Carlo Righetti, alias Cletto Arrighi
I quattro amori di Claudia

PARTE SECONDA.

CAPITOLO XVI.   L’educazione d' un isolana fatta da una vedova di terra ferma.

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CAPITOLO XVI.

 

L’educazione d' un isolana fatta da una vedova di terra ferma.

 

 Assettata la loro casetta, a un tiro di schioppo da U... Forestina, l'Adele sorella di Osvaldo e la zia gobba uscirono un dopo pranzo a passeggiare sullo stradone.

Giunte al cancello d'una villa, posta sul colle videro svoltar nel viale un bel tiraquattro guidato a lunghe redini da un uomo sull'età dall'aspetto aristocratico — nel quale stavano due donne e un altro signore e domandarono chi fossero al primo contadino che incontrarono.

Il quale rispose loro col tono di meraviglia di chi non crede possibile che gli si possa muovere una tale domanda.

Si vede che loro è poco tempo che sono fuori!...

Siamo venute ieririspose l'Adelina.

Allora si capisce! Quella carrozza è nientemeno che il... signor Marchese! Il castello è del signor Barone.

Che marchese e che barone? — domandò la zia.

Il marchese Cacciaterra e il barone di Trestelle.

Ne sappiamo quanto prima.

E quella villa di chi è? — domandò la Adele.

—  È appunto il castello del signor barone di Trestelle.

E quelle due signore che erano sul legno, chi sono?

Una giovane e una un avanti?

Precisamente.

Una è la signora baronessa, l'altra è la signora Claudia la nipote! Avranno veduto che fiore di bellezza!

Sì, è vero.— disse Forestina.— Grazie!

E per quel giorno ne seppero abbastanza.

 

La Claudia dal canto suo aveva notato passando la moglie di Mario Fox e non fu meno curiosa di sapere chi fosse.

Mandò dunque per le informazioni; ma anche lei non potè saper altro se non che un certo forastiero, per nome Fox, aveva, pochi giorni prima, preso in affitto quella casina presso e che erano venute ad abitarla una certa signora vecchia e un poco gobba, con due giovani donne, una maritata e una fanciulla.

Erano chiamati appunto dai massai: i signori Fox!

 

Due giorni dopo, mentre già più non pensava a loro, seppe che il forastiero aveva nome Mario, che la signora bionda aveva nome Forestina e che era sua moglie.

M'hanno l'aria di Demimonde! —sclamò la Claudia. E fra pensò — Tanto meglio!

 

Un dopo pranzo Forestina e l'Adele stavano sedute sul muretto del , sotto cui passa la strada per U... quando videro arrivar di trotto la Delmonte, montata su un superbo palafreno, accompagnata da due cavalieri.

Quand'essa fu a tre passi dalle due donne che la guardavano con quella invidia suprema, con cui le figlie di Eva guardano sempre una loro simile a cavallo, la Claudia mise il suo al passo, alzò la testa a mirare Forestina e disse con voce abbastanza chiara da essere intesa da questa:

Guardate Stacchi, che bellezza!

Forestina, che non s'aspettava quel complimento, così a bruciapelo, arrossì tutta e si ritrasse.

Claudia, sorrise, rilanciò il cavallo al galoppo e scomparve co' suoi cavalieri in una nuvola di polvere.

Dal canto suo, lo sguardo di Forestina, quando s'incontrò in quello di Claudia, prima che questa aprisse bocca aveva voluto dire: «Ah come mi piaci, bella amazzone!»

Il ghiaccio era rotto.

 

Pochi giorni dopo Claudia e Forestina si erano già stretta la mano senza bisogno di presentazione.

Lei è arrivata da poco tempo, n'è vero? — le domandò Claudia.

Qui in villa? Da sei giorni soltanto.

E a Milano?

Anche a Milano non ci sono stata che cinque o sei giorni.

Ora sarà un poco deserto, m'imagino!

Appunto! Io aspetto di vederlo brillante quando ci tornerò quest'inverno. Allora mi hanno detto che sentirò la Stolz alla Scala e questo famoso Gayarre, che l'anno scorso fece andar in visibilio i Milanesi. È vero?

Certo che è carino tanto! — rispose la Claudia guardando Forestina e sorridendo.

 

Ella trovava la moglie di Mario bellissima e tanto simpatica; la qual cosa prova d'un fatto che fa onore ed entrambe; e cioè: che la Claudia non assomigliava punto alla maggior parte delle donne, le quali trovano sempre bellissime le mediocri e mediocri le belle!

 

Si conoscevano da tre giorni soltanto, e la Claudia passeggiando nel giardino colla moglie di Mario le aveva già detto:

Cara signora Fox: lei non può imaginarsi come la mi sia simpatica! Lei è tanto diversa dalle altre donne!

 — Davvero? Sono tanto diversa?

La uscita della Claudia era giusta

Forestina aveva avuta una educazione e una vita così sui generis, che non poteva pensare esprimersi come le europee; le sue idee e le sue frasi erano molto lontane dal comune andazzo; ell'era piuttosto ignorante e schiva degli usi e de' pettegolezzi comuni.

Ora l'ignoranza, anche in donna bella, dicono la sia una cattiva cosa. Ma io non credo! Essa invece talvolta, è piena di incanti inaspettati. In certe donne schiette e buone la ignoranza può assumere degli aspetti assai cari e leggiadri. Non insorgano i pedanti e i rigoristi. Io sostengo essere l'ignoranza una dote negativa, che in talune donne vale per ingenuità per entusiasmo, per lealtà, per innocenza, per schiettezza, tutte virtù sopraffine. Queste donne colle stesse idee e colle stesse frasi potranno sembrare sciocche o sublimi, a seconda della persona che le ascolti. Forestina aveva delle uscite così caratteristiche e originali, che a certa gente di molto spirito e di molto cuore, apparivano piene di poesia ingenua e profonda, mentre a certi stolidi, privi di comprendonio, aridi e pretensiosi, sarebbero parse spropositi e scipitezze! Nulla di più naturale del resto, quando si pensa che anche nelle piccole cose, gli estremi si toccano. Se certi modi di dire di Forestina, se certe sue idee ingenue, se un certo vezzo nel veder le cose — che a chi non li capisce sembrano insulsaggini — fossero state lasciate scritte da un Dante o da un Sakespeare sarebbero passate a quest'ora come idee sublimi, trascendentali, profonde! Messe fuori da Forestina potevano passare per sciocchezze. Così succede sempre a certuni destinati a non giudicare che coll'autorità degli altri non col proprio criterio.

La Claudia le capì subito le ingenuità della isolana e ne rise e le ammirò. Forestina che non sapeva di aver detta una cosa fuori del comune voleva essere istrutta.

Così in tre giorni da una pura conoscenza vennero alla più stretta relazione.

 

Esse stavano insieme lunghe ore.

L’Adelina non poteva andare con esse perchè la zia la teneva con

La mi par troppo mondana quella signora vedova — le diceva essa. — Tu stai in casa a far compagnia a me.

 

Non potremmo darci del tu addirittura? — disse una volta la Claudia a Forestina.

Volontieririspose l'isolanadiamoci del tu.

Raccontami la tua vita che io poi ti racconterò la mia — soggiunse la Claudia.

La moglie di Mario, per quanto fosse ingenua, a furia di riflettere alla eventualità di quella interrogazione sulla sua famiglia o sul suo paese, s'era per così dire agguerrita contro di essa, e contro il traditore arrubinarsi delle guancie.

Che cosa vuoi che ti racconti? Io sono una semi-selvaggia.

Era questa la cosa sola ch'ella avesse imparato a dissimulare. Mario glie l'aveva raccomandato tanto, prima di montare sul vapore che li doveva portare in Europa.

Tu sei nata in un'isola dell'arcipelago asiatico, non è vero ?

Forestina cenno col capo che sì.

Da genitori italiani però?

Da genitori italiani.

E tuo marito?

Anche lui è italiano.

Come! — sclamò Claudia. — Non si chiama Fox?

Sì... cioè... si chiama Fox, ma è nato in Italia. Ma ciò che ti potrei raccontare è il naufragio! — soggiunse subito, per mutare indirizzo alle domande della Claudia.

Chissà che spavento! — sclamò questa.

Ah certamente! Fu orribile!

È vero che fu tuo marito a salvarti dal naufragio!

Cioè, si può dire che ci salvò tutti quanti. Se non era lui a buttarsi in mare forse sprofondavamo tutti.

E dov'è ora tuo marito?

È andato a Roma.

Lo ami tu assai tuo marito?

Io? — sclamò Forestina colpita da quella interrogazione a bruciapelo. — L'ho amato molto un giorno.

La Claudia scoppiò a ridere.

Perchè ridi?

Perchè hai risposto quell'io, come se ti avessi fatta una domanda dell'altro mondo.

Gli è, che qui in Italia, io non mi raccappezzo più. Non mi sembro più io! Vuoi credere che talvolta mi pare d’essere in due Forestine e che l'una sia la nemica dell'altra? C'è in me la europea che comincia, e la selvaggia che finisce.

È chiaro! Vuol dire che tu cominci ad amare tuo marito all'europeasclamò la Claudia.

Cioè? — domandò Forestina,

Come si usa da noi.

Com'è che si usa da voi?

Si usa di non amarlo, — rispose la vedova ridendo.

Per carità, che nessuno abbia sospetto che noi diciamo queste cose!

Chi vuoi che abbia sospetto? Chi vuoi che sappia mai ciò che si dice fra noi? Racconta, racconta, Forestina, ch'io ti slancierò!

Ne ho colpa io se non sento più per lui lo stesso di una volta? Quanto più mi sforzo di vincermi, quanto più mi persuado di non cedere all'antipatia, tanto più essa si fa violenta. Vorrei non pensarci, vorrei stornare da me la brutta idea... ma non c'è caso; la è come la marea... sai? quando monta sulla spiaggia e viene innanzi innanzi e bisogna fuggire. Quando il Mario mi accarezza, non sospettando di nulla.... una specie di sottile ribrezzo mi prende e mi fa fremere tutta... e mi sembra perfino di tradire qualcuno. Come è accaduto questo? Perchè? Se tu il sai, dimmelo.

Ah! — sclamò la Claudia pensierosa. — Come e perchè ciò accada, è difficile dirtelo, ma il fenomeno esiste.

Che cos'è il fenomeno? — domandò Forestina.

La Claudia rise e le spiegò la parola, poi continuò:

Se il fenomeno esiste mi pare che sarebbe ancor più difficile il dirti come potrebbe non succedere. Una volta che una avversione o una simpatia s'è piantata nell'anima, come mandarla via, come non sentirla?

Ma allora che cosa accadrà di me?

Oh Dio, non sarai tu la prima, mia cara! Accadrà di te quello che accade di tutte le donne, che si sono unite ad un uomo, il quale non ha voluto o non ha saputo conservare al prima illusione d'amore nel di lei animo.

Si direbbe che anche tu abbia provato...

Oh Dio, queste cose ormai le si sanno anche dai bambini!

Oh ti giuro che io fui ignorante fino ai 18 anni, — osservò Forestina.

Ah io no pur troppo! — disse la Claudia tristamente — A 13 anni, io non ero già più ingenua! E infatti come restare innocente quando c'è, in casa, una nonna bigotta, la quale credendo di tenerti nascosta la verità, senza volerlo, stuzzica continuamente la tua curiosità sui misteri d'amore, e ti obbliga di andare ogni mese alla graticola di un confessore osceno? Il mio confessore mi ha scaltrita a dodici anni, a furia di domande infami!

 

La Claudia era vedova senz'essere mai stata si può dire maritata. Aveva dunque, sul matrimonio, delle curiosità, dissimulate a stento, e ardentissime, come il suo carattere. La sua amica Valenti, non aveva mai saputo appagarla su quel punto.

Forestina maritata, ma ingenua, pareva fatta apposta per accontentare le voluttuose curiosità di questa vedova bizzarra.

 

Forestina, adunque, per stornare l'attenzione da stessa pregò la Claudia di raccontarle alla sua volta la storia del suo matrimonio.

È dolorosa! — sclamò questa guardandosi bene dal dire la verità — Io sposai Delmonte a Firenze nel 1872. Egli fu ucciso in duello, il giorno dopo le nozze. Gli è perciò che io sono vedova, ma si può dire, non fui maritata mai! Mio padre mi ricondusse a Milano dove morì anche lui otto mesi dopo avermi confidata a mio zio di Trestelle, il quale mi adottò come sua figlia.

E tuo marito con chi si è battuto? — domandò Forestina.

Ah questo è un segreto, che nessuno ha mai potuto scoprire e che io ho giurato di non dire ad anima viva! — rispose la Claudia.

E tu ora non ami nessuno? — le domandò Forestina.

Oh sì... amo... Cioè! Chi lo sa? Mi pare! Vorrei amare! Però, non come una volta..., Amo, ma non ho più illusioni! Sono sfatata! Sono stanca... Non ho più quella bella fede! E poi io mi diverto tanto nel vedere certuni innamorati di me, che non potrei esserlo io stessa d'un uomo qualunque.... A proposito giacchè tu m'hai detto che brami di metterti sotto la mia protezione, voglio farti leggere una lettera che ho ricevuta poc'anzi da un mio patito e disperato adoratore. Non ti dirò chi è, ma la lettera forse ti piacerà!

Oh sì, sì, — sclamò Forestina battendo palma a palma — Ho bisogno di sapere le cose.

Claudia tirò fuori la lettera dalla taschetta, e la spiegò:

Ascolta:

«Claudia di ghiaccio»

«Voi forse non aspettate questa nuova viltà da parte mia, ma è impossibile la resistenza

Come sono fiacchi questi uomini! «So che è una viltà, la confesso; ma se non altro, mentre scrivo mi sfogo e così potrò essere poi più calmo in vostra presenza! Voi, fredda, come il serpente della Bibbia, impassibile nel vostro sereno egoismo, non siete neppur capace di supporre l'uragano dell'anima mia. Dovrei tacere, perchè qualunque strazio io possa descrivervi, so che voi non farete che alzar le spalle; e vedo già sulle beffarde labbra spuntare quel vostro sorriso implacabile, che....»

Però qualche cosa indovina! — sclamò la leggitrice. — Certo non l'ha scritta lui! «che Dio voglia non tragga una vendetta esemplare da chi vi amerà meno di me, ma che vi castigherà una volta per sempre».

Crepi l'astrologo! — sclamò la Claudia ridendo a gola spiegata.

Forestina con voce leggermente commossa sclamò:

M'interessa!

«Non è un augurio che vi faccio, — continuò la Claudia leggendo — ma è un presentimento, che io svelo a voi, onesta vedova di marmo, perchè, se ridete, abbiate a sentirvi strozzare in gola l'allegria».

Ella rise più forte e più spiegato.

A me vedova di marmo! A me! — sclamò — Per lui, certo che lo sono!

L'altra che da quella lettura era impressionata davvero, sogguardava seria la leggitrice:

«Oh adorata Claudia vi prego di perdonare al mio sfogo»

Ora si fa tenero!

«e di non volermi ributtare da voi, giacchè il vostro disprezzo farà di me uno scellerato o un idiota».

Poverino! Idiota lo è già!

«L'imagine vostra mi ha invaso così, che il vivere senza vedervi m'è divenuto insoffribile. Quando io vi scrivevo quelle lettere così calme e così morali, che mi dicevate piacervi tanto, io era un ipocrita mentitore, giacchè fin d'allora, invece, io non fantasticava, non ambiva che una cosa sola: rendervi se fosse stato possibile viziosa per amor mio. Tutte le buone e caste idee, che riempivano le mie lettere non erano che bugiarde mezzane de' miei ardenti desideri. Sì, sì, siete voi Claudia, che io deliro stringere fra le mie braccia; sono quei vostri occhi perfidi, ch'io anelo fissare continuamente; è quella fredda e sprezzante maniera, con cui mi trattate, è quell'assassinio continuo di ogni fede, d'ogni amore, è quella sovrana indifferenza per ogni cosa creata ed increata, spirante da ogni vostra parola, e perfino quel continuo sentirmi a dar dell'imbeccille che mi hanno ammaliato di voi. Sì, mostro adorato, ed esecrato insieme, contraddizione vivente fra la bellezza che dovrebbe essere caparra di amore e la glaciale insensibilità dell'anima vostra. Assurdo perenne nato a far soffrire e null'altro! Dal giorno che mi persuasi che al puntiglio mio di farmi amare da voi, io dovevo rinunciare, perchè voi non avreste mai sentito nulla per me, io vorrei potervi uccidere nei tormenti per dare un grande esempio alle vostre pari. Voi avrete sulla coscienza tutti i delitti che io commetterò, io che finora non aveva ucciso neppure una pulce! Puro non so distaccarmi da voi. Oh perchè non sono il cameriere che vi serve a tavola, il tovagliolo con cui tergete la bocca, lo spazzolino dei vostri denti, la camiciuola che vi copre il bellissimo seno, il guanciale su cui vi addormentate la notte. Ma invece addio! Tutto è vano con voi! Lo capisco e mi rassegno e vi maledico».

 

Questa lettera indegna fu però nelle idee di Forestina una specie di ravviatura sinistra.

Che ne dici? — domandò la Claudia un po' orgogliosa d'aver fatto così furente un uomo per amor suo.

Io non credevorispose Forestina — che un uomo potesse scrivere queste cose!

Ti giuro che non può averle scritte lui! Qui c'è della dettatura! Ma scoprirò!

 

Il giorno dopo alla passeggiata ci fu anche l'Adele, la quale si sottrasse alla sorveglianza della zia, mentre questa faceva un sonnetto, e potè essere della partita.

Ti presento la mia amica Adelinadisse la moglie di Mario, senza aggiungere il cognome della fanciulla.

La Claudia propose di far una gita sul lago.

Ti voglio far vedere che anch'io so remarediss'ella a Forestina, — ancorchè non nata in un'isola.

 

Quando furono sedute nel piccolo ed elegante canotto di casa Trestelle, Forestina al timone, Claudia ai remi e l'Adele di fianco, incominciò fra le tre donne uno di quei dialoghi intimi di cui noi maschi non avremo mai in eterno la nozione esatta, la chiave ancorchè potessimo udirli di nascosto!

Le idee che si scambiano fra loro tre femmine, tanto più se nella libera aura dei campi, sono essenzialmente antagoniste di quelle del maschio. La guerra sorda, latente, implacabile che i due sessi si combattono continuamente vi si spiega e vi si fa, senza colpa, implacabile e colossale.

Tre amiche nell'espansione dell'anima... sono capaci di farsi delle confidenze, che neppur a ammazzarle, farebbero al confessore! V'hanno tali finezze, tali sfumature di sentimento, o di istinto, o di bestialità, in que' dialoghi senza testimoni, che par di vedere di dietro in un cespuglio uscir ghignante la faccia di Mefistofele a soffiarne le idee.

Ha ragione Dumassclamò la Claudia quando Forestina le ebbe confessato che avea preso a non amare suo marito, dopo la prima notte di matrimonio — ha ragione Dumas che disse: la genesi della donna sta tutta nella prima notte!

L'avversione per Mariocontinuò l'isolanadopo quell’avvenimento fu decretata nel mio cuore. Dopo le nozze ci fu baldoria in casa mia. A un certo punto gli invitati erano quasi tutti ubbriachi. Allora mia madre mi prese per mano e mi condusse nella camera nuziale. Io ero come stordita, e irritatissima, di quello stolido ridacchiare che si faceva a tavola da due o tre ore, intorno a me, senza che io arrivassi a capire di che e perchè si ridesse.

Era gente un poco grossolana dunque? — domandò la Claudia.

Forestina arrossì tutta. E proseguì:

Io credo che quella gente senza rispetto, non dirò alla ignoranza, ma al pudore della sposa.... ridessero pensando.... a ciò che stava per accadere fra me.... e mio marito. Nulla di più volgare di quell'allegria sguaiata degli invitati la sera delle nozze. Il mio matrimonio a me pareva una cosa tanto misteriosa e solenne, che quegli scherzi mi facevano nausea. Mi venivano senza perchè le fiamme al viso e le lagrime agli occhi. Quel parlottare e quelle frasi oscure, quantunque dette con una certa decenza, mi importunavano in modo strano. E tu?

Io sposai mio marito al letto di morte! — rispose la Claudia, abbassando gli occhi e incurvandosi fuor della sponda a raccogliere nel lago un giglio d'acqua.

Mia madreseguitò l'isolana — non m'aveva ancora detto nulla di quello che fosse il matrimonio, ed io, ero ignara d'ogni cosa, come un bambino di due anni! E ne avevo diciotto! Io avrei voluto essere tutta sola colla mia emozione e col mio sgomento, sfuggire quelle domande, levarmi da quegli occhi mezzo ebriosi, da quei lazzi e da quelle frasi a doppio senso. Fui dunque felice quando mia madre data a tutti la buona sera mi condusse di sopra. Allora la mia fantasia cominciò a esaltarsi! Un misterioso spavento m'invadeva a poco a poco. Mi gettai piangendo nelle braccia della mamma. — Non piangere, mi disse lei, baciandomi, non è nulla vedi; l'ho fatto anch'io questo passo e ne fui contentissima. Vorrei ripeterlo guarda!... Mi fece sedere accanto a e continuò: Tu l'ami non è vero il tuo sposo?» Come non dovrei amarlo se è il mio sposo? rispos'io. Sai tu, ripigliò mia madre, che cosa egli aspetta da te? Io no, risposi, e bisogna dire che lo dicessi con un po' di spavento, perchè la mamma diede ancora in uno scoppio di riso baciandomi, e sclamò: Non hai nulla da temere, cuor mio, ciò che egli aspetta è il tuo amore, è la cosa più bella e più dolce che il buon Dio abbia creata su questa terra! Tutte queste promesse mi lasciavano indifferente. La mamma mi pose a letto, che era stato coperto di fiori dalle mie amiche d'infanzia. I fiori, pensai! e mi ricordavo d'aver letto che gli antichi inghirlandavano le vittime prima di sagrificarle. Io mi abbandonai senza parola in quel mistero. Mia madre mi baciò un'ultima volta e uscì. Dirti la delizia di quell'istante ch'io rimasi sola, colla mia fantasia in orgasmo, non lo saprei. Finalmente l'uscio s'aperse e mio marito si presentò. Egli aveva il sorriso sul labbro e una cert'aria di trionfo e di felicità negli occhi, che non mi piacquero. Avrei voluto vederlo invece molto serio e molto umile. Allora mi rannicchiai sotto le coltri. Venne a me e mi baciò sulla fronte. Allora io allungai le braccia e lo ribaciai senza saper bene che cosa facessi. E lui invece di sedere presso di me a parlarmi, a calmare un po' il mio sgomento, cominciò a spogliarsi in fretta in fretta.... Quel momento fu per me il più terribile e il più disgraziato di tutta la mia vita. E intanto che andava spogliandosi mi parlò. La sua voce che avrebbe dovuto essere dolce e melodiosa era invece rauca e tremolante forse per l'emozione che anche lui provava. In quella voce risentii il rumore del cane della pistola con cui aveva tentato uccidersi poco prima. Quand’egli entrò sotto le coltri e venne presso di me io fuggii dalla parte opposta e discesi a pie' scalzi fra il letto e il muro. Da quel punto non mi ricordo più di nulla; ma so che fu precisamente da quel punto che io ebbi ribrezzo di ciò che gli uomini chiamano l'amore. Io me lo ero imaginato tutt’altra cosa! M'ero figurata un'estasi deliziosa, ma tutta piena di caste gentilezze e di melodie arcane. La realtà m'offese, e mi sembrò cosa triviale. Il cambiamento strano avvenuto da poco prima in mio marito, così docile e premuroso mi urtava i nervi. Poco prima egli mi si mostrava gentile, riguardoso, sommesso; allora era pieno di audacia, di egoismo e di bramosia. Da quel punto sentii che facilmente avrei potuto amare un altr'uomo... E ora temo che il presentimento si avveri.

Povera Forestina! — sclamò la Claudia sopra pensiero.

E tu non pensi a rimaritarti? — le domandò l'isolana.

Ci penso; ma devi sapere che io sono molto difficile.

Dov'è il tuo amante?

È a Milano.

È ricco ?

No, è povero. Te l'ho già detto.

Lo ami tu assai?

Non lo so.

E non t'annoi tu qualche volta durante la giornata?

Annoiarmi? No! Non me lo permettereirispose ridendo la Claudia — La noia non è provata che dagli imbecilli, e tu sai che io non voglio essere una imbecille. E poi da qualche tempo io mi sono messa a voler ridere di tutto; io trovo che quel pigliar le cose leggermente è un grande svago. Io talvolta rido perfino d'aver sofferto tanto in passato. E quando mi si presenta talvolta una cosa chiamata importante, una di quelle cose di cui tutti fanno mostra di accorarsi, gli è quando provo che in me si forma come una grande apatia; sento come un istinto che mi dice: non badarci, lascia passare!

Oh guarda! — sclamò ingenuamente la figlia di Gualdo. — Perchè mai?

Non lo so; ho sofferto molto da fanciulla ed ora è successo in me come una specie di reazione. Sciaguratamente, per quanto ora mi faccia agguerrita contro il dolore, ho come un vago presentimento che fra poco dovrò soffrire da capo! Tutto ora mi sembra vano, puerile, goffo, tranne varie cose che gli uomini seri invece ritengono futili e alle quali non danno alcuna importanza.

Oh questa è nuova! — disse l'Adelina.

Qualche volta mi accade perfino di arrabbiarmi contro me stessa. Figurati — lo dico a voi sole — quanto più vedo che una cosa addolora e fa disperare gli altri, tanto più mi fa nascere una gran voglia di farne la burletta.

Sono forse cattiva? Chi lo sa lo dica!

Provo una specie di tormento a dovermi trattenere dal ridere. Le lagrime altrui, per esempio, mi producono inevitabilmente un gran solletico qui, e non me ne posso salvare. Ne ho colpa io? Ne avrei colpa se facessi apposta, o se dicessi che non è un difetto. Per esempio le smanie e i lagni per la morte di qualche parente, che non sia, ben inteso, il padre o la madre, mi fanno mordere le labbra e sento internamente il solletico. Non perchè non creda che possano essere anch'esse sincere! Chi sa? Questa specie di convulsione umoristica che mi piglia, tanto più forte, quanto più le convenienze mi direbbero di star seria, è prepotente in me, più meno di quello che l'avversione che tu mi dici di cominciar a provare per tuo marito. Il fatto è che, a lungo andare, io mi sono fatta in società la riputazione per alcuni d'un esprìt fort, per altri di una donna leggiera e senza cuore, mentre non è vera l'una l'altra cosa! Ma siccome il mondo non giudica che dalle apparenze è naturale che ciò sia avvenuto. Stupido mondo! Se sapesse come ho amato anch’io quando trovai l'uomo degno di esserlo!

D'ora innanzi ti difenderò io!— sclamò Forestina.

Credi tu, per esempio, che a teatro io sia capace di lasciarmi illudere dall'azione drammatica? Ti giuro che il mio è perfino un tormento. Mi guardo intorno, vedo tutti gli altri estatici, illusi, gaudenti, a bocca aperta, come se lo spettacolo fosse un avvenimento reale, interessarsi alle peripezie del dramma, piangere delle sventure dei personaggi, ridere delle debolezze imprestate ad essi dall'autore.

Ebbene? — domandò l'Adele.

Io sono condannata invece a non vedere che il dietroscena, la fìcelle, il meccanismo e il suggeritore. Il teatro non ha più segreti per me. Le tele, per quanto ben dipinte, sono sempre scenari e non arriveranno mai ad essere boschi, salotti, piazze: no, sempre teloni su cui un Michelangelo Bonascopa qualunque ha pennelleggiato degli sgorbi di effetto. Ebbene? Lo crederesti? Tutti suppongono invece ch'io vada pazza per la drammatica e confondono l'ammirazione che io posso provare per un autore di talento colla illusione scenica!

Che strana donna sei tu! — disse la figlia delle selve, che stava ad ascoltare la Claudia, come un bimbo le fiabe della balia. — Io fui in teatro due sole volte di mia vita a Madras, poi a Genova; ma nella Norma... sai... quando va a morire... io ho pianto con lei.

Ebbene i miei ti diranno che io sono entusiasta, per esempio, dei proverbii di Steno Marazzi. Ed è vero! Io in essi ammiro l'autore!... — disse con fuoco; poi soggiunse: — Ma parlami ancora di te Forestina... Ora si tratta di te più che di me.

Che vuoi che ti dica? Io sono una semiselvaggia, e in questa società nuova mi ci perdo... ed ho paura...

Paura di che?

Io aspetto con una specie di sgomento qualche cosa che mi dovrà dare la spiegazione del mistero del mio cuore.

Tu ami! — disse la Claudia — Ecco il mistero, il gran mistero, l'eterno mistero!

Forestina sentì quelle parole, pur così semplici, con una grande emozione e diventò scarlatta.

Come puoi tu dirlo? — domandò essa alla Claudia.

Vorresti negarlo?

Ah forse no!

E lui forse, se il caso, non si è ancora accorto che tu l'ami?

Chi lui? Il Mario?

Ma no. Questo tuo sconosciuto amante. Che però un giorno o l'altro mi farai vedere.

Non dire quella parola! Non è amante, e forse non lo sarà mai! Io l'adoro sì, ma nel più gran segreto del mio cuore.

Però non è vero ciò che ti dicevo, ch'egli forse non s'è ancora accorto che tu l’ami?

Forse!

E tu, aspettando la crisi, tanto più infiammi, quanto più egli ti si mostra indifferente!

Sarebbe dunque così ? — sclamò Forestina sorpresa — Come puoi tu indovinarmi in tal modo, che non mi conosci che da pochi giorni.

A me sembra la cosa più semplice di questa terra! Farei lo stesso anch'io. Io prometto di saperti dire giorno per giorno quello che accadrà del tuo amore

Che cosa ti pare che debba accadere?

Accadrà che lui..... lui... chiunque esso sia... presto o tardi se ne accorgerà.

E allora?

—  Allora comincierà la solita storia. Egli ti farà la corte: tu resisterai...

Ah si! — disse Forestina con accento di fede — Altrimenti guai a me!... E poi c'è un sacro dovere di mezzo.

Ah il dovere! — sclamò con ironia la terribile vedova — Non ci pensavo. Tu dunque speri di passartela liscia?

Vale a dire?

Non vedi probabile che succeda quella che mio zio, chiama la crisi?

Che cos'è la crisi? — domandò l'Adelina.

La caduta!

Ah; spero di no! — sclamò la moglie di Mario.

Come puoi tu sperare che questo tuo amore adesso che si è avviato si fermi a metà strada? Per qual ragione? Per quale miracolo? Sarebbe come volere che un sasso, il quale ha cominciato a rotolar giù per la china di un monte si arrestasse a un tratto prima di arrivare al fondo!

Tu mi spaventi!

È vero che tu speri nell'idea del dovere! Bella parola, il dovere, ma antipatica, fin da quando a Firenze andavo a scuolasoggiunse ridendo la Claudia. — La parola dovere, cara la mia Forestina, fu inventata dall'egoismo degli uomini, mentre la parola amore fu inventata nientemeno che da quello che si chiama buon Dio. Eppure alla legge degli uomini si obbedisce e a quella di Dio si maledisce.

 

Così parlavano fra loro, tre figlie di Eva, un giorno di ottobre dell'anno 1876!

 

 


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