, e a tempo, se è necessario, consolare. Tanto è vero che, come vedete, me ne occupo con insistenza. Dunque se vi pare che io possa meritare la vostra confidenza raccontatemi tutto.

 

Il Marazzi aveva ascoltalo la Valenti con visibile compiacenza.

Si sentiva in un ambiente più simpatico.

 

Che cosa vi dirò? — cominciò egli melancolicamente. — Io sì l'amo ancora, l'amo assai più di prima, l’amo con tutti gli accessori, che accompagnano le torture della passione... rimorso delle mie irresolutezze, orgoglio offeso, desiderio di vendicarmi... gelosia… che so io? Voi conoscete la famosa burla di quella sera? Dopo avere vegliato tutta notte ad aspettarla di ritorno, come mi aveva promesso, dovetti persuadermi ch'ella mi aveva canzonato; potete immaginarvi, amica mia, da qual rabbia io sia stato invaso. Interrogai la cameriera, la quale capivo doveva saper tutto, ma che non volle dirmi altro, se non che ella era partita col marchese Cacciaterra. Allora io non pensai che a seguirla per trovare le sue traccie. Confessai la cosa al principe di Bandjarra, mio protettore, il quale tentò di dissuadermi, ma invano. Alla stazione della strada ferrata, a furia di mancie, potei sapere dando i connotati, ch'ella era partita per Torino. A Torino entrai in tutti gli alberghi e lessi sul libro del Feder; marchese Cacciaterra colla sua signora. E seppi una cosa che mi scombussolò. Il cameriere che li aveva accolti e messi in camera, mi disse che quella strana donna aveva fatto al marchese lo stesso giuoco che aveva fatto la sera prima a me. L'aveva mandato fuori a comperar dei dolci e in tanto era ripartita per Milano, lasciando scritto a lui di raggiungerla a Parigi. Vi fu un momento che credetti ch'ella avesse dato di volta al cervello. Ripartii per Milano. A casa ella non era tornata. E da quel giorno non ne ho saputo più nulla.

 

Steno tacque sconsolato.

 

Povero Steno! — ripetè la Valenti, compresa dal dolore con cui aveva parlato il giovine.

Oraripigliò il Marazzi — voi capite, e senza che ve lo dica, quale possa essere lo stato del mio cuore, vis à vis di questo mistero così strano e così impenetrabile. Voi sapete signora che il dubbio è il più terribile agitatore dell'animo che esista. Perchè ha agito così? A che scopo? Per farmi soffrire? Per suscitare il mio disprezzo? Per convincermi ch'io non dovevo più pensare a lei? O forse per mettermi a dura prova? C'era, e c'è ancora per me di che perdere la testa!... Ora, se voi, buona amica, potete dirmi il motto dell'enigma mi farete un grandissimo piacere.

Certo che lo posso direrispose la Valenti, cavando di tasca la lettera della Claudia, e spiegandola come per cominciare a leggerla.

 

Aspettate, ve ne prego! — disse StenoSento di aver paura. Prima soffrite che io vi faccia qualche interrogazione, perchè dalle risposte che mi darete io mi disponga a sentire forse la mia condanna.

È giusto! Interrogate.

Essa non mi ama più, n'è vero?

 

La Valenti non rispose, ma piegò leggermente il capo da una parte.

 

Chi tace confermadisse il Marazzi con un sorriso che parve un singhiozzo. — E forse non mi ha mai amato? — continuò il più freddamente che potè.

Chi sa! — sclamò la Valenti. — Questa seconda risposta, caro Steno, è molto più complicata della prima. Se io dovessi dirvi ciò che ne penso potrei assicurarvi che la Claudia, in campagna, prima di rivedere il conte Millo, vi amava e molto... Ma poi...

Il conte Millo! — sclamò il Marazzi, — Che c'entra il conte Millo? Non è dessa partita da Milano col marchese Cacciaterra?

Voi dunque non sapete ancora che la nostra amica oggi è diventata la contessa Millo?

Maritata!?

Maritata.

 

Steno balzò in piedi e diventò pallido.

Il colpo era fiero.

 

Da quando?

Da un mese.

Dove?

A Roma.

 

Steno mise le mani in tasca e si diede a passeggiare per la camera zufolando.

 

Egli non zufolava che nei momenti terribili della sua vita!

 

Quando tornò a sedere dinanzi alla Valenti era pallido come un cadavere e aveva gli occhi rossi.

 

Viadisse la Valenti. — Se avessi potuto indovinare di farvi tanto dispiacere non vi avrei detto nulla.

No, cara amica, avete fatto bene. Mi avete disingannato del tutto, e ne avevo bisogno. Ormai l'incanto è spezzato finalmente, ed è meglio. Il dubbio, il mistero non mi lasciavano vivere, mi uccidevamo lentamente. Ora vi prego, leggetemi quella lettera.

Prima di leggerla c'è da fare altri patti, caro Steno.

Quali?

Questa lettera non è la sola. Essa me ne ha scritto tre, dacchè è partita, e sono tre confessioni generali, ve lo assicuro. Io ho risposto alla prima, e questa che vi ho fatto vedere è appunto la replica alla mia risposta. In essa io mi congratulavo del suo matrimonio e della sua felicità e le dicevo che l'avrei riveduta volontieri a braccio del suo sposo. Ed essa mi rispose che voleva esaudirmi e che aveva ottenuto dal suo Osvaldo di venirmi a vedere dove io le avessi indicato, fuori che a Milano. Allora io le diedi, per oggi, l'appuntamento qui, ed essa sta per arrivare con suo marito.

Vi burlate voi di me?

Non burlo niente affatto. Non c'è nulla di incredibile mi pare. Per le tre manderò la carrozza alla Stazione a prendere la felice coppia, che ora è in viaggio per Vienna. Il Conte Millo fu nominato segretario di ambasciata a...

 

E qui la Valenti guardò l'ora.

A questo punto il convoglio è a poca distanza da Pavia. — disseDomani essi continueranno il loro viaggio verso la Russia.

E perchè, sapendo questo arrivo avete voluto ch'io mi trovassi qui ?

Perchè credevo, e credo, di farvi piacere. E poi... e poi... perchè ho un certo altro progetto mio.

Quale progetto?

Ah, questo non ve lo posso dire.

Sta bene! Vedremo che contegno avrà quella cara signora! — sclamò Steno alzandosi di nuovo a passeggiare.

Ma c'è una condizione! — disse la Valenti.

E quale?

Che voi mi diate la vostra più sacra parola d'onore di non fare una qualche scena, un qualche colpo di testa.

Perchè volete da me questa promessa?

Perchè se non mi giurate molto seriamente di star serio e indifferente dinanzi alla Claudia e a suo marito, io non faccio altro che mandare un messo alla Stazione, dove essi devono smontare, con un mio bigliettino di visita, nel quale darei avviso alla signora contessa e al signor conte, che voi siete qui e che proseguano il loro viaggio.

Ebbene — disse Steno — io sarò impassibile e freddo, come se non l'avessi mai conosciuta di mia vita.

No, questo è troppo. Io non cerco altro se non che non abbiate a ripetere la scena di Armando Duval nella Dame aux Camelias.

Ve lo prometto.

Bene; con lei credo. Ma col marito...?

Vi preme anche il marito?

Tanto più! Voi col marito non potete avere il minimo rancore. Egli fece il suo mestiere, come dite voi altri!

È vero!

Toccate! — disse la Valenti stendendogli la mano. — Ho la vostra parola d'onore.

Ecco la mano.

Ora, potete sentire la lettera.

 

E cominciò a leggere.

 

Mia cara Annetta,

 

Io non ti verrò a seccare di nuovo colla mia felicità, piena, immensa, inenarrabile. ti parlerò di lui, perchè sento di non essere capace di esprimere con parole di questa terra, ciò che io penso di Osvaldo, ciò che egli mi fa provare di bello, di grande, ciò che insomma egli meriterebbe che io dicessi sul suo conto. Ti dirò questo soltanto, che pensando al passato non posso persuadermi che non sia stato un brutto sogno e non ne provo perciò rimorso alcuno. Mi pare che quando feci l'orrendo proposito di perdermi, che ti raccontai nella mia prima lettera, io ero così fuori di me, da non averne la responsabilità. Oggi io mi ritrovo così vergine di sentimenti e di impressioni dinanzi a me stessa, e dinanzi al mio sposo, mi trovo così poco blasèe, così sensibile, così innamorata, così felice, che mi sembra impossibile d'aver potuto pensare e metter in pratica quello spaventevole obbrobrio!

Ma non parliamone mai più! Oggi io sono la contessa Millo, e sento seriamente d'essere degna di esserlo! Io sento sopratutto di possedere nel cuore dei tesori immensi di dignità verso me stessa, e di amore pel mio Osvaldo.

La mia è come una continua frenesia di giubilo e di tenerezza! Il mio romanzo comincia oggi, giacchè il passato non fu che una falsa prefazione della mia vita.

Risponderò dunque alla tua cara lettera, cominciando col ringraziarti de' tuoi buoni augurj. Osvaldo, come avrai letto nei giornali, fu nominato segretario dell'ambasciata di.......non ti dico con quanto giubilo di mio zio e di mia zia, che lo adorano e si farebbero in quattro per lui. Noi partiremo verso la fine del mese, per essere a piccole giornate a Vienna, pel 3 del mese venturo, dove staremo quindici giorni, per continuare poi il viaggio in un colpo solo fino a destinazione.

A buon conto io mi sono messa a ristudiare il tedesco, e lo parlo colla zia e con Osvaldo, facendo del gran ridere per gli errori che mi escono ad ogni tratto.

Osvaldo ha non meno di venti lettere di presentazione a tutta la fine fleur dell'aristocrazia di Germania. Mi toccherà di essere grandissima dama, fino alla nausea; ma ti giuro che non ho paura e la sarò, e superbamente.

Ti voglio trascrivere i nomi delle dame a cui dovrò essere presentata. La contessa M. de Gress, grande maestra della casa della Imperatrice d'Austria. La contessa Schaaffgotschepronuncia se puoi!— la principessa di Hoenlohe-Schillingsfürt, la principessa di Montenuovo — queste tutte a Vienna. — A Dresda: la baronessa di Globig, la contessa di Seinsheim-Sünching. A Berlino la Bismarck, la contessa Schulemburg Bury-Scheldungen, la contessa Oriola, la Von Osten Sacken... »

 

Basta! basta! — sclamò il Marazzi che da qualche tempo si dimenava sulla sedia.

 

«Io ti ho trascritto tutti questi barbari nomi per tentare di non ritornare sull'argomento inesorabile della mia felicità. Ma è inutile. Tutto mi suggerisce di riparlartene. Scusami Annetta; giacchè so benissimo che la insolenza dell'egoismo soddisfatto, generalmente finisce col dar noia; ma ascolta. Ti ridirò dunque che io sono orgogliosa di essere non la moglie, ma la schiava del mio Osvaldo. E per esserla davvero, sai tu che cosa ho fatto ieri mattina? Una cosa orribilmente triviale, ma che mi diede una voluttà ineffabile. Furtiva, furtiva, sono andata in anticamera, dove il servitore aveva deposti i calzari di lui e ho voluto ripulirglieli io stessa colle mie mani. Mi sono guardata bene dal dirglielo, come ti puoi bene immaginare, ma tutto il giorno sono stata felice d'averlo servito io, in quel modo.

Che bagai! tu sclamerai. Mi pare di sentirti sclamare. Eppure è così!

E io credo che questa voluttà della mortificazione sia il segnale più certo d'un amor vero ed immenso.

Ora, ripassando la tua lettera, trovo che ti debbo rispondere qualche cosa circa il povero Steno Marazzi, che mi dici di non aver più veduto, ma che sai avermi inseguita invano, quand'io feci quel colpo di testa di fuggire col marchese Cacciaterra. Che vuoi ch'io ti dica di lui? Egli fu disgraziato, ecco tutto. Se egli ha sofferto per me io gliene domando umilmente perdono e lo prego di dimenticarmi. Anzi, ora che ci penso, lo scongiuro per quanto può valere la preghiera d'una donna che lo ha offeso, a ricordarsi che c'è al mondo un'altra creatura, che lo ama di sincerissimo amore e alla quale egli deve riconoscenza ed appoggio.

La povera Miette è venuta da me un giorno a piangere per causa sua e io le ho promesso che appena avessi potuto non avrei tralasciato di perorare la sua causa. Ora lo faccio con vero ardore e se tu puoi essere interprete di questo mio sentimento, se puoi ottenere da lui l'oblio per me, e un po' di compassione per quella buona fanciulla, io ti benedirò e ne avrò un grandissimo contento

 

Qui la Valenti si fermò.

 

Guardò in viso a Steno Marazzi. Egli era pallido, ma in apparenza calmo.

Ciò che si passava in quella povera anima non si rivelava che da un dilatarsi strano delle narici e dall'ansar frequente.

 

Non parlò.

 

Che ne dite Steno? — domandò la Valenti.

Ci penseròrisposeora non potrei dirvi nulla. Vi prego terminate.

Non c'è altro!

 

Steno si alzò e tornò a dare una giravolta nella camera.

 

A rivedercidisse un momento dopo — ho bisogno di star solo. A rivederci.

Ho la vostra promessa n'è vero?

Sì, parola d'onore!

 

E corse a chiudersi in camera.

 

 


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