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Come trovavasi là in camera di sua moglie il marito di Forestina?
Tornato da Roma, non avendola trovata a Milano, era partito subito per la villa.
L'infelice, maledetto da sua madre, correva a Forestina come un credente corre a inginocchiarsi dinanzi all'altare della madonna da cui spera una suprema grazia.
Il credere alla consolazione che può dare la compagna che si ama, non è forse come l'aver fede in una grazia della Madre di Dio?
Forestina in quel punto era sola, e non aspettava così presto suo marito.
Egli, una mezz'ora prima che venisse la Claudia, entrò nella di lei cameretta, improvvisamente, mentre ella sdraiata in una poltrona, stava leggendo i Cento Anni del Rovani.
Per capir bene ciò che sta per accadere è necessario un nuovo tocco al carattere di Forestina.
Debole come un giunco, e superstiziosa come una creola, la figlia del deserto si esaltava continuamente colle più procaci letture, e viveva di presentimenti, di paure, di ubbie e di superstizioni. Ispirata da questi consiglieri dei suoi nervi, ella era capace delle più strane debolezze, tanto di non disobbedire al suggerimento della fatalità.
Ella aveva tutte quante le più volgari fisime europee, moltiplicate per quelle speciali della sua isola tropicale. Il cominciare un'azione in venerdì, lo sguardo del serpente, i sogni della notte, lo schianto di un talîpot, il tredici a tavola, l'olio e il sale rovesciati, il prurito sul palmo, il volo della falena, avevano per lei delle significazioni misteriose, profonde, inesorabili.
Ella credeva al giuoco delle carte come al Vangelo!
Ora avvenne che la stessa mattina, uno di questi eterocliti pronostici del mazzo di carte le aveva detto a chiarissime note, che l'Osvaldo si sarebbe innamorato di lei, se essa avesse saputo persuadere suo marito a... non essere più suo marito.
Il povero Mario, ben lontano dal sospettare una tanta enormità, era dunque entrato da lei e le si era presentato con una tenerezza tanto più viva, quanto più tetra covava la memoria di ciò che gli era accaduto a Roma.
Si lanciò con abbandono verso di lei, la recinse colle sue braccia e l'attirò sul cuore, trattenendo a stento le lagrime.
Per la prima volta, dacchè Forestina era sua, egli non sentì nell'abbraccio il sottil fremito delle membra. Le labbra della bella creatura restarono quasi chiuse sotto il suo bacio e il di lei corpo voluttuoso e pieghevole si irrigidì sotto la stretta amorosa.
Fu tale l'impressione funesta, che al misero passò perfino in lampo la memoria dell'abbraccio dato a sua madre già cadavere!
Si sciolse da lei e indietreggiò, fissando sua moglie negli occhi.
Forestina non sostenne quello sguardo.
— Che hai? Come mi ricevi? Perchè così fredda? Che pensi?
— Nulla, — rispose, come il solito, la donna.
— Ma tu non mi accogliesti mai in questo modo!
— Io non ho nulla — ripetè Forestina.
— Risposta volgare! Tu hai un segreto.
— Quale segreto vorresti che io avessi?
— Io non so, ma certo tu non sei più come prima. Qualche cosa è accaduto in questi giorni.
— Ti assicuro che non è accaduto nulla.
— Forestina, abbi compassione di me, giacchè tu non puoi immaginare quello che mi è accaduto a Roma, e quello che si passa qua dentro.
A questa specie di preghiera minacciosa, Forestina ebbe un sorriso incomprensibile. Strisciò collo sguardo sul titolo del libro che stava poco prima leggendo, poi con una strana calma rispose.
— Che cosa vuoi dunque ch'io ti dica?
— Io voglio che tu mi dica, quello che si passa nel tuo animo a mio riguardo.
— Ch'io mi confessi dunque a te?
— Sì, che ti confessi a me — rispose Mario tremante.
— E perchè vuoi questo?
— Perchè ho capito che tu non sei più la stessa di prima.
Forestina non rispose subito... pensò… poi disse:
— Ne ho forse colpa?
— È dunque vero?
— Ti ricordi, là, nella nostra isola, quando mi facesti adagiare nella tua grotta, ed io ti domandai se quello che sentivo per te era vero amore?
— Mi ricordo. Ebbene?
— Credi tu che allora io t'ingannassi?
— Non lo credo. Ma perchè ora mi parli così?
— Tu vuoi veramente che anche oggi io sia sincera?
— Lo voglio.
— Quello forse non era vero amore — disse con voce ferma la figlia del deserto.
A questa strana, enorme confessione Mario non battè palpebra. Crollò il capo sorridendo amaramente, e scoccò a sua moglie la più comune ma la più naturale delle esclamazioni umane.
— Tu sei pazza!
Era quello il primo stadio della maraviglia.
— Se vuoi credere che io sia pazza, forse lo sarò!
— Forestina, perchè mi parli così?
— Perchè non vorrei ingannarti.
— Ingannarmi! Ma io non cerco che tu m'inganni! — sclamo l'infelicissimo, che si avvedeva come una nuova e più terribile sciagura gli sovrastasse. — Io ti cerco la ragione di questi tuoi modi.
— La ragione! E la so io? Non la conosco. Io pure sento di non essere come prima; e sarei infinta, se non te ne avvertissi, giacchè poi io avrei un gran disprezzo di me stessa, se continuassi a simulare ciò che più non sento per te.
Mario stette a guardarla un momento come fuori di senno, poi diè una giravolta, e si celò il volto nelle mani.
— Disprezzo! — urlò. — Disprezzo, se tu amassi tuo marito?
A stento si sforzava di conservare la calma
— Ma dove hai pescato Forestina queste strane idee?
— La finzione è sempre disprezzabile — rispose freddamente la donna.
Mario la tornò a guardare come èbete.
Era il secondo stadio della sorpresa; era la quasi certezza della sua immensa, irreparabile perdizione.
Ora sì che gli si presentavano quasi certi il delitto e il suicidio. Capiva pur troppo lo sciagurato, quanto Forestina fosse sincera e nelle narici sentiva il fatale odore di sangue di cui aveva tanto spavento.
Per scongiurare 1'orribile tentazione egli ritornò umile e quasi cortese verso la sua donna.
— Ascolta, — disse, tentando di dare alla sua voce tremula, la maggior possibile fermezza. — Io non sarei capace, e tanto più ora, di parlarti in mio favore, nè di persuaderti. Vedo che tu non hai saputo dissimulare, e capisco che una orribile disgrazia mi sta sopra. Tu mi hai disarmato colla tua sincerità. Non ti farò del male, ma almeno dimmi tutto, dimmi la ragione per cui fosti così atrocemente sincera; oggi, che avrei avuto tanto bisogno di essere consolato!
Forestina, ascoltava col capo piegato sul seno.
— Avrei dunque dovuto aspettare a darti questo dolore quando io non potessi schermirmi dall'essere ancora tua?
Mario, diede un passo indietro con un urlo strozzato.
— Ah, sei dunque a questo punto?
— Io allora ti avrei resistito, e tu mi avresti uccisa.
— Ma o, fulmini del cielo! — ruggì Mario al colmo della maraviglia. — Che dici Forestina? Questo è un abbominio; tu parli come la più perduta delle donne.
— Sei tu che l'hai voluto! Io ti dico ciò che sento.
Mario si storceva le mani dalla disperazione.
— Non hai pensato a quello che ti poteva accadere parlandomi così?
— Io ci ho pensato; ma giacchè tu non mi hai ancora uccisa, ora non ho più paura.
— Non hai tu pensato a quello che mi avresti fatto soffrire?
— E credi tu forse ch'io pure non soffra?
— Dunque, tu non mi ami più?
L'urlo di una tigre che si sente entrar nelle carni la freccia avvelenata, è forse meno terribile di quello che mandò Mario, al silenzio di Forestina, che affermava così luminosamente la sua sventura.
E stava per scagliarsi su lei, se un'immagine repentina non lo avesse trattenuto sul colpo.
Risentì distintamente nell'orecchio la parola: Caino; si cacciò le mani nei capelli e uscì fuori a corsa da quella stanza maledetta.