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CAPO PRIMO Genti e famiglie. – Nomi – Prenomi – Cognomi – Soprannomi.
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Genti e famiglie. – Nomi – Prenomi – Cognomi – Soprannomi.
§ 1. Gente (da genus, gens) chiamavasi il complesso di più famiglie aventi uno stipite comune. Così a cagion d'esempio, la gente Cornelia comprendeva le famiglie dei Maluginesi, dei Scipioni, dei Lentuli, dei Dolabella, dei Rufini, la gente Licinia abbracciava le famiglie dei Crassi, dei Lucilli, dei Murena ecc.
Avveniva talvolta che in una medesima Gente fossero parecchie famiglie patrizie, ed altre invece plebee. Può citarsi la gente Tullia, della quale facevano parte i Longi, ottimati, ed i Ciceroni, popolani; la gente Claudia, in cui eran le patrizie famiglie dei Pulchri e dei Neroni, e la plebea dei Marcelli. – Della qual mistura varie eran le cagioni: talvolta un fazioso patrizio, per piaggiare la plebe ed ottenere i tribunizi onori facendosene arma contro i suoi nemici, rinunziava al suo grado per sè e pei suoi, come fece P. Clodio. La gente Ottavia dopo essere per tal modo appunto passata tra' plebei, tornò, dopo lungo intervallo, al patriziato, per opera di Giulio Cesare. In altri casi avveniva che un qualche illustre patrizio conferisse la cittadinanza a liberti o ad estranei, sia per meriti insigni da essi acquistati, sia per brama del benefattore di farsi numerosi aderenti; i beneficati di tal modo assumevano il nome del donatore, pur rimanendo plebei.
§ 2. Tre sorta di nomi erano usitati in Roma: il Prenome, il Nome propriamente detto, ed il Cognome, cui talvolta aggiugnevansi uno o più Agnomi.
Il Prenome indicava l'individuo; il Nome, la gente; il Cognome, la famiglia. L'Agnome era quella parte del proprio antico nome che l'adottato riteneva quando l'adottante, ammettendolo nella sua famiglia, gli facea cambiare la rimanente parte del suo casato. Così per esempio, Publio Cornelio Scipione, adottato da Quinto Cecilio Metello, assunse il nome di Q. Cecilio Metello Scipione.
§ 3. Oltre a questa specie di Agnomi propriamente detti, altri se ne adopravano, che possono meglio chiamarsi Soprannomi, i quali derivavansi da alcuna grande azione o da altro specifico e distintivo carattere di chi li portava. Così il grande vincitore di Cartagine fu detto P. Cornelio Scipione Africano; nella quale appellazione, P. (ossia Publio) era il prenome; Cornelio, il nome; Scipione, il cognome; ed Africano il soprannome desunto dalla vittoria riportata sull'Africa. Quinto Fabio Massimo tre soprannomi aveva: Ovicula dalla singolare mansuetudine de' costumi che lo fece fin da bambino paragonare ad un agnello: Verrucosus, da un porro che aveva sul labbro superiore; e Cunctator, dal cunctare o temporeggiare che usò per istancare l'impeto d'Annibale.
§ 4. Il salutare un uomo col solo prenome era tenuto a segno di onoranza, e ciò forse perchè gli schiavi non avevano cotal primo distintivo personale, ed anche perchè, ciò facendo, si mostrava essere il salutato così glorioso individuo che bastasse il solo prenome a distinguerlo da chiunque altri un eguale ne portasse.
A tutti gli anzidetti nomi aggiungevasi talora anche quello della Tribù.
§ 5. Nello scrivere i prenomi, usavansi varie abbreviazioni, sia adoprando la sola lettera iniziale, come A. per Aulo, C. per Caio; sia ponendo due lettere, come Ap. per Appio, Ti. per Tiberio; sia infine tre lettere come Mam. per Mamerco, Ser. per Servio, Sex. per Sesto.
§ 6. L'origine dei prenomi fu probabilmente arbitraria. Non così quella della più parte dei cognomi, che derivarono il più delle volte da qualche singolare circostanza notata nel primo cui furono attribuiti, od anche in tutta la sua stirpe. Così dalla sapienza si trasse il cognome di Catone (Cato, infatti, anticamente valeva sapiente); dalle virtù, dai costumi si dedussero i cognomi di Frugi, Gurges, Nepos, Pius; dall'arte esercitata, derivò Pictor; da particolarità del corpo, Calvus, Crassus, Macer; dalla professione, Augurinus, Flaminius, Sacerdos; dall'agricoltura, Lentuli, Pisones, Cicerones ecc.
§ 7. Alle origini anche le donne portavano, sembra, un prenome; ma in appresso, venne costume di dar loro il solo nome gentile. Talchè se in una casa, era una sola figlia, nomavasi Cornelia, Tullia ecc.; se due, distinguevansi dicendo l'una Cornelia Major, l'altra Cornelia Minor; se parecchie, dando all'una l'addiettivo ordinale Prima, alle altre quelli di Seconda, Tertia ecc.
I nomi s'imponevano ai fanciulli nel giorno lustrale (in die lustrico), ch'era pei maschi il nono dalla nascita, per le femmine l'ottavo. I prenomi non si davano ai giovinetti se non se quando indossavano la toga virile, alle ragazze (quando l'ebbero) se non il dì del matrimonio.
§ 8. Gli schiavi portavano il prenome del padrone leggermente inflesso: Lucipores, Marcipores, cioè servi di Lucio, di Marcio, prendendo forse la desinenza pores da pueri, figli, che significava anche schiavi.
A questa antica costumanza si aggiunse in seguito quella di derivare il nome dei servi da quello del paese di cui erano oriundi; Syrus, Geta, Dardanus ecc.
Gli schiavi liberati assumevano i nomi e prenomi del pristino padrone: così Tirone, dal grande oratore fatto liberto, fu detto M. Tullio Tirone.