Antonio Gramsci
L'albero del riccio

Lettera XLV   I giochi di Stlivi

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Lettera XLV

 

I giochi di Stlivi

 

 

Cara Giulia,

mi ha interessato ciò che hai scritto di Delio scolaro, della sua serietà interiore che non è disgiunta da un certo amore per l’allegria.

Sento con molto pungente rammarico l’essere stato privato della partecipazione allo sviluppo della personalità e della vita dei due bambini; eppure io diventavo subito amico dei bambini e riuscivo a interessarli.

Ricordo sempre una nipotina della mia padrona di casa a Roma: aveva quattro anni e aveva un nome molto difficile, preso dall’onomastica turca. Non riusciva ad aprir la porta della mia camera, dove si avvicinava di soppiatto perché la nonna le aveva detto che non bisognava disturbarmi, perché scrivevo sempre. Bussava piano piano, timidamente, e quando io domandavo: «Chi è?», rispondeva: «Stlivi! Vuoi giocare?»; poi entrava, offriva la guancia da baciare, e voleva le facessi gli uccellini o dei quadri bizzarri, ottenuti da gocce di inchiostro lanciate a caso sulla carta.

Carissima, ti abbraccio teneramente.

ANTONIO

 

 

 

 


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