Antonio Gramsci
L'albero del riccio

Lettera XLVII   La rosa guarita

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Lettera XLVII

 

La rosa guarita

 

 

Carissima Tania,

sai, la rosa si è completamente ravvivata. Dal 3 giugno al 15, di colpo, ha cominciato a mettere occhi e poi foglie, finché si è completamente rifatta verde; adesso ha dei rametti lunghi già quindici centimetri. Ha provato anche a dare un bocciolino piccolo piccolo che però ad un certo punto è illanguidito ed ora sta ingiallendo. In ogni modo, non è neanche escluso che qualche rosellina timida timida la conduca a compimento quest’anno stesso. Ciò mi fa piacere, perché da un anno in qua i fenomeni cosmici mi interessano (forse il letto, come dicono al mio paese, è posto secondo la direzione buona dei fluidi terrestri e quando riposo le cellule dell’organismo roteano all’unisono con tutto l’universo).

Ho aspettato con grande ansia il solstizio d’estate e ora che la terra si inchina (veramente si raddrizza dopo l’inchino) verso il sole, sono piú contento (la quistione è legata col lume che portano la sera ed ecco trovato il fluido terrestre!); il ciclo delle stagioni, legato ai solstizi e agli equinozi, lo sento come carne della mia carne; la rosa è viva e fiorirà certamente, perché il caldo prepara il gelo e sotto la neve palpitano già le prime violette; insomma il tempo mi appare come una cosa corpulenta, da quando lo spazio non esiste piú per me.

Cara Tania, finisco di divagare e ti abbraccio.

ANTONIO

 

 

 

 


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