Carlo Righetti, alias Cletto Arrighi
I quattro amori di Claudia

PARTE SECONDA.

CAPITOLO XIV.   A Roma.

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CAPITOLO XIV.

 

A Roma.

 

Mario Fox aveva pregato Osvaldo di presentare Forestina a sua zia ed all'Adele, onde non restasse a Milano senza un'amica7 e avesse una entratura e una compagnia nei giorni che egli faceva conto di andare a Roma per ritrovare sua madre.

La zia aveva accolta la bionda bellezza con mal dissimulala avversione, e soltanto per non dire di no a suo nipote, che, divenuto milionario, non era più un nipote, ma un Dio.

La splendida leggiadria di Forestina le era uggiosa. Dio guardi se ella ne avesse conosciuta la origine, o avesse saputo a chi maritata.

Adele e Forestina, pochi giorni dopo, avevano manifestato a Mario e a Osvaldo il desiderio di andar un po' in campagna.

Milano in que' giorni s'era spopolata di nuovo e per esse, prive di relazioni, la giornata era piena di noia.

Osvaldo, che sapeva di dover recarsi a U... per intendersi col sindaco, intorno alla fondazione dell'opificio, pregò il Mario di cercare una villetta in que' dintorni; e questi aveva presa a pigione una specie di cottage vicino al lago e vi aveva condotte le due donne.

Il Millo promise loro, dal canto suo, che le avrebbe raggiunte fra pochi giorni, non appena avesse avviata la Banca dell'onore.

 

Pochi giorni dopo Mario, chiesta licenza al conte Osvaldo, partiva solo per Roma a cercare la mamma, che non aveva riveduta da vent' anni.

Egli non ebbe il coraggio di andar fuori prima a U... salutare Forestina, tanto meno gli venne il pensiero di condurla seco nella città del suo delitto.

L'idea di sapere se sua madre fosse viva e di ottenere il perdono almeno da lei, gli aveva invasa la mente così, che non avrebbe potuto volgerla a nessun altro pensiero.

Si fugge dal carcere, non si fugge dalla propria coscienza.

Rivedere dopo vent'anni il luogo dove si è vissuta la giovinezza, — d'onde si fu strappato dalla mano della giustiziadove forse vive ancora desolata e povera la donna che ci diede la vita, deve essere certo una delle più forti emozioni dell'animo umano.

Mario la presentiva tutta; pure trovava in essa una parte di sperato conforto. La sua fantasia, lusinghiera, gli dipingeva tutto per il meglio. Si immaginava ciò che avrebbe provato, sboccando sulla piazzetta di Trastevere, dove sorgeva la paterna casa; s'immaginava, a rivedere la finestra della sua antica stanza, chissà ora da chi abitata... che tuffo nel sangue! Poi a un tratto gli si presentava dinanzi il camposanto, colle due miserande croci di suo padre e di suo fratello; e per sviare quella imagine ripensava che quel cruccio insistente e funesto, il quale nei giorni neri gli aumentava il rimorso, dovesse finalmente lasciarlo in pace una volta che avesse compiuto il pellegrinaggio e ottenuto il perdono di sua madre.

«Ma... e se fosse morta? No; è impossibile! La troverò forse povera e infelice, ma ora sono in grado di soccorrerla.» — mulinava nel vagone, mentre volava verso la città eterna. «La tirerò a Milano con me, le farò conoscere la mia Forestina, e vivrà felice i suoi ultimi anni. Forse sulle prime non saprà ravvisarmi. Vent'anni! Ero un ragazzo allora. Ma forse la voce.... E poi la mamma! Ma e se invece?... fiera com'è?...»

Una terribile idea gli scattò nel cervello. Fu proprio come il babao, che, spinto in su da segreta molla, scoperchia la scatola dove sta costretto e sorge improvviso nelle mani del fanciullo: «E se invece.... non mi perdonasse

Ecco Roma, ecco Roma! — sclamò la fresca voce di una ragazzina, che teneva il capo fuori dallo sportello.

A quell'annuncio, pur così semplice ed aspettato, Mario, sprofondato nelle sue memorie, trasalì. Si mise dall'altra parte alla finestrina e poco stante ad una svolta della ferrovia gli apparvero nella loro nota maestà i sette colli e la superba cupola.

Che sguardo fu il suo! Quanti affetti nuovi e quante rimembranze orrende, stavano in quella pupilla intenta sulla città della lupa. Ad un certo punto gli parve che dall'ultima volta, che aveva veduto quel panorama non fossero passati che pochi giorni. Si ricordava che l'ultima volta egli aveva veduta Roma dall'altura della Storta, e tutte le più minute particolarità di quel giorno, gli si riaffacciarono. Miraggio murale strano ma pur tanto vero! Per di egli era tornato a Roma da una delle solite scampagnate coi ribaldi compagni.

 

Si arrivò! Per prudenza si fece condurre a un certo alberghetto fuori di Porta del Popolo, dove sapeva che non sarebbe stato conosciuto; e non potendo attendere la sera, s'incamminò verso l'antica abitazione di suo padre.

Come gli batteva il cuore! Come gli pareva che tutti lo spiassero.

Giunto sulla gran piazza una povera donna con un bimbo in braccio gli domandò l'elemosina offrendogli un rosario. Non seppe dirle di no e fermossi per comperarlo. In quel punto gli parve che un vigile urbano, accompagnato da un grosso cane, gli avesse posti gli occhi addosso.

 

S'avviò per passar il Tevere al ponte di Castel Sant'Angelo. Ma anche qui una truce immagine gli faceva torcere il cammino. , sulla piazza, dinanzi al ponte, egli avrebbe dovuto essere giustiziato se l’età non gli avesse salva la vita!

Passò il Tevere sul ponte vicino e, dopo aver attraversata Lungara, si trovò sul largo dinanzi a casa sua.

L'aspetto della piazzetta era tale e quale lo aveva lasciato vent'anni dianzi. Lo sguardo corse subito alla finestra della sua cameretta, e stupì di non provare tutta la emozione che s'era immaginato di dover sentire. Come un neofito duellante, che la notte prima veglia e trema al pensiero dello scontro, eppure si presenta ilare e disinvolto sul terreno, così il marito di Forestina sentì tornar in petto una gran calma alla vista della paterna casa.

Egli aveva sfruttata d'avanzo l'emozione.

La finestra era illuminata.

Che fosse mia madre che veglia! — pensò.

La porta era chiusa e picchiò.

Era una porta alla fiorentina col saliscendi.

Chi è? — domandò dalla finestra di primo piano una voce di donna, sconosciuta.

La signora Clelia Arcangeli sta qui ? — domandò il Mario.

Clelia Arcangeli? — ripetè in tono di sorpresa la voce. — Io non l'ho proprio mai sentita a nominare.

Mario, che stava col respiro mozzo, la testa in su, le braccia un po'sollevate in atto di interrogare, si sentì cascare ogni cosa.

Però aspettateripigliò la Trasteverina — forse la padrona qui sopra lo saprà. Ora tiro il cordone.

E si ritrasse chiudendo la finestra.

Di a un minuto Mario intese il crach del saliscendi, che si era alzalo. Stando egli pigiato contro l'imposta, questa s'aperse ed egli entrò nel corridoio.

A capo della scala ben nota, con un lumino nella destra e il mazzarello — che a Firenze chiamano la bacchetta per ferri da calze — nell'altra mano, comparve una gnocca di donna, che gli disse:

Ora che m'arricordo, mi par bene di averlo sentito alluminare codesto nome che avete detto. Se volete parlare colla Lucrezia Navona essa abita da settant'anni in questa casa.

«La Lucrezia Navona! — pensò fra Mario. — Quella che diceva che io gli tiravo il figlio a perdizione.» — E dove sta ora?

Sta a terzo piano. Come padrona di casa essa vuole guardarci dall'alto in basso!

Grazierispose il Mario con l'accento asciutto di chi desidera non gli si aggiunga di più. Giacchè l'altra, dal fare, si capiva che avrebbe lasciato volentieri libero freno alla parlantina.

Montò a terzo piano e picchiò.

Una voce rabbiosa e senile gli disse:

Avanti.

Mario spinse le imposte ed entrò.

 

La Lucrezia Navona stava seduta nel suo seggiolone di venti anni dianzi, snocciolando fra le dita il solito rosario. Il suo viso arieggiava quello della Sant'Anna del Maratta, e il naso adunco pareva, come dice il Belli, che le facesse conversazione col barbozzo.

Un gattone dell'emma epicureo e sonnolento le ronfava accanto, su una sedia. Sul tavolino, a lei dianzi una lucernetta e un mazzo di carte.

Depose il rosario in grembo, tolse in mano la lucerna, fece schermo alla fronte coll'altra mano aperta e disse:

Chi cerca vostra eccellenza?

«Strega malnata! — scamò fra il Mario. — «Ell'è viva ancora, e ha pur venti anni più di mia madre

E pensò:

«Se le parlo di lei, questa strega è capace di riconoscermi, e allora guai a me. Bisogna che la pigli da lontano

Chi cerca l'eccellenza vostra? — ripetè la Navona, allungando il collo.

La comare di primo pianodisse egli falsando la sua voce naturale e affettando l'accento lombardo — mi disse di montare da lei che è la padrona di casa, per avere notizia circa il prezzo di essa e circa gli inquilini che ci stanno e che.... ci stavano.

Il prezzo? — sclamò la vecchia — che prezzo?

Il prezzo di acquisto, qualora il municipio volesse comperarla.

Comperarla! — ripetè la megera, con voce minacciosa. — A che scopo, di grazia, comperarla?

E la sua voce così dicendo s'era mutata di un tratto. Credeva aver capito che chi le parlava non fosse un Romano di Roma.

Il che per una Trasteverina vuol dire gente di poco.

Comperarla, per riedificarla in rettifilo.

Ma che riedificare, ma che rettifilo dei miei corbelli, caro signor mio — sclamò stizzosa — Ci ho da essere, anch' io mi pare, ci ho da essere! E perchè si vuol riedificare la casa mia, senza che io ne abbia voglia e senza dirmi asino bestia?

In sono venuto appunto per dirglielosclamò il Mario, senza pensare al bisticcio che ne usciva.

Ed io vi ripeto, Dio serenella monno! che non permettoribattè stizzosamente la vecchia. — Io sto qui in casa mia da quasi settant'anni e non mi movo, oh guarda !

Ma se il Municipio ne ha bisogno?

Malanaggia al Municipilo e al sor Venturi, e a tutti i buzzurri provinciali, che ci sono cascati addosso, che Dio li potesse cuocere nella peggior padella dell'inferno!

Da quella sfuriata Mario prese argomento per confermare la vecchia nell'idea che anch’egli fosse un buzzurro,

Pace, pace, buona donna! — disse — sono un provinciale anch' io!

Oh zoccoli d'Abramo! — sclamò la Navona con una ironia tutta romanesca.— E me lo dice anche? Con quella pronuncia di non so d'onde! Eh andate che ho ben capito e l'ho detto per voi, non dubitate.

Non c’è da sgomentarsi del restoripigliò il Mario, — io penserò a darle un alloggio sul Corso o in via Babbuino.

Ma che Corso, che Babbuino, ch’io non voglio corsi, babbuinigridò la vecchia indiavolata. — Roma, sor mio, sta qui tutta in Trastevere, e da Trastevere io non mi moverò che per andar al requiesca. Lungara è il caput mundi!... Ma lo sapete che son proprio buffe le idee che hanno questi signori del sottosopra?

Pace, pace, signora!

Ma che signora, che io non sono mai stata una signora. — E fece un gesto che sparpagliò il mazzo di carte e spaventò il gattone — Voi piuttosto dovete dirmi perchè siate venuto a darmi quella notizia?

Perchè ci sarebbe da guadagnare cento scudi sulla vendita di questa casa.

Cento scudi! Ah se voi mi parlate in questo modo, allora è un altro par di maniche.

Io ho l'incarico di sapere i nomi dei pigionanti passati, presenti e...

E futuri? — domandò la Navona rifatta di buon umore.

Vediamo chi sta a primo piano e chi ci stava?

A primo piano ci sta quel paciuccone di un sor Gaetano Nolli, con quella spuzzetta pettegola di sua moglie, la sora Lavinia e i due pivetti, che gli fosse venuto un accidente ad ambiquattro, quando sono entrati in casa mia.

E prima chi ci stava?

Che so io adesso?... Ci stavano i Manganelli.

E a secondo piano?

A secondo ci sta Tita il calzolaio con otto creature, che Dio mandasse una saetta al padre, alli figlioli, e allo spirito.... che hanno indosso.

E fece il segno della croce quasi volesse scongiurar la bestemmia che stava per pronunciare.

E prima chi ci stava?

Eh, prima ci stava quella povera disgraziata d'una Clelia Arcangeli.

Che ora è morta? — domandò il Mario tremando.

Se non è morta ben poco ci manca, povera cristiana! — sclamò la Navona — Se non è già andata, è agli sgoccioli.

Mario si levò pallido:

È inferma? Perchè? — domandò fingendo sbadataggine e guardando il lumino che ardeva dinanzi a un'imagine santa senza cornice appiccicata al muro.

Perchè una volta che si è guastata la massima del sangue, caro mio, non si possono fare di molti carnevali. Oh! Gnocca!

Ha avuto disgrazie?

Se ne ha avute? Un figliolo, che era il suo beniamino, fu ucciso da suo fratello; un paino, che menò a perdizione anche mio figlio, e che per fortuna fu mandato... che so io... laggiù a del diavolo, nell'ergastolo, per sempre!

Ed ora dove è andata a stare questa sora Clelia?

È andata nei quartieri nuovi, sull'Esquilino, in Labicana,.. Ma che cosa vi importa voi della sora Clelia?

Mario avrebbe chiesto altri schiarimenti; ma quest'ultima domanda della Navona lo rese prudente.

Allora siamo intesitornerò domani.

E uscì senz'altro, come portato via dal turbine.

 

 





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7 Nell'originale "un amica". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



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