Carlo Righetti, alias Cletto Arrighi
I quattro amori di Claudia

PARTE SECONDA.

CAPITOLO IV.   Il più orrendo dei gridi.

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CAPITOLO IV.

 

Il più orrendo dei gridi.

 

In mare, nulla di più uggioso quanto lo scendere della notte colla preoccupazione della tempesta. Nondimeno il beccheggio ed il rullio, i quali, per chi nol sapesse, sono i due modi di barcollamento d'una nave, pel lungo e sui fianchi, non erano ancora giunti al punto da essere un supplizio. Il bastimento, poderoso ed equilibrato, reggeva bene al mar grosso, e volava sulle onde, tagliandone, come spensierato, le minacciose volute.

Alcuni del resto amano il rullio per addormentarsi. È per essi, come pei bambini, la ninna nanna.

Nella gran sala c'era molta gente; e, a finestrelle chiuse, l'afa era soverchia.

Forestina, entrando, udì un gran ronzio di voci e si vide tutti gli occhi addosso. Chi parlava, chi leggeva, chi giuocava. Ella andò a sedere presso una madre indostana, che teneva al seno un suo poppante e terminava di apprestargli la turgida cena. Al comparir dinanzi dei tre uomini, che seguivano la bella, essa nascose la poppa e rizzò sul grembo il suo fantolino; ma il furbo cominciò a strillare. La madre allora, lo fece andare in seconda, e il dolce capezzolo gli turò in bocca il pianto. Parve l'ultima nota, trattenuta a stento da un clarinetto, che non abbia veduto il direttore dell'orchestra segnar la fine del pezzo.

A poco a poco il caldo e il barcollamento produssero la loro inevitabile azione di languore e di assopimento.

Un greve silenzio si fece in quella sala.

Quando si va incontro alla tempesta fugge anche la voglia di distrarsi. Una vaga, errabonda fantasticheria, consigliata dal rullio e da quella taciturnità, e dall'ombra in cui era avvolta la sala, cominciava a presentar le sue cangianti e incerte imagini, a tutti quei cervelli sonnolenti. Gli occhi dei più si velavano, e le teste traccollavano or di qua or di a seconda del cullar del legno.

E già parecchi s'erano coricati nelle cabine altri si disponevano a recarvisi....

 

Quand'ecco un urto immane e uno scroscio orrendo s'intesero. Tutti furono violentemente rovesciati o cozzarono l'uno contro l'altro esterrefatti... E poco stante un grido funesto, un grido pieno di inenarrabile angoscia, s'intese dalla scala, sopra le loro ; e una voce che sclamava:

Investimento! Salva chi può!

Nulla al mondo, di più spaventevole di codesto grido. Fra tutti gli umani terrori quello di un simile istante, non ha riscontro possibile con nessun altro per la sua orribilità. Tra veglia e sonno, in alto mare, di notte buia, c'è nella voce di un marinaio, che grida: il salva chi può, qualche cosa che supera qualunque urlo più straziante! Non ruggito di tigre vicina, non annuncio di incendio o di morte! Si direbbe, che in quell'accento disperato, stiano raccolte tutte le angoscie, tutti gli spasimi, tutte le maledizioni, che accompagnano il più straziante dei supplizi, il supplizio dei naufraghi!

Vi fu quel momento di sospensione, di maraviglia, di sbalordimento, che segue immediatamente l'annuncio d'un grande pericolo o d'una grande sciagura. Ma, passato il colpo, incominciò il parapiglia e, in meno che non si dica, si fece violento e si distese per tutta la sala e scoppiò in un vasto e fragoroso clamore di pianti e imprecazioni e bestemmie, e lamenti di donne, e garriti di bimbi e atti di rabbia e di disperazione, che sarebbero stati strazianti o ridicoli, se in quel punto l'egoismo, nel pensiero della morte, non avesse parlato a ciascuno la sua prepotente e solenne parola!

Anche Forestina sorse in piedi atterrita. Il barcollare del bastimento era cessato, giacchè la carena s'era fitta su uno scoglio e stava soda! Ma s'udiva il rumore spaventevole dell'uragano, e il muggito dei fiotti che battevano sugli immobili fianchi del legno, e il fischio acutissimo e continuo del vapore, che chiedeva soccorso.

Mario, dopo aver fatto un salto come per lanciarsi fuori dalla sala, ond'aver notizia del caso, si pentì, e tornò presso sua moglie.

Per carità Forestina non ti perdere d'animo — le disse — vieni anche tu, seguimi.

E l'afferrò per la mano.

Osvaldo e il Milionario sgomenti nell'animo, ma calmi nell'aspetto, lasciavano che gli altri, i quali si accatastavano dinanzi all'uscio per montar sul cassero, fossero sfogati fuori tutti.

Mario passò loro d'accanto.

Non distacchiamocidisse — Per la vita e per la morte!

Per la vita e per la morterisposero i due stringendogli la mano.

La scaletta era tutta ingombra. Dalle cabine arrivavano a frotte i passeggieri, sonnolenti e spaventati, a quello sfogo. I più deboli ributtati indietro, provavano, sagrando, la legge brutale del più forte.

Quando Dio volle furono tutti all'aperto. La confusione era al colmo. Tutti interrogavano, nessuno rispondeva; nondimeno la disperazione e lo scoraggiamento non erano ancora comparsi. L'ansia era flagrante: l'imprecazione tuonava furibonda su quei labbri; lampi di collera contro il capitano e la ciurma, e ribellione contro la rea sorte, e il vento, e il mare, e lo scoglio e Dio!

Il capitano, che stava sul palco di comando, premeva invano sul bottone del telegrafo per dare gli ordini. Inascoltato discese furibondo. Il secondo ed il pilota erano andati sotto a visitare la stiva: la prora s'era squarciata sopra uno scoglio madreporico e dalla immane fenditura entrava a fiotti il mare, che scorreva giù nella poppa. Il davanti, conficcato, era più in alto che la parte posteriore, la quale cominciava a girare in tondo, zimbello del vento e dei marosi. Invasa dall'acqua, che si acculava nella stiva, sprofondava lentamente.

Dove siamo? — domandò il principe al secondo.

Dovremmo essere in vista della Deserta se la burrasca non ci ha fatto deviare più del bisogno... Questo scoglio, su cui ci siamo perduti, non è notato sulla carta.

Tagliate viagridò una voce potente.

Era quella di Mario che pregava i marinai di troncare le funi, che sostenevano la sola lancia che fosse rimasta a bordo. Le altre, erano state portate via dalle onde.

Ma la fretta, la confusione, la oscurità, lo spavento, rovinarono ogni cosa. La barca, calata in mare, spezzò il cavo e fuggì trascinata anch'essa dalla tempesta.

Era stato anche questo un colpo di testa! Dove avrebbero potuto approdare nell'oscurità della notte, ancorchè fossero entrati in quel palischermo?

Fu allora che cominciò l'ultimo stadio della crisi: quello della rassegnazione. Non c'era più nulla da fare, fuorchè aspettare.

La disperazione scendeva funebre negli animi, giacchè la morte si presentava ormai certa e inevitabile.

Allora tutti si volsero al mistero dell'altra vita.

Alle pompe si era già rinunziato, giacchè lo squarcio nella carena era troppo vasto.

Il capitano colla ciurma si raccolse sulla punta estrema di prora, intorno a un piccolo cannone a cui tentarono dar fuoco. Le ondate, che investivano senza posa il ponte, rendevano impossibile accendere la miccia.

I passaggeri, stretti fra loro, aggruppati intorno al fumaiolo della macchina, aspettavano la loro lugubre sorte. La poppa era già sparita sotto acqua.

Passarono così cinque ore — cinque secolifinchè all'orizzonte si mise il chiarore che annunciava l'alba. Quello che si mostrava all'orizzonte era ben più la speranza che il sole. Essa rinasceva con la luce negli animi. La luce in mare è sempre speranza!

Quando il cielo fu abbastanza chiaro si vide infatti una terra lontana poche leghe. La scoprì pel primo il mozzo, che stava in cima al pappafico e che la salutò con un acuto urrà di gioia.

Salve o terra di salvamento! Che sterminato urlo di giubilo fu quello!

Era un banco deserto, un luogo da morirvi di sete, e di fame; ma si avrebbe avuti i piedi a segno, e c'era poi sempre la solita lusinga di scoprire una vela.

Intanto il legno, ormai quasi sfasciato, stava per perdersi del tutto.

Mario s' avvicinò al capitano che col suo snow spectacle stava esaminando la terra e gli disse:

Vedete alcuno?

No.

Conoscete voi quella terra?

Sì, ma deserta.

Avreste voi un marinaio forte nuotatore?

Sì.

Credete che possa arrivare fin con un cavo in bocca o legato al corpo?

Il capitano, diede una sconsolante occhiata al mare furibondo e rispose:

Vedete che ira di Dio!

Coraggio! — gridò Mario — il nome di questuomo?

Fether.

Dov'è?

seduto sull'àncora.

Mario gli andò vicino.

Siete voi Fether?

Sono io, milord.

Volete voi tentare il salvataggio? Se ci riuscite a portar un cavo a terra vi prometto mille sterline.

Fether non si scosse. Ciò che in tutt'altro momento lo avrebbe fatto balzar di gioia ora lo lasciava indifferente ed incredulo.

È impossibiledisse.

Nulla deve essere impossibile a un marinaio inglese.

Fether fissò Mario negli occhi e si rizzò in piedi. Diede uno sguardo al mare, probabile tomba, e cominciò a spogliarsi.

Apprestate un cavo lungo fin gridò a' suoi compagni — il meno greve che sia possibile. Montò sulla sponda restò un po' perplesso poi ridiscese.

È una pazzia! Non ci si arriva!

Allora Mario non esitò più. Si volse a Osvaldo Millo, e disse:

Io tento per salvare Forestina. Se io soccombo e se poi giungeste a salvarla ve la raccomando. Si strinsero la mano; egli prese la corda in bocca e si slanciò nelle onde.

Intanto i marinai costruivano una zattera per imbarcare le donne.

Il Millo raggiunse Forestina. Ella aspettava quasi impavida la morte. Ormai vi si era rassegnata.

Chi vedendola tanto gentile si fosse maravigliato di trovarla così forte dinanzi all'estrema ora, avrebbe mostrato di non sapere di quale energia sia capace una donna nelle prove supreme. Maria Antonietta, che fu la più leggera delle regine durante il suo regno, diventò un'eroina quando si trattò di andar al patibolo. Se la rivoluzione francese non fosse accaduta, nessuno avrebbe potuto sospettare di quanta forza d'animo fosse capace quella sventurata donna.

Tutti stavano cogli occhi intenti sul coraggioso che nuotava verso la terra per la salvezza di tutti. Ma la speranza ch'egli potesse riuscirvi scemava ad ogni ondata da cui era miseramente travolto e coperto.

Allora per iniziativa del principe di Bandjarra, cominciò una preghiera generale. Poi la confessione dei peccati.

Uno per tutti e tutti per ciascuno! Chi si fosse salvato promise che sarebbe stato l'araldo funebre ai parenti di tutti gli altri. Anche le formalità dei testamenti furono assai brevi. Il principe consegnò il proprio al capitano, in articulo mortis. Fu quello certamente l'atto di questo genere, più solenne d'ogni altro. Gli consegnava 28 milioni.

Il capitano, in faccia a testimoni, fece quello che si usa in simili circostanze, allorchè nessuno spera salvamento. Rinchiuse tutte le carte di credito, i documenti e i testamenti in una cassettina impermeabile e contornata di sugheri e di galeggianti, con una banderuola in cima, col nome del bastimento andato a picco. Essa fu posta sulla zattera, ultimo rifugio dei naufraghi, quando i resti del bastimento strappati dalle onde fossero sprofondati. Gli urti feroci delle fluenti montagne non avevano posa; la poppa era già scomparsa sott’acqua e il piano del cassero s'era già tanto inclinato, da non potervisi reggere che aggrappati alle sponde, alle sartie e alle manovre di prora.

Mario però nuotava ancora. Lo si vedeva ergersi talvolta sulla cresta dell'onda, talvolta sprofondar nella convalle, ma avanzare coraggiosamente verso l’isolotto, tirandosi dietro il cavo che si sgomitolava dal bastimento.

Dopo qualche tempo s'intese un grido di gioia.

Eccolo a terra! È salvo! È salvo!

Fu veduto infatti rizzarsi sulla costa un ombra d'uomo, colle braccia alzate in segno di trionfo!

Allora fu annodato alla zattera il cavo salvatore, che Mario teneva dall'altro capo sulla riva, e tutti si prepararono a discendere in mare.

In questo punto un'ondata tigre piombò spaventosamente ululando sulla carcassa, coprendo ogni cosa e strappando una gran parte della bordatura. Quindici o venti infelici, furono travolti in mare con essa, senza che alcuno se ne accorgesse, giacchè quella diabolica massa d'acqua aveva levato a tutti la vista e il respiro. Le grida dei caduti non furono intese nel frastuono del mare... Ciascuno aveva da pensare a stesso.

Seguita un po'di tregua i marinai calarono giù la zattera e invitarono le donne a discendervi.

Forestina fu la prima, e dietro a lei tutte le superstiti. Erano soltanto undici; ne mancavano sette all'appello. Il bambino viveva e vagiva disperatamente. Il capitano diede allora il grido supremo e tutti si gettarono in acqua.

Osvaldo Millo raggiunse la zattera dove stava Forestina seduta sulla cassetta dei testamenti. La zattera trascinata a terra da Mario cominciava a scorrere sulle onde. Quante volte fu sul punto d'essere rovesciala dai colpi di mare. I nuotatori intorno la raddrizzavano.

Finalmente si toccò la riva. Erano salvi.

Il capitano fece l'appello. Mancavano quarantadue persone, fra le quali Tomaso Bussi principe di Bandjarra.

L'agonia era cessata, ma stava per incominciarne una nuova. Essi trovavansi dinanzi ad un ignoto non meno terribile di quello che la burrasca preparava loro poco prima: la morte per fame!

Nessuno aveva pensato a provvedersi di viveri; fra poco del bastimento non sarebbe rimasto più traccia.

Se non che la speranza di scoprire un soccorso brillava a tutti. Quella era la via dei bastimenti. In ogni modo l'idea di dover morire non dava più spasimo. Cessata la sorpresa, tutti s'erano rassegnati alla triste fine.

Uno dei pali della zattera fu eretto in albero per servir di segnale, colla bandiera in derno.

Verso sera sette cadaveri erano già stati gettati alla spiaggia.

Quello del principe di Bandjarra non c'era.

Intorno agli estinti si riunirono tutti i naufraghi per rendere loro colla preghiera gli estremi onori. Giammai preghiera fu più fervente per un doppio scopo! Pietà per l'anima dei trapassati e pietà per la vita di chi restava.

Una vela! — fu udita una voce sonora che coprì l'ultimo amen.

Una velaripeterono tutti in coro giubilando.

Sei ore dopo i miseri erano a bordo di un brik genovese, che faceva rotta per il porto di C... carico di cotone... Dopo otto giorni di felice navigazione vi entravano gloriosi e trionfanti!

 

 


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