Carlo Righetti, alias Cletto Arrighi
I quattro amori di Claudia

PARTE TERZA.

CAPITOLO IV.   Spiegazioni.

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CAPITOLO IV.

 

Spiegazioni.

 

Steno Marazzi discese nel salotto, dopo il colloquio colla Miette e si trovò faccia a faccia con la contessa Claudia Millo.

La Valenti udendolo venire, era fuggita via.

Quell'incontro non era inaspettato all'uno all'altro. Pure li turbò entrambi fieramente.

Steno si fermò ritto e sdegnoso sulla soglia in silenzio.

La Claudia gli mosse incontro nell'attitudine d'una donna, che conosce d'avere a farsi perdonare qualche cosa.

Signor Marazzidiss'ella — giacchè il caso ha voluto che ci ritrovassimo sotto lo stesso tetto, la mi permetta di rinnovarle, a voce, quello che la mia buona Annetta le avrà già detto da parte mia.

E s'arrestò.

Era porpora in viso.

 

Questa donna, pur così risoluta e orgogliosa veniva presa da un visibile imbarazzo, dinanzi a quell'uomo ch'ella aveva tanto offeso.

 

L'ascoltodisse Steno pallido e tremante in cuore, ma col sorriso d'uomo indifferente negli occhi e sulle labbra.

 

Ella esitò ancora un momento, come se più non osasse affrontare quella spiegazione.

I suoi occhi sfuggivano quelli di Steno, che senz'accorgersi irradiavano dal finto sorriso, una collera acerba.

Ma era pur necessario ch'ella continuasse.

 

Per quanto difficile sia per me il riconoscere d'aver tortodisse ella — ora mi sento troppo colpevole verso di lei, per non pregarla a dimenticare il passato...

Non c'era bisogno della sua preghiera, per questo — disse Steno. — Io ho un carattere così fatto, che dimentico facilmente le azioni sleali.

Signor Marazzidisse la Claudia rilevando superbamente la bellissima testolina. — Ingiuriare una donna che domanda scusa, qualunque sia stato il suo torto, non è cosa degna di un gentiluomo.

È vero! — disse Steno con amaro sorriso. — La scusi, contessa. Ma bisogna anche perdonare un po' di malumore a un uomo, che se ne stava felice e senza pensieri nella pace della campagna e che viene bruscamente scosso da una inaspettata visita, che gli rammenta una pagina molto dolorosa della sua vita.

Se questa visitasoggiunse la contessa Millodovesse servire a convincermi che, com'ella disse, ciò che è accaduto fra noi non ha recato danno alla sua felicità io ci avrei guadagnato assai, perchè potrei sperare ch'ella non serberà nessun rancore verso di me… verso... chicchessia.

Chi sarebbe il chicchessia? — domandò Steno a cui la voce tremava.

Il marchese Cacciaterrarispose titubando la Claudia, abbassando la voce, e gli occhi a terra.

Ah è vero! — sclamò Steno con uno scoppio di riso convulso. — Il marchese ha approfittato dello stato dell'animo vostro, per vendicarsi di me, e sta bene. Fu guerra leale e non è con lui certo ch'io tengo rancore.

Lei non può averla con altri fuori di me — disse Claudia con un leggero sgomento che tentava invano di dissimulare.

Infatti: non l'ho con alcuno, perchè come ebbi l'onore di dirle io ho dimenticato.

L'accerto signor Marazzi che queste parole mi consolano.

Io la ringrazio, da parte mia, dell'interesse ch'ella ha la bontà di prendere per la mia quiete! Ella però me lo disse con una certa titubanza, che mi il diritto di credere non mettere ella moltissima fede nelle mie parole. Fortunatamente che per essere creduto, signora, esiste in mio favore un fatto. Lei sa che io sono un uomo leale e che non sarei capace di dare il mio nome ad una donna, qualora avessi in animo un altro amore.

Sarebbe vero?

Sì. Ho promesso alla mia buona Miette di sposarla, e fra pochi giorni ella sarà mia moglie.

La permetta signor Steno, che io gliene faccia i miei più sinceri complimenti! — disse la Claudia con gioia sincera.

 

E stava per stendergli la mano; ma si trattenne.

Temè ch'egli non l'accettasse.

Steno infatti, vedendola così sinceramente contenta, sentì uno di quegli spasimi che non si descrivono, perchè non si capiscono che da chi li ha provati.

 

Essa è la più fedele e amante delle donnecontinuò Steno freddamente, soffocando il gemito dell'orgoglio offeso, che gli ruggiva nel cuore.

Io la vedrei tanto volentieriazzardò la Claudia.

Non credo ch'ella possa dire altrettanto! — rispose Steno con alterigia.

Quand'è così, la mi permetta di raggiungere la mia amicadisse la Claudia facendo al giovine, colla testa, un cenno di saluto e dirigendosi vivamente verso la porta, dalla quale era uscita poco prima la signora Annetta.

 

Se questo dialogo non ebbe nulla di tragico, i lettori non incolpino me, ma la realtà dell'amore del giorno d'oggi, il quale, si direbbe non avere più il giusto mezzo; giacchè o si presenta sotto codesti pallidi e dissimulati aspetti, oppure ci fa fremere col racconto di misteriose catastrofi, che si sciolgono in suicidi e in assassinii.

 

Quando la Claudia si volse, leggermente sdegnosa, per l'ultima frase che Steno non aveva saputo trattenere, anch'egli fu bene a un punto di perdere il lume della ragione, scagliarsi sopra di lei, vendicarsi, incuterle almeno spavento, vedere le sue lagrime, riudirla supplicante ai suoi piedi.

 

Per fortuna si ricordò della promessa fatta alla Valenti ebbe paura del ridicolo, e si trattenne.

 

Ma quand'essa fu uscita egli si trovò davanti ad una soluzione stranamente impreveduta del suo dramma; la promessa di sposare la Miette!

Si sentì preso nei lacci del proprio orgoglio. La parola imprudente suggeritagli dal bisogno di umiliare la contessa, lo comprometteva in modo da non sapere come ne sarebbe uscito. Giacchè, quantunque alla Mietta, egli avesso tenuto un tutt'altro linguaggio, capiva che ormai s'egli non avesse mantenuto quella promessa sarebbe sembrato spregevole anche agli occhi di Claudia.

E questo pensiero, suo malgrado, lo spaventava ancora.

 

Steno era un cuore leale.

 

In questi frangenti della vita una risoluzione generosa è presto fatta.

 

La Miette non stette molto a comparirgli al fianco, annunciandogli con sorpresa essere arrivati il conte e la contessa Millo.

 

Lo so, lo sodisse sorridendo tristamente il giovane — io ho già parlato a lei, e sono guarito.

Lo dici, davvero?

Sì, te lo giuro, Miette... mia povera Miette! — rispose Steno abbracciandola. E — l'ho umiliata, sai. Dio come godo d'averla veduta arrossire di vergogna. Ah è proprio vero che la vendetta è il piacere degli Dei.

 

E si dicendo passeggiava col capo alzato, gli occhi sfavillanti, come invaso da repentino giubilo.

 

La Miette stava a guardarlo senza capir nulla.

 

Sì, sì.... è necessario! — sclamò a un tratto andando verso la fanciulla, prendendole il capo e baciandola in fronte. — Tu Miette sarai il mio angelo consolatore. Tu sì, che mi hai sempre amato, non è vero? Ascolta, povera Miette: io, ora, e forse per un pezzo ancora, non potrò più amare nessuno; ma tu sarai la compagna della mia vita, la mia più fedele amica, e non ti lascierò più, te lo giuro. Non ti parlerò d'amore, ma ti amerò più che se te ne parlassi. Mio padre ti adorerà, e sarai finalmente felice... e ricca, oh molta ricca!

 

 


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