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Lettera XLIII L’intrepido pioniere
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
puoi dire a Delio che la notizia che mi ha mandato mi ha interessato moltissimo, perché è importante e oltremodo seria. Tuttavia spero che qualcuno, con un po’ di gomma, abbia riparato il maldestro fatto da Giuliano e che, pertanto, il cappello non sia già diventato cartastraccia.
Ti ricordi come a Roma Delio credesse che io potessi accomodare tutte le cose rotte? Certo adesso se ne è dimenticato. E lui ha la tendenza ad aggiustare? Questo, secondo me, sarebbe un indizio... di costruttività, di carattere positivo, piú che il gioco del meccano.
Tu sbagli, se credi che io, da piccolo, avessi tendenze letterarie e filosofiche, come hai scritto. Ero invece un intrepido pioniere e non uscivo di casa senza avere dei chicchi di grano e dei fiammiferi avvolti in pezzettini di tela cerata, per il caso che potessi essere sbattuto in un’isola deserta e abbandonato ai miei soli mezzi.
Ero poi un costruttore ardito di barche e di carretti e conoscevo a menadito tutta la nomenclatura marinaresca: il mio piú grande successo fu quando un tolaio del paese mi domandò il modello di carta di una superba goletta a due ponti, per riprodurla in latta. Ero, anzi, ossessionato da queste cose perché a sette anni avevo letto Robinson e l’Isola misteriosa. Credo, anzi, che una vita infantile come quella di trent’anni fa oggi sia impossibile: oggi i bambini, quando nascono, hanno già ottant’anni, come il Lao-Tse cinese. La radio e l’aeroplano hanno distrutto per sempre il robinsonismo che è stato il modo di fantasticare di tante generazioni. L’invenzione stessa del meccano indica che il bambino si intellettualizza rapidamente. Il suo eroe non può essere Robinson, ma il poliziotto o il ladro scienziato, almeno nell’Occidente.
Cara, ti abbraccio coi bambini.