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IX.
Fu l'indomani una indimenticabile giornata, che rimase nella vita di Nicla come una sinistra conferma di presentimenti invincibili.
Era scesa, verso le nove del mattino, nella piccola sala da pranzo dove abitualmente faceva colazione con sua madre, quando non v'erano ospiti.
Il cielo era tuttavia carico di nubi, strascico d'un temporale furioso durato l'intera notte, che aveva impedito alla fanciulla di dormire. Odorava la terra d'umidità e il vento sconvolgeva il lago.
Oltre le vetrate della sala si scorgevano le onde che parevan venir dall'orizzonte bigio, coronate di bianca spuma, e che dato un lancio, si gettavano con incessante fragore e si stendevano sulla spiaggia.
La temperatura s'era abbassata da un istante all'altro.
Presso la tavola attendeva il domestico, pronto a servire.
La fanciulla baciò sulle guance sua madre; e questa, prima ancora che Nicla avesse preso posto, con una voce in cui fremeva il piacere d'un pettegolezzo e la gioia di poterlo rivolgere in tutti i sensi, domandò:
La fanciulla rispose, un po' inquieta:
- Esco ora dalla mia camera. Non so nulla, mamma!
E pensò annoiata che si trattava forse ancora di Duccio, il quale aveva scritto, o stava per tornare, o chiedeva di giustificarsi; e la battaglia sarebbe stata rude.
Ma Carlotta aspettò che Nicla fosse seduta e che il domestico, posto in tavola i vassoi e mesciuto il cioccolatte, se ne fosse andato; e finalmente riprese:
- Che dici? - esclamò Nicla, sorgendo in piedi.
E in un lampo comprese che non poteva esprimere nè dolore soverchio, nè compianto; ciò le avrebbe cagionato altre noie.
Pallidissima, tornò a prender posto, e soggiunse:
- È scappato? Sei ben certa?
- Non so perchè te ne stupisca tanto! Sei diventata bianca in faccia, come se si trattasse d'una disgrazia di famiglia, - osservò sua madre.
- Nervi: - rispose la fanciulla. - Non sempre si è padroni dei proprii nervi: io stanotte ho dormito poco e male.
E dentro il cuore, una voce le gridava: «Bruno! Dov'è Bruno? Che è avvenuto di lui?».
- Anch'io non ho dormito, - riprese con un sospiro la signora. - Fosse il temporale, fossero i pensieri per quella tua scappata col conte Massenti, non ho potuto chiudere un occhio. Non so quando ci dirai le ragioni per le quali hai messo alla porta, senza avvisarcene, senza averne il permesso, quel vero gentiluomo.
Nicla fremeva in silenzio. Bruno? Dov'era Bruno?... E sua madre parlava di Duccio e del matrimonio e del segreto!
Ma comprendendo che non v'era nulla da sperare, e che su quell'argomento Nicla non avrebbe dato alcuna risposta, la signora si volse all'altro, e seguitò:
- Sicuro, è scappato. Ieri erano stati a cercarlo per il pagamento di cinquantamila lire. Egli non riceveva. Poi ha licenziato tutti, e durante la notte è scappato coi cavalli, invece che con la ferrovia. Credo sia pazzo. Viaggiare in carrozza da posta con un tempo infernale, sotto i fulmini, per non trovar creditori anche in treno, è veramente un'idea da matto
- E dove è andato? - chiese Nicla, cercando d'ingoiare la sua bevanda con la gola serrata.
- Dicono a casa sua, dalla madre e dai fratelli, per estorcere altro danaro.
- E la villa?
- Credo sia chiusa: ci ha rimesso un mese d'affitto.
- E ha condotto con sè il bambino?
- Senza dubbio. Tu ne avrai dispiacere. È per questo che sei così agitata?
- Ne ho molto dispiacere - confermò Nicla. - Ma non sono agitata.
- Egli è con suo padre. Non è stato sempre con suo padre? - osservò la signora Carlotta. - Suo padre ci penserà.
- Come sai tutti questi particolari? - domandò Nicla alzandosi.
- Ma non si parla d'altro, in paese. Stamane son venute dieci persone a raccontarmi l'avvenimento. Bada che fa fresco; non andare al lago.
Le martellava in cuore un'idea sola: «Non lo vedrò più!».
Glielo avevano rapito di notte, durante una tempesta, sotto i fulmini, per trascinarlo nuovamente a un'esistenza di disordini ansiosi e di febbrili vicende.
Non lo avrebbe veduto più. Suo padre s'allontanava per sempre dal paese, forse dall'Italia; il bambino riprendeva la sua strada, dopo un intermezzo di dolcezza e di gioia; andava incontro alla sua sorte, qualunque ella dovesse essere; e Nicla sentiva d'essere una intrusa, la signorina Nicoletta Dossena, una vicina di campagna, e nulla più, la quale non aveva alcun diritto non che a giudicare, nemmeno a chiedere e a sapere.
Lo aveva amato come un bambino suo, più che un fratello. Gli aveva dato tutta la sua fresca anima libera; ed egli, a guisa d'un piccolo Amore sbucato impensatamente fuor da una nube, le aveva piantato nel fianco una freccia di cui ella non sapeva più liberarsi, di cui avrebbe portato il peso e il segno per tutta la vita.
Sulla soglia del vestibolo, fingendo di cercare il cappello, un cencio qualunque da mettersi in testa, pianse lagrime roventi.
Una cameriera, che le porgeva il cappello, non osò dir parola, e volse gli occhi per non essere indiscreta; ma sapeva; tutti in paese sapevano che Nicla era per il piccolo conte Traldi, meglio che una sorella, più che una madre.
Nicla uscì e corse a villa Florida.
Il vento fischiava; sulla riva, i barcaiuoli stavano vuotando le loro barche dall'acqua che le aveva invase; e grandi nuvole viaggiavano frettolose per il cielo bigio.
La fanciulla guardò sulla spiaggia il luogo in cui Bruno l'aveva salutata la sera prima, e gli occhi le si riempirono di lagrime.
Suonò alla portineria della villa, e la governante venne ad aprire.
- Oh signorina! - disse. - Favorisca. La casa è tutta sossopra, e vorrà scusarmi. Una partenza così improvvisa....
E precedendo la fanciulla, la fece entrare nel salotto a pian terreno, i cui mobili eran coperti di tela giallina, e le pareti di tappezzeria chiara a righe grigie, sul gusto inglese.
La governante era una donna di circa cinquant'anni, alta e robusta, con occhi cilestri; portava in testa una cuffia nera orlata di bianco, e sulla veste scura un candido grembiale.
Ella restò in piedi mentre Nicla sedeva sopra un divano.
- Volevo avere notizie, - disse la fanciulla, - di Brunello.
- Me lo imagino. Oh quanto ho udito parlare di lei, signorina! Brunello non parlava d'altri, lei era il suo Dio.
- Sì, un dio, - esclamò Nicla involontariamente, - che non può nulla.
- Il signor conte è partito stamane, all'alba, coi cavalli, - raccontò la governante. - È stata un'idea bizzarra, così, venutagli d'improvviso, come tante altre. Il signor conte ne aveva di curiose ogni giorno; era un carattere difficile. Iersera ci ha licenziati, Antonietta la cuoca, Carlo il domestico, e me. Io sono rimasta per far la consegna della casa, e potrei rimanerci anche un mese, perchè il signor conte ha pagato fino a tutto il mese venturo. Carlo non ha mancato di far osservare al signor conte che poteva partire stamane alle undici, con un treno che è comodo. Ma egli s'è infuriato: voleva partire subito; mandò a noleggiare da Vico Malerba una carrozza a due cavalli, e la carrozza è venuta a prenderlo verso le quattro del mattino. Sono partiti così, e non erano a cinquanta metri dalla casa, che è scoppiato il temporale.... Vergine santissima, che tempesta! acqua e grandine e vento! Nessuno di noi si è coricato; pensavamo tutti al signor conte e a Brunello. Li aspettavamo di ritorno da un momento all'altro.... Ma sì; neanche i fulmini lo trattengono il signor conte quando s'è messo in capo un'idea; e non sono tornati.
- Ma dove andavano? - chiese Nicla ansiosamente.
- Chi sa? A prendere la ferrovia più giù, alla quarta o alla quinta stazione. Il signor conte va a trovar la sua famiglia, per affari.
- E Brunello?
- Brunello dormiva. L'ho vestito io. Veniva a casa la sera sempre stanco, per le sue grandi passeggiate e per le corse che faceva con lei, signorina. Dormiva, e l'ho vestito io, l'ho messo io in carrozza, e l'ho avvolto ben bene di scialli e di coperte, perchè sentivo che il tempo era incerto. Non s'è nemmeno svegliato quando gli ho dato due grossi baci.
E tacque. Nicla guardò a terra.
- Non torneranno più? - chiese dopo un istante d'esitazione.
- Vorrei! - esclamò la governante. - Ma io ho ricevuto ordine dal signor conte di spedir casse e bauli che son rimasti qui all'indirizzo che il signor conte mi telegraferà.
Nicla si alzò lentamente.
- Non tornano! - disse. - Ma forse il vetturale. Vico....
- -Vico Malerba è già rientrato, e si potrà sapere almeno se Brunello non ha patito durante il viaggio!
- Mi sembra ancor presto, - osservò la governante. - Ma andrò a vedere subito. E in ogni modo non dubiti, signorina....
La riaccompagnava a passo a passo dal salotto verso il vestibolo; e attraversando un corridoio laterale al giardino, la fanciulla vide in fondo, tra i fusti e il fogliame scuro, una tavola di legno. V'era dipinto in rosso e nero un soldato in grandezza naturale.
Era il bersaglio del conte, quel bersaglio che Brunello avrebbe sostituito volentieri con Duccio Massenti.
Le lagrime tornarono agli occhi di Nicla.
- In ogni modo non dubiti, signorina, - diceva la governante, - non appena avrò notizie, sia oggi, sia domani, sia poi, gliele porterò. So il bene che lei voleva a Brunello, e l'adorazione che Brunello aveva per lei.
- Sì, - disse Nicla. - La ringrazio e ci conto.
Salutò con un cenno del capo e uno smorto sorriso, e uscì, mentre la governante la seguiva degli occhi.
Non v'era più speranza; Bruno era perduto, Bruno non sarebbe tornato mai più.
La spiaggia, il lago, il bosco, il poggio, tutto quel paesaggio di felicità, bello e immenso, d'un tratto era divenuto misero, grigio, deserto, per la scomparsa d'un piccolo uomo che lo animava con la sua presenza e lo possedeva con la sua voluttà di vivere.
Ma più fortunato, nella sua disgrazia, di chi rimaneva, Brunello sarebbe stato assorto in altri spettacoli e distratto da altre vicende: non avrebbe rivisto ogni giorno quei luoghi che parlavano d'un passato raro e maraviglioso, e facilmente avrebbe potuto dimenticare.
Restava sola a bere tutta la mestizia disperata delle ore cògnite, a udir le campane che annunziavano da lungi il vespero, le campane degli armenti che tornavano alle stalle, le campane flebili che mormoravano a fior d'acqua sul lago.
Dove trovar posa, dove trovare scampo, contro i ricordi che l'assalivano da ogni parte? Come vivere senza parlare mai del proprio dolore, senza confidarsi ad anima viva, simulando anzi il piacere pel piacere degli altri, la curiosità per la curiosità degli altri, simulando in una parola quella vita che traeva placida e noiosa prima di conoscere Brunello e la dolcezza d'un casto idillio?
- Hai saputo qualche cosa? - le domandò sua madre, vedendola tornare.
- Non ho saputo niente, perchè non ho chiesto niente! - ella rispose.
E salita nella sua camera, vi si chiuse, e si gettò sul letto a piangere.