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XVI.
- È lei la signora Teobaldi? - egli domandò con voce spenta a Clarice. - Ha lei le chiavi dell'appartamento?
Clarice si presentava già, le chiavi in una mano e la ricevuta del telegramma nell'altra.
- E questo, che cosa è? - domandò Filippo guardando il pezzetto di carta.
- È la ricevuta del telegramma, che ho spedito stamane per ordine della signora contessa, - rispose Clarice, pensando che non le conveniva far comprendere al conte tutto ciò ch'ella aveva imaginato.
- Ah, l'ha spedito lei! Loredana ha dato a lei questo incarico! - disse Filippo. - Lei è stata a Peschiera?
- Sì, signore, - confermò Clarice. - La signora contessa era molto buona con me.
Filippo diede un'occhiata alla Teobaldi, poi, come colpito da un pensiero improvviso, soggiunse:
- Io devo ritirare i bauli; vuole aiutarmi a mettere un po' d'ordine, signora Teobaldi?
Clarice non credeva alle proprie orecchie; le maniere cortesi di Filippo, l'accoglienza gentile, l'invito a dargli mano, la mandavano in visibilio. Ella squadrò l'ostessa, ch'era rimasta in disparte, e rispose:
- Io sono molto onorata, signor conte....
Filippo la precedette sulle scale, arrivò al primo piano, aperse, fece entrare la Teobaldi, richiuse. Egli, che pur sentiva crescergli in cuore una disperata amarezza, non battè ciglio, vedendo sul divano il cappellino dell'amante.
- Si sieda, - disse alla Teobaldi. - Mi aiuterà quando le dirò io.
Da un largo baule pendeva il mazzo delle chiavi; Filippo aperse, e riprese:
- Ecco, signora Teobaldi; qui occorre la sua opera. Il baule della biancheria non può essere spedito così.
Clarice si alzò dalla poltrona, quasi spinta da una molla, e corse a vedere: la biancheria, era magnifica, in tela finissima, ornata di merletti e di fettucce.
- Ora ci penso io, - dichiarò la Teobaldi.
E mentre con cura meticolosa estraeva dal baule la biancheria, per riporvela poi sapientemente, Filippo prese una sedia e si mise a sedere vicino.
- È partita ieri sera, con sua madre? - egli domandò in capo a un attimo d'esitazione.
- Sì, signore. Sono andate in carrozza a Desenzano, e di là hanno preso il treno, io credo.... Ma che stupende sottane!...
- Ed era allegra? - chiese Filippo.
Clarice, che passava con un carico di sottane bianche sulle braccia, si fermò.
- Ah no, signor conte! Anzi, è stata malissimo, durante il giorno.
Filippo diventò subitamente pallido.
- È stata male? - ripetè. - Per carità, mi racconti, mi racconti tutto.
Allora la Teobaldi depose cautamente le sottane sulla tavola, prese una sedia ella pure, e raccontò dell'arrivo di Emma, dello svenimento di Loredana, dell'invio del telegramma, senza obliare l'incidente più piccolo, senza dimenticar parola, quasi avesse scritto ogni cosa ed ora rileggesse.
- Ma come ha potuto sua madre ricondurla a Venezia, se stava male? - esclamò Filippo, quando l'altra ebbe finito. - Come ha osato commettere questa cattiveria?... Ah Loredana, Loredana, Loredana!...
Egli chiamò l'amante a voce alta, quasicchè ella avesse potuto rispondergli, ed era nel suo viso una tale espressione d'ambascia, che la Teobaldi restò inchiodata sulla sedia, senza trovare una frase di conforto.
- Lei non sa, - riprese Filippo, - lei non sa, non imagina che cosa sia Loredana per me: è la vita, capisce? Me l'han portata via, come si strappa un balocco dalle mani di un fanciullo, e vorrebbero ch'io tacessi, che figurassi anzi quasi un complice, che non la vedessi più.... Non veder più Loredana, le pare possibile?
La Teobaldi fece un gesto disperato con le mani, come a dire: «Impossibile», ma il gesto richiamò Filippo alla percezione della realtà; sentì quasi meraviglia di trovarsi di fronte alla vecchia dalle sopracciglia al nerofumo e di sorprendersi a parlarle con tanta confidenza. Mutò voce, e disse:
- Vogliamo riprendere il lavoro?
Clarice riprese tosto, e, curva sul baule, sostando ad ogni poco, trasse tutta la biancheria e ve la rimise lentamente.
- Lei è di Venezia? - domandò Filippo, dopo una pausa.
- No, signore; son di Verona; ma ho a Venezia qualche parente....
- Ah! - mormorò Filippo. - Allora conosce bene Venezia?
La Teobaldi sbuffò, perchè si rialzava, dopo aver collocato nel baule una bella collezione di calze di seta.
- Certo, - disse. - Vado a Venezia almeno due volte all'anno.... Queste calze rappresentano un tesoro; la calza di colore per l'estate è l'ultima parola della moda.
- Se viene a Venezia, - interruppe il conte, - non si dimentichi di me: avrò piacere di vederla....
- Ah, conte! - esclamò la Teobaldi. - Metter piede a palazzo Vagli, io, povera meschina!
Ella s'era fatta più rossa pel piacere, e s'imaginava già d'arrivare in gondola al palazzo, di salirne le scale preceduta da un valletto in livrea, di incontrarsi con qualche dama dal nome sonante, e di potere un giorno destar l'eco delle ampie vôlte con le note d'una romanza, probabilmente intitolata «Mon rêve»....
- Che idee! - osservò Filippo. - Perchè non dovrei io trattarla come la trattava Loredana?
Il nome della fanciulla risonò di nuovo nella camera, risonò dolorosamente nel cuore dell'uomo. Egli ripetè:
- Venga a trovarmi, venga a trovarmi.
E alzandosi, andò alla finestra a guardare il lago, placido nel suo denso color di cobalto.
Clarice intuì ch'egli era caduto di nuovo in preda al dolore e ai ricordi, e non volendo riuscire importuna, si studiò di lavorar presto, senza chiasso, ma con precisione. Riempito un baule, passò nella camera da letto, raccolse le spazzole, i pettini, le fiale, tutti i preziosi gingilli ch'eran rimasti sul cassettone e ne fece un imballaggio accurato; poi guardò gli altri bauli, accomodò quelli ch'erano in disordine.
E mentre, sudando e soffiando, faticava con tanto entusiasmo e con sì accorta discrezione, pensava che alla sua non più giovane età - ella non confessava gli anni nemmeno a se stessa - aveva finalmente il conforto d'esser compresa. Prima Loredana, poi il conte, uno dei più nobili patrizii veneziani, riconoscevano in lei la donna saggia, prudente, fidata; e, oltre la soddisfazione di quella tarda vittoria, ella gustava la voluttà di vivere in pieno romanzo, tra una tempesta di passione, della quale sentiva la rossa fiamma, sognava i vaghi episodii.
La voce di Filippo, che le risonava alle spalle, la fece trasalire.
- Io credeva di trovarla qui, - egli disse, pensando a Loredana. - Il suo telegramma non era chiaro. Se lo ricorda?
- Io non l'ho letto, signor conte, - dichiarò Clarice con solennità. - Ho eseguito l'incarico affidatomi, e mi sarebbe parsa indiscrezione riprovevole gettar l'occhio sul....
- Bene, - interruppe Filippo. - Diceva: «Un addio prima di partire». Credevo d'arrivare in tempo. Ah se non ci fosse stato di mezzo Candriani con quella sua stupida compagnia e quella gita, e quel pranzo! Ma non è possibile finirla così.... Che cosa devo fare, che cosa devo fare?
Clarice Teobaldi, udendo parlare di Candriani, di compagnia, di gite e di pranzi, ebbe la vertiginosa impressione di trovarsi già a piene vele nell'oceano della grande società; e sedette, si asciugò la fronte con la pezzuola, ripetè guardando per terra:
- Che cosa dobbiamo fare?