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Lettera LVII Quinto Natale
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
ecco il quinto Natale che passo in privazione di libertà e il quarto che passo in carcere. Veramente la condizione di coatto in cui passai il Natale del ’26 ad Ustica era ancora una specie di paradiso della libertà personale in confronto alla condizione di carcerato. Ma non credere che la mia serenità sia venuta meno. Sono invecchiato di quattro anni, non rido piú di gusto come una volta, ma credo di essere diventato piú saggio e di aver arricchito la mia esperienza degli uomini e delle cose.
Del resto non ho perduto il gusto della vita; tutto mi interessa ancora e sono sicuro che se anche non posso sgranocchiare fave arrostite, tuttavia non proverei dispiacere a vedere e sentir gli altri a sgranocchiare. Dunque non sono diventato vecchio, ti pare? Si diventa vecchi quando si comincia a temere la morte e quando si prova dispiacere a vedere gli altri fare ciò che noi non possiamo piú fare.
In questo senso sono sicuro che neanche tu sei diventata vecchia nonostante la tua età. Sono sicuro che sei decisa a vivere a lungo per poterci rivedere tutti insieme e per poter conoscere tutti i tuoi nipotini: finché si vuol vivere, finché si sente il gusto della vita e si vuole raggiungere ancora qualche scopo, si resiste a tutte le malattie. Devi persuaderti però che occorre anche risparmiare un po’ le proprie forze e non intestarsi a fare dei grandi sforzi come quando si era di primo pelo.
Tanti auguri a tutti e saluti a tutti di casa. Ti abbraccio teneramente.