Antonio Gramsci
L'albero del riccio

Lettera XXXIV   Il pappagallo malato

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Lettera XXXIV

 

Il pappagallo malato

 

 

Caro Delio,

avevo ricevuto la penna del pappagalletto e i fiorellini che mi sono piaciuti. Ma non riesco a immaginare come sia l’uccelletto e perché si strappi delle penne cosí grosse; forse il caldo artificiale gli ha fatto male alla pelle, forse non ha nulla di grave e con la buona stagione gli passerà ogni prurito. Forse bisogna dargli da mangiare qualcosa di molto fresco che sostituisca ciò che i suoi congeneri mangiano nel paese d’origine, perché ho letto che gli uccelletti tenuti in casa, con cibi non adatti, soffrono di avitaminosi, perdono le penne e hanno una specie di rogna (che non è contagiosa): ho io stesso visto un passero cosí mal ridotto perché mangiava sempre mollica di cattivo pane, guarire con l’aggiunta al menú di un po’ di insalatina verde.

Non mi ricordo piú in che senso ti ho parlato della «fantasia»; forse accennavo alla tendenza di fantasticare a vuoto, di costruire dei grattacieli sulla testa di uno spillo ecc.

Caro, ti abbraccio forte.

ANTONIO

 

 

 

 


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