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XIII.
Per le calli e le callette per le quali la plebe, il popolo, la borghesia si dan di gomito e i ragazzi sgusciano da ogni parte e la gente va, accodata qualche volta a una coppia lenta e pigra, che sbarra tutta la strada, Loredana si recò da sua madre.
L'alito di quella vita intima le soffiava in volto; finestre di case spianti le case di faccia; dalla soglia d'un negozio dov'erano appesi stoccafissi secchi, le parole e le bestemmie che al suo passaggio si tramutavano in madrigali grossolani; più là, in alto, un'esposizione di panni variopinti e teste di donne che si affacciavano a guardarla; per quest'altra calle, un facchino rotolante una botte vuota e il codazzo di monelli che correvano a dar mano per arrestare d'un tratto il viavai e obbligare i passanti a farsi contro il muro o a ripararsi dentro le porte. Una baruffa di femmine armate di ciabatte, lo scialle scivolato dagli omeri raccolto sotto il gomito sinistro, e una bordata d'ingiurie metaforiche furono, presso la sua casa, gli ultimi incidenti della corsa; e Loredana salì, l'anima chiusa da una malinconia infinita. Era stanca.
Lo spettacolo della miseria morale e materiale del popolo non l'aveva mai colpita come in quel giorno in cui il suo cuore era vinto da uno sconforto immenso. Tutta la vita non le pareva se non una trama di dolori, di cose turpi e infami, di giunterie e di volgarità, un torrente di fango al quale gli uomini devono abbeverarsi. L'illusione li sorregge un poco e li guida; poi d'un tratto l'orribile sapore avvelena la bocca e i bevitori si svegliano allo sconcio inganno.
Anche in casa di sua madre, non sapendo raccapezzarsi tra le mille storie che correvano le vie, le amiche avevan filato caligine; tanto che se non fosse stata la ritrosia e quasi il pudore di varcar quella soglia, la signora Emma sarebbe andata lei da Loredana a chieder notizie.
La giovane raccontò a sua madre tutto quello che era seguito: Emma impallidì, quando apprese che Filippo aveva pianto.
- Ahi, povera mia Lori! - esclamò. - Non hai avuto un'ora di bene, non un giorno di pace, dacchè hai abbandonato la tua casa!... Ah, Lori, Lori, quale rovina! E doveva finire così; il conte non può resistere più a lungo, non può disconoscere sua madre per te!...
- Parole inutili! - interruppe Loredana. - Se veramente non avessi fatto altro che soffrire vicino a lui, non soffrirei tanto ora! Sono stata felice, felice, capisci?... Che dirti?... Sono felice anche oggi, che egli è con me.... Sono stata felice sempre, perchè egli era forte, e avrebbe vinto! Mi guardi? Non sapete amare, e non mi comprendete!... Flopi sapeva amare; ma l'hanno ferito, infangato, tormentato, e non può più lottare.... E quel Candriani, quel maledetto!... C'è una sola buona cosa in tutto questo, vedi, mamma?... C'è che Flopi gli ha dato una sciabolata spaventosa....
- È dunque vero? - interrogò Emma.
- Una sciabolata così pesante, così piena, che lo ha sfigurato per sempre. Ne ho piacere: gli ha tagliato la faccia dall'orecchio al mento.... Vada, ora, a fare il bello con le donne degli altri! Ah, di Flopi e di me non può più dimenticarsi! Ne ho piacere, ne ho proprio piacere!
Emma non disse nulla. Si poteva perdonare alla giovane la ferocia di quel compiacimento per l'umiliazione d'un nemico insidioso.
- E oggi? - chiese dopo una pausa. - Il conte è sempre così triste?
- Stamane ha ricevuto una lettera anonima carica d'ingiurie sciocche, e ciò l'ha fatto ridere. Ma è un altr'uomo; conta le ore che mancano alla guarigione, perchè vuol partire; gli amici lo disturbano, è nervoso e irascibile; sembra abbia paura della città, di se stesso, di qualche cosa ch'egli medesimo non sa.
- Vuole partire? - ripetè Emma. - E dove andrete?
- Io non partirò, mamma! - dichiarò Loredana con calma. - Egli s'illude che io l'accompagni, ma ho riflettuto in questi giorni, e ci son troppe cose contro di me. Per causa mia ha perduto una grossa eredità, la sua famiglia vuole che sposi una contessina, e questa contessina lo ama. Vedi quante difficoltà che già esistevano.... Mi ha raccontato tutto il conte Candriani, una sera a teatro; io credeva lo avesse fatto per leggerezza, ma ora comprendo che aveva il suo scopo; non me ne ha risparmiata una, per allontanarmi da Flopi; e oggi devo aprire finalmente gli occhi.
- E che cosa farai, Lori?
La giovane chinò il capo fissando a terra le piastrelle bianche e rosse, che un raggio leggero di sole illuminava dolcemente.
- Te lo confesso: avevo pensato d'uccidermi.... No, no, non ti spaventare, mamma! - disse con rapidità, vedendo che sua madre era diventata subitamente pallida. - Non lo farò mai, te lo giuro, non lo farò per te, e anche per lui.... Vi accuserebbero della mia morte; ho capito anche questo.
- Ascoltami, - interruppe Emma, che passatasi una mano sul volto andava rimettendosi dal primo impeto di paura. - Marta, la Serrantoni, mi ha detto che Adolfo Gianella ti segue ancora, e che un giorno vi hanno visti insieme, e che è sempre innamorato di te....
- È vero; quella pettegola sa tutto! - esclamò Loredana.
- Marta mi ha detto che è diventato buono, che ha perduto la sua alterigia stupida, - insistette Emma, - Ha compreso ch'egli ti trattava male, e insomma....
- E insomma ha cominciato ad ammirarmi quando sono scappata con un altro! - seguitò crudamente la giovane. - Ah, un bel marito sarebbe!...
Emma, con un sospiro, emise una sentenza suprema:
- Gli uomini sono tutti così!
- Del resto, - disse, - è possibile che io viva a Venezia, moglie di Adolfo Gianella e a due passi da Filippo? E che egli non mi cerchi, e che io non cerchi lui? Noi ci amiamo sempre, tra di noi non è avvenuto nulla, e l'una è pronta a sacrificarsi per l'altro.... In queste condizioni, mi vedi moglie onesta e fedele di Adolfo?
- Hai ragione, - rispose Emma. - E che hai pensato dunque?
Mentre era per rispondere, Loredana scorse sulla mensoletta di legno scolpito la piccola figura di biscuit, una pastorella settecentesca con un canestro infilato sul braccio e un piccolo fiore nella destra che offriva.
La giovane si alzò a prenderla e la fissò attentamente.
- «Ti ricordi, - susurrò la pastorella, - ti ricordi che cosa egli ti diceva all'orecchio con la voce ardente, mentre tu mi guardavi come oggi? «Vieni; vieni con me; noi potremo essere felici; io ti darò tutto l'amore e tutta la vita». E tu hai preso tutto il suo amore, e oggi puoi prendergli tutta la vita».
- No! - interruppe bruscamente Loredana.
Allentò il pugno, e la figuretta, cadendo a terra, si frantumò con sordo rumore.
- Che fai, Lori? - esclamò Emma stupita.
Ma non ebbe tempo a ripetere la domanda.
Un clamore furibondo salì dal campiello; le femmine s'erano avvinghiate e volavan pettini, schiaffi e ciabatte; si battevano per un maschio, il quale stava a guardarle come giudice di campo, preparandosi a intervenire quando gli fosse parso opportuno. Le finestre delle case disposte intorno a rettangolo eran gremite di teste, e piovvero di là scherzi atroci e incitamenti, fin che la più giovane virago ebbe la peggio e si rovesciò in terra con un colpo sordo. Allora il giudice intervenne: lasciò andare alla vincitrice un ceffone formidabile in piena faccia, che le fece sprizzar dal naso uno zampillo di sangue.
- A casa! - ordinò. - Va a casa, senza voltarti indietro!
L'altra si mise a correre, urlando contumelie prodigiose, mentre la vinta si rialzava, si ripuliva, raccoglieva lo scialle, cercava in terra il suo pettine, e rideva, tutta accaldata, le fiamme negli occhi, i capelli nerissimi diventati una selva di groviglie.
Dietro i vetri d'una finestra, Loredana aveva seguito le fasi dello spettacolo immondo, e tra i curiosi, in un gruppo di scialletti che spiccavano sul colore meno intenso dei pastrani maschili, vide Adolfo Gianella il quale guardava in su, verso la casa.
- Me ne vado, - annunziò Loredana. - Addio, mamma; ho fretta!
Baciò sua madre, infilò la pelliccia, corse per le scale, fu in istrada.
Faceva freddo, nonostante il sole pallido, e soffiava la bora; la folla s'era diradata, ma Loredana sentì che i passanti la guardavano, e parendole che ciascuno sapesse la sua storia, temeva in ogni sguardo una maraviglia oltraggiosa. Corse per raggiungere Adolfo Gianella, il quale s'era avviato egli pure e la precedeva di poco.
- Adolfo! - chiamò, quando fu a un passo da lui.
Egli si volse; aveva le mani affondato nelle tasche del soprabito, il bavero alzato fino alle orecchie. E vedendo che la squadrava da capo a piedi, senza salutare, Loredana si sgomentò.
- Non mi aspettavi? - chiese dolcemente.
- No, - rispose Adolfo, - non ti aspettavo; non ti aspetto più!
La giovane non osò chiedere altro; ma Adolfo repentinamente s'infuriò, l'afferrò per un braccio, la scosse.
- Per carità! - disse Loredana sbigottita, guardandosi intorno. - Sei pazzo?
Egli si ravvide subito.
- Andiamo! - riprese. - Bisogna che io ti parli!
Camminarono presto, in silenzio, portando il peso della muta ironia balenante negli occhi di quelli che li incontravano o si fermavano a guardarli. Loredana non interrogò; andavano, chiusi nel loro pensiero tempestoso, in preda a mille dubbii; salirono il ponte di ferro, gettarono una occhiata al Canalazzo verdastro con chiazze gialle, oltrepassarono l'Accademia, e ad un tratto Adolfo disse:
- Entriamo qui. Non ci sarà nessuno.