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XIV.
L'albergo fu sossopra; accorsero alle grida della signora De Carolis l'albergatrice e la signora Teobaldi; poi uscirono ambedue, soffiando e galoppando, e tornarono l'una con una bacinella d'acqua fresca, l'altra con una boccetta di sali.
In ginocchio presso la figlia sempre immobile a terra, Emma le aveva slacciato il busto; ma non riusciva a sollevarla.
La Teobaldi si provò a darle mano, e mentre s'affannava all'opera pietosa, udì il laceramento del corpetto alla Pompadour, che non aveva potuto resistere agli sforzi inusitati della cantatrice. Allora ella uscì, ancora galoppando, con la faccia color paonazzo, e tornò seguita dall'albergatore; il quale sollevò Loredana come un fuscello, l'adagiò sul letto, e si ritirò subito.
- Lori, - susurrava la madre, - -Lori, tesoro mio, amore mio....
- -Le faccia fiutar questa boccetta, - consigliò la Teobaldi, - è miracolosa! Povera fantolina; le sarà rimasta la colazione sullo stomaco....
- Ma no, - risposo Emma. - Mi dia dell'acqua fresca.
La Teobaldi recò la bacinella, e con la mano Emma spruzzò il viso della figlia, due, tre volte.
Loredana sospirò infine, profondamente, e il seno bianco si sollevò come per un singulto.
- Lori, - susurrò Emma, - amore mio, sono qui.
- Ecco, ecco! - esclamò la Teobaldi. - Rinviene; apre gli occhi....
Apriva gli occhi, infatti, Loredana, e li volgeva intorno senza raccapezzarsi; ma incontrò lo sguardo di sua madre e sorrise, allungando una mano per prender la mano di lei. Emma le coprì il viso di baci, piangendo e balbettando parole di tenerezza.
- Che bella scena! - osservò la Teobaldi, colpita nel suo sentimento estetico. - Che bella scena d'amor materno!
Loredana riconobbe la voce, e mormorò a sua madre:
- Io la ringrazio, signora, - disse alla Teobaldi. - Lei è stata molto gentile....
- Non lo dica, non lo dica, - interruppe Clarice, - io voglio molto bene a sua figlia. Come si fa a non volerle bene?
Si avvicinò al letto e si rivolse a Loredana:
- Sta meglio, signora? Ah, ma com'è bella, così!... È vero che sta meglio? Un po' d'imbarazzo, forse. E poi, nella sua condizione di giovane sposa, un malessere momentaneo può avere tanti significati....
Emma fremette da capo a piedi, quasi fosse stata punta. Quell'udir chiamare sua figlia «giovane sposa», quell'allusione a una maternità possibile, la richiamarono d'improvviso alla realtà senza illusioni.
- Lasciamola, lasciamola, - disse alla Teobaldi, - ha bisogno di riposare, adesso. La ringrazio di nuovo, signora.
La Teobaldi salutò ancora Loredana, salutò Emma, ed uscì tra il fruscìo dell'abito alla Pompadour e della sottana inamidata.
- Non ti spaventare, - disse la fanciulla a sua madre, non appena l'uscio fu chiuso alle spalle della cantatrice. - Sto bene, ora; possiamo partire....
E fece l'atto di scendere, ma Emma la rattenne.
- No, - disse. - Puoi aspettare; partiremo stasera.
Ella avvicinò una poltrona e sedette; Loredana chiuse gli occhi, e per lungo tempo le due donne non pronunziarono verbo, seguendo ciascuna i proprii pensieri. Il silenzio era pesante; non risonava nell'albergo alcun rumore, e appena dal basso veniva il mormorìo del lago, che lambiva la casa; di tanto in tanto, s'udiva l'ultimo frinire delle cicale, salutanti il sole ch'era presso al tramonto.
A un tratto Loredana volse il capo, e domandò:
- Ti ha detto lui, che io era qui? Ne sei ben sicura, mamma?
- Come potrei ingannarti, amore mio? - rispose Emma.
- E ti ha permesso di venire a prendermi?
- Ha dovuto cedere; ha pianto, ha pregato, ma ha dovuto cedere....
La fanciulla sorrise con amarezza.
- Io, - disse poi, - io non ti avrei detto nulla, se fossi stata Filippo; o se per disgrazia mi fosse avvenuto di dirtelo, sarei partita subito, subito, avrei preso con me colei che amavo, e mi sarei nascosta ben bene. Io avrei fatto così.
Emma non rispose, e vi fu un'altra pausa lunga.
- Ma che cosa fa, a Venezia? - riprese Loredana. - Te lo ha detto?
- No.
- È tornato nella società elegante, - mormorò la fanciulla, quasi parlando con se stessa. - Dice che non può muoversi, perchè deve rispondere alle cortesie e agli inviti che gli fanno; e io ero qui, sola, di giorno e di notte, in un paese che non conosco, dove tutti mi guardano in così strana maniera!
Tacque; poi, d'improvviso, domandò:
- Che cosa voleva dire quella sciocca?
- La Teobaldi.
- Non ho udito nulla.
- Ma sì: ha detto che il mio malessere può avere tanti significati....
Emma alzò le spalle con disdegno.
- E una sciocca, lo hai detto, - mormorò.
Verso le otto, pranzarono in silenzio, rapidamente. L'albergatrice, che le serviva ella stessa a tavola, indovinò qualche avvenimento grande, e, chieste notizie della «signora contessa», non domandò altro; poi dispose per avere una carrozza che le conducesse a Desenzano, dove avrebbero preso il treno; e fu stupita, apprendendo che lasciavano i bauli e le valigie.
Era un'idea di Emma, la quale non voleva portarsi a casa i regali e il corredo fatti dal conte a sua figlia.
- Vuol dire che tornano? - osservò l'albergatrice.
- Senza dubbio, - rispose Emma. - In ogni modo, il conte s'incaricherà lui di dare ordini pel bagaglio.
Appena la donna fu uscita, Loredana svestì l'abito di seta color d'oro, indossò presto l'abituzzo nero, che agli occhi della madre la ringiovaniva e quasi la purificava.
La fanciulla non parlava, come avesse avuto bisogno del silenzio per sostenere la sua volontà e per trovare forza in quegli istanti crudeli, in quell'ora in cui il passato cadeva nel nulla e un avvenire torbidamente incerto le si spalancava innanzi.
E prima che la madre pensasse a trattenerla, Loredana uscì, discese le scale, andò in cerca della Teobaldi.
Era ripresa dalla necessità di dire una parola a Filippo, di mandargli un saluto; non poteva, da un istante all'altro, staccarsi da lui e dimenticarlo; tutta la sua anima, tutto il suo corpo gli appartenevano ancora, quantunque egli le apparisse ora così diverso da quello che aveva sognato, così cattivo e vile.
Trovò la Teobaldi in cucina; parlava sommessamente con l'albergatrice, presso la tavola, sulla quale eran disposti i piatti e le posate sporche.
Loredana s'affacciò alla soglia, e con voce che fece dare un sobbalzo alla Teobaldi, chiamò:
L'altra le si avvicinò senza rispondere, e la fanciulla la condusse fuori, nell'atrio; poi prese una matita, vergò alcune parole sopra un pezzo di carta, e disse:
- Di lei mi posso fidare?
La Teobaldi mise una mano sul petto esuberante, e rispose:
- Tesoro mio, che cosa domanda? lo darei la vita per farle piacere.
- Bene: lei deve spedirmi domattina questo telegramma; vada a Peschiera e lo spedisca di là; qui non c'è telegrafo. Ma non dica parola ad anima viva. Mi posso fidare?
Clarice ripetè il gesto, e rispose:
- Le ho detto: per farle piacere, darei la vita; che cosa devo dirle di più? Domattina alle nove sarà fatto tutto.
- Prenda, - soggiunse Loredana, - questo è il telegramma, questi sono i denari per la carrozza. Su, su, non voglio che rifiuti. Perchè deve spender lei? E la ringrazio di cuore. Ma non parli nemmeno con l'aria.
La Teobaldi afferrò la mano della fanciulla, e domandò inquieta:
- Sì, ci rivedremo.... Addio, grazie!
Allora Clarice non si rattenne, allungò lo braccia, si strinse Loredana al petto, baciandola sulle guancie impallidite.
- Addio, tesoro! Addio, bellezza! Che la Madonna l'aiuti....
Sentendo in quell'abbraccio il calore d'una affezione sincera, d'una simpatia verace, Loredana si liberò dalla stretta dolcemente, e sorrise con malinconia.
- Che la Madonna l'aiuti! - ripetè Clarice.
Ma, già la fanciulla saliva rapida le scale e tornava presso sua madre, la quale le veniva incontro, inquieta.