Paola Drigo
Codino

Notturno.

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Notturno.

 

Tutta la famiglia dei Mattia, una patriarcale famiglia di contadini benestanti, era riunita in quella sera per la cena di Natale: quattro generazioni, ventisette persone, che abitavano tutte nella cascina e lavoravano il fondo.

La cucina era ampia, affumicata: un gran focolare basso intorno a cui girava una panca di legno, una credenza nera ingenuamente scolpita, due file di secchi di rame dondolanti dal soffitto, una corda tesa carica di salami e di lardi, un altarino infiorato e festonato di carta rossa.

Presso al focolare, su di una rozza seggiola, il bisnonno, un vecchione di cento anni, cieco, colla gran barba bianca e il viso bronzeo illuminati in pieno dalla fiamma, aspettava immobile, colle mani sulle ginocchia.

Due giovani spose bionde, belle, colle maniche rimboccate e una corta gonna a fitte pieghe, stendevano la tovaglia e disponevano le scodelle. Accanto alla porta, una coppia di innamorati, in piedi: in un angolo un'altra sposa giovinetta allattava il suo primo nato, un piccolo di pochi mesi già così sveglio e vispo che dopo aver dato ingordamente le prime succhiate aveva smesso di poppare per girar in qua e in il viso tondo e gli occhietti curiosi.

Altri bimbi, ritti intorno al fuoco, guardavano con grande interesse l'oca che girava sullo spiedo sotto la vigilanza di nonna Barbara.

Nonna Barbara, alta, grassa, diritta, dal largo fianco che aveva saputo portare dodici figli, dal profilo fermo e severo, coi capelli grigi divisi sulla fronte, tre giri d'oro al collo, teneva in mano un ramaiolo dal lunghissimo manico e con quello cavava dalla leccarda l'olio bollente e lo faceva colare a goccia a goccia sull'oca che andava via via colorandosi di un dolce color dorato.

Era una meraviglia, quell'oca: un fenomeno di grandezza e grossezza, un capolavoro: gialla, tenera, fina; da mesi inchiodata su un'asse attendeva il sacrificio, e la nonna andava a imboccarla tre volte al giorno, e le vicine erano state invitate ad ammirarla viva e morta.

I fanciulli ne seguivano le ultime evoluzioni con visibile entusiasmo.

Dalla porta aperta sulla stalla venivano risate e voci allegre: erano gli uomini che giocavano a carte aspettando il desinare. Già la zuppa gorgogliava nel paiolo, un leggero fumo e grasso riempiva la cucina.

Due colpi sommessi furono bussati alla porta.

Una delle spose tirò il saltarello, socchiuse appena uno dei battenti.

E nello spiraglio una strana figura apparve: un mucchio di cenci, senza età, senza sesso, da cui sbucava uno scarnito viso livido e contraffatto e balenavano paurosi ed inquieti due occhi di gatto selvatico. Con lui una raffica di vento gelido entrò, fece ondeggiare il lume e il fuoco.

– .…Madre?… – chiese la sposa esitante senza lasciar la maniglia.

Barbara si voltò, col lungo ramaiolo gocciolante in mano, gettò un'occhiata al vagabondo.

Entridiss'ella. – Entri con Dio – ed accennò un cantuccio in ombra fra la credenza e la madia, il posto dei poveri.

Nessuna massaia di buona casa avrebbe osato ricusare quel posto a un mendìco la sera di Natale.

Egli sguisciò lungo il muro senza guardarsi intorno, come abbacinato dalla luce, tutto raggomitolato e sbilenco e tremante nei suoi cenci; si rannicchiò al posto concessogli, parve sprofondarsi nel muro, confondersi coll'ombra, cancellarsi, sparire.

Infatti immediatamente tutti lo dimenticarono.

Dopo qualche minuto nonna Barbara si voltò, col viso tutto rosso e imperlato di goccioline di sudore.

Figlioli, la zuppa è pronta.

Dalla stalla gli uomini irruppero gaiamente in cucina; nonno Battista, marito di nonna Barbara, sbarbato e arzillo e segaligno; quattro begli uomini nel pieno della giovinezza; adolescenti e ragazzi dai dodici ai sedici anni.

Il bisnonno cieco fu preso per mano da una delle nuore e guidato al suo posto a capo tavola; una femminuccia in gonnella rossa accorse a mettergli sotto i piedi uno sgabello: dal suo rifugio il vagabondo guardò il vecchio e la bambina con uno sguardo inesprimibile.

E improvvisamente gli occhi di nonno Battista s'incontrarono coi suoi, frugarono nell'ombra, lo scopersero e l'afferrarono.

– Chi gli ha aperto? – chiese egli con voce dura rivolgendosi alle nuore.

Nonna Barbara rispose tranquilla, seguitando a scodellare la zuppa:

– Io.

– Non importadisse nonno Battista, e si levò impetuosamente facendo cadere la seggiola, si avvicinò al mendìco e lo toccò sulla spalla.

Fila.

Gli occhi del mendìco balenarono; nell'arruffio dell'ispida barba la bocca sdentata tremò; nondimeno senza una parola egli raccattò il floscio sacco e il bastone, e a testa bassa, senza guardar nessuno, col suo passo strascicato e sbilenco se ne andò.

Quando la porta fu ben chiusa dietro a lui, le donne, i bambini si fecero intorno a nonno Battista: gli uomini no, chè avevano già preso posto innanzi alle scodelle, e neppure nonna Barbara che col viso duro e severo se ne stava in disparte, offesa nella sua autorità.

Perchè, nonno, perchè? – dissero i bambini.

Nonno Battista tese la mano destra come a giurar sul Vangelo.

– A Cernedo, si è fermato dai Zaglia: gli hanno dato da bere, e un'ora dopo è morto un bambino di un annodisse solennemente.

– Al mulino, gli hanno dato la farina e tosto la macchina si è fermataaggiunse uno degli uomini.

– Alla Canonica, la sorella dell'arciprete gli ha fatto la carità ed è stata presa da convulsionidisse un altro.

– È uno stregone! è uno stregone! – asserirono gli adolescenti.

– E voi, femmine, che chiacchierate tanto e non sapete mai nulla! – esclamò nonno Battista con disprezzo. – Se ci incoglie malanno, di chi la colpa?

Madonna! Madonna!… – gemettero le donne.

Le spose si strinsero intorno alle ginocchia i figlioli più piccoli e li abbracciarono e li accarezzarono; la più giovane si staccò dal seno il marmocchio e cogli occhi pieni di spavento incominciò a toccarlo e a batterlo da tutte le parti per sentir se era sano.

Il bimbo si diede a strillare disperatamente.

Madonna! Madonna!…

Nonna Barbara, nonna Barbara, – piagnucolava la femminuccia in gonna rossa tirando per il grembiale la nonna – ci succederà malanno, nonna Barbara?

Aspetta: – rispose nonna Barbara dominando la confusione con una repentina trovata. – Domandiamolo al vecchio. – E additò il centenario, immobile nella sua seggiola, coi miti occhi spenti.

Si fece un gran silenzio.

Padredisse nonna Barbara ad altissima voce, poichè il bisnonno era sordo – poco fa un mendicante ha bussato; è stato accolto, come sempre si accolgono i poveri il giorno di Natale. Ma non era un povero, era uno stregone: dove passa lui, passa il malanno. Or ora Battista l'ha cacciato. Credete che succederà digrazia a noi?

Il cieco chiese:

– Ha mangiato e bevuto?

un tozzo di pane, un sorso d'acqua, padre. La zuppa non era ancora scodellata quando Battista lo sfrattò.

– Allora non succederà nulla – vaticinò il vecchio. – La zuppa, il pane e la carne che avevate destinato allo stregone mettetela da parte per il primo povero che arriverà domani. La carità scongiurerà il maleficio, se maleficio vi fu.

Parla bene! parla bene! – susurrarono con rispetto i giovani e le donne.

– Ed ora a tavola! – disse nonno Battista.

Tutti si alzarono, recitarono il Benedicite. Nonna Barbara prese una scodella di zuppa, un'ala d'oca, un grosso pane, e posò tutto sotto all'altarino.

Poi, come sollevati da un incubo, tutti si misero allegramente a mangiare, a ridere, a trincare.

 

*

 

Fuori tutto era bianco: non un passo, non una voce; la campagna deserta immobile solenne, sotto la neve.

Il mendicante traversò il portico; passò dinanzi la cuccia del cane, vuota, poichè la pietà dei padroni aveva ricoverato Fido in cucina; riconobbe un vecchio gelso gigantesco tutto irto di ghiaccioli, si trascinò più avanti, verso il pagliaio.

Era così stanco che ogni passo gli strappava un gemito di dolore; aveva tanta fame che gli occhi gli si velavano di nebbia, tanto freddo che la bocca sdentata tremava.

Dall'alba, dall'alba camminava, e veniva da tanto lontano, e aveva bussato a tante porte.… Tutti l'avevano respinto.

Anche , da quell'ultima casa dove non voleva andare, dove aveva bussato quando ogni altra speranza era perduta. Era uno stregone, dicevano; e per quel nome – chi gli aveva dato quel nome? chi per il primo l'aveva maledetto così? – per quel nome, lo condannavano a morire.

Fosse stato un ladro, un bandito, un manutengolo, cento mani si sarebbero tese verso di lui pietosamente, ma non aveva fatto male a nessuno, non aveva rubato nulla, tornava al suo paese dopo anni e anni d'assenza, e tutti, senza pur riconoscerlo, si levavano contro di lui con aspre voci ed occhi cattivi, tutti i cuori si chiudevano al suo apparire, tutte le mani si alzavano in atto di minaccia, anche in quella sera, in cui gli uomini erano buoni e pietosi perfino col cane randagio.

Era uno stregone: bisognava morire.

Sì, morire: ed egli sentiva la morte avvinghiarsi già alle sue spalle assiderate, torcergli di crampi lo stomaco, prostrargli le ginocchia nella neve, e tuttavia si svincolava con furore e disperatamente lottava contro di lei, e si trascinava, si trascinava ansando più lontano, quasichè, se fuggiva, Ella non lo seguisse; quasichè al suo fianco, – lieve, leggera, cauta, silenziosa, – Ella non camminasse con lui in mezzo alla neve, fissandolo.… e sostando quand'egli sostava.… e, se inciampava, facendoglisi più vicina.… Implacabilmente.

Il vagabondo si accasciò per terra colle spalle al pagliaio. Non aveva più forza. Non dall'alba soltanto, ma per tutta la vita, per tutta la vita, da sempre, gli pareva di aver camminato così, fra l'accecante bianchezza della neve. E gli pareva di aver lasciato dietro a lontana di miglia e miglia l'ultima casa da dove l'avevano cacciato, di essere solo, sperduto, a morire, nella solennità della bianca campagna.

Quando riaperse gli occhi vide dinanzi a a pochi metri di distanza una cascina, un portico ingombro di carri, un cortiletto chiuso da una siepe di pruni.

Una finestra senza imposte brillava come un allegro occhio rosso nella notte. Qualcuno aveva deterso di dentro il vetro appannato. Egli guardò, sussultando.

.…Essi! Erano ancora essi!… Era ancora la casa ultima di dove l'avevano cacciato quella che gli stava dinanzi!… Non era riuscito ad allontanarsi che di pochi passi.

Egli guardò.

Mangiavano.

Mangiavano.

L'oca gialla, tenera, fina, fumava su di un gran piatto; nonna Barbara affettava a grosse fette un prosciutto, sul vasto focolare i ceppi allungavano e smorzavano la fiamma volubilmente, una delle spose girava intorno alla tavola mescendo il vino.

Mangiavano, ridevano: ed egli moriva.

Ma morire non bastava: bisognava vederli, guardarli, udire quasi le loro voci, le loro risate, indovinare sui loro visi lustri e rossi la beatitudine del cibo e del vino, bisognava assistere alla loro festa, e, per morire, non avere la forza di trascinarsi, più in .…

– Ah, maledetti! maledetti!…

All'improvviso, più forte della fame, del freddo e della stanchezza, un rancore furibondo si scatenò nel cuore del mendico: un impeto cieco d'odio e di ribellione.

.…Ah, egli era uno stregone? era uno stregone?… Sui suoi passi fioriva il male, la sventura, la morte?… Per questo, per questo, lo lasciavano agonizzare nella neve la notte di Natale? per questo gli uomini gli avevano scagliato contro le pietre e sputato in faccia?… Era uno stregone?

Egli ebbe un ghigno sinistro nella barba, i suoi occhi grifagni scintillarono sotto i cespugli grigiastri delle sopracciglia, non sentì più fame, stanchezza, freddo: soltanto l'ansia, la sete, la febbre di vendicarsi. E non parve più un moribondo, ma una belva in agguato inferocita dalle ferite e dalle percosse, accecata dalla certezza della fine senza scampo.…

A quel ghigno, Colei che lo seguiva guatando, parve esitare anch'essa, e il suo passo si fece più muto e leggero.

.…Il fienile era , rigurgitante di pastura, e, sotto di esso, la bella stalla colle mucche pezzate ed i vitelli.… Or ora, quando se ne fossero tutti andati a letto.… Che bella fiammata per riscaldarsi i piedi e le mani nella notte di Natale!… Or ora, or ora.…

Affannosamente il vagabondo frugò nelle tasche della giacca sbrindellata; sapeva di averli.… ma.… forse li aveva perduti?… No, c'erano; i fiammiferi c'erano: unico patrimonio insieme ad una pipa fessa e scrostata. Or ora, or ora.…

Oppure.… era preferibile un'altra vendetta? meno atroce, ma più certa?… Bussare ancora, e, nel silenzio attonito, rivarcare la soglia della casa, fissare bene in faccia il vecchio che l'aveva cacciato, quel superbo così sicuro di , dirgli tranquillamente – (e tutti, le donne, i figli, i generi, a sentire):

Guardami. Non mi conosci? non ti ricordi? Ora sono vecchio, lacero e consunto, ma il nome, almeno il mio nome, non puoi averlo dimenticato. Sono Giovanni, il servo, ti ricordi? quello che per tanto tempo ti fece inghiottir la saliva amara.… E quella, quella , diritta, dura, coll'oro al collo, io, io, l'ebbi prima di te fra le braccia quand'ero servo di suo padre, io la baciai sulla bocca non so quante volte prima di te, prima di te.… Ora è vecchia anch'essa, anch'essa ha perduto denti e capelli, ma non avrà perduta la memoria. Domandale: – Barbara, ti ricordi di Giovanni, del bovaio di tuo padre, e della macchia di faggi nel bosco, dove l'erba era così alta?… – Domandale. Ah! ah!… Domandale, domandale, tu che mi hai cacciato come un cane, «se non è vero» che la sera innanzi di sposarti ella piangeva disperatamente «fra le mie braccia».… Comprendi?… La sera innanzi di sposarti.… E, se avessi voluto, avrebbe piantato te, padre, madre, fratelli, per fuggire con me in America.… Domandale, se non è vero!… Invece io me ne andai solo; ti lasciai tranquillo, ricco, felice; non tornai più al paese, non ti detti noia. Solo oggi, che sono quasi un cadavere, che non posso più dar ombra a nessuno, ritorno.… e, se la fame non mi avesse fatto cieco, non sarei mai passato davanti alla tua casa, e se tu mi avessi gettato un tozzo di pane, non mi avresti riveduto mai più.… Ma tu invece, vigliacco, vigliacco, come gli altri!… Lasciami ridere almeno, lasciami ridere, prima di morire!

Una mano lieve toccò il mendìco sulla spalla.

– Per dire tutto questo bisogna aver voce.

Colei che gli si era accovacciata accanto nell'ombra, e ch'egli aveva dimenticata, lo guardava beffardamente.

– Bisogna aver voce.…

Egli le si ribellò ancora una volta con furore.

No, non era la voce che gli sarebbe mancata; ma piuttosto.… seppure fosse rientrato nella casa, fin dalle prime parole tutti gli uomini si sarebbero gettati su di lui, l'avrebbero caricato di calci, l'avrebbero strangolato pur di farlo tacere.… Non li aveva visti? Erano belli, forti, spavaldi.… com'era lui, com'era lui, quando baciava Barbara sulla bocca.…

L'avrebbero strangolato.

Meglio, meglio l'altra vendetta. Per quella bastava un piccolo piccolo fiammifero, ed egli lo stringeva già come un'arma nella mano rattratta ed adunca, lo stringeva come un'arma tacita e sicura.

Egli ghignò. C'era il vantaggio di riscaldarsi ad un bel fuoco.… Un fuoco così bello da far dimenticare in una sola ora tutto il freddo di anni ed anni.… Certo, anch'egli se ne sarebbe ito con le mucche pezzate, coi vitelli, col somaro; ma che importava, poichè già «doveva» morire? Meglio, morire di caldo che di freddo. Or ora.… Non appena se ne fossero andati a letto.… Or ora.… E non essi, soltanto.… ma tutti, tutti coloro che gli avevano sputato in faccia.… tutti i pagliai.… tutti i fienili dei dintorni.… tutto il paese.… il maledetto suo paese.… Che bella fiammata allegra nella notte di Natale! E all'indomani, chi restava, rincorresse pur lo stregone!…

.…Or ora.… Non appena se ne fossero andati a letto. Già qualcuno si muoveva.…

Ed ecco infatti la porta si apre e qualcuno esce.

Il bisnonno e la piccola in gonna rossa.

Mandano il vecchio a dormire, e la fanciulla lo accompagna.

Nella immobile chiarità nivale il cieco procede lento, colla gran testa bianca gettata all'indietro, tentando il terreno col bastone, ed ella lo tiene per mano e lo guida.… E, andando, alza verso di lui il visetto ridente con un atto così gentile come s'egli potesse vederla.… Ha i capelli d'un biondo chiaro chiaro stretti intorno al capo, e due larghi occhi azzurri.… Il cieco e la bambina attraversano il portico ingombro di carri.

E il vagabondo in agguato, la belva inferocita dalle ferite e dalle percosse, accecata dalla certezza della fine senza scampo, si trascina carponi per vederli, e tutta l'anima pare accesa e raccolta nei suoi occhi grifagni. Una raffica di vento gelido lo fruga nei suoi cenci, un tremito convulso lo scuote da capo a piedi.

Il cieco e la bambina si soffermano un istante sulla soglia d'una porta. Entrano, scompaiono.…

Il vagabondo si riaccascia sulla neve.

.…Quando?… Dove?… Un casolare… un gelso.… un torrente quasi secco.… e una fanciulla come questa.… coi capelli d'un biondo chiaro chiaro e due larghi occhi azzurri.… E guida un bimbo di sei o sette anni che non ha coraggio di guadare il torrente.… e lo tiene per mano.… e si volta a guardarlo e a sorridergli.… e l'atto ed il sorriso del visetto gentile sono l'atto e il sorriso stesso di «questa» bambina.…

Dio! Dio!… Da quali profondità l'imagine ritorna? da qual cumulo di macerie?… Tanti e tanti anni fa.… Forse.… Una sua sorellina.… dimenticata.… morta.… E quel bambino che ella guida.… e il casolare, il gelso, il torrente.… Dio!… Forse.…

Il cielo è così soffice e basso sulla sua testa che egli si sente opprimere il respiro come da una cappa di piombo; i fiammiferi gli sono sfuggiti di mano; le lagrime colano sulla barba ispida e lungo la bocca sdentata.… l'occhio si fa quasi dolce.… la mano brancola.…

Allora Colei che per qualche attimo aveva esitato guatando, comprese che il momento era giunto.

Cauta cauta balzò dall'ombra, gli prese i piedi ed i ginocchi, gli salì su su fino al petto, gli adagiò il capo nella neve.…

Oh! egli se n'accorse, ma non si ribellò.

Non era cattiva, in fondo, Colei che egli aveva così disperatamente fuggita, era forse più pietosa e più dolce della vita.…

Ecco; «Ella» si accorgeva che aveva freddo; ecco, «Ella» si accorgeva che era stanco; e gli adagiava ancora più profondo il capo nella neve, e intorno a lui e su di lui pietosamente ammonticchiava altra neve, altra neve, altra neve.…

Natale.


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