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VII.
La signora Carlotta osservò a Nicla ch'ella s'era comportata male.
Finito il pranzo, stavano nella grande sala prospiciente il giardino a prendere il caffè.
Nicla guardava fuori, da quella porta sul cui limitare era comparso un giorno Brunello Traldi. Il cavalier Maurizio centellava, dopo il caffè, un bicchierino di liquore giallo; e la signora Carlotta si faceva aria col ventaglio, sfogliando con la sinistra sulla tavola una rivista di arte, di cui non comprendeva niente, nè figure, nè termini, nè scopi.
Nicla girò la poltrona verso sua madre.
Tornata a casa tardi, ancora agitata da quell'ora di tenerezza che il tramonto aveva chiuso, come una perla in un monile, in un cerchio delicato di viola e di porpora, ancora i capelli e le vesti odoranti di musco e d'umido e di molli cortecce cadenti, Nicla aveva trovato i suoi già a tavola, e aveva sentito intorno una silenziosa riprovazione.
- Il povero Duccio, - seguitava sua madre, - è venuto a salutarci prima di partire. E tu non c'eri. Dov'eri?... A spasso, pel paese, con quell'altro....
- Quale altro? - domandò Nicla.
- Oh! - disse. - Che temibile rivale, un bambino di otto anni!
- Non si parla di rivali, - spiegò il cavaliere Maurizio, occhieggiando in giro per veder dov'era andata a finire la bottiglia faccettata del liquore giallo. - Si vuol dire che il tuo posto era qui.
- Il conte mi aveva già salutato al ritorno dalla gita sul lago, - rispose Nicla, scoprendo la bottiglia sopra un minuscolo tavolino di lacca, e alzandosi per prenderla e portarla a suo padre. - C'era bisogno di tornar daccapo in casa?
- E anche della gita, - seguitò Maurizio, prendendo la bottiglia dalle mani di Nicla e mescendosene un altro bicchierino, - che tua madre ha permesso, potresti raccontarci qualche cosa.
- Mi sembra, - confermò la signora Carlotta, allungando la mano per riprender la bottiglia e piantarla sulla tavola, sotto il naso, con un'occhiataccia a suo marito, - mi sembra che un poco di confidenza ci vorrebbe!
- Ah, la gita! - ripetè Nicla.
E pensò che valeva meglio dare battaglia subito, poichè battaglia doveva essere; e con espressione scherzosa, quasi beffarda, soggiunse.
- È stato così. Il conte mi ha chiesto se mi sono accorta del rispettoso sentimento ch'egli nutre per me. E io gli ho risposto che me ne sono accorta.
La signora Carlotta aveva tralasciato di sfogliar la rivista, e il cavalier Maurizio di assaporar degli occhi il secondo bicchierino. L'uno e l'altra guardavano la figlia con attenzione non priva di ansia.
- Egli mi ha detto poi se poteva sperare, - continuò la fanciulla, - che tale sentimento fosse un giorno condiviso da me. E io gli ho risposto che non sapevo. Gli ho risposto così perchè in verità non sapevo, in quel momento. Poi, stando in barca al suo fianco e udendo i suoi discorsi, ho saputo. E mentre stavamo per lasciarci, gli ho risposto: mai!...
Una bomba che fosse caduta e scoppiata nel bel mezzo della sala, non avrebbe sbigottito maggiormente e Maurizio e Carlotta.
Si trovarono in piedi ambedue contemporaneamente, guardandosi attoniti.
- Santo cielo! - esclamò la signora.
- Tu scherzi! - gridò il cavaliere.
- Una fortuna gettata dalla finestra! - riprese la signora.
- E per questo il conte aveva l'aria malinconica! - aggiunse il cavaliere.
- Ma è una follia imperdonabile! - affermò la signora.
- Una cattiveria determinata! - rilevò il cavaliere.
- Rispondevi con un'offesa a una parola da gentiluomo! - deplorò la signora.
- Noi stessi ne subiremo le conseguenze! - concluse il cavaliere.
Non volendo irritarli con un'attitudine di spavalderia inopportuna, e sapendo bene che qualunque cosa avessero detto e fatto, non sarebbero riusciti nè a rimediare alla catastrofe nè a smuovere lei dal suo proposito, Nicla restò con gli occhi bassi, immobile dentro la poltrona.
Pareva, se non conscia della sua grave azione, almeno dolente pel disinganno che bruscamente causava ai suoi; e intanto pensava ch'era inutile accanirsi e che si poteva vincere con dolcezza.
Prima tornò a sedere Maurizio; poi Carlotta.
Seguì un silenzio, durante il quale Maurizio tracannò il secondo bicchierino, e non sapendo più quel che si facesse, riprese di sulla tavola e di sotto il naso di Carlotta la bottiglia faccettata, e se ne versò un terzo.
- Ma i motivi? - interrogò severo. - Capisco un'esitazione, un dubbio, una ritrosia. Capisco una risposta che chieda tempo. Non capisco un rifiuto definitivo, e senza discussione. Non capisco, insomma, il mai! Per questa parola, i motivi devono e non possono non essere che gravissimi.
Si chinò a sorbire dall'orlo il liquore che traboccava, e ripetè:
- Gravissimi!
A Nicla tornarono in mente i tempi in cui suo padre gridava: «Il palcoscenico no!».
- Maurizio dice giusto! - incalzò la signora Carlotta. - Per mettere alla porla un gentiluomo, poichè lo hai messo alla porta, occorrono ragioni di gravità eccezionale.
- I motivi ci sono, naturalmente! - ribattè Nicla.
Carlotta e Maurizio si guardarono stupefatti. Passavano di maraviglia in maraviglia. Avevan creduto prima a uno scherzo fanciullesco, poi a una sventataggine forse ancora rimediabile, e infine, contro ogni verosimiglianza, si trovavano innanzi a motivi gravissimi che frustravano le loro speranze e mandavano a rifascio un matrimonio di prim'ordine.
- Siamo qui ad ascoltare! - disse Maurizio, vedendo che Nicla non aggiungeva parola.
Ma la fanciulla aveva compreso di non poter aggiungere altro.
Come dire che Duccio Massenti era l'amante di Clara Dolores? Con qual diritto svelava ella l'intimo segreto d'una donna che non era stata per lei se non gentile? Chi l'assicurava che sua madre, facile a chiacchierare, non avrebbe portato attorno la colpa di Clara Dolores per farsi compiangere, come già aveva portato attorno la vocazione di Nicla per l'arte drammatica?
- Spero avrete compreso, ad ogni modo, - ella disse, - che quei motivi non vengono da me. Io non amo nessuno, e il mio cuore è libero.
- Sta bene, - dichiarò Maurizio. - -E allora, il conte ha una colpa ai tuoi occhi? Tu sei giovane, inesperta, impressionabile. Devi confidarti con tua madre e con tuo padre, i quali ti diranno se veramente quei motivi son tanto gravi, quella colpa è tanto significativa da giustificare un rifiuto così brusco.
- Qualche amoretto? - insinuò la signora. - Qualche scappata giovanile?
Nicla scosse più volte il capo.
- -Ma non perdiamo tempo negli indovinelli! - esclamò Maurizio. - Se tu hai fiducia in noi, devi dirci spontaneamente e chiaramente quale accusa tu fai al conte.
- Ha qualche debito? - ricominciò Carlotta.
- Non crede in Dio? - riprese Maurizio.
- Vuole stabilirsi in campagna? - arrischiò Carlotta.
Nicla crollava il capo ad ogni domanda.
- Suvvia, - disse infine, - comprendo che mi è assolutamente impossibile rispondervi. Mi è assolutamente impossibile dirvi quale accusa io faccio al conte. E non si tratta d'una accusa, ma d'un fatto; d'un fatto certo, che io so, e che non devo svelare.
- Incredibile! - esclamò Maurizio. - Esistono dunque fatti che possono essere noti a te, e non devono esser noti a noi? Ci rifiuti dunque la tua confidenza in un argomento di tanto peso e di tanta delicatezza!
- Caro papà, - rispose Nicla, ferma nel suo atteggiamento sommesso e rispettoso, - non bisogna veder nulla di male in tutto questo. Se per un caso disgraziato tu fossi venuto a conoscenza d'un segreto che non riguarda la tua famiglia, ti sentiresti in diritto di svelarlo alla mamma e a me? E tuttavia tu hai nella mamma e in me la più grande fiducia.
- Ma si tratta appunto d'un segreto, - esclamò trionfalmente Maurizio, - che riguarda la mia famiglia. È il tuo avvenire in giuoco! Come? Noi vagheggiamo per te un ottimo matrimonio, noi pensiamo che tu debba essere un giorno felice, noi viviamo nella certezza che la più brillante delle situazioni ti è assicurata; e d'un tratto questo edificio precipita, le nostre speranze si disperdono, il tuo avvenire è messo in forse, perchè tu hai scoperto un segreto.... E vieni a dirci che questo segreto non ci appartiene e non ci tocca, e non dobbiamo saperne nulla e non dobbiamo esserne giudici?
- Tuo padre ragiona benissimo! - corroborò la signora Carlotta, ammirando la logica di suo marito. - Ascoltalo, e non sbaglierai più!....
- E tu ci lasci all'oscuro, - soggiunse Maurizio, riscaldato dall'elogio, - tu ci lasci in preda a mille dubbii, i quali possono anche essere ingiusti, anche essere offensivi, per il gentiluomo che intendeva chiederci la tua mano? Il tuo silenzio ci dà diritto a supporre qualunque peggior cosa di lui. Che so io?... Ch'egli sia ladro o falsario!... Dico per assurdo. Ch'egli sia libertino e beone, che abbia mancato alle leggi dell'onore, che un delitto macchi la sua giovinezza.... Tutto questo noi possiamo supporre, e altro. E perchè? Per tacere un segreto di cui sei venuta involontariamente in possesso? Per salvare chi? quale nome?
La fanciulla sotto quella raffica s'era ancor più rannicchiata nella sua poltrona, ma rimaneva imperturbabile e decisa.
- Parlerai? - esclamò avidamente Carlotta.
- No. Non posso! - dichiarò Nicla. - Ma è giusto quello che dice papà. E con la stessa franchezza con cui vi ho detto che so un fatto pel quale non potrò mai essere la moglie di Duccio, con la stessa franchezza vi dico ch'egli non ha mancato alle leggi dell'onore, non è un beone, nè un libertino, nè un ladro, nè un falsario, nè un delinquente. È un gentiluomo. Ma un gentiluomo che io non voglio per marito; un gentiluomo di cui non so che farmi.
Maurizio respirò, gettando un'occhiata a Carlotta.
- La cosa non è irrimediabile! - egli disse.
- È irrimediabile! - dichiarò Nicla.
- Rientra nell'ordine dei peccati veniali, se peccato c'è da parte del conte, - si ostinò Maurizio.
- È impossibile che tu giudichi ciò che non sai! - rimbeccò Nicla.
- Ne riparleremo! - soggiunse Maurizio.
- Non ne riparleremo più! - dichiarò Nicla.
- Ci ripenserai! - disse Carlotta.
- Ci ho già pensato! - rispose la fanciulla.
- Testarda! - esclamò Carlotta, perdendo la pazienza.
Ma suo marito le gettò un'altra occhiata, e la signora tacque.
- Magnifico, - ella disse, dopo un istante, mostrando un disegno, - questo brucia-profumi! Si potrebbe comperare....
Il cavalier Maurizio si chinò sulla rivista.
- Non vedi, - rispose, - che fa parte di una collezione e costa venticinquemila lire?
Nicla si alzò per dare la buona notte.
- Addio, mamma! - disse. - Addio, papà! A domani.
Baciò in fronte l'uno e l'altra, e si avviò.
- Del resto, - ella aggiunse d'un tratto, - voi avete torto!
- Voi, voi! - ripetè Nicla. - Prima di partire da Milano, vi ho detto che avevo pregato Duccio di non venire a importunarmi in campagna. E voi mi avete risposto che ciò non vi riguardava. Come mai oggi fate tanto rumore perchè me ne sono sbarazzata? Non siete logici!
- Ma tu dimentichi, - rimbeccò la signora, - che nonostante il tuo divieto, egli è tornato; ed è tornato a esporti le sue oneste intenzioni. Dopo aver parlato con te per sapere se la sua simpatia non ti riusciva indifferente, avrebbe parlato con noi, per chiederci la tua mano....
- Nulla di più commovente! - aggiunse Maurizio. - Egli è uomo che sa ciò che vuole.
- Ed io, - disse, - so ciò che non voglio!
- Buona notte: col tempo, spero, ci darai ragione! - concluse Maurizio.
- Speriamo! - rispose Nicla, mitemente ironica. - Buona notte, papà! Buona notte, mamma!
Non appena ella ebbe varcata la soglia, Maurizio e Carlotta ripresero a discutere. Il padre era d'opinione che la cosa si sarebbe accomodata; certo, il conte Massenti avrebbe scritto per ringraziare dell'ospitalità ricevuta; occorreva stringere con lui la più cordiale amicizia, dando a vedere che dei capricci di Nicla non si sapeva nulla o non si teneva conto
- Non si è ravveduta anche sulla questione del palcoscenico? - osservò Maurizio. - In fondo è una cara e virtuosa figliuola. Si sa; a diciotto anni, c'è dell'inesperienza, c'è dell'ombrosità....
- Ma tu, che cosa credi di questo grande segreto, di questo grave fatto, che avrebbe scoperto? - domandò Carlotta.
- Io credo a un malinteso. Qualche amorazzo che Nicoletta non capisce, a cui dà una importanza esagerata....
La signora strinse le labbra con espressione di dubbio.
- Io ci perdo la testa! - esclamò. - Perchè tu dimentichi che l'amorazzo lo avrebbe scoperto in barca! Come si possa scoprire in barca un amorazzo o un segreto, è ciò che mi vado domandando.
- Hai ragione! - esclamò Maurizio. - E in barca non c'erano che lei e il conte?
- Sicuro: lei, il conte, e due barcaiuoli, - confermò la signora. - Poi, mi ha raccontato il conte, hanno preso anche quel bambino, il piccolo Traldi, e gli han fatto fare un giro, per divertirlo....
- Forse una lettera, caduta dalla tasca del conte? - arrischiò Maurizio.
- Nicoletta non se ne sarebbe occupata! - ribattè la signora.
- Forse un ritratto?
- Ti pare? Fare una dichiarazione d'amore a una fanciulla, col ritratto di un'altra in tasca?... Il conte è incapace di questo cinismo!
- È giusto, - acconsentì Maurizio. - E se domandassimo, chiaro e tondo al conte medesimo che cosa è avvenuto?
- Potrebbe risponderci di chiederlo a nostra figlia, - osservò Carlotta.
- Certo, avrebbe ragione! - confessò Maurizio. - Se si potesse farla parlare, persuaderla a dirci tutta la verità....
- Lo credi impossibile? - domandò la signora.
- È difficile. Lasciamo passare qualche giorno. Tu non dire più nulla. Poi, mi ci proverò io, con molta dolcezza, - concluse Maurizio.
Maurizio bevve finalmente il suo terzo bicchierino.
E Carlotta, poichè aveva ancora la rivista squadernata sotto gli occhi, disse:
- Ma è proprio bello, questo brucia-profumi!