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XXI.
Essa non potè mai dimenticare quella notte, quell'angoscia, quelle emozioni.
Sol per aprire la porta della camera e per discendere le scale, dovette radunar tutta la sua volontà; e ad ogni scalino le sembrava che il fruscìo della gonna fosse strepitoso, che il suo respiro fosse veemente così da destar chi dormiva; e i ginocchi le scricchiolavano.
S'era avvoltolata intorno alla testa una sciarpa nera, che lo cadeva fino in grembo; ed era tutta vestita di nero; il viso bianco e i grandi occhi scuri attraevan meglio lo sguardo, per quella sciarpa che incorniciava l'ovale delicato del volto; ma Loredana credeva d'essersi mascherata, sentendosi avvampar dal caldo.
Finalmente, aperto, con un ultimo brivido, l'uscio a pianterreno, si trovò in istrada, e vide Clarice.
Le due donne si misero a camminare senza far parola, spaurite dalla propria audacia e pensierose. Era di poco valicata la mezzanotte; da una taverna uscirono alcuni uomini e squadrarono quella coppia frettolosa, non comprendendo di quali femmine si trattasse; e poichè l'uno diceva con parole villane la sua ammirazione per la ragazza, un altro lo ammonì sarcasticamente:
- Lascia andare, figliuolo. Lì, occorrono biglietti da mille!
Loredana vibrò da capo a piedi; mormorò a Clarice:
- Ho paura. Torniamo indietro.
- Su, su, coraggio! - disse la Teobaldi, che tuttavia non era meno inquieta della sua giovane amica. - Non siamo lontane.
Ella, stentava ad agguagliare il passo di Loredana; ma correva aiutandosi con qualche piccolo salto, facendo sobbalzar tutta la sua povera carne.
- Presto! - diceva Loredana quasi ad ogni passo. - Non ci segue nessuno?
- Nessuno! - rispondeva Clarice, cogliendo il destro per rallentare un poco, e voltarsi.
Un ubbriaco, in una calle stretta, parlava e gesticolava da solo. Non gli tornava il conto della serata e nominava alcuni uomini illustri della città, dichiarando che all'indomani li avrebbe chiamati a testimoni contro l'oste e i compagni di giuoco. Vide le due donne, le lasciò avvicinare, e si rivolse a Loredana:
- Dica: se io spendo sessanta per un litro e mezzo....
E pencolò maledettamente; Loredana mandò un grido soffocato e si mise a correre.
- Lei, la vecchia, è più ragionevole, - osservò il beone, guardando Clarice che s'allontanava a passo celere. - Non corre, la vecchia, perchè ha i piedi in malora. Ma se io spendo sessanta per un litro e mezzo....
- Lori, Lori, mi aspetti! - disse a mezza voce Clarice.
La fanciulla si fermò, la Teobaldi le si mise al fianco, e ripresero a camminare.
- Che paura, tesoro mio! - esclamò Clarice, tentando di sorridere.
- Ah sì, muoio di paura! Quell'ubbriaco per poco non mi cadeva addosso!... Ma quanto dobbiamo camminare ancora?
- Adesso ci siamo. Volti a destra....
- Non ne capisco più nulla, - mormorò Loredana.
Essa stentava a riconoscere le calli, in quell'ora notturna; tutte le porte eran chiuse, le finestre chiuse, e di tratto in tratto una larga chiazza d'ombra toglieva la vista delle case, dei confini, degli angoli; poi appariva un lampione dalla luce rossastra, e, a quando a quando, un rio dall'acqua immota e nera. Nel silenzio solenne, dentro le calli più anguste, i passi delle due donne davano un rimbombo prolungato; lontanamente, per due volte in due punti diversi, risonò la voce gutturale d'un gondoliere, che s'internava con la sua gondola in un rio; e qua e là una zaffata di odore salso giunse alle nari di Loredana, che storse la bocca.
- Ci siamo! - disse improvvisamente Clarice.
Loredana alzò gli occhi, e riconobbe il palazzo Vagli, balzato fuori dall'ombra come per magìa; largo e tozzo, ammantellato nell'oscurità, lasciava a pena intravedere le finestre bifore e le colonne patinate dal tempo; era tutto muto.
Ma la fanciulla non ebbe agio a contemplare; un uomo si staccava dalla porta fiocamente illuminata, le veniva incontro, l'abbracciava con tale veemenza da sollevarla da terra e trasportarla dentro in un sol gesto.
Richiuse d'un colpo lo sportello, e stringendosi la fanciulla al fianco, cingendole col braccio destro il collo quasi a difenderla da un nemico invisibile, inoltrò.
Restarono per sempre impressi nella mente di Loredana il cortile buio, l'atrio buio, illuminati a sprazzi dal fanale, che l'uomo teneva nella sinistra; e la scalinata e quelle sale dove lampeggiavan fugacemente uno specchio, la doratura dei mobili, la superficie levigata d'una tavola o d'una statua.
I passi risonavano sordamente sul tappeto, e tanto silenzio era intorno, che benchè nessuno vegliasse a quell'ora, i due amanti non parlavano.
Loredana si volse a cercar Clarice, ma non vedendola più, alzò gli occhi a guardar Filippo, e gli sorrise.
Obliata la madre, la notte, la casa, essa era felice e superba della propria audacia; il palazzo le sembrava immenso, ma sicuro, e quel braccio attorno al collo era il segno d'una protezione quasi onnipotente. Le tornava l'imagine di Filippo più forte, più audace, più fidato di chiunque al mondo, e ne fremeva di piacere.
- Qui? - -ella domandò sottovoce.
- Qui, - rispose Filippo, liberandola dalla stretta.
Erano nella camera di lui. Loredana vide larghi e pesanti cortinaggi alle finestre, un letto ampio, una pelle di tigre, con la testa enorme e gli occhi fissi, stesa a terra; sopra un tavolino moresco incrostato di madreperla ardevan cinque candele in un candelabro di vecchio argento; a una parete scintillavano le guaìne metalliche di armi stravaganti.
Non vide altro, nel tumulto della gioia; pensò che il suo amore seguitava, riallacciando quella notte col giorno malinconico in cui era tornata tutta sola da Peschiera; oh, anche il suo amore gagliardo vinceva gli ostacoli, e i baci che sentiva eran più saporosi dopo tante lagrime...!