Paolo Emiliani-Giudici
Beppe Arpia

XIII

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XIII

 

Adelina, sebbene fosse amaramente addolorata per lo stato lacrimevole in cui aveva lasciata l'Amalia, sebbene senza sapere i particolari della congiura, fosse convinta dell'inganno dove la povera fanciulla trovavasi avvolta, e ne fremesse, ricomparve innanzi a Roberto con un certo orgoglio di trionfo impresso sul viso. La buona Adelina faceva come il guerriero, che non sapendo dissimulare a se stesso il disastro d'una battaglia, mentre si rassegna all'onnipotenza della sorte, si conforta dicendo in suo cuore: «L'onore è salvo».

Il conte, comunque avesse acquistata un poco piú di forza a sostenere il colpo, rimaneva tuttavia afflitto come quello che sentiva tutta la immensità della maggiore sciagura di cui potesse minacciarlo il destino. Era sepolto in un mare d'angosce, e quasi istupidito dal dolore, allorquando gli si fece dinanzi l'Adelina reduce dalla sua missione. Appena la vide, la letizia del volto di lei non lo commosse; pareva — mi si conceda dirlo — che la corrente elettrica fra' due cuori fosse interrotta: il viso gioioso della sorella gli parve la faccia del sole appannata da una densa nebbia.

E però non aveva animo d'interrogarla, dacché, se non poteva sospettare simulazione o inganno nel cuore di quell'ingenua, la certezza del fatto, gli faceva desiderare il colpo senza mitigazioni o sotterfugi.

Dopo pochi momenti di scambievole silenzio, l'Adelina, ch'era confusa anch'essa e non sapeva d'onde rifarsi, cominciò:

Conte!

Roberto senza far motto le figge gli occhi sul viso quasi dicesse: «Che rechi

— Or ora sono arrivata; vengo dal palazzo.

— Ti sei convinta? Hai palpate le cose con le stesse tue mani? — disse Roberto sollevandosi dal divano, dove giaceva prosteso, e sedendosi.

Sicuro.

— Dunque?

— Dunque gli è come vi dicevo io: avevo ragione; non potevo sbagliare.

— Come sarebbe a dire?

— Sarebbe a dire, che l'Amalia v'ama sempre, v'ama piú di prima la poverina!... — E due grosse lagrime le gocciolavano giú per le guance che col rovescio della mano asciugavasi gli occhi.

— Ma tu piangi? — esclamò Roberto rizzandosi mentre, presa per il braccio la sorella, la tirava a sé.

Piangorispose singhiozzando la giovinetta — perché la poverina ha una febbre... una febbre... che Dio liberi da qualche disgrazia.

— È inferma?... L'hai veduta?... Le hai favellato?... Non è forse vera la nuova?... Dunque è una ciarla?... Come va?... Cos'ha?...

— È in uno stato che è una passione a vederla.

Raccontami...

— Non mi starò a dire quanti ostacoli ebbi a vincere per arrivare fino a lei. Finalmente l'ho veduta, e questo gli è il punto essenziale; l'ho abbracciata ed abbiamo pianto insieme.

— E cosa ti ha detto?

— Non ha potuto parlare la poverina... vi dicevo che è gettata in un fondo di letto, e par... che... non arrivi... a domani... — diceva l'Adelina fra i singulti che parevano soffocarla.

— Ma tu mi trafiggi l'anima... parla: che avvenne? Cosa è stato?

Lasciatemi calmare un momento, e vi dirò ogni cosa. — E dopo che si fu alquanto sfogata e s'ebbe asciugati gli occhi, riprese:

— La disgraziata è stata messa in mezzo, è stata ingannata: proprio l'hanno assassinata... quell'infame del Gesualdi, che possa assaettare...

— Dunque è vero lo sposalizio?

— La scritta è vera: ma lo sposalizio non s'è fatto altrimenti, e non si farà.

— E chi te lo ha detto?

— Ve lo dico io.

Va', tu m'inganni anche tu, perfida! — urlò Roberto con tale ferocia che la fanciulla retrocedendo impaurita tremò quasi si trovasse di faccia ad una belva con la gola spalancata per inghiottirla.

— Me lo ha detto ella stessa, chetatevi.

— Dunque le hai parlato?

— Ho parlato, ma non mi ha potuto rispondere: provossi piú volte, e la sola parola che le usciva dalle labbra arse dalla febbre, è stata: Roberto! E sempre: Roberto! Io le ho detto che mi mandavate voi, che voi l'amate sempre...

— Hai detta una menzogna, una infame menzogna! Chi ti aveva ordinato di dire...

— Ma volevate ch'io la facessi morire? Se le dicevo, se le raccontavo la scena che mi faceste dianzi, se le ripetevo che voi la credete spergiura, l'infelice sarebbe morta di subito. Se la vedeste in che stato ell'è, vi sentireste spezzare il cuore. — E piangeva dirottamente.

Per un pezzo il colloquio seguitò su questo andare; il che vuol dire che non poterono arrivare ad intendersi. Quando il dolore è vero, diventa prepotente ed è forza che la ragione si tiri da canto per lasciargli libero sfogo. Roberto, affettando tranquillità mentre mille affetti diversi gli tenzonavano in petto, e secondando le espansioni della sorella, riuscí a farsi raccontare punto per punto la visita fatta all'Amalia. E sebbene le parole dell'Adelina lo conciliassero alla speranza, che lo aveva quasi del tutto abbandonato, nondimeno il fatto della scritta gl'inveleniva talmente l'anima, che l'Amalia, la quale fino allora era stata agli occhi di lui un'eroina, gli pareva un essere debole, una creatura corruttibile, una donna come le altre. Gli nacque il dubbio che l'aureola de' pregi e delle virtú che le irradiavano la fronte, fosse una apparizione illusoria della sua fantasia, traviata dall'impeto dell'affetto. Dopo d'avere mormorate terribili parole, concludeva, volgendosi all'Adelina come se fosse complice della creduta reità dell'Amalia: — Eppure ha firmata la scritta, ha dato il suo consenso: al diavolo anche tu, non voglio sentirne mai piú parlare. — Ed uscí impetuosamente dalla stanza lasciando attonita l'Adelina, che si assise abbandonando il capo sul guanciale del divano.

Stette lung'ora in profonda meditazione come cosa priva di vita. Poi alzandosi improvvisamente col volto infiammato:

— Ed io romperò questa trama del demoniogridò battendo vigorosamente la palma sulla tavola ed uscí anch'essa come chi corre diritto a compiere una vendetta.

 

In quel giorno la nuova del matrimonio della marchesina Pomposi col piccolo Arpia era il subietto di tutte le conversazioni, era il chiacchiericcio di tutti i convegni degli sfaccendati. Non v'era bottega, non v'era caffè dove non se ne discorresse, per fino nelle pubbliche vie la gente ne ragionava in vari modi. L'interesse che avevano la marchesa e il Gesualdi di non ventilare lo amore della fanciulla per Roberto, fu per lui una insigne fortuna in tanta sciagura perocché quando al colpo della sorte avversa il demone dello scherno congiunge i suoi strali per dilacerare un cuore generoso, la disperazione fa subitamente germogliarvi sanguinosi pensieri, e fa che il trafitto in quel momento si desideri onnipotente per distruggere il creato e sotto le universali rovine coprire la propria vergogna e la crudele malignità pubblica.

Era quindi affatto interna ed arcana la lotta che Roberto sosteneva. Il suo caso gli parve senza rimedio: a volte l'aculeo del dolore lo spingeva a tristissimi proponimenti; a volte la ragione gli si faceva puntello che al primo impeto del sangue riesciva fragile e di nessun giovamento. Ma la cosa piú dura a patire era il morso freddo del disinganno intorno all'Amalia; perocché giurando di non darsene piú pensiero, la memoria delle pure dolcezze di quel vero amore, tornava ad inebriarlo, componendole come per virtú magica, in un baleno, quel vago prisma, a traverso il quale egli soleva vedere bella la sua diletta: l'anima sua rendeva immagine di quelle notti d'autunno, allorquando i venti cacciano furiosamente per le vaste regioni dell'aria le nubi, a traverso le quali si mostra lucente la luna per poi nascondersi e riapparire di nuovo e rinascondersi che la natura è un continuo alternare di tenebre e di luce.

Mentre egli ondeggiava in tanta tempesta di pensieri; eccoti comparirgli dinanzi improvvisi Guido Spaccatesta e Cincinnato Assoluti, che ridevano e brontolavano a vicenda.

Buon , Roberto, — disse Guido — quando a' tuoi famigliari fai divieto di non far passare nessuno nelle tue stanze, non dimenticarti di aggiungere le eccezioni, come i casi riservati. Abbiamo avuto a bisticciare con quel Zanobi, che mi voleva fare lo svizzero della guardia del papa; e noi s'ebbe quasi a forzare il passo: digli una volta per sempre che tra gli articoli proibiti noi non siamo compresi.

La vista de' due cari amici svegliò nell'anima di Roberto un senso misto di conforto e di molestia, ma combinato in guisa che era piú conforto che noia. Da loro non poteva augurarsi altro che bene. — Buon giorno, amici, — rispose Roberto — vi son grato che siate venuti; davvero m'ero dimentico di comunicare a Zanobi le eccezioni, le quali d'altronde si limitano solamente a voi; ché oggi non vorrei vedere né anche un angiolo...

— Ad ogni modo non se ne parli piúdisse Cincinnato. — E tu che hai, o Roberto? Ieri sera stavi male davvero.

— Ed ora sto bene.

— Lo dici? Uh! A me par di no — disse Guido.

— O perché?

— Perché, se ti potessi prestare i miei occhi — poiché guardandoti alla spera co' tuoi, ci ricaveresti poco — ti accorgeresti che la nostra visita d'oggi ha una ragione particolare; noi siamo venuti qui per consolarti, per secondarti, per darti prova della nostra amicizia.

— Io non intendo, mio caro Guido, — disse Roberto arrossendofavella senza circollocuzioni, senza misteri.

— Senza misteri, cosí al modo nostro, senza complimenti, non è vero? — esclamò Cincinnato. — Ascolta; quand'anche non avessimo veduta la rivoluzione improvvisalasciami dire — che si manifestò nella tua persona all'annunzio recato dal barone, la quale fu bastevole a farci indovinare certi tuoi arcani, quel che abbiamo sentito...

— O cosa si dice? Cosa avete sentito? — interruppe impallidendo Roberto.

Calmati; non è nulla; si parla d'un amore segreto fra l'Amalia ed un giovane... per noi il giovane sei tu; il pubblico ancora non ne sa, e forse non ne saprà mai nulla; e si dice che la nobile donzella a malincuore si è indotta a sposare il figlio dell'Arpia, ma costretta dalla madre, lo sposa.

— E il pubblico ride...

— Non avere paura, per adesso non ride, ne bisbiglia appena: il pubblico è positivo, avventa le saette della sua maldicenza ad un punto determinato; e per ora non sa chi è il tradito, se lo sapesse, povere le tue spalle! D'altronde se avrà voglia di ridere, non riderà di te, ma dell'erede dello strozzino che sposa la marchesina a conto tuo.

Quest'ultima parola, detta da Cincinnato come per lenitivo alla piaga di Roberto, glie la inasprí; al vero dolore l'epigramma, anche movendo da una intenzione benevola, è veleno che lo incita al furore.

Irridere alle ferite del cuore! — gridò Roberto — Non mi aspettava tanto da voi. — E profferí queste parole con profonda e dignitosa passione, che i due amici, mutando improvvisamente contegno, turbaronsi; e Guido ponendosi la mano sul petto, disse:

Scusami Roberto: noi non credevamo questo: eccoci qua pronti a soccorrerti ad ogni costo, ad ubbidirti. Che s'ha egli a fare?

— A provarti la nostra amiciziasoggiunse Cincinnato.

E i due giovani profferirono le loro parole con tal sentimento di verità, che svegliarono la fiducia in cuore di Roberto, il quale bramava sfogare il proprio affanno innanzi a chi fosse capace d'intenderlo; e di prestargli consiglio.

— Noi non sappiamo la cosa se non confusamente, se ci reputi degni di averne fatta la confidenza, se ci reputi amici veri...

Roberto strinse le destre agli amici, quasi volesse rassicurarli, non che mostrare la sua gratitudine. E sedutisi attorno ad una tavola come ministri che leggano in consiglio a deliberare sopra un importantissimo affare di stato, si posero ad ascoltare il racconto di Roberto.

Roberto narrò minutamente la storia de' propri amori; aperse loro tutto il suo cuore con ingenuità tale che pareva dicesse: guardatelo e provvedete perché non mi si spezzi. Pennelleggiò co' piú seducenti colori il ritratto morale dell'Amalia; il corporeo era notissimo a chiunque; ella aveva fama di bellissima sopra tutte le piú leggiadre donzelle delle nobili famiglie. Mentre egli parlava i due giovani stavano muti ed intenti, finché egli terminò dicendo: — Adesso potete intendere, per quanto può esprimersi con parole, lo stato dell'anima mia; forse vi meraviglierete come il dolore non mi abbia spinto ad eccessi disperati; eppure io non mi credeva capace di tanta forza d'animo; Dio non voglia che la mi abbandoni, allora io sarei perduto. Adesso consigliatemi voi; siatemi guida: cosa debbo io fare?

Darti pace.

Riderci sopra.

— Vi credeva piú savi!

— E lo siamo abbastanza in simili faccende.

Odi, Roberto! Noi non ti si biasima, non si ride alle tue spalle, comprendiamo la immensità del tuo dolore, ma ad un tempo sappiamo ch'esso sgorga da una fonte che può agevolmente inaridirsi. — Non ti meravigli la sicurezza con cui parlo — per questa via bisognava passarci, ci si è passati tutti, e nessuno si è ammazzato, o è morto di dolore o di rabbia; ci sono passato anch'io — e anche tu o Cincinnato; non è vero? — E intanto eccoci qua sani, tranquilli, e con un tesoro d'esperienza, ed aggiungi con l'acquisto della bussola infallibile per navigare regolarmente nel pelago sociale. Ne convengo anch'io, dapprima e' reca un po' di molestia, ma poi se ne va via come un mal di capo, una indigestione.

— Il primo amore, caro Berto, è irragionevole; gli antichi parlando dell'amor cieco intendevano significare quello che oggi si chiama amore collegiale; ritenta la prova, e ti ci troverai meglio; un po' di traversia, in ispecie se ti verrà fatto di superarla, sarà una salsettina che ti renderà piú squisite le dolcezze d'un amore futuro. E destino dell'uomo che passi per le forche caudine del sentimentalismo onde poi gettarsi da bravo nell'arena della galanteria: non te ne vergognare.

— Vi credeva piú savi!

— E daccapo! — esclamò Cincinnato. — O sai com'è? Dormici un po' sopra, e dopo due giorni di riposo, che basteranno, spero, per farti fare una completa digestione, ci saprai dire come ti trovi.

Disperatissimo o demente. Ma voi non sapete qual donna io perdo, qual angiolo...

Frase di cui son piene tutte le pagine de' cattivi romanzi, applicata a tutte le femmine da trivio, sicché non istà piú bene ad una fanciulla come l'Amalia. È un angiolo, tu dici, superiore a tutte le debolezze dell'umana natura, che calpesta sdegnosamente co' piedi tutti i beni di questa misera terra, che si solleva sull'ale dell'amore ad una sfera piú pura, piú splendida, alla sfera degli angioli, non è cosí? E trattanto fa l'amore con te, e firma un contratto di nozze con lo strozzino, e si congiunge per tutta la vita ad un rosticcio che non ha né anche la figura d'uomo. È stata ingannata, è stata assassinata, mi dirai tu. Solite scuse, amico mio; tutte sono forzate da' parenti; ma una vecchia e rispettabile signora un giorno mi diceva, parlando d'un caso simile: «Quando la donna dice di no, e lo dice davvero, una legione di diavoli non servirebbe a farle dire di ; e siccome ciò si manifesta maggiormente in Francia dove le donne, a sembianza de' re legittimi, esercitavano potere assoluto; ne nacque il proverbio: ce que femme veut, Dieu le veut: frase, che tradotta in altra piú chiara e prosaica, vorrebbe dire, che la donna è onnipotente».

Alle ciniche parole de' due giovani, e specialmente al modo con che Cincinnato le profferiva, Roberto si senti schernito, e non aveva piú modo di frenare l'impeto del suo cuore che fremeva di sdegno: quasi la donna da lui adorata patisse una calunnia, a vendicarla sfrenò la lingua narrandone tutti i pregi, e dopo d'avere lungamente arringato che gli amici guardavansi maravigliando, concluse: — , è forza che anche voi convenghiate che la è una vittima della infernale iniquità della madre trista e del suo tristissimo drudo!

— È una vittima? Potrebbe essere, anzi sarà di certo — disse Cincinnato Assoluti — ma è un fatto che non può disfarsi ed ora bisognerebbe pensare al rimedio; e qui la nostra amicizia ti potrebbe essere utile; non bisogna ridirti che noi siamo, anima e corpo, esposti ai tuoi ordini. Ciò posto, cosa intendi di fare? Da cavaliere chiedere una riparazione? Ed a chi? Al tuo rivale? Tu sai che egli è colpito d'incapacità; un imbecille non è tenuto ad accettare una sfida. Alla marchesa? Il solo pensiero farebbe ridere; al sanfedista? Ma è un vile servitore, che i flosci ed osceni amori della padrona non solleveranno mai dal fango dove egli striscia. Cosicché son tutti fuori tiro, sono invulnerabili. Darti con bel garbo una pistolettata in fronte come Werther, o con attitudine piú tragica una pugnalata in petto come Jacopo Ortis? Ma sii certo che due giorni dopo Stenterello ti metterebbe in caricatura, e tutta la città correrebbe alla Piazza Vecchia non per ridere di quell'insipido animale, ma per dare del minchione a te, per godere non della cosa, ma dell'allusione. Smetti dunque cotesti pensieri, scendi giú da cotesto mondo di fantasimi, e fai quel che tutti gli altri fanno. In quanto a me — e Guido ne va d'accordo anch'egli — la esperienza mi ha insegnato a considerare la donna nel suo vero aspetto: la donna, grazie al perfezionamento morale del sesso forte, oggigiorno va soggetta all'estimo come tutte le altre mercanzie. — Lasciatemi dire, se non ne convenite voi, non importa, io ho con me tutta l'Europa, intendo i ben pensanti delle piú culte città d'Europa — È mercanzia anch'essa, piú nobile, se volete, le potrete anche dare un prezzo d'affezione, ma bisogna sempre computarla con cifre positive. Gigino Scapati diceva l'altra sera: «La donna agli occhi miei è una bistecca, è una starna, è un pasticcio». Espressione plateale, un po' disgustosa alle orecchie delicate, ma piena di verità e di buon senso. Ravvisare nella donna doti sovrumane, come facevano i cavalieri erranti e i poeti d'amore, poteva essere cosa tollerabile ne' tempi delle crociate, o negli arcadici; ma nel secolo nostro, dove le cose tutte si provano nel crogiuolo del positivoperdonate la goffa metafora — sarebbe ridicolaggine, sarebbe anacronismo tale da sfidare il piú originale e gigantesco sproposito del barone Maccheroncino. Ma io vedo che mi lascio andare per la via della rigida morale, che è lunga e molesta; e però, volendo concludere, convengo che l'Amalia Pomposi è una buona e bella ragazza: ma lascia, o Roberto, che la fantasia ti si calmi, lascia che il sangue ti si raffreddi alquanto, e vedrai che, svanita l'illusione, l'eroina ti ritorna femmina cogli occhi, col naso, con le gambe, che mangi, beva, dorma e faccia tutto ciò che fanno le migliaia e migliaia di donneDio! Come son troppe — sparse per la superficie del globo. Sicché, il mio voto è il seguente: darti pace, far senno; due giorni dopo sei bell'e guarito.

Le parole di Cincinnato, come era inevitabile, irritarono crudelmente il cuore dilacerato di Roberto; che Guido si senti commosso: perocché il vero dolore si comunica irresistibilmente al cuore altrui e vi provoca un consentimento che consola l'anima dell'afflitto. Cincinnato non ostante la sua conclusione, stava per ricominciare una seconda strofe di epigrammi, quando Roberto mormorò con voce che gli usciva dal fondo del petto straziato: — Amici voi! Gli amici di Giobbe! E piú crudeli! Almeno essi non lo schernivano.

— Per Dio! Non dirlo, o Roberto, — gridò Guido prendendolo per la mano. — Cincinnato ha favellato in quel modo ingegnandosi di sollevare, celiando, l'animo tuo dal fiero dolore onde è lacerato. Nessuno piú di noi ti compiange; intendiamo, pur troppo! che la sciagura che ti ha colpito segnerà l'epoca piú memorabile della tua vita; il cielo faccia che la non ti schiacci. Dacché il non dartene pensiero, la non curanza non è farmaco per la tua ferita, deliberiamo sul da farsi; ed eccoci qui, ti ripeto, prontissimi a considerare come nostra la tua causa, ed affrontarne i pericoli, a sacrificare le nostre vite per satisfarti o vendicarti.

Il modo con che Guido esprimeva i suoi sensi generosi fu tale che Roberto si strinse al seno gli amici, si asciugò gli occhi, e sedutosi di nuovo, dopo di avere invitato gli altri a sedersi, disse con voce fermaDeliberiamo.

Guido cominciò:

— Il mio parere sarebbe questo. Senza pretendere di leggere nel cuore umano, che è prerogativa riservata a Dio solo, giudicando da' fatti cosí come si mostrano, l'Amalia e il figlio dell'Arpia sono vincolati da un contratto matrimoniale; il che vuol dire che il matrimonio è fatto, e per essere compiuto ed indissolubile non ci vuol altro che la benedizione del sacerdote. Il contratto, per esser valido bisogna che porti la firma de' contraenti: dunque l'Amalia ha firmato: se ingannata, sedotta, costretta, non monta; ha firmato e ciò serve a satisfare la legge. È forza dunque supporre che la buona giovinetta si sia rassegnata, riserbandosi forse a piangere la propria sciagura o a giustificarsi agli occhi tuoi. Ma siccome suol dirsi, finché c'è fiato c'è speranza, cosí non essendo compiuto il sacramento, il contratto potrebbe rompersi; e tu, o Roberto, potresti pretendere alla mano dell'Amalia per la validissima ragione, che ella innanzi di contrattare con l'Arpia, aveva giurato fede a te; la qual cosa vuol direpiú né meno, che aveva contrattato con te. Tu hai quindi il pieno diritto d'impedire l'esecuzione del secondo contratto e di esigere che il primo si compia. Questo in quanto alla questione giuridica; in quanto a quella di convenienza, rispondi candidamente, sei tu in istato di prender moglie? L'Amalia non ha un soldo di dote supponendo anche che i parenti te l'accordino, potrai tu sostenere il peso d'una famiglia nello scompiglio universale in cui si trova la economia della tua casa? La moglie, amico mio, è un bel mobile, che fa piacere e fa anche comodo, ma va tenuto in uno splendido apparato, e tu intendi il significato della metafora: quando il matrimonio non ha il corredo degli agi che ne assicurino la stabilità come i buoni fondamenti quella dell'edilizio, l'amore che lo cementa, s'inaridisce; il legame, se non si rompe, si allenta, e il nettare dall'Imeneo si cangia in amarissimo fiele. Queste sono verità comunissime e non dico per moralizzare ed infastidirti. Un giovane scapolo, siano quanto si vogliano pochi i mezzi che possegga, è sempre ricco; ei non ha occhio che lo vegli e lo rimproveri; può ridursi a vivere come quel filosofo cinico dentro una botte, e non ostante serbare la propria dignità, e fortificandosi nella indipendenza della propria vita, guardare in faccia il destino, imprecargli, accusarlo, sfidarlo. Ma con una famiglia, e con mezzi pochi o punti? Meglio, secondo me, morire d'un accidente. Perciò una moglie senza dote per te è una impossibilità, o per meglio dire, una rovina, la maggiore d'ogni sciagura. E quando non vi fosse altra ragione, dovrebbe questa servire a calmare la procella della tua anima e persuaderti a fare olocausto del tuo affetto sull'ara della necessità; a studiare ogni mezzo per ridarti la perduta signoria di te stesso. E ciò, supponendo veri ed esistenti i pregi tutti della fanciulla, verissimi gl'inganni, i raggiri, le nequizie de' suoi sacrificatori. Ma ne sei tu sicuro? Potresti giurare che i tesori di Beppe Arpia che la pubblica fama dice immensi, non ci siano stati per nulla negli argomenti che hanno fatta forza alla volontà di lei? S'ella è sublime, come tu dici, se è tanto altera, se tanto esaltata, se ti ama tanto, credi tu che vi era forza bastevole a trascinarla, suo malgrado, ad un passo che facendola apparire spergiura, la coprirebbe d'un vituperio immortale? O che pensi forse che con tutta la sua pochissima esperienza delle cose del mondo la non ne abbia tanta da fare queste considerazioni che ricorrerebbero spontanee alla mente d'un semplice fanciullo? In fine, se io fossi in te, o Roberto, mi sforzerei di fare lo stoico; la è una ruvida e spietata filosofia, ma in certi casi è singolarmente proficua; io sosterrei la mia sciagura con fermezza, e studierei tutte le guise possibili a richiudere le piaghe del cuore.

— E che mi consiglieresti di fare? A quale espediente ti appiglieresti?

— Ad uno volgarissimo, ma secondo quel ch'io ne penso, oltremodo efficace, comunque sembri ricavato da luoghi comuni.

— E sarebbe?

— Per un paio di mesi, muta paese. Altro cielo, altri campi, altri monti, altri uomini, e forse altre donne dissiperanno la nuvola di tristezza che ti abbuia l'anima, e ti parrà di rinascere; e ritornato, forse la rimembranza di coteste tue dolorose vicissitudini, ti sarà come la memoria d'una lacrimevole tragedia vista rappresentare in un teatro.

Roberto non rispose; ma col capo spenzolato sul petto a guisa di chi assiso si addormenti, cadde sepolto in intensa meditazione. Dopo brev'ora, si scosse, rizzossi, e volto agli amici

Andiamodissescoprasi la verità, tuttaquanta la verità; prestatemi mano anche voi, non mi abbandonate e siate pur certi che Roberto Cavalcanti nella sua immensa sciagura oprerà con piú senno di quel che vi possiate immaginare.

Andiamorisposero Guido e Cincinnato.

Ed uscirono.


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