Carlo Righetti, alias Cletto Arrighi
I quattro amori di Claudia

PARTE PRIMA.

CAPITOLO IX   Il terzo amore di Claudia

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CAPITOLO IX

 

Il terzo amore di Claudia

 

Pochi giorni prima, infatti, che noi la trovassimo sull'Alpe del Romitorio, venuta da Milano col maestro, per la gita al pizzo grigio, Steno, che stava alloggiato e dormiva nella casetta del romito, per poter essere sul posto al levar del sole, se ne stava un mattino schizzando i maestosi profili del suo quadro, quando, dall'erta, vide comparire, prima la testa di un cavallo, poi, di sotto a un coppellino bigio, col velo svolazzante, il più incantevole e leggiadro viso di donna, che sia dato a fantasia di pittore di imaginare.

Dietro a lei in fila parecchie altre cavalcature, portanti ciascuna una persona, poi la guida i servi e le donne colle gerle delle provvigioni.

Giunta la carovana sul prato si arrestò e tutti smontarono. La signora, che era apparsa per la prima a Steno, fu l'ultima a uscir di sella; diede una scrollatina alle vesti, alzò la veletta e lasciò vedere il suo viso bellissimo al giovane pittore, che s'era alzato e che le veniva incontro estatico.

Erano già due mesi che Steno, assente da Milano e vagante per le montagne a cercare una bella vista, non vedeva più una elegante cittadina.

Quell'amazzone, , su quel monte, in quell'ambiente poetico, sotto quel cielo alpino, doveva produrre necessariamente la sua grande impressione.

La bellezza, per sola, desta turbamenti repentini e talvolta incancellabili nel cuore degli uomini, e l'ammirazione è un moto dell'animo tanto più pericoloso quanto meno si ha tempo di premunirsene.

Se Steno avesse incontrata quell'ammirabile creatura in tutt'altro luogo, ne avrebbe risentito tutt’al più la impressione fuggevole e vaga che la bellezza produce sempre su cuore ben fatto. Ma , in quell'aura, con quel contorno, fu come un avvenimento!

Ed essa pure!

Se avesse veduto, quel giovine, in abito nero confuso a cento adoratori, in un ballo cittadino forse le sarebbe passato dinanzi inosservato. Colla tavolozza in mano, su quelle balze, in quell' atmosfera, piena di arte e di poesia.... è inutile il resto.

Gli alpinisti intanto avevano attorniato il pittore e stavano esaminando i suoi studii.

Egli non conosceva nessuno di loro, alcuno di loro conosceva lui. Non ci furono dunque presentazioni.

Steno però fu invitato a prender parte alla colazione sull'erba. Il che accettò senza fare il prezioso.

La corrente simpatica, la traspirazione invisibile s'era destata fra lui e Claudia, già dai primi sguardi.

Era simpatia vera, o non era altro forse che l'effetto potente dell'aura alpina, del luogo, delle circostanze, in cui era avvenuto il loro incontro?

Donne confessatevi tutte! Quale è fra voi che in occasioni consimili non si sia sentita l'anima assai disposta ad accogliere una nuova poesia d'amore?

Il fatto è che dopo un paio d'ore Steno e Claudia erano già arrivati, pur parlandosi appena, a quello stadio di eccitazione nervosa che di poco precederebbe la inevitabile dichiarazione di amore, se una dichiarazione potesse farsi soltanto cogli occhi.

Chi non sa come sia potente il linguaggio di quattro occhi, che cominciano a interrogare e a rispondersi a vicenda? Che comandano e obbediscono, pregano e concedono, confessano ed assolvono tacitamente, e quasi inconsapevoli essi stessi della loro espressione?

 

Dopo un'ora Steno aveva già fatto capire mille volte colle pupille alla Claudia: Come siete bella! Come vi ammiro! Come vorrei poter avere il diritto di dirvi che la vostra presenza mi rende felice! Come sarò addolorato quando non potrò più vedervi!

E dal suo canto la Claudia, assai meno procace, ma pur gli aveva già lasciato intendere queste risposte: Come mi piace di essermi accorta che vi sono piaciuta! Come mi siete simpatico! Come mi pare che diventerò malinconica lontana da voi!

 

E fu per tal modo che il terzo amore di Claudia spuntava sull'orizzonte.

 

La Claudia ormai era guarita della memoria di Osvaldo Millo — erano già passati tre anni dal suo abbandono — e ne' suoi sogni di vedova galante, rinvocava con ardore il dolce e misterioso sentimento, che la doveva, una buona volta, rendere felice.

L'ospite ambito, l'ospite bramato le faceva dunque la sua inaspettata ricomparsa, senza andarlo a cercare. Ella ne risentì una sterminata allegrezza. A questo mondo non si può innamorarsi quando si vuole! È più difficile di quello che si creda.

Voi felici Catullo e Anacreonte che col facile verso foste i primi a descrivere il dolce mistero di questo invidiabile turbamento.

 

Quando venne il momento della partenza parve a Steno che una voce gli gridasse: preparati a restar solo al mondo. Non aveva mai provato nulla di simile in sua vita.

L'ora terribile per gli innamorati si avvicinava. Giù nelle valli il tramonto era già un fatto compiuto; le montagne, cosparse di immani ombrïe, disegnavano spiccati i loro profili sul luminoso orizzonte. Steno, già ebbro del suo nuovissimo amore, guardava la Claudia, che si estasiava alla vista di quel tramonto; e vi fu un momento in cui, quantunque avvezzo a quello spettacolo, si sentì l'animo invaso da una tenerezza soverchiante, e volgendo lo sguardo alla bella vedova, per dirle ancora tacitamente ciò che provava, incontrò quello di lei che gli rispondeva la stessa cosa.

Come siete bella e come già io vi adoro! — le susurrò sottovoce tremando.

 

Quando la Claudia si mosse per partire mandò al giovine sconosciuto un ultimo sguardo, fu l'aspettato, il desiderato sguardo di addio, pieno di mestizia e di desiderio; lo sguardo che disse a Steno: ora debbo lasciarti; lo sguardo che, al momento dell'inesorabile distacco, rivela che la simpatia già destata sta per mutarsi in sofferenza.

 

Sola, la notte, nella sua cameretta, alla Claudia parve di avere vissuto in poche ore un anno. Il: come siete bella, di Steno, dettole con voce sincera, entusiasta, convinta le risuonava nella fantasia, come una di quelle melodie insistenti, le di cui note si svolgono spontanee nella mente, prima ancora che le susciti la memoria.

 

Steno aveva dovuto fermarsi al Romitorio; ma il giorno dopo discese allo Stabilimento. La sconosciuta non c'era.

Domandò di lei a tutti quanti. Gli dissero essere Claudia Delmonte, vedova, che villeggiava presso U... nel castello di suo zio, il barone di Trestelle.

Volò a U.... Essa era andata a Milano per qualche giorno.

Dovette tornare all'Alpe, malinconico, a finire il suo quadro!

 

Dal canto suo la Claudia, di ritorno alla villa da Milano, aveva riproposto, a' suoi amici, come abbiam veduto, una nuova gita all'Alpe del Romitorio, per rivedere Steno Marazzi.

 

Sappiamo come Steno, dal canto suo, questa volta, non avesse voluto aspettarla, per non lasciarsi scorgere da lei al fianco della Miette.

 


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