Luciano Zuccoli
L'amore di Loredana

PRIMA PARTE.

IX.

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IX.

 

Col pretesto di mutarsi finalmente d'abito e d'indossare lo smoking, Filippo salì nel suo appartamento dopo pranzo, e scrisse una lunga lettera a Loredana, che le avversità gli rendevano più cara. Dovette confessarle che il soggiorno a Venezia si sarebbe prolungato oltre le previsioni, perchè non gli riusciva di sottrarsi a qualche invito e fors'anche a una gita nelle campagne di suo cognato de Idris.

S'affacciò a una finestra e vide il Canal Grande immerso quasi totalmente nell'oscurità, con qualche linea più nera, una gondola, che passava silenziosa, distinta appena dal fanale piccolo e rossastro. I palazzi, in fila, come spettri bianchi che si dessero la mano, erano muti e chiusi; ai pali innanzi alla gradinata scorse giù alcune gondole ferme, che avevan recato i visitatori, i pochi amici non ancora partiti per la campagna. Le note d'un valzer gli giunsero all'orecchio, e nel Canal Grande, da una gondola lontana, arrivò la strimpellata vivace e improvvisa d'un mandolino. Poi passò una barca, zeppa d'uomini e di donne, illuminata a palloncini, silenziosa; era una serenata, che s'avviava nel bacino di San Marco, presso i grandi alberghi; e di nuovo l'oscurità e la quiete pesante si stesero sul Canale.

Filippo discese e passò qualche ora in salotto, a fianco di sua madre.

Gli ospiti ridevano ascoltando le chiacchiere del conte Mercatelli, piccolo, pelato, rosso in volto, che magnificava il sonno.

- «Le sommeil», - diceva, rivolto a una francese, madame de la Chaux. - «Le sommeil»; io non conosco che questa voluttà: dormire, dormire, dormire quanto mi è possibile. Se non avessi dormito tanto, avrei fatto certo qualche cosa di straordinario.... Ma dormire mi piace, mi piace troppo! Sembra che l'anima si volatilizzi, che il corpo si riduca in una materia imponderabile. «Qu'en dit madame de la Chaux»?

E senza aspettare che madama, vestita di violetto scuro, con un merletto prezioso sui capelli grigi, enunziasse una risposta, il conte Mercatelli seguitò:

- «Moi, je vous assure» che l'imprevisto non si trova, se non nel sonno. Dove potreste incontrare qualche cosa che somigli a un sogno, nella realtà d'ogni giorno? Uomini che volano, bestie che parlano, mostri non mai veduti, gioie, terrori, fughe, , scene che si dissolvono e si sovrappongono.... «Moi, je vous assure que votre Dumas n'est qu'un imbécile en comparaison de ce romancier inépuisable qui s'appelle rêve....»

Madame de la Chaux ebbe un debole sorriso.

Filippo disse qualche parola, a un domestico, fece preparare il tavolino da giuoco, e mentre le dame e le fanciulle ascoltavano quella specie di conferenza sul sonno, egli sedette al tavolino col conte Lombardi, col marchese di Spinea e con Berto Candriani.

Berto Candriani era temutissimo per la sincerità pazzesca delle sue parole. Egli diceva ad alta voce tutto quel che pensava e tutto quel che sapeva, a costo di parere insolente o mal educato. Qualcuno in società aveva espresso il dubbio ch'egli fosse un po' matto, e poichè questa induzione accomodava molte cose, risparmiava la noia di indignarsi e toglieva ogni valore a quanto raccontava, tutti convennero ch'egli era un po' matto e che bisognava lasciarlo fare.

Del resto, bel giovane non ancora trentenne, snello, con capigliatura nera foltissima e occhi castagni dallo sguardo pungente, piaceva alle signore, che ne ambivano la lode, perchè rara.

Egli, quella sera, aveva tentato più volte di dire a Filippo ciò che gli stava fitto in testa dal momento che l'aveva visto; ma il tema della conversazione, la presenza della contessina Fioresi e di qualche altra fanciulla, glielo avevano impedito.

Appena i quattro uomini furono appartati pel giuoco, presso la finestra d'angolo, Berto Candriani disse a Filippo:

- Dunque, come va?

Filippo s'aspettava qualche razzo di quei famosi, ma ormai, dopo le spiegazioni con sua madre, poco gli importava ciò che si poteva dire.

- È vero, - domandò Berto quietamente, - che hai fatto scappar di casa una ragazza?

Il conte Lombardi e il marchese di Spinea, che disponevano le carte nella sinistra, alzarono sbalorditi il capo, e videro Filippo che sorrideva.

- Ti sembra, - egli rispose, - che se avessi una ragazza per le mani, starei qui a giuocare?

- Evvia, Flopi! Polvere negli occhi! Non sei mica vecchio per niente, e fai le tue cose benino, pian pianino, in punta di piedi.... Insomma, questo è l'ultimo pettegolezzo e dovevo pur dirtelo!

Filippo fece un cenno con la testa, come per ringraziare il Candriani della sua premura; e nell'intervallo seguente, Berto riprese:

- M'hanno detto che è un tesoro, quella ragazza! Una delle nostre più belle e più caratteristiche borghesi....

- Sai che ho buon gusto! - rispose Filippo, sempre sorridendo.

- Già; ma mi dispiace che il cattivo gusto sia dall'altra parte! - mormorò Berto con rammarico sincero.

I giuocatori diedero in una risata. Risonò la voce del conte Mercatelli, che diceva:

- Dormendo circa dodici ore al giorno, io mi trovo benissimo....

- O perchè non va a dormire anche adesso? - osservò Berto, senza curarsi di abbassar la voce.

E seguitò la partita; mentre la contessina Giselda Fioresi, che non si divertiva a parlar con le altre fanciulle, dopo aver gironzato qua e a occhieggiare i vecchi quadri che conosceva da tempo, andò a mettersi alle spalle di Filippo, guardando il giuoco.

- Non so, - disse Berto Candriani, - perchè voglia portar fortuna a Flopi, contessina. È già tanto fortunato! Venga dalla mia parte.

Giselda non rispose, e coll'indice sottile indicò a Filippo una carta che doveva giuocare. Filippo obbedì.

- Andiamo, andiamo! - esclamò il Candriani. - È proibito immischiarsi nei giuochi degli altri. Il giuoco di Flopi è poi così pericoloso!

La fanciulla non battè palpebra, e indicò a Filippo un'altra carta. Ma le parole di Berto Candriani le parvero oscure, e trovò conveniente non allontanarsi, per udir qualche cosa di più significante. Alla fine di quel giro, Filippo s'era avvantaggiato molto sugli avversarii, e Berto Candriani, mentre il conte Lombardi mischiava le carte, protestò:

- Io la sequestro, tesoro mio! Lei fa vincere Flopi per ridere di noi. Le assicuro che il nostro amico non ha bisogno di lei, proprio non ha nessun bisogno!

- Com'è noioso! - esclamò Giselda. - Stia zitto e tiri avanti!

- Bisognerebbe fargli la cura di Mercatelli, - osservò Filippo. - Se dormisse dodici ore al giorno, sarebbero tante chiacchiere di meno.

Berto diede un'occhiata a Giselda, sempre ritta, alle spalle di Filippo; era giovane e magra; l'abito leggero lasciava trasparir gli omeri scarni e delicati; il corpo esile faceva pensare alla donna futura, non più magra ma snella, non più scarna ma sottile e flessibile. I capelli fulvi, illuminati dalla luce elettrica, davano al volto bianco qualche ombra viva e tagliente.

Filippo sembrava non accorgersi della presenza di Giselda.

- Mi pare un gatto che vigila, - pensò il Candriani. - Se la porti via anche questa?

Ma la partita finiva; la contessina Fioresi volse le spalle ai giuocatori, tornò fra le donne, e subito trovò un appiglio per interloquire.

- Mi direte voi, - chiese Berto al Lombardi e al marchese di Spinea, - che cosa ha questo vecchio satiro per piacere alle ragazze?

- Vecchio satiro! - esclamò il marchese di Spinea. - Ma non ha quarant'anni; e che cosa dovresti dire di me, che ne ho cinquantasette?

- Satiro decrepito! - sentenziò il Candriani. - Filippo, occhio alla Fioresi! Quella sta facendo una passione per te, vorrà scappare anche lei.

Filippo stette ancora muto. Egli rispondeva raramente a Berto Candriani; dacchè lo si era classificato per matto, Filippo lo lasciava parlare, e il più delle volte non ascoltava nemmeno le sue parole, col pensiero rivolto altrove. Così, se non fosse stata la necessità incoercibile di dire tutto quanto gli frullava pel capo, Berto Candriani, a sua volta, non avrebbe mai parlato con Filippo; e quando v'incappava, se ne pentiva sempre.

Egli si alzò indispettito e andò a raggiungere il conte Mercatelli, che fumava una sigaretta, sdraiato sopra un divano, beatamente, gli sguardi perduti in alto.

- Ciò! - disse Berto. - Non dormi? Vattene, su; è quasi mezzanotte....

- Hai ragione, - rispose il conte mansueto. - Nel mio letto starei tanto bene!

Si mosse, andò a porgere il saluto alla contessa Bianca, alle signore, agli amici, ed uscì lentamente.

Poco dopo, anche gli altri visitatori presero congedo.

 

 

 


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