Antonio Gramsci
L'albero del riccio

Lettera XLIX   La mia giornata

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Lettera XLIX

 

La mia giornata

 

 

Carissima Tania,

da qualche giorno ho cambiato di cella e di raggio (il carcere è diviso in raggi). Prima ero al raggio, 13a cella; adesso sono al raggio, 22a cella.

La mia vita trascorre, su per giú, come prima. Te la voglio descrivere un po’ minutamente; cosí ogni giorno potrai immaginare ciò che faccio.

La cella è ampia come una stanza da studente: a occhio la calcolo tre metri per quattro e mezzo, e tre e mezzo d’altezza. La finestra sul cortile, dove si prende l’aria: non è una finestra regolare, naturalmente: è una cosiddetta «bocca di lupo», con le sbarre all’interno; si può vedere solamente una fetta di cielo, non si può guardare nel cortile o lateralmente.

La disposizione di questa cella è peggiore della precedente che era esposta a sud sud-ovest (il sole si vedeva verso le dieci e alle due occupava il centro della cella con una striscia di almeno sessanta centimetri); nell’attuale cella, che deve essere esposta a sud-ovest ovest; il sole si vede verso le due e sta in cella fin tardi, ma con una striscia di venticinque centimetri. In questa stagione, piú calda, forse cosí andrà meglio.

Inoltre: l’attuale cella è posta sull’officina meccanica del carcere e si sente il rombo delle macchine; ma mi abituerò.

La cella è molto semplice e molto complessa insieme. Ho una branda a muro con due materassi (uno di lana): la biancheria viene cambiata ogni quindici giorni circa. Ho un tavolino e una specie di comodino-armadio, uno specchio, un catino e una brocca di ferro smaltato. Possiedo molti oggetti in alluminio acquistati alla Rinascente, che ha organizzato un reparto nel carcere. Possiedo alcuni libri miei; ogni settimana ricevo in lettura otto libri della biblioteca del carcere (doppio abbonamento). Al mattino mi levo alle sei e mezzo, alle sette suonano la sveglia: caffè, toilette, pulizia della cella; prendo mezzo litro di latte e ci mangio un panino; alle otto circa si va all’aria, che dura due ore. Passeggio; studio la grammatica tedesca, leggo la Signorina-contadina di Puskin e imparo a memoria una ventina di righe del testo. Compro un giornale industriale-commerciale, e leggo qualche notizia economica; il martedí compro il Corriere dei Piccoli, che mi diverte; il mercoledí la Domenica del Corriere; il venerdí il Guerin Meschino, cosiddetto umoristico. Dopo l’aria, caffè; ricevo tre giornali;il pranzo arriva in ore disparate, dalle dodici alle tre; riscaldo la minestra (in brodo o asciutta), mangio un pezzettino di carne (se è di vitello, perché non riesco ancora a mangiare la carne di manzo), un panetto, un pezzetto di formaggio (la frutta non mi piace) e un quarto di vino. Leggo un libro, passeggio, rifletto su tante cose. Alle quattro, quattro e mezzo, ricevo altri due giornali. Alle sette ceno (la cena arriva alle sei): minestra, due uova crude, un quarto di vino; il formaggio non riesco a mangiarlo. Alle sette e mezzo suona il silenzio; vado a letto e leggo dei libri fino alle undici-dodici. Da due giorni, verso le nove bevo una chicchera di camomilla.

Ti abbraccio.

ANTONIO

 

 

 

 


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