Carlo Righetti, alias Cletto Arrighi
I quattro amori di Claudia

PARTE SECONDA.

CAPITOLO XVII.   Il passato!

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CAPITOLO XVII.

 

Il passato!

 

Intanto che suo zio e il sindaco stavano parlando di gelsi con Osvaldo Millo, la Valenti, arrivata su al Castello, avendo udito che la Claudia stava a letto, era montata nella sua camera, per vedere come stesse. Entrando improvvisamente, fu tutta sorpresa di trovarla levata, a piedi scalzi, colla fronte appoggiata al cristallo della finestra a guardar giù sulla terrazza.

 

Al rumore che fece aprendosi l'imposta la vedova trasalì, e si lanciò verso il letto abbandonato; poi si mise a ridere mestamente d'essere stata sorpresa così.

La Valenti, quantunque pochissimo esperta delle faccende di cuore, capì che quel sorriso era pieno di lagrime.

 

Che cos'hai Claudia? A piedi scalzi!

Nulla nulla! Fu una curiosità! — rispose.

 

Si coricò di nuovo, ma stette a sedere sul letto cogli occhi intenti, rivolti alla finestra.

Era pallida come una morta; pure ardeva di febbre.

Ma che c'è di nuovo? Tu mi sembri commossa? Che cos'hai? Un'altra nuova, ora?

La Claudia si fece tutta rossa e rispose;

Cara mia, non è cosa che ti possa interessare!

A me interessa tutto quello che interessa a te. — sclamò la Valenti. — Perchè sei discesa dal letto?

Perchè mi pareva di avere udito sotto quella finestra una voce.... non sconosciuta.

A questa altezza e colle imposte chiuse?

La testolina di Claudia rispose di sì.

C'è da credere al magnetismo!

Chi sa?

Sarebbe mai la voce di quel signore che ho veduto, passando sulla terrazza?

Appunto.

Chi è?

È il conte Osvaldo Millo.

Di Milano?

No: di Firenze.

Tu lo conosci?

La malata non rispose colla voce, ma i suoi occhi dissero più che di sì

Allora la Valenti che si era seduta sulla sponda del letto le pigliò le due mani e stringendogliele sclamò:

Ma e Steno? Il tuo povero Steno?

Steno?... Ah! Steno io lo amo, e sarà mio marito.

E questi?

Questi non è e non potrà essere forse mai nulla per me — rispose la Claudia con una inenarrabile mestizia nella voce.

Però fu qualche cosa?

Forse!

Vediamo, vediamo, raccontamidisse la Valenti graziosamenteConfidati in me. Claudia, sia buona.

Che vuoi!... È una pazzia! Mi pareva di averlo dimenticalo del tutto; mi pareva che Steno mi avesse guarita di lui.... ma... che so io! La memoria fa delle strane burle talvolta.

E rise di cuore.

Perchè vi siete lasciati?

La risposta non era facile La Claudia la cercò un poco, guardandosi le unghie, poi disse:

È una storia lunga, mia cara Annetta.... Una storia dolorosa.... che ormai tranne mia sorella Nina, nessuno conosce... neppure mio zio. Dovette fuggire.. da Firenze... e non è tornato che ora, in Italia.

Ti amava egli?

Oh sì, mi amava immensamente!

Perchè dovette fuggire?

Dovette fuggire perchè..... uccise..... in duello il suo rivale.

Ed ora? Credi tu che egli non ti ami più?

Non lo so. Sarei molto curiosa di saperlo... Chissà perchè è venuto qui! Chissà se egli ha saputo che io sono qui?... Bramo di saperlo.

Tu lo ami ancora! — disse la Valenti seria.

No. Io amo Steno, non voglio amare che lui... cercherò di non amare che lui!

 

E stette sopra pensiero. Poi uscì in questa domanda strana:

Credi tu, Annetta, che si possano amare due uomini... contemporaneamente?

La Valenti scoppiò a ridere e rispose:

Se lo domandi a me stai fresca! Io ho stentato a voler bene ad uno solo alla volta, figurati!

 

La Claudia non disse altro, ma gli occhi e il seno tradivano l'emozione grande che tentava invano di dissimulare.

Prevedo tempeste! — disse la Valenti.

No, t'inganni! Il signor Millo è un uomo strano; egli non è capace di amare una donna come una donna vuol essere amata. Ha delle idee e delle gelosie impossibili! In ogni modo io muoio dalla curiosità di sapere.... perchè sia venuto qui. Sa egli che io ci sono, o non lo sa?... Ti prego Annetta va a dire alla mia cameriera, che mi sento meglio e che mi voglio levare.

 

Ci sono delle frasi, dette in modo che si capisce a volo non esservi obiezione possibile.

Esse interrompono qualunque confidenza, qualunque più intima espansione, più meno che l'arrivo improvviso d'uno straniero a mezzo di un dialogo d'amore.

La Valenti uscì senza scambiar parola. Ma crollava il capo.

 

Appena questa ebbe chiuso l'uscio dietro di , la Claudia balzò nuovamente dal letto, e battendo i denti per febbre, si mise a vestirsi, dando spesso occhiate fuori dalla finestra.

Era in orgasmo.

 

La cameriera entrò poco dopo, e l'abbigliamento si fece nel più profondo silenzio.

Quando la vedova, dinanzi allo specchio, fu contenta di , discese; e quasi apparizione di Fata si mostrò a Osvaldo Millo, come abbiamo veduto.

 

, di fronte l'uno all'altro, sorpresi, commossi, estatici, ma pur dissimulanti, — giacchè non s'erano riconosciuti di primo abbordo — la situazione diventava imbarazzante.

Osvaldo si levò e si accomiatò. Mentre faceva i saluti alla baronessa, la Claudia scomparve.

Egli fu accompagnato fino alla porta dal barone, che non mancò di fargli istanza, perchè tornasse presto a trovarlo. Anzi gli rinnovò formalmente l'invito per le sue donne, alla festa da ballo. Osvaldo che aveva già accettato non potè schermirsi dal riaccettare.

 

Ciò che provò quando fu solo, il Millo, mentre scendeva verso il cancello della villa, sarebbe facile il dirlo, se non fosse più facile l'immaginarlo.

Certo egli provava un po' di turbamento; ma si interrogò subito, per sapere se quella creatura ch'egli aveva riveduta così impensatamente, potesse avere ancora un'influenza sul suo animo, e , sul subito, nella coscienza, non trovò una di quelle risposte sicure, che non ammettono il dubbio.

 

Egli era giunto al basso della discesa e stava per varcare il cancello, quando da un bosco di lauri uscì la Claudia, la quale con voce commossa, ma breve, gli disse:

Signore, avrei una parola a dirle.

Osvaldo s'arrestò impassibile.

 

Ho veduto che lei fu molto sorpreso di trovarmi qui — diss'ella con voce commossa. — Ciò mi fece comprendere che lei non sapeva che io ci fossi.... È così?

È così infatti; io non potevo immaginare!

Ciò del resto ha poco a che fare con quello che io voglio dirleinterruppe la Claudia

Quello che io voglio dirle è importante! Io mi presento dinanzi a lei, Osvaldo, come si presenta dinanzi al giudice un'accusata che sa di essere innocente.

Claudiadisse il giovine ritto in piedi, dinanzi a lei, — io non mi sono mai eretto a suo giudice. Io non ho fatto altro che obbedire a una mia impressione imperiosa... E se lei avesse intenzione di alludere al passato la scongiuro non lo faccia, giacchè ormai io sono come morto al passato.

Questa frase colpì la Claudia, che spalancò i suoi occhioni languidi in quelli di Osvaldo.

 

Lei dove però concedermi di scolparmidisse. — È impossibile, che lei così giusto, non ammetta la necessità in cui oggi io mi trovo di sapere almeno che cosa ella pensi di me! Se lei non fosse mai venuto in questa casa, se non avesse mai conosciuto mio zio... forse quando avessi saputo il suo ritorno sarei venuta io stessa da lei, per avere quest'ultimo abbocamento, ed ella allora avrebbe avuto forse ragione di credere che io fossi più curiosa che altro. Ma oggi che lei sarà forse obbligata, dalle sue faccende, a tornare qui spesse volte, la curiosità si muta in una specie di necessità. Io dinanzi a suoi occhi fin ora fui una colpevole. Mi conceda dunque di non essere creduta tale.

Io le giuro, Claudia, che nel mio cuore non è rimasto neppur l'ombra del risentimento verso di lei. Pure se ciò ch'ella vuol dirmi le può dar sollievo, io di gran cuore la ascolto.

Il mio fallo Osvaldo, non credo che sia più condannabile di quel che lo siano i falli commessi da tutte le fanciulle nella mia condizione. Ero ingenua, liberissima, povera, avevo sedici anni! Andavo sola per le vie al lavoro, ero circondala da tutte le seduzioni. E perchè quand'ella scoprì il mio segreto mi mostrò tanto disprezzo, senza voler conoscere una sola di queste circostanze?

Claudia, — sclamò Osvaldo commosso dalla rimessione con cui parlava la sua antica amante — non la voglia insistere sul passato, Ormai, qualunque fosse stato il mio dolore, io non potrei dar ascolto ad altra voce che a quella del più sincero e assoluto perdono di ogni offesa.

Offesa! — sclamò la Claudia — ma in nome di Dio che offesa fu dunque la mia verso di lei se non forse di averle dissimulata la mia sciagura?

È vero! — disse Osvaldo con nobiltà. — Il torto fu tutto mio. Ma mi voglia perdonare! Io ero molto inesperto della vita, e avevo troppe illusioni pel capo. Di colei, che avrebbe potuto essere la compagna della mia esistenza mi ero fatto un ideale così sublime, così impossibile, che mi doveva per forza accadere ciò che mi è accaduto. E se lei avesse sofferto per causa mia le domando scusa.

No, Osvaldosclamò la Claudia — non siete voi che dovete chiederla a me. Ricordatevi, che se non eravate voi, io sarei affogata nell'Arno. Sono cose che non si dimenticano. Ah, pur troppo io non ho avuto il coraggio di confessarvi un errore della mia inesperienza; ma lasciate che io vi giuri ancora, dopo tanto tempo, che dal giorno che vi avevo conosciuto io non avevo più guardato in viso a nessun uomo di questa terra!...

 

Osvaldo, che era rimasto muto cogli occhi fissi in quelli bellissimi della vedova, di quella donna che un giorno aveva amato tanto aperse le braccia e con una voce ineffabilmente dolce e profonda:

Claudiadisse — io vi credo e se voi avete sofferto per me ve ne domando nuovamente perdono. Ma ormai, dopo quattro anni di lontananza, sono certo che il vostro cuore avrà dimenticato tutto. Quanto a me io non sono quasi più un uomo di questo mondo; l'anima mia si è staccata affatto dalle idee terrene e non vive ormai che per gli infelici, e nella speranza di potere un giorno rivedere mia madre, la sola donna che io senta d'amar ancora di vivissimo affetto.

E credete forse, Osvaldo, che io non sia una infelice? — sclamò Claudia.

Nulla a voi manca per non esserlo! Ora certamente voi non potete più amar me, che vi ho lasciata in quel modo, io, voi, che certo avrete il cuore già occupato.

E se ciò non fosse? Se io vi dicessi che quantunque vedova e libera io mi conservai ancora tutta di voi?

Lo credorispose il Millo — ma via, non disperate Claudia di riavere la pace e la felicità. Voi la meritate e non la vi può mancare. Volgete ad altri migliori di me i vostri affetti, e confidate in quella ispirazione del bene che manda sempre le idee più rette. Voi siete giovine, bella, piena di talento e buona; l'avvenire è per voi! Io! disciolto ormai da ogni amore umano, farò voti per sapervi felice.

 

La Claudia non batteva ciglio. Le pietose, e pur spietate parole di Osvaldo non la commovevano.

 

Graziedisse risoluta con una espressione strana nella voce e nello sguardoapproffìtterò dei vostri suggerimenti. Cercherò di amare molto, immensamente il mio Steno... Voi però Osvaldo non mi avete mai conosciuta... Col vostro amore avreste potuto fare di me una donna sublime... Così chissà che non riusciate a farne una cortigiana. Per tal modo voi che un giorno m'avete salvata da morte, sarete la causa della mia perdizione! Lo sento! Io fui destinata ad essere una donna perduta. Ricordatevi di queste parole... Addio!

No! — disse Osvaldo tentando di afferrare la mano di lei per trattenerla.

Ma la Claudia voltegli le spalle, senza neppure uno sguardo, se ne tornò quasi correndo verso il castello per l'erta de' cipressi.

egli osò richiamarla.

 

Tornato alla villa comunicò a Forestina e a sua sorella l'invito della baronessa per la festa della domenica.

Della Claudia non disse verbo.

Esse stavano già pensandoci seriamente e da parecchie ore lavoravano intorno alle toelette.

E per tutto il giorno appresso vi fu nella villetta un vero orgasmo di preparativi.

 


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