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CAPO OTTAVO Le divinitΰ maggiori e le minori Eroi Apoteosi Semoni Feste religiose.
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Le divinità maggiori e le minori – Eroi – Apoteosi – Semoni – Feste religiose.
§ 72. Pressochè innumerevoli furono le divinità adorate dai Romani: alle molte che primitivamente avevano andarono poi sempre aggiungendo quelle dei popoli vinti; – talchè può dirsi che, a misura che si estendeva l'impero, ampliavasi anche l'Olimpo.
Parlando solo delle principali, diremo che gli Dei distribuivansi in Dei majorum gentium, e minorum gentium. I primi erano dodici Consentes, così detti dall'antico verbo Conso per Consulo, ed otto Selecti. I Dei minorum gentium chiamavansi Semoni, Indigeti e Semidei, aggiuntevi eziandio le Divinità agresti, marine, fluviatili, ecc.
§ 73. Gli Dei maggiori Consenti erano:
l° Giove, il padre dei numi, che godeva un gran numero di cognomi e soprannomi, indicanti i suoi diversi attributi: Feretrius da ferendo, perchè gli si portavano le spoglie opime; Stator da sistendo, perchè fermò i Sabini vincitori ed i fuggenti Romani; Elicius, da elicere, perchè con certe invocazioni e preghiere poteva evocarsi dal cielo; Capitolinus, dal tempio che aveva in Campidoglio; Tarpeius, dalla rupe sulla quale quel tempio sorgeva; Latialis, dal culto che tutti i popoli Latini gli prestavano; Diespiter, o padre del giorno (dieipater); Lucetius, per la stessa ragione; Lapis, dalla pietra silice che i giuranti all'ara sua tener dovevano in mano; Hospitalis, perchè presiedeva agli ospizi ed all'ospitalità; ecc. ecc.
2° Giunone, così detta da Juvare, compagna e consorte di Giove. Ella presiedeva ai regni, alle ricchezze, ai matrimonii. Le spettavano i titoli di Pronuba, perchè sopraintendeva ai connubii; di Cinxia, dal cingolo o cintura delle spose; di Lucina, perchè dava la luce ai nascenti; ecc. ecc. Iride era di Giunone la ministra e l'ancella.
3° Vesta. Due furono le Veste: la Major, moglie del Cielo e madre di Saturno; e la Minor, figlia di quest'ultimo. Ma ambe spesso si confondono in una. Antichissimo le fu tributato il culto del fuoco, mantenuto perpetuamente dalle Vestali.
4° Minerva, che tale aveva nome qual Dea della Sapienza; e Pallade, se presiedeva alla Forza ed alla Guerra. Sotto di lei stavano le nove muse Calliope, Clio, Erato, Talia, Melpomene, Tersicore, Euterpe, Polinnia, Urania.
5° Cerere, così detta dal verbo Creo, perchè Creatrice delle biade, avendo prima insegnato agli uomini l'agricoltura; d'onde spesso alma (ab alendo) si dice. Trittolemo fu il suo primo scolaro, fatto da lei apostolo e maestro ai coloni. Legifera anco fu nomata, perchè fu agli uomini prima legislatrice.
6° Diana, figlia di Giove e di Latona. Presedeva alla caccia, alle selve, ai monti. Noctiluca fu detta, perchè in lei si rappresentava la Luna.
7° Venere, Dea dell'amore. Innumerevoli ebbe templi e soprannomi. Le tre Grazie le facevano corteo.
8° Marte, Dio della guerra, padre di Romolo, marito a Bellona.
9° Mercurio, che al commercio imperava, ed era Nuncio e Ministro degli altri Dei.
10. Nettuno, Dio del mare, armato di tridente, seguito e circondato dai Tritoni.
11. Vulcano, del fuoco e delle arti fabbrili il signore, i cui ministri erano i Ciclopi, monocoli.
12. Apollo, Dio della luce e della poesia. Sole o Febo fu pur nominato: maestro della medicina, della botanica, dell'arte sagittaria, della divinatoria. Suo figlio Esculapio ebbe da lui in retaggio la medica facoltà.
§ 74. Gli dei Selecti furono:
1° Giano, Dio dell'anno, con due volti (epperò detto bifronte), coll'uno de' quali guarda il passato, e coll'altro il futuro.
2° Saturno, Dio del tempo in generale.
3° Rea, moglie del precedente, detta Magna mater, perchè rappresentava la terra, madre d'ogni cosa: e Cibele, dal cubo che di tutti i corpi geometrici è il più stabile.
4° Genio, del verbo geno o gigno, perchè generatore di tutte cose. Talvolta distinguevansi due specie di Genii, il buono ed il cattivo, corrispondenti all'Oromaze ed all'Arimanio dei Persiani. Dii Manes chiamavansi i due genî effigiati sui sepolcri. – I Penati ed i Lari erano affini ai genii, e presiedevano alle domestiche pareti e faccende.
5° Plutone, Dio degli inferni; Orco ancora fu detto (ab urgendo, quia omnes ad mortem urgit). Presiedeva anche alle ricchezze ed ai preziosi metalli, che stanno nelle latebre della terra. – Proserpina, o Ecate, figlia di Cerere e di Giove, fu da Plutone rapita e fatta sua sposa. Le tre Parche fanno loro corteo, e sono Cloto, Lachesi ed Atropo, le quali governano la durata dell'umana vita. Seguono le tre Furie, o Erinni od Eumenidi, Aletto, Tisifone e Megera, che con orrendi flagelli e rimorsi tormentano la coscienza del colpevole.
6° Bacco, figlio di Giove e di Semele, Dio del vino e della letizia; seguito dalle Ninfe, dai Satiri, e dal suo precettore Sileno, e da Priapo, degli orti e dei confini custode.
7° Il Sole, spesso confuso e talora distinto da Apollo.
8° La Luna, ad or ad ora identica a Vesta o da questa diversa.
§ 75. Dei Minori furono gli Indigeti, i Semoni, le Virtù e le Passioni umane, non che i Numi Peregrini.
Indigeti furono detti, od Eroi, quei grandi uomini e benefattori del genere umano che, pei loro singolari pregi, furono ascritti fra le superne nature. I più celebri, fra i Romani, furono Quirino, Ercole, Castore, Polluce ed Enea.
Il nome di Quirino fu dato a Romolo, poi che salì fra gli Dei, forse dalla voce sabina Curis, che Asta significava, ad indicare il sommo suo valore in guerra e Quiriti furor poi detti i Romani.
Ercole, figlio di Giove e di Alcmena, fu, per odio di Giunone, costretto alle dodici famose fatiche: e rappresenta le insigni opere che compiere dovettero i primi incivilitori del genere umano, per purgare la terra dagli ostacoli che si opponevano a farne la lieta e culta dimora degli uomini.
Castore e Polluce, nati di Giove e di Leda, fratelli di Elena, furono pure di grande venerazione oggetto appo i Romani.
Enea, che la tradizione facea primo apportatore di civiltà dall'Oriente in Italia, ebbe culto anch'esso.
Fra gli Dei Indigeti debbono pure annoverarsi gli Imperatori, ai quali l'adulazione tributò divini onori.
§ 76. Dei Semoni (quasi Semihomines, giacchè nel prisco Lazio hemo per homo si usitava) erano quos nec cœlo adscriberent propter meriti paupertatem, nec terrenos deputare vellent pro gratiæ veneratione. Stavano insomma in un quid medium tra le nature celesti e le terrene.
Tali erano: Pane, preside de' pastori e delle gregge; Fauno, dio delle selve; Vertumno e Pomona, divinità delle frutta; Pale, degli ovili; Flora, dei giardini: Termine, dei limiti; Angerona, Dea del silenzio; Ippona, dei cavalli; Stercuzio del letame, ecc., ecc.
§ 77. Tutte le virtù più nobili, tutti i vizi più nefandi ebbero in Roma culto ed altari. Un tempio avea la Mente in Campidoglio; l'Onore, uno nel suburbio; la Pietà, la Fede, la Speranza, la Felicità, la Fortuna, la Voluttà, l'Ebrezza, ed infiniti altri affetti dell'animo o concetti del pensiero furono personificati in distinte deità.
§ 78. Dei Peregrini furono chiamati tutti i Numi che i Romani trovarono nelle conquistate provincie, e che in Roma con largo eccletismo accolsero ed onorarono. Tali furono: l'Iside e l'Osiride degli Egizii, gli innumerevoli Dei ed Eroi dell'Asia e della Grecia.
Quando si consideri che tutte queste divinità ebbero feste peculiari, e giorni a loro consacrati, sarà agevole il comprendere quanta fosse la parte che i Romani sprecavano di quel tempo che è, come disse un filosofo moderno, la stoffa di cui si compone la vita.