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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Pochi giorni dopo questa discussione Michele passando per Borgo Ognissanti, sentì gridare dai rivenditori di giornali: Terribile duello seguito stamattina fuori di Porta.... per cinque centesimi.
Duello. — Stamattina all'alba fuori di Porta... avvenne uno dei soliti duelli prima alla pistola, poi alla sciabola, fra il conte O. M. tipografo e il signor Bettino D... ex garibaldino ora ufficiale di cavalleria. Quest'ultimo versa in pericolo di vita. Il conte O. M. venne ferito al braccio.
— Catterina! — sclamò Michele a un tratto dopo avere esaminato di nuovo quelle iniziali.
— O. M. sono le lettere di Osvaldo Millo. Vuoi vedere che la mia dimostrazione dell'altro giorno sul duello lo ha convertito?
Tornato a casa si guardò bene di farne motto alle ragazze.
Ma poco dopo entrò il signor Gasparrino che era il patito della Nina. E dico patito, perchè la giovinetta gli dava ben poca speranza di voler diventare sua sposa.
— Signora Claudia la saluto — diss'egli — fermandosi un po' prima della soglia, sollevandosi sulla punta de' piedi e lasciandosi ricadere sui talloni, come uomo un poco imbarazzato.
— Oh, signor Gaspare: — disse la Claudia — stamattina più presto del solito.
— S'è ammalato il capo ufficio e mi tocca di andare più presto al telonio. E lei sora Nìna, la 'un si lascia neanche salutare?
La fanciulla, che stava seduta agucchiando colle spalle rivolte all'uscio, e non s'era nemmeno rivolta per far arrabbiare Gasparino, rispose:
— La venga un po' davanti lei se la mi vuol vedere!
— Che cosa ci reca di nuovo sor Gaspare? — domandò la Claudia deponendo il libro che stava leggendo.
— Nulla, rispose il giovinetto — cioè, nulla di buono; del resto anche stamattina c'è stato un duello, e uno dei due se n'è tornato indietro tutto malconcio, e, forse a quest'ora se n'è già ito al Creatore.
— E la causa? — domandò la Claudia.
— Si vuole che sia stato per affare di donne.
— «Donne, donne eterni Dei!» — cantarellò la Nina.
S'intese allora un rintocco di campana da moribondo.
— Senti un'agonia! — sclamò la Claudia; tendendo l'orecchio — fosse mai quel povero disgraziato che restò ferito nel duello?
— Che ti gira? — saltò su la Nina ridendo. — Figurati che questa è il cioccolattiere qui dirimpetto, che sta tirando le calze per una indigestione di frittole. Me lo disse poco fa la Metella.
L'uscio si schiuse e Osvaldo Millo comparve. Gasparino s'accomiatò.
La Claudia s’accorse subito che era accaduto qualche cosa di grosso al suo amante.
— Che avvenne? — diss’ella andandogli incontro.
— Vengo a salutarti perchè parto.
La fanciulla aveva posato la sua mano sul braccio del giovane. Egli si ritrasse trasalendo come per dolore.
— T'ho fatto male? — gli chiese la Claudia a cui attraversò la mente un sospetto.
— Non è nulla — rispondeva il giovane tentando sottrarsi a quella investigazione.
— Ma tu hai il braccio fasciato? — riprese sempre più commossa la fanciulla. Gli è per questo che lo tieni al collo? Dunque sei tu?
— Chi mai?
— Quello che si è battuto stamattina?
— Tu hai già saputo del duello?
— Sei tu davvero, dunque?
— Ebbene, sì sono io. Non avrei potuto nascondertelo ugualmente. Tuo padre ha fatto un proselite.
— È vero che ne è stato causa una donna? — ripigliò timidamente Claudia.
— Ti hanno detto anche questo?
— Me lo hanno detto!
— È dunque vero! — sclamò Claudia turbata per gelosia — Chi è questa donna?
— Sei tu stessa — rispose il giovane, con un inenarrabile sorriso di fiducia.
— Io! perchè! Come mai!
— Un arrogante, parlò di te in mia presenza, e uscì fuori con una frase... una frase ambigua, che io non poteva lasciar passare.... Allora gli diedi una smentita e pretesi ch'egli ritirasse la calunnia.
— Una frase ambigua! —sclamò, tentando di sorridere — Qual frase?
— Sai; una delle solite freddure di questi signori, che parlano delle fanciulle senza conoscerle...
— Chi era costui?
— Tu certo non sai chi sia! Un ufficiale di cavalleria.
— Il suo nome?
Questo nome frizzò sul cuore della Claudia come un ferro rovente, che tocchi la piaga di un morsicato da cane sospetto.
— Che cosa ebbe mai a dire di me? — domandò in fretta per sviare l'attenzione di Osvaldo.
— Una calunnia, che mi guarderei bene di ripetere in questa stanza, per non offuscare l'aria che tu respiri.
— Era dunque una cosa ben grave?
— Più assurda che grave, — rispose il Millo. — Se si fosse trattato di certe altre donne poteva passare senza grande sfregio; ma si trattava di te, che devi essere mia moglie.
Ciò che accadeva nell'interno della fanciulla, mentre il suo amante le dimostrava una così sterminata confidenza lo pensi chi ha cuore.
— Che hai? — le domandò vedendo che abbassava il capo — io ti ho vendicata, e forse fin troppo; egli è forse già morto!
La Nina che fin'allora era stata a udire senza dir parola, vedendo che sua sorella era lì lì per tradirsi, corse in aiuto.
— Venga un poco qua da me, signor Osvaldo bello — gli disse pigliandolo per un braccio ed obbligandolo a voltar le spalle alla Claudia.— Letichiamo un momento, io e lei; una Milanese con un Fiorentino farà un bel sentire.
Osvaldo cominciò ad avere un lieve presentimento di ciò che stava per accadere. Il senso arcano lo avvertiva che nell'aria vagava un equivoco. Si volse strisciando un occhiata piena di dubbio sulla sua amante, e siccome tra le altre cose egli aveva un po' di soggezione di quell'arguta di una Nina, così per dissimularla tentò di rispondere con disinvoltura:
— Sempre con piacere, sora Nina; che mi vuol ella dire?
— Lei, ci ha raccontato che quel signore ha calunniata la Claudia, e sia bene; ma facciamo, tanto per ridere, una supposizione. È buono lei, di fare una supposizione?
— Altro che!
— Supponiamo che mia sorella, invece di essere sempre stata quella brava e buona fanciulla che lei sa, e che si vede a prima vista, la fosse stata, come sarebbe a dire, un poco.... via.... un poco civettuola.
La Claudia più morta che viva, dietro le spalle di Osvaldo, supplicava cogli occhi sua sorella di esser prudente.
— Che cosa farebbe lei — continuò — se lo venisse a sapere?
— Civettuola? Che cosa significa?
— Come? Che cosa significa? A Firenze non si capisce che cosa voglia dire essere una civettuola?
— Si capisce altro che, ma non vedo come...
— Intendo dire — interruppe la Nina — se ella avesse commesso una di quelle cose che voi altri uomini chiamate falli, soltanto quando non sono commessi con voi.
— Oh! ma questa è una supposizione impossibile — sclamò Osvaldo volgendosi con un sorriso di gelo verso la Claudia.
— Bella ragione; lo so anch'io che è una supposizione! — gridò più forte la Nina, quasi strappandogli un bottone dell’abito. — Ma, supponiamo, così tanto per ciarlare: mi dica che cosa farebbe lei?
— Io non ci ho mai pensato, e non saprei.
— Male! — sclamò la Nina — bisognava pensarci.
— Ma si direbbe quasi che....
— No, no; non si direbbe niente; mi risponda a me.
— Ah, non me lo saprebbe dire! — sclamò la Nina con una grande ironia nella voce. — Siete pur carini voi altri uomini. Non me lo saprebbe dire! Io glielo dirò allora: significa che lei con tutta la sua bontà, con tutto il suo talento, con tutta la sua delicatezza in corpo, sarebbe capace di piantare mia sorella su' due piedi. Ecco che cosa vorrebbe dire. La neghi un po'?
Osvaldo non stava più alle mosse. Non potendo far di meglio sorrise; contro voglia, ma sorrise ancora.
Era un assentimento.
— Cara Nina, disse. Io sento che non potrei per nessun patto amare una donna che avesse voluto bene ad un altro...; nè potrei sposare una fanciulla che non fosse così pura, da poter stare nel mio cuore accanto all'immagine di mia madre.
La Claudia dovette sedersi. Si smarriva, le scoppiava il cuore. Fortunatamente Osvaldo non la vedeva.
— Dunque — seguitò la Nina — lei non sarebbe neppur capace di perdonare?
— Di perdonare?... Ma qui, non si tratta di perdonare, si tratta di poter amare, o di non poter amare. Io lo confesso: sento che sarei orribilmente geloso anche del passato.
— Geloso del passato! — sclamò la Nina. — Bella frase! Ma lei ha torto. Mi ricordo di avere udita una buona idea sugli amanti che si guardano indietro. Il passato d'una donna amata è sempre un inferno pel nuovo amante, e chi vuol voltarsi a guardarlo, il meno che gli possa capitare, è di rimanere come la moglie di Lot. Anche Orfeo, sa bene, ha voluto voltarsi indietro, e ha perduto la sua Euridice.
— Ma che c'entra tutto questo?
— Dico per farle vedere che ho studiata anche la mitologia! Oh, i gelosi del passato, che brutta genìa.
— Ma lei parla, cara Nina, come una donna di cinquant'anni!
— E me ne vanto! La mi dica un po', caro signorino bello, che diritto avete voi altri uomini di pretendere, che una ragazza qualunque non possa avere amato qualcun altro, prima che la conosceste voi?
— Diritto! — sclamò Osvaldo sempre più turbato. — Non è un diritto, ma è un sentimento invincibile, una necessità del cuore.
— Che diritto avete — tirava innanzi la Nina — di pretendere, che una ragazza senza esperienza, tanto più se le è morta la mamma, non abbia a cadere nelle trappole, di cui la circondate voi stessi? Che diritto, sentiamo?
— Ripeto che diritto non è, rispose Osvaldo. Ma è più forte di me! È un bisogno così imprescindibile, che sento non potrei rinunciarvi.
Osvaldo si volse a lei e la vide così turbata, che il vago dubbio si mutò in sospetto.
— Claudia — disse andandole vicino.
La voce gli si mozzava in gola, ma parlò,
— Claudia, tu sai che io ebbi finora in te una fiducia così smisurata, che non ti feci mai una domanda seria sul tuo passato. Io non so ancora bene la ragione vera, per cui tu tentasti di annegarti in Arno; ma ora confesso, dopo quanto ho sentito.... dopo quanto pur troppo è accaduto con quel signore... Oh Claudia, levami questa spina dal cuore, parla.
— Che cosa vuoi che ti dica? — domandò la fanciulla a voce spenta.
— Giurami che tu non hai amato mai nessuno prima di me.
— Osvaldo, io ti giuro che dal giorno in cui tu mi hai salvata la vita, io non ho mai pensata, non ha mai detta, non ho mai ascoltata una sola parola, che ti possa dar ombra.
Successe un istante di silenzio,
— Io ti credo, — rispose, il giovine tremando, — io ti credo; ma ora non mi basta più. Guardami in viso, Claudia, e rispondi. Prima che io ti conoscessi, puoi tu giurarmi di non aver mai parlato d'amore ad altro uomo? Puoi tu giurarmi che, una volta divenuta mia moglie, quelli che ti vedessero al mio fianco non potrebbero ripetere sul tuo conto ciò che quel disgraziato disse ieri di te?... Parla...
La Claudia cadde in ginocchio piangendo e negando col capo.
— Oh Dio! — gridò Osvaldo portando le mani sui polsi. — È dunque vero?...
E nel suono della sua voce si sentiva ch'egli aveva sperato fino allora che non fosse vero.
— Osvaldo, amor mio, — sclamò fra le lacrime la povera fanciulla abbracciando le ginocchia del suo giovane amante.
— Chi fu? — le domandò lui divincolandosi.
— Chi fu?... — ripetè Osvaldo ferocemente.
— Bettino Delmonte — labbreggiò la misera soprafatta dallo sguardo di Osvaldo.
— Ah mio Dio! Lui che muore per mia mano? Ma dunque anche tuo padre mi ha ingannato, e io lo avrò forse ucciso per te? Egli, aveva dunque ragione?...
Si liberò dalle mani di Claudia, la ributtò fieramente indietro, e come portato dalle furie uscì...
La povera fanciulla fu lesta a rizzarsi in piedi, ma stramazzò. Si rilevò di nuovo, tentò inseguire Osvaldo; ma giunta sulla soglia dell'uscio, udendo il campanello della porta, le mancarono le forze e cadde nelle braccia di sua sorella priva di sensi.
Osvaldo da quel giorno non fu più veduto a Firenze.
Portato dal suo genio d'amore del prossimo aveva chiesto e ottenuto d'essere aggregato come laico e tipografo ad una missione nell'Indie orientali ed era partito per Madras, su un transatlantico genovese.
Il giorno dopo un sacerdote aveva chiesto di parlare alla Claudia ed a suo padre.
Era stato mandato da Bettino Delmonte moribondo, che voleva lasciare il proprio nome alla fanciulla da lui sedotta ed abbandonata dal nuovo amante, per colpa sua.
Sarebbe stato impossibile rifiutare.
Il matrimonio venne celebrato al letto di morte, e fu capriccio estremo del morente il veder la fanciulla abbigliata a nozze, come se il suo matrimonio fosse il più lieto del mondo. Sei ore dopo Claudia Valli, rimasta vedova di Bettino Delmonte, partiva per Milano con suo padre a trovare lo zio di Vienna, Leopoldo Valli di Trestelle.