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CAPITOLO XVIII.
Rivelazioni del cuore.
Anche la baronessa e la Claudia, la sera dopo, quantunque per cause diverse, erano in orgasmo!
Già battute le nove a tutti gli orologi dei villaggi circostanti, e non si vedeva a comparire anima viva.
Il barone la pigliava filosoficamente. Egli sapeva bene che molti invitati non avrebbero messo piedi in casa sua; ma sperava tanto nella potenza del buffè!
La baronessa invece arrabbiava di santa ragione.
— Che non zi fogliano tegnare di fenire la contezza X e la tuchezza Y — diceva essa alla Claudia che non l'ascoltava — si capisce. Ma la tottorezza per esempio, ma la Cerameli e la Spisicato perchè non si fetono ancora? E quell'antipatica t’una siniora Faltorta, perchè mi manca, che timora a tue passi tal castello? Splente la luna, e non ha nemmeno il pretesto tel puio. E questa siniora Forestina, questa tua crante nuofa amica, che tefe fenire col sinior conte Osfalto Millo… perchè ancora non si lascia fetere?
La Claudia alzò il capo repentinamente e disse come turbata.
— Ehn! Forestina col conte Millo?
Era stata colpita dal ravvicinamento di que' due nomi, che la baronessa le aveva buttati là, senza importanza.
Verso le nove e mezza la Spizzigati e la Cerameli — due signore maritate che villeggiavano nè dintorni — arrivarono in un break con un codazzo di giovinotti, e consolarono un poco la buona baronessa.
La Valcorta — demimonde — seguita dalla Trifoletti, e dalla Martinoli coi rispettivi mariti, ed amanti giunsero poco dopo che già l'allegra ridda era cominciata nel salone.
Ma il Millo, e Forestina non comparivano, e la Claudia, la quale non aspettava che loro, aveva i suoi nervi!
Non potendo soffrire di veder continuamente entrare nella sala tutt'altri che dessi, montò in camera per lasciar passare una mezz'ora.
Le pareva che, quando ne fosse discesa di nuovo, li avrebbe trovati in sala.
Mezz'ora dopo infatti essa fece la sua rientrata a braccetto della Valenti, che la zia baronessa aveva già dato il segnale all'orchestra di attaccare il secondo ballo.
È inutile dire quanto fosse bella!
— Eblouissante! — sclamò un francese, vedendola entrare.
Il corpetto non troppo scollato lasciava vedere nella sua candida purezza una maraviglia di spalle cadenti graziosamente, e l'origine di un seno rigoglioso e fecondo di deliziose promesse.
La moda dello scollacciarsi soverchiamente, che nel 1868 e 69 era giunta, dovrei dire all'apogeo, se non fosse più giusto dire all'ombelico, nel 1876 aveva rimesso assai della sua procacità.
— Ah finalmente le donne — sclamava il barone — si sono persuase di mostrare un po' meno di spalle e un poco più di buon senso.
Il busto snello, ondulante, arrotondito, e la gonna assai più lunga di quello, che ragionevolmente dovrebbe essere la gonna di una signora che vuol ballare, e in campagna, le davano quell’aria di suprema eleganza, che s'addice così bene a questa creatura squisitamente moderna.
Un uomo di spirito pensando alla di lei origine un po' misteriosa, un po' equivoca, e alla bella dote che il barone zio le aveva fissato, e alle bizzarie ch'ella metteva fuori, e alle pretese che dovevano essere corollario di tutto questo, aveva sclamato;
— Questa signora è predestinata ad un predestinato. Alla larga!
Quando ella era ricomparsa nella sala, levando seriamente la sua testolina bruna fulminando da suoi occhioni in cerca di qualcuno, e agitando nervosamente uno straccio di ventaglietto giapponese, che aveva raccolto da un tavolo passando in anticamera, nè Steno nè Osvaldo non erano ancora arrivati.
Ogni due minuti andava alla finestra a guardar se giungevano.
Quando si cominciò a ballare ella rifiutò ogni invito e si mise colla Valenti in un canto a guardare gli altri.
Si sforzava di farsi venir una gran smania di vedere il suo amante, per dirgli che l'adorava. Però era svogliata!
Si mise a parlare alla Valenti del libro che aveva letto nel giorno, tanto per potere aspettare senza troppa impazienza, e svagarsi.
Essa aveva una memoria di ferro; recitava tutto l'Aleardi a memoria.
In quel punto era anglomana. Tanto per cambiare aveva letto un romanzo inglese, e si mise a narrarlo alla Valenti, che non ci capì uno zero. Poi, siccome ella era addestrata a montare a cavallo, voleva che anche la Valenti cominciasse a imparare per correre insieme i boschi e le valli; ma quella flosciona non voleva saperne.
— Fare quella fatica! Sei pazza?
— Che fatica? La fatica la fa il cavallo!
Poi le annunciò che aveva fatto disporre un prato per il cricket, il nobile giuoco del cricket come dicono gli Inglesi.
— C'è da muoversi molto? — aveva domandato la Valenti.
— Moltissimo; bisogna correre di qua e di là.
— Allora vi starò a veder giuocare.
— Oh guarda! È dessa! — sclamò la Claudia stringendo convulsivamente il braccio dell'amica. — Dio! Eccoli insieme!
Questa esclamazione le veniva dettata dal veder entrare nel salone Forestina, che dava il braccio a Osvaldo Millo. L'Adelina lo dava alla zia.
La Claudia si slanciò incontro alle donne e baciò passionalmente l'amica.
Osvaldo si fermò un momento sulla soglia dell'uscio, cercando cogli occhi la baronessa, e appena l'ebbe veduta le condusse dinanzi le due donne e gliele presentò.
Esse furono soddisfatissime dall'accoglienza cordiale, espansiva, della buona viennese e del barone.
Diventa così raro di giorno in giorno l'ambrosianismo avito!
L'educazione nella buona società moderna, semigallica e seminglese, consiste tutta nel far mostra di spirito e di indifferenza; portare alle stelle o gettare nel fango, dissimulare, ed essere amabili! Ecco tutto! Ma sopra ogni cosa nulla mai approfondire e nulla mai ammirare! L'entusiasmo e la bonarietà son divenute cose di cattivo genere! Si direbbe che i giovani dell'oggi siano tutti sulla carriera diplomatica; e sono così anche quando sarebbe tanto bello un po' di scioltezza e un po' di cuore.
Studiateli quando vi salutano e seguite colla coda dell'occhio il loro volto. Quel sorriso che vi fanno vi sembra assai cordiale? V'ingannate. Non può esserlo! È un lampo tale che la cordialità non ha il tempo di affacciarsi agli occhi! Quel sorriso tutto di convenienza, cessa istantaneamente sulla fredda motria, appena abbiano voltato via il capo!
La cara cordialità meneghina fu lasciata tutta quanta alla plebe! Sui visi dei plebei il sorriso dell'incontro, fiorisce e s'illumina e cresce e si dilegua a stento, dagli occhi e dalle guancie.
Non si ha da far come la plebe.
La Claudia aveva saputo soltanto pochi momenti prima dalla baronessa che Forestina conoscesse il conte Millo.
Essa non le aveva mai pronunciato questo nome nei loro sfoghi di confidenze.
Ed ecco che a un certo punto la vide alzare i suoi occhi celesti, in quelli di Osvaldo con una tale espressione di inconscia tenerezza, che non le poteva restare alcun dubbio.
E fu come se un demonio colle zanne acute le avesse stretto il cuore.
Quel sospetto, quella certezza erano stati un lampo; ma luminoso e orrendo. Ella aveva capito che la moglie di Mario Fox amava il suo Osvaldo e non le passò neppur l'ombra del dubbio che lui non la riamasse di ricambio.
«Ecco il perchè — sclamò — fu con me tanto indifferente ieri!»
Fu detto che lo studio di un cuore che si ammala per gelosia, è cosa solenne. Giammai con tanta forza fu provata da me la verità di questa sentenza, come dinanzi al fenomeno morale, che s'avverò a un tratto nel cuore della Claudia, quand'ebbe veduto lo sguardo di Forestina e sospettò di Osvaldo.
Ella poco tempo prima aveva creduto in fede, sinceramente, di amare il suo Steno! Poco tempo prima essa lo aveva incoraggiato a fare la domanda della sua mano al barone. Gli aveva scritta quella lettera piena di tenerezza e di promesse... Il suo avvenire era associato a quello di lui.
Ora, chi mai... chi mai le avrebbe detto: No! tutto ciò è un inganno, è una illusione, che sparirà come baleno nella tenebra fra pochi momenti! Mentre meno tel pensi, tu riarderai di tutt'altra fiamma e soffrirai di uno strazio in cui il tuo Steno non avrà nulla a che fare; e per quanto tu farai per farlo tacere, e per stornarlo da te, e per ripensare a lui solo... povera donna, non ci riuscirai... non ci riuscirai!
E fu così!
La infelice, quasi per forza di un maledetto incanto, da uno sguardo altrui, colto al volo, aveva dovuto suo malgrado persuadersi di un fatto strano, incredibile forse a lei stessa e a ognuno, mostruoso a raccontarsi, ma purtroppo verissimo... d'essere, cioè, innamorata ancora come una pazza di Osvaldo Millo, e di non avere mai amato Steno Marazzi, che per uno sforzo, per una illusione!
Questa rivelazione non ammetteva in lei alcun dubbio! Era sorprendente ma inesorabile. Lo strazio provato da lei al pensiero che Osvaldo Millo dedicasse il suo cuore alla bella sconosciuta era stato troppo fiero e troppo acuto per potersi illudere. In un solo minuto un uragano di passione gelosa, piena di lampi, di odio e di vendetta, s'era scatenato nel suo cuore. E aveva sentito di esecrare Forestina in un punto come di sua vita non aveva neppur imaginato che si potesse odiare una creatura umana!
Quanto al sentimento che provava per Osvaldo, in quel momento non avrebbe saputo definirlo ella stessa. Certo dell'odio ce ne era anche per lui, e fremente e intenso. Ma chi non sa che in questo caso: odio non vuol dire altro che amore? Nella misteriosa sciarada che è il cuore umano il primo non è primo se non pel dispetto di non poter essere il secondo.
La fredda Valenti aveva colpito nel segno. — Povero Steno! Povero Steno!
La Claudia allora non provò altra smania che quella di ogni anima invasa da gelosia: di non d'altro occuparsi che d'essere sempre più certa del proprio sospetto, di cogliere al volo le prove della relazione rivale, di sorvegliare insomma la propria sciagura.
Questa manovra di sorveglianza segreta a tutti, e da tutti inavvertita, non ebbe per complice che la Valenti, la quale seguitò tutta sera a sclamare:
Quel tormentoso stato del cuore che si chiama di gelosia, concorrono a formarlo e a conflagrarlo tre o quattro sentimenti, spesso in lotta fra loro. Ed è per questo che esso fa soffrir tanto. Amore ne è certo il principale fondamento, ma l'egoismo offeso lo fa sembrare avversione: di più c'è quella medesima sofferenza di cui spasima l'avaro a cui fu rapito il tesoro, e c'è quella di cui soffre l'orgoglioso a cui viene inflitta una mortificazione!
La Claudia s'era appunto sentita tutt'in un punto ferita come donna amante, come egoista, come avara, come orgogliosa.
Ella stessa fu stupita stranamente di sentirsi a soffrir tanto, per una memoria che credeva dimenticata, per un amore che credeva quasi spento. Dovette ascoltarsi per credere a sè stessa, e per non giudicarsi pazza,
«Sarà l'effetto della febbre che ho avuto» — pensò. — «Ma passerà. È impossibile che non passi! Guai a me se durasse!»
Sarebbe dunque vero che in noi ci siano due anime; una senziente l'altra negante?
Non è forse un fatto che ciascuno di noi sente talvolta nell’interno due voci, una che vuole l'altra che disvuole?
Il fenomeno della maraviglia da cui fu presa la coscienza della vedova, quando s'accorse di amare ancora fierissimamente Osvaldo Millo, e quando non potè a meno, che spiarne ogni atto, ogni parola, ogni sorriso, nel breve tempo che egli si trattenne alla festa, è certo fra i più mirabilmente strani dell'umana fattura!
La sventurata era offesa nel più intimo della sua dignità femminile. Ella si ricordava con maravigliosa chiarezza delle parole pronunciate da Osvaldo a Firenze il famoso giorno dell'abbandono: «Io sento di non poter amare una donna che avesse voluto bene ad un altro!»
E invece quell'uomo che aveva disprezzato il suo amore, perchè aveva scoperto che prima di amarlo lui, ella era stata di un altro, ora non aveva ritegno a dividere l'affetto di quella donna con un marito!
Era un inferno, le di cui pene più atroci consistevano appunto nello sforzo ch'ella faceva per dissimulare il proprio dolore a sè stessa ed agli altri. Non perchè ella si curasse di lasciarsi scorgere mutata dal barone o da chichessia, che non fosse Osvaldo; ma perchè l'orgoglio le imponeva di comparire appunto agli occhi di lui, allegra, spensierata, noncurante, indifferente.
Non fu mai tanto brillante e gentile con tutti come quella sera!
E Steno intanto non compariva!
Ah come si sarebbe compromessa con Steno! Come le sarebbe andata incontro volentieri a buttargli le braccia al collo e a baciarlo in bocca se fosse comparso!
— Ma che pensi, ma che fai? Diventi pazza? — sclamava la Valenti sorvegliandola.
— Lo credo anch'io, — rispondeva Claudia pur trascinata dall'invincibile suo istinto. — Tu non puoi capire! Non arriverai a capire neppure il principio di quello che io provo stassera! È un inferno, credilo... Io muoio di dolore!
— Ma è il povero Steno? — ripigliava ridendo la Valenti, che non poteva concepire neppur il principio di quello spasimo per lei tanto inverosimile.
— Per ora non parlarmene, te ne scongiuro. Del resto non ho il minimo rimorso. Vedi che non è neppur venuto ancora stanotte, che pure lo avrei avuto tanto caro, per mostrare a Osvaldo che anch'io so voler bene a chi mi vuol bene!
— Bell'ufficio a cui lo faresti servire — sclamò la Valenti. — Ha fatto bene a non venire allora.
Strano carattere di donna la Claudia!
Chi mai avendola conosciuta così elegante, leggera, spensierata poteva imaginarsi che la folgore della passione si sarebbe scatenata con tanta violenza nell'anima sua? Che sotto la vivace e arguta espressione del di lei sguardo, covasse tanto dolore e tanto odio? Che da quella stessa fonte da cui usciva limpida e schietta la finissima risata, dovesse sgorgar tanta passione e tanto dolore?
— Non par vero, dopo il discorso che gli hai tenuto l'altra sera là alla porticina del parco.
— Sì, discorsi, promesse, speranze, illusioni... tutto fuorchè amore. Sì, ora lo capisco! Coll'averlo riveduto, l'Osvaldo... ho capito come per un incanto che non posso amare che lui! Steno sì, io lo stimo, m'è amico, m'è simpatico! Ma come sono lontana...! Pensa, Osvaldo mi ha salvata la vita.... e poi.... guarda com'è bello!... Dio!
— Ma che cosa gli dirai a Steno quando verrà a te confidente e amoroso, per scolparti?
— Scolparmi? C'è colpa? Sono io forse che voglio ciò che provo? E lui mi ama forse come io vorrei essere amata? Non è egli titubante, indeciso? Tal sia di lui! È venuto stasera? Non sentiva in cuore che questa notte succedeva in me qualche cosa di strano? Che io gli fuggivo? Oh io riamo il mio Osvaldo! Guarda, come è bello... e geniale! Chi non lo amerebbe quel giovane?
— Ma che cosa conti di fare in nome di Dio!
— Non lo so. Pure qualche cosa dovrò fare. Tu mi conosci. Forse vorrò confidarmi a lei.
— Alla Fox?
— Sì.
— Che vorrai dirle?
— Lo so io? Qualche cosa le dirò, qualche cosa mi dirà! Scoprirò, saprò se si amano davvero e allora...
— E allora?
— Chi lo sa? Certo vivere così non potrei. Allora manterrò la mia promessa, farò parlare il mondo di me. E lui ne soffrirà o ti accerto che ne soffrirà!
Osvaldo Millo lasciò la festa senza volgere la parola a Claudia. Egli la vedeva così allegra, così spigliata, così galante con tutti, che sperò la scena del giorno prima non fosse stato altro che un fumo passeggiero.
L'Adelina Millo e Forestina restarono al castello sotto la protezione di Claudia.
Forestina aveva ballato disperatamente tutta notte, e non s'era accorta di nulla.
Claudia verso di lei non aveva mutato d'un punto.
Quando la vedova fu nella sua cameretta e raccolse le proprie impressioni, trovò un'idea che la colpì e le fece brillar tutto il cuore.
La era una di quelle idee lusinghiere di cui l'amor proprio umano non si stanca mai di andar in cerca per compiacere a sè stesso quand'è umiliato e offeso. Piccola provvidenza dei dolori morali!
«È possibile che sia stata una combinazione tale da farlo venire in questo paese senza che sapesse che io c'ero? Fosse mai una prova che Osvaldo vuol fare sopra di me? Un'espiazione che esige da me? Egli forse pentito, e amante ancora, vuole provarmi ed è venuto a raggiungermi? Egli sa forse in cuor suo che io lo amo ancora e vorrà mettermi a cimento, per assicurarsi che io sono degna di lui?»
Povero cuore! Come è cieco ragionatore l'amor proprio nella passione! Quante allucinazioni in suo nome!
Questa dolce lusinga la consolò per qualche minuto. Ma il dubbio la riprese quasi subito. Un potentissimo incentivo di passione per lei doveva essere il mistero del carattere di Osvaldo e della sua relazione con la Fox. Se la Claudia avesse ritrovato il Millo severamente consentaneo all'idea ch'ella se n’era formata, di uomo austero, esclusivo, puritano, forse sarebbe rimasta indifferente, rivedendolo. Oppure se le avessero raccontato, prima di vederlo, ch'egli s'era innamorato di Forestina Fox, forse non le sarebbe importato nulla! Ma l'averlo riveduto di colpo così mutato, amante della donna d'altri, senza pur averne la certezza assoluta, era per lei uno spasimo d’incertezza e di umiliazione, di cui in passato non aveva mai avuto neppur il sospetto.
Claudia il giorno dopo aspettò fino a sera Osvaldo Millo.
Era necessario ch'ella facesse qualche cosa di strano! Quell’inquietudine, quel dubbio, quell'aspettazione la uccidevano!
Il calcolo delle probabilità morali non è mai tanto incerto, come quando si tratta delle risoluzioni di una donna innamorata, della tempra di Claudia.
E pare che questa verità sia di vecchia data. L'Ecclesiaste ha un versetto che dice: Non cercare nè quale sia stato nell'aria il volo dell'aquila, nè sulla sabbia la via del serpente, nè in amore l'evoluzione d'un cuore di donna!
Si può dire anzi che la logica produrrebbe la peggiore delle induzioni, perchè la più falsa.
Nello stato in cui si trovava la Claudia una imprudenza, un passo falso, un delitto pur anche, sono commessi ancora prima di poter essere meditati!
È impossibile tener dietro alla sequela di idee, di piani, di progetti, di cose volute e svolute da lei, nel giorno che seguì la festa di ballo, allo scopo di assicurarsi ch'egli amasse Forestina, allo scopo di turbare la sua supposta relazione con Osvaldo, allo scopo di umiliare la sua rivale e di farsi riamare da lui!
Verso le due ore del secondo giorno non resistette oltre!
L'eccesso della sofferenza la spingeva suo malgrado a commettere qualche cosa di insolito.
Uscì e s'avviò frettolosamente verso la villetta dei Millo, senza un piano, senza un progetto fissato, senza neppur pensare all'esordio...
Giuntavi, non trovò alcuno nel peristilio; e pur non sapendo dove sarebbe riuscita, giacchè ella non aveva ancora posto il piede in quella villa, passò l'anticamera e mise la mano sul bottone dell'uscio di contro a quello pel quale era entrata.
Sentì nella vicina stanza la voce di Forestina commossa e lacrimosa.
Entrò risolutamente e intravide un’ombra d'uomo sottrarsi dietro le cortine d'un uscio di fianco.
Imaginando che quell'ombra fosse quella di Osvaldo, ella si sentì ardere e gelare in un colpo e quasi perdette il lume degli occhi.
Forestina stava in quel salotto, sola, in piedi colle lagrime negli occhi.
Quelle lagrime furono un nuovo colpo per la Claudia.
Forestina era maravigliosamente bella!
La vedova andò diritta a lei e in un inesplicabile trasporto di ammirazione, di tenerezza e di odio... tutt'insieme, le si gettò al collo scoppiando in lagrime e baciandola passionatamente.
— Mio Dio! Claudia! Che cosa l'accadde? — domandò tra l'imbarazzo e lo sgomento la figlia delle selve.
Tutta la vergogna di quel suo trasporto l'assalì di repente.
Cominciò a chiederne scusa e a tentar di ridere.
Forellini non capiva nulla. Ma ella vedeva il Mario, suo marito, dietro le cortine star ad ascoltare. Questi che era giunto da Roma poco prima, avendo udito sopravenire qualcuno, era uscito, e sua moglie lo vedeva là sulla soglia, sorpreso di quella scena di lagrime, stare origliando per sapere che cosa fosse per accadere.
— Io ti sembrerò pazza! — sclamò la Claudia e forse lo sono; ma tu mi compatirai. Dacchè t'ho veduta al braccio del conte Millo io soffro pene d'inferno; giacchè ho capito che se tu non sei generosa con me io sono irremissibilmente condannata a perdermi o a morire!
— Mio Dio! — sclamò Forestina tutta turbata, presentendo un pericolo misterioso in queste parole — io non comprendo; calmati, non so che cosa io possa fare per te,
— Puoi tu lasciarmi il mio Osvaldo? — disse la donna ad alla voce e come fuori di sè. — Non negarmi che tu l'ami. Ho veduto! Lo sconosciuto è lui!
Forestina si ritrasse sgomentata.
— Osvaldo! Ma? Perchè mi dici tu questo? Come mai? Con quale diritto? Egli non è un nulla per me.... Perchè parli in questo modo tu Claudia?
Ella aveva vista l'ombra di suo marito lestamente sparire.
La Claudia gli volgeva le spalle e non aveva veduto nulla,
— Io non ti ho dato il diritto di sospettare una cosa simile — ripigliò Forestina alzando la voce.
— Lo so, perdonami! Sono pazza. Lo so! Non è così che si usa di fare a questo mondo! Ma tu sei obbligata a comprendermi. Io sono fuori di me. Tu sei tanto buona! Ne' tuoi occhi ho veduto qualche cosa che mi ha suggerito di correre a confidarmi in te, per scongiurarti di non farmi perdere il senno. Se non fossi venuta, io credo che oggi sarei impazzita. Io lo amo Osvaldo. Lo amo da molto tempo, e anch'egli mi adorava. Era il mio amante e mi abbandonò con un pretesto. E io sento che senza di lui non mi sarebbe dato di vivere.
Ciò che provava Forestina in quel punto è arduo il dirlo in un sol tratto.
L'avvenimento era per lei gravissimo, sotto molti aspetti.
Innanzi tutto ell'era certa che suo marito aveva, suo malgrado, ascoltata quella involontaria rivelazione.
Poi, innamorata essa pure del fatal giovine, si trovava dinanzi ad una, ormai, certissima e formidabile rivale!
La sua meraviglia fu così profonda, che non seppe trovar parola da rispondere alla desolata e si perdeva in frasi mozze e senza significato.
Rimessa dalla sua emozione la Claudia ripigliò, più calma:
— Ciò che ho fatto deve trovare scusa a tuoi occhi Forestina. È un segno di confidenza di cui nessuna donna può essere offesa. Tu mi perdoni non è vero?
— Io?... Oh io non ho nulla a perdonarti. — rispose Forestina. — Soltanto ti dico che ti sei ingannata. Il conte Osvaldo Millo non è uomo che possa amar me, che sono già legata ad un altro.
Questa nuova dichiarazione di Forestina, la quale rispondeva tanto all'idea che Claudia aveva di Osvaldo, le parve tanto sincera, che ne sentì un grande sollievo.
Forestina fece questa menzogna a voce alta sperando d'essere udita da Mario;
— Oh ti credo, ti credo — disse la Claudia che capì il pericolo.
Allora l'isolana si fece raccontare da lei la storia del suo amore con Osvaldo, che noi già conosciamo.
Quando la Claudia ebbe terminata la sua storia Forestina trovò degli accenti tanto veri e sinceri, nel protestare ch'ella s'era ingannata e che Osvaldo Millo non era mai stato il suo amante, che la Claudia si ritrasse assai consolata.
— Per carità Forestina — diss'ella uscendo dal vestibolo sulla strada, che doveva ricondurla al castello. — Ch'egli non abbia mai il sospetto di questa scena. Non voglio ch'egli sappia che io soffro per lui.
— Te lo prometto — rispose Forestina.
La Claudia si rincamminò quasi lieta verso il castello. Quello sfogo l'aveva acquetata.
In quel punto le campano di U... suonavano la benedizione. La Claudia alzò lo sguardo, lo girò intorno sulla scena, che le si spiegava sotto agli occhi, e sentì una gran pace scenderle nell'anima. Le montagne giù volgevano a levare la vista del sole, che ne restava celato all'occaso. Quella luce uniforme, quieta, del vespro, quelle campane che parlavano di religione e di perdono la innondarono d'una tenerezza nuova, e le ispirarono quell'indistinta poesia, che non ha un senso sicuro e preciso, ma che pure ha la potenza arcana di renderci sempre migliori di noi stessi.