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I dolori dell'animo hanno questo di diverso dai dolori fisici, che quando lo spasimo è giunto al colmo, succede la reazione.
Dal: «sì dentro impietrai!» dell'Alighieri in poi, è cosa nota che la disperazione, passato il primo stadio, si acconcia quasi a sembrare indifferenza.
Mario aveva toccato il fondo della calamità, e lo sconforto era tale che quasi non sentiva più di soffrire.
Anche l'ultima speranza di consolazione è svanita!
Si avviò verso la camera d'Osvaldo.
Vedendolo entrare così stravolto, Millo balzò in piedi.
— Che avete, segretario?
Questi mandò una specie di gemito, e disse:
— Se così continua, io dovrò far ritorno nella mia isola, da cui non avrei dovuto uscire mai; ho bisogno, maestro, della vostra parola, del vostro consiglio.
E si lasciò cadere sulla sedia.
— Che v'è accaduto?
— Forestina non è più mia.
— Che dite?
— Essa è posseduta dal maligno spirito. Mi odia.
— Vi odia?
— E io sento, che se perdessi anche quest' ultima fede sarei un uomo morto.
— Via, calmatevi, Mario. Siate uomo.
— Io quasi la presentivo, questa sciagura, quand'essa volle venire in Europa — sclamò l'infelicissimo, ponendosi una mano alla fronte. — E mi ricordo che glielo dissi!
Qui immemore, quasi parlando a sè stesso, con un certo girar del capo, che arieggiava quello del leopardo uscente fuori dalla macchia, proseguiva.
— Glielo aveva detto: v'hanno delle colpe per cui non nacque ancora il perdono.
E si nascose il volto nelle palme.
Osvaldo Millo, ignorava il delitto di Mario e non capì quella frase. Ma commosso da quello sterminato dolore, a calmare il quale non sarebbero valse le solite parole, gli prese una mano e gliela strinse in silenzio.
— In fine, raccontate; che avvenne?
— Ella mi confessò poc'anzi la sua avversione.
— Ti confessò? Forestina? — sclamò Osvaldo mutando senz'accorgersi il voi in tu.
— Oh sì, mi disse una cosa orribile… orribile!...
Lagrime ardenti solcavano le sue pallide guancie.
— Io — proseguiva — l'aveva stretta nelle mia braccia; ma sentii che non era più lei! La interrogai, ella mi disse: Vorresti ch'io fossi tua senza amore?
— Così ti disse?
— Così.
— E tu?
— Oh amico, io ho paura di me stesso! Io sono forse predestinato al delitto; aiutatemi voi, per pietà, aiutatemi! Perchè Forestina deve aver mutato così? Che cosa le ho fatto? Che pensa di fare ella stessa? Io senza di lei sono condannato a morte.
— Ma che cosa le hai detto?
— Io le dissi poche parole, poi sono fuggito di là perchè sentivo di perdere la testa. Io non la conoscevo ancora così fiera.
— Via, non sarà nulla — disse Osvaldo turbato.
E non osava guardare francamente l'infelice negli occhi: un segreto pensiero lo invadeva.
— Datemi un consiglio voi maestro; che cosa debbo io fare? Voi che sapete tutto, che avete la chiave dei labirinti del cuore umano, indirizzatemi voi.
— Qui non vi ha labirinto — rispose il Millo — è un fenomeno pur troppo comune nel cuore della donna. È il vecchio mito simboleggiato dall'albero della scienza, è l'eterna ragione del pomo e del serpente.
— E il serpente chi è? — domandò Mario truce.
— Può non essere un uomo. Il serpente è la curiosità nervosa della donna. Eva, secondo la Bibbia, era pur felice là nel suo paradiso, casta e fedele per forza al suo unico Adamo; eppure trovò il modo d'ingannarlo e di farsi cacciar dal luogo di delizie per non aver saputo resistere al proibito, al misterioso, ed al nuovo.
Forestina fino al giorno che stette nella sua isola fu come un bottone di rosa chiuso ancora nel calice. Oggi il calore della vita europea, lo fa sbocciare a nuove sensazioni. A te suo marito il gustarne i profumi.
— No, se più non mi ama — sclamò Mario — io sarò l'ultimo uomo che d'ora innanzi potrà sperare affetto da lei.
— Le fai torto. Attendi. Io credo che tutta la scienza d’amore stia in questa parola. Io ti parlo per intuizione, più che per esperienza, giacchè a me la esperienza in questo campo, non mi potrebbe suggerire grandi cose. Ma ho veduto, ho sofferto anch'io, ho studiato, e ho imparato molto negli altri. Forestina è donna in tutto il rigore del termine. In essa c'è la quintessenza della contraddizione e dell'inaspettato. È necessario attendere e star pronto. Che cosa sono le fiabe antiche, dove un principe, per conquistare il cuore della Fata, è costretto a far prodigi di valore, di pazienza e di abnegazione, contro i cattivi genii dell'aria e del mare? Sempre lo stesso mito. Ella ritornerà a te fra poco, se tu saprai non distruggere coll'imprudenza il misterioso lavorio dell'anima sua.
— Ah, no — sclamò Mario, sconsolato — Forestina che è nata sotto i tropici non è atta a comprendere altra cosa al mondo che l'amore e non avrebbe potuto avere il triste coraggio di dire a me quelle orribili parole, se il suo cuore non fosse già rivolto ad un altro.
— Lo credo, ma il cuore muta spesso di impressioni! Tu dunque sei geloso?
— E quando è che io non lo fui?
— Hai torto. Io sostengo che Forestina non pensa a male. Essa è inquieta, distratta, affetta forse da nostalgia. Ha la malattia di tutte le nature sensibili, che mutano abitudini, ambiente, clima, conoscenze. È l'effetto della nuova fantasmagoria in cui è entrata, è forse anche è un contraccolpo del naufragio.
— Oh fosse così — interruppe Mario passeggiando per la camera.
— Essa ti amò nel deserto come l'Atala di Chateaubriand, ignara d’ogni cosa di questa nuova società in cui ora è entrata. Quale altro sfogo, quale altro sentimento avrebbe ella potuto accogliere nella tranquillità di quella vita campestre? Allora tu forse le comparisti come il più forte o il più bello fra tutti! Ma qui ogni cosa è mutata, ed essa non ritrovando più le usate idee e le solite impressioni, è come spossata. Lasciala rientrare in sè stessa, e tornerà a te come prima.
— Dio volesse! Ma io ho invece un terribile presentimento, maestro. E guai a lei!...
— Orsù! Se tu non vorrai penetrarti della necessiti di non usare la violenza per scongiurare il pericolo che ti minaccia, tu correrai a certa rovina. Tua moglie, ricordalo bene, è una donna pericolosa, per te, per sè stessa e per tutti. Tu devi usare verso di lei le stesse precauzioni che se maneggiassi della dinamite. Dal giorno che l'hai distaccato dal ceppo nativo quel temperamento tutto a scosse di nervi e a lampi di fantasia, dovevi prepararti a sentirne gli effetti.
— Dannazione al giorno che mi vide nascere.... — sclamò Mario — e che le diedi ascolto!...
E prese la destra di Osvaldo, quasi fosse illuminato di una subita idea.
— Voi solo, voi.... — disse — potete salvarmi.
— Io, in qual modo? — sclamò il conte Millo con sorpresa.
— Scongiurate voi la mia sciagura; parlatele voi, studiatela, comprendetela. Ella di voi ha tale suddizione e tale stima, che mi pare possiate convincerla.
— Convincerla!... — sclamò Osvaldo con un sorriso. — Oh! Mario, tu dunque conosci il cuore della donna ancora meno di me? Esso non si può convincerlo che col sentimento o colla vigoria. I ragionamenti non valgono. Tutto ciò che io potrei dirle in tuo favore, essa, ne son certo, se lo ha già detto mille volte a sè stessa, giacchè è buona la tua Forestina.
— Non ti dico che io rifiuti di parlarle — continuò Osvaldo. — Le parlerò, e ti dirò il risultato del mio colloquio con lei. Ma non lusingarti per l'opera mia.
— Vi ringrazio di cuore — disse Mario, aggrappandosi come un naufrago a quell'ultima tavola di salvezza. — Andate, io starò lassù ad attendervi.
Osvaldo gli strinse la mano ed uscì, movendo verso la camera di Forestina.
E Mario pigliò il primo sentiero che gli si presentò all'aperto.