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CAPITOLO IX.
Come si arrivi a scoprire una voglia.
La casa doveva abitava nel 1875 Steno Marazzi, sorge dinanzi ad un oscuro caffè!
Bamboccia si era posto di guardia a quel caffè. L'assenzio vi era sopportabile.
Aspettò un pezzo. Ma poi un calesse vuoto si fermò dinanzi a quella porta, e Steno, con un plaid sul braccio, una borsa da viaggio e una cassetta da pittore nelle mani vi entrò, e disse al vetturino di andar alla stazione.
Bamboccia due minuti dopo era alla stazione.
Steno levò un biglietto per U...
Bamboccia levò un biglietto per U... Poi prima di partire, andò al banco dei libri e comperò un Bedeker.
Steno entrò in un vagone di seconda classe a non fumare, vuoto.
La spia, imperterrita, facendo il dinoccolato lo seguì, colla sua brava guida rossa sotto il braccio, nel vagone di seconda a non fumare.
Il pittore si sedette nell'angolo a destra colle spalle rivolte alla locomotiva;
Bamboccia gli si sedette di fronte.
Cavò di tasca un sigaro e con molta gentilezza domandò a Steno il permesso di fumare.
Questi si curvò leggermente e con un gesto fè' cenno che permetteva.
Allora la spia gli offrì un attorcigliato.
L'altro rifiutò, senza dir parola.
— Lei non fuma? — domandò Bamboccia.
— No signore.
Questi dialoghi forzati, in Italia, capitano tutti ì giorni, anche fra gentiluomini. In Inghilterra anche fra Inglesi non se ne dà il caso! Come hanno ragione gli Inglesi di esigere sempre una presentazione! La presentazione è una malleveria.
Bamboccia si mise a leggere la guida.
A un certo punto diè in un piccolo grido di sorpresa e sclamò.
— Grandi originali gli Americani! Questo poi non lo sapevo.
— Le pensano tutte! — ripigliò Bamboccia.
Il Marazzi, fuor d'ogni sospetto, questa volta tacendo avrebbe fatto uno sgarbo flagrante a quello sconosciuto così gentile.
— Perchè ?
— No.
— Allora glielo tradurrò in italiano. Qui negli avvisi della mia guida trovo che un Americano ha aperto un concorso di cento sterline per colui che potesse provare in Europa, di aver una voglia di lampone sul corpo.
— Oh diamine! — sclamò Steno ridendo — Io potrei concorrere!
— Lei? Oh guarda! Possibile! Che combinazione! Il male è che bisogna andare all’Esposizione di Filadelfia, ed esserci pel 30 aprile dell' anno venturo 1876.
— Eh chi sa che io non ci vada! — sclamò Steno.
Così dicendo Bamboccia aveva sclamato fra sè: Lo tengo! È proprio lui!
Il dialogo avviato in tal modo non cessò che a U...
All'albergo, Bamboccia si fece dare la camera di fronte a quella assegnata a Steno.
Il quale entratoci, chiuse 1'uscio, e tirò il paletto.
— Si chiude? Buon segno! — pensò Bamboccia e si mise pian piano nel corridoio ad origliare.
Codesto vezzo dell'origliare agli usci, era il suo forte!
Il Marazzi di dentro zufolava allegramente il Sulle sponde del Danubio, valzer, come l’uomo più spensierato della terra, e lo si sentiva scarpicciare nella stanza.
Poco dopo Bamboccia distinse tutti i piccoli fruscj d'una ben fatta toeletta: l'acqua versata nella catinella, lo stropicciar delle mani sul viso, e così via.
Dopo mezz'ora Steno uscì tutto mutato e lindo, in semplice eleganza campagnola.
Bamboccia gli tenne dietro giù dalle scale.
Questa volta però dovette sputar la voglia di seguirlo, perchè Steno montò in un calessino pronto a riceverlo, e la spia trovò prudente di non farsi scorgere a tenergli dietro.
Egli rimontò in camera e scrisse al suo amico Nataniele Rota.
Lo Steno Marazzi di cui mi avete fatto domanda, l'ho trovato e lo tengo in vista. Ma finora non ho alcun indizio per crederlo un mandatario dei clericali per l’assassinio dell'imperatore Guglielmo. Attendo nuove istruzioni ed una promessa più formale, circa l'utile che mi potrà derivare da' miei servigi.
Steno tornò all'albergo verso le dieci di sera. Si chiuse in camera dove poco dopo tutto fu silenzio e tenebra.
Verso il mezzogiorno del giorno dopo l'uscio di lui si spalancò.
Bamboccia era al varco. Vide il suo giovine sorvegliato in manica di camicia, che terminava di abbigliarsi. Sulle pareti della sua cameretta stavano distesi dei bozzetti di paesaggio.
— La scusi, caro signore — disse egli col suo fare insinuante — Lei è Steno Marazzi non è vero?
— Per servirla.
— Sarebbe ella mai parente d'un certo Annibale Marazzi, che stava una volta dalle parti del ponte degli Olocati?
— No signore. Io non ho parenti a Milano, fuori di mia madre.
— Le feci quella domanda, forse un poco indiscreta, perchè sfortunatamente io sono creditore di una somma piuttosto rilevante da questo Marazzi, di cui non ho più potuto avere notizie.
— Mi duole di non poterle dare alcuna informazione.
— Sa lei il giorno preciso dell'arrivo dell'imperatore di Germania?
Il giovine alzò le sopracciglia come a dire:
— Che me ne frega a me? — e rispose:
— Non so.
«O non è lui o ben matricolato!» pensò Bamboccia.
E qui fingendo di vedere in quel punto i bozzetti sclamò:
— Studii dal vero, se non erro? Sta a vedere che noi due siamo colleghi!
— Pittore anche lei?
— E me ne vanto!
— Ercole Bamboccia, per servirla.
Il Marazzi, che si era preparato a dire il solito: Mi congratulo; la conosco di fama — udendo un volgare e oscurissimo cognome biascicò:
— Molto piacere di fare la sua conoscenza!
— Ho studiato tre anni, ma ora non esercito — s'affrettò di aggiungere la spia. — Però, caro vicino, la passione è sempre viva, e quando vedo dei dipinti non posso stare alle mosse. La permette?
— S'accomodi.
Bamboccia entrò; con una delle sue occhiate inquisitorie fece l'inventario d'ogni cosa.
Notò sul piano del caminetto un revolver, un ritratto bellissimo di donna — era la Claudia — e un fascio di lettere. Sui cassettone una rosa posatavi con garbo, che pareva dire: sono un dono prezioso. Sul tavolino un rompicapo. Egli però finse di darsi tutto all'ammirazione dei bozzetti. E, siccome aveva ingegno, lodò con criterio da intelligente. Anzi adulò.
Erano i bozzetti dell'Alpe del Romitorio.
L'adulazione, checchè se ne dica, è sempre potentissima anche sulle anime schiette e modeste. Da quel punto il buon Bamboccia ispirò una simpatia non indifferente al giovine pittore. Quel giorno pranzarono alla stessa tavola e le confidenze andarono tant'oltre che Bamboccia seppe come Steno fosse venuto a U... non soltanto per copiare paesaggi, sull'alpe del Romitorìo, ma per rivedere una donna che villeggiava ne' dintorni: la signora Claudia Delmonte.
Da quel giorno avevano stretta amicizia.
Di ritorno a Milano la spia andò ogni giorno a trovarlo nel suo studio per tenerlo d'occhio.
L'imperatore fece la sua entrata, gli si fecero le luminarie in piazza del Duomo; gli si fecero le riviste in piazza d'Armi, si fermò, partì, senza che Steno desse a Bamboccia il benchè minimo indizio che volesse ucciderlo.
Nè Bamboccia ricevette altre lettere da Nataniele Rota prefetto di....
Così era venuto l'autunno del 1876.